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Parole di guerra


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MERCOLEDÌ 5.1.44 - Ultimo giorno di Deblin. Pane, marmellata e zucchero. Zuppa di bietole, lunghetta. Sono arrivati molti pacchi ma il nostro ancora non si vede. All'adunata di oggi è stata decisa la nostra partenza. Sembra che si vada a Leopoli,233 così almeno ci ha detto il comandante tedesco del campo, ma non ci crediamo molto, appunto per il fatto che ce l'han detto troppo chiaramente.


Minestrone di ceci, patate e carne, ottimo. Ci viene distribuito del concentrato di brodo ed una razione di margarina, dono della cucina. Nella nostra stanzetta c’è un po' di tristezza questa sera. Soprattutto il Maestro si è chiuso in un mutismo eloquente: partono i suoi ragazzi. Ma ci ritroveremo di nuovo, in Italia, più tardi.

GIOVEDÌ 6.1.44 - Epifania 1944. Ci siamo alzati più presto questa mattina per prepararci alla partenza. Ho fatto la S. Comunione senza però arrivare in tempo a prendere la S. Messa. La giornata si presenta magnifica con un sole chiaro e luminoso, ma fa piuttosto freddo e il vento morde le orecchie. Si doveva partire alle 9,45, ma l'altro scaglione ci precede e quindi attendiamo ordini. Nell'attesa arriviamo a mezzogiorno senza avere avuto nessuna distribuzione di viveri. Corre in tutti una strana impressione, quella cioè di tornare in Italia. Ci fanno ancora la perquisizione, molto sommaria, durante la quale mi fregano però la borsa delle carte topografiche. In compenso però sono riuscito a fregargli la scodella. Finalmente si parte. Ci incamminiamo passo passo piuttosto allegri. Ci portano direttamente alla stazione e ci ficcano in un vagone bestiame. Un po' di paglia umida, tre panche, una stufa nel centro, un secchio, fessure in tutte le pareti. Ci danno il pane e un po' di carne in scatola, poi sprangano il vagone. Non so quando, ma credo verso le 18 il carico umano, dopo varie manovre condite da scosse poco delicate, parte. Siamo trentadue nel vagone. La notte trascorre insonne. Le gambe che non si possono allungare dolgono terribilmente. Fuori infuria la tempesta di neve.234



VENERDÌ 7.1.44 - Abbiamo sorpassato Lublino.235 Nevica sempre e soffia un vento fortissimo. Paesaggio desolato, immensa distesa bianca con pochissima vegetazione. Verso le otto ci alziamo, cioè terminiamo di soffrire, ci facciamo un po' di brodo caldo ed attendiamo, che cosa? Lo sportello si apre, ancora pane e carne. Il convoglio corre assai veloce e le fermate sono brevi. Sembra che facciamo parte di un convoglio di carburanti. Alle 16 è già buio. Questa notte l'ho trascorsa sulla panca. Il giaciglio è piuttosto duro, ma almeno mi permette di distendere le gambe. Non fa freddo fortunatamente.

SABATO 8.1.44 - È trascorsa anche la seconda notte. Il tempo è rimasto invariato. Ci danno ancora pane e meno carne. Ci avvertono che arriveremo verso mezzogiorno a Leopoli. Ci distribuiscono ancora il pane per domani e la stessa razione diminuita di carne. Finalmente dopo una lunga sosta in stazione verso le 14 si scende. I modi del maresciallo tedesco che ci ha scortati sono tutt'altro che gentili. Ingrulliamo un po’ per trasportare i bagagli fuori della stazione. C'è un grande movimento di soldati in stazione, di tutti i colori, vestiti in tutte le fogge; romeni, ungheresi, tedeschi. Dappertutto c’è un vago presentimento di disfacimento. La città si presen­ta discreta, coi suoi tram vecchi e lenti, dipinti di rosso e giallo. Per le strade fanghiglia e gente che si ferma a guardarci curiosa, qualcuno ci sorride, articola qualche frase in italiano, qualche augurio condiviso. Arriviamo all'ingresso dello Stalag.236 C'è ancora da aspettare un po' poi si entra. Altra perquisizione, poi ci mettono in una baracca, piuttosto fredda ma non brutta, ci sono lettini di ferro e stufe che incominciano a funzionare. Ci mettiamo in una cameretta in mezzo ad un gruppo di siciliani. Ci distribuiscono un buon rancio caldo, due coperte, la scodella e poi ce ne andiamo a letto.




DOMENICA 9.1.44 - La notte non è passata tanto male; per lo meno le ossa non sono rotte. Una bella lavata e siamo di nuovo in gamba. Adunata. La stanzetta ormai è calda e vi si sta benissimo. Abbiamo subito l'impressione che esiste anche qua un commer­cio addirittura scandaloso perché molti generi mi sembra che debbano uscire dalla nostra cucina. Il Cappellano celebra la S. Messa nella nostra baracca. Verso le una e mezzo ci distribuiscono un minestrone magnifico di pasta, patate e semolino. Molto denso e buono. Appello di nuovo, poi ancora ci danno una pagnotta in quattordici. Ci distribuiscono una cartolina a testo fisso per avvertire a casa del nostro trasfe­rimento. Gli ufficiali tedeschi qua sono molto gentili. Mercoledì partiamo pare verso Stoccarda.




LUNEDÌ 10.1.44 - Nevica ancora. Attraverso la finestra si vedono le guglie della Cattedrale di Leopoli. Ci distribuiscono pane e marmellata. A mezzogiorno c'è la minestra di patate e carote, certo non troppo saporita. Al pomeriggio nove patate lesse. Questo è tutto il rancio della giornata. Fortunatamente facciamo razzia di bietole nella cucina dei repubblicani.




MARTEDÌ 11.1.44 - Il primo scaglione che doveva partire questa mattina è ancora fermo. Non nevica più; è ghiacciato e si scivola maledettamen­te. Pane e grasso fetido che ritorna a gola ogni momento.


Minestrone di patate, semolino e qualche cece, discretamente densa ma poco saporita. Sono partiti finalmente i primi seicento. Ancora una volta ci fanno la perquisizione al bagaglio pesante che abbiamo consegnato.
MERCOLEDÌ 12.1.44 - Alle tre e un quarto entra il tedesco in camera a svegliarci col fischio e gesticolazioni non comprese, naturalmente. Ci alziamo di malavoglia, aspettiamo, ma di partire ancora non se ne parla. Finalmente subiamo la perquisizione al bagaglio dopo la quale ci concentrano nella baracca n. 5. Attendiamo ancora ed è proprio qui che ritroviamo gli ufficiali della Compagnia del nostro Battaglione che erano stati fermati S. Raphael. Si ritorna in baracca ad attendere ordini. Viveri non ce ne danno perché siamo considerati partenti. Verso le due finalmente ci inquadrano, ma ancora nulla di serio perché poco dopo ritorniamo ancora in baracca. Finalmente verso le cinque partiamo dopo esserci stato distribuito un pezzetto di pane. Attraversiamo tutta Leopoli; strada lunghissima; assembramenti di persone. Arriviamo allo scalo merci. La tradotta è pronta che ci attende. Un primo scaglione occupa un vagone, il rimanente viene suddiviso fra i vari vagoni. Nel nostro siamo in 47. Ci sediamo sugli zaini intorno alla stufa colle spalle appoggiate alla porta del vagone, dalla quale naturalmente penetra vento e umidità. Così passa la notte, prima notte di sofferenza. Viveri ancora non sono stati distribuiti. Non sono in grado di precisare quando il convoglio sia partito.237

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