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Lorenzo Negri L’uomo sbagliato


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- Vistosi braccato potrebbe aver cambiato idea.- suggerì Gatto

- Non lo possiamo escludere, dobbiamo anche considerare che al momento è senza acqua e senza cibo, senza abiti e senza mezzi di trasporto. Passerà la notte nascosto in qualche fienile e poi dovrà rifornirsi.

Galante senza sforzarsi di nascondere il suo disappunto bofonchiò:

- Ci ha detto sfiga- sputò qualcosa un direzione di un cestino - Domattina metteremo in campo le unità cinofile per scoprire che direzione ha preso. Nel frattempo bisogna rompere i coglioni a quelli della stampa e delle emittenti locali. Devono allertare tutta la popolazione dell’oltre Po, ogni cittadino deve essere pronto ad avvisarci di qualsiasi presenza sospetta. Li invoglieremo con la promessa di una taglia Cascione procurati delle mappe scala 1 a 500 della zona, degli identikit aggiornati e parti per Stradella. Quello stronzo ha bisogno di cibo e se ogni bottega fin dall’alba è messa sull’avviso, la segnalazione ci arriverà presto.

- A dire il vero avevo altri progetti.

- Infilateli dove sai.

Il Vice Commissario battè un pugno su un tavolo.

- Ma che cazzo stiamo facendo? Eh ! Vi rendete conto che ci stiamo buttando dietro a questo povero pirla nemmeno fosse Bernardo Provenzano. É dai tempi delle fughe di Vallanzasca che non si vede un simile accanimento.

Gli altri lo guardavano stralunati, nessuno si sarebbe mai atteso da lui una simile reazione.

- Dovremmo investigare, cercare, porci domande e invece tutti giù a testa bassa a braccare uno che anche se colpevole non è certo un criminale.

- Calmati . – Gatto tentò di afferargli un braccio per frenare tanta irruenza.

Cascione con una spinta lo allontanò da sé.

- Calmatevi voialtri piuttosto. Con tutta la pressione che gli stiamo facendo sentire addosso, siamo proprio noi a spingerlo ad assumere atteggiamenti da pericoloso assassino. Perché e scappato? Perché sono entrato in casa sua in sua assenza e senza nemmeno un mandato in mano. Perché si sta nascondendo in qualche angolo del Pavese? Perché il nostro accanimento non gli dà tregua. Ora lo abbiamo ridotto come un animale selvatico che prima di farsi prendere vuol vendere cara la pelle. É come un cinghiale braccato. Quando si sentirà chiuso in un angolo sventrerà il segugio che avrà avuto l’ardire di farsi più vicino. È questo lo scopo della nostra squadra?

Fu Galante a rispondere.

- Non è proprio il momento di mettersi a fare della filosofia. Te l’ho già detto Casciò: prima lo prendiamo e poi potrai fare tutte le tue indagini del cazzo.

-Tanto per cominciare il fatto di prenderlo non si sta dimostrando un’impresa facile. Non mi sembra furbo tralasciare tutto il resto. Non abbiamo nemmeno la certezza che sui suoi indumenti ci siano particelle di sparo. Probabilmente dovremo aspettare fino a lunedì sera per avere i referti delle perizie balistiche. Abbiamo bossoli e pallottole che potrebbero dirci qualcosa Potremmo scoprire che quella pistola ha già sparato in un’altra situazione. Quello che stiamo facendo non mi va per niente bene.

- Però va bene a me- concluse Galante – e se va bene a me va bene a tutti.

Cascione scostò con un calcio stizzoso la sua seggiola.

Fece due passi indietro in direzione della porta e poi si rivolse agli altri due.

- E voi non dite niente? Voi siete d’accordo?

Gatto ruppe una pausa di pesante silenzio.

- Se avessi aspettato un attimo prima di sbottare avresti potuto risparmiarti la sfuriata.

Gatto attese che tutti pendessero dalle sue labbra e poi con molta calma cominciò a raccontare.

- Un barista di Via Savona mi ha chiamato dopo il primo TG in cui è stato diffuso l’identikit del Bacci. Secondo lui il nostro uomo si era incontrato con un trafficante di mobili che sta di fronte al suo bar.

-Eduardo Sansone , uno degli amici del Bacci. Abbiamo i suoi recapiti, me li ha dati il Dottor Ferrigno, medico e amico di lunga pezza ...- sospirò Cascione allargando le braccia

- Bè, ho parlato con questo Sansone e vi dirò che mi puzza parecchio. È sicuramente scaltro, ma non mi ha convinto. Ha confermato la visita. Ha detto che non sapeva nulla dell’omicidio e che ha fornito a Marco Bacci una bicicletta e delle attrezzature da campeggio per fargli fare una gita.

- Mandiamolo a prendere e mettiamolo subito in stato di fermo . Lo interroghiamo a dovere e ci facciamo dire tutto- ordinò Galante ringalluzzito.

- Aspetti capo. – Gatto sembrava avere altre sorprese- Ho lasciato l’agente Nicolosi in un Fiorino parcheggiato davanti al negozio. Sansone ha ricevuto una visita sospetta verso le ventitrè, è rimasto a parlare qualche minuto all’interno del negozio con il nuovo venuto e poi prima di recarsi nel pub in cui ancora si trovano, ha bruciato dei fogli in un portacenere. Nicolosi ha filmato tutto e mi ha chiamato mentre stavo venendo qua. Il bravo detective si è anche seduto per un poco accanto ai due e sapete che ha visto?

Tre paia d’occhi erano incollati su di lui, il che lo gratificava da pazzi.

- I due ogni tanto si scambiavano messaggi scritti sui tovaglioli.

- Portatemi questi fetusi immediatamente- sbraitò Galante.-

-Capo, se gli stiamo dietro con discrezione questi il Bacci ce lo servono su un piatto d’argento.

- Gatto ha ragione- intervenne Carbone- è inutile buttarsi a corpo morto con il rischio che si avveri quello che ha previsto Cascione. Organizziamo un controllo totale di quei due. Possiamo sapere anche quando pisciano e quanto pisciano, se facciamo le cose a dovere.

Galante sembrò riflettere un momento poi prese la sua decisione.

– Ok, ma devo essere sempre informato di tutto e prima di tutti.

Domenico Faggioni non era riuscito a prendere sonno.

Aveva incontrato Folgore verso la mezzanotte e gli aveva dato i tabulati delle intercettazioni, le fotografie, e tutto il materiale che aveva raccolto su Marco Bacci.

Avevano passato diverse ore a ripassare ciò che era importante sapere.

Quando Folgore lasciò l’appartamento di Via Canova, verso le quattro della domenica mattina, aveva chiaro il senso della sua missione: sequestrare Amaranta e terrorizzare il maggior numero di persone nella sfera degli affetti del Bacci fino a trovare l’anello debole che potesse rivelare l’ubicazione del suo nascondiglio o convincerlo ad uscire allo scoperto.

L’esecuzione di Marco Bacci doveva avvenire il più presto possibile.

Il Folgore doveva fare in modo che il sequestro di Amaranta venisse da tutti collegato con il Bacci .

Per uno come il Folgore un simile compito era fin troppo facile.

I due si sarebbero tenuti in contatto attraverso numeri di cellulare riservati ed intestati a sconosciuti. .

Rimasto solo, Domenico Faggioni si chiuse in cucina si preparò una moka da sei che sorseggiò con a lentezza cercando di convincersi che Galante da un momento all’altro lo avrebbe chiamato per comunicargli la notizia della cattura o dell’uccisione dell’assassino di suo figlio.

Alle sei , visto che il telefono rimaneva muto si risolse a radersi e prendere una doccia prima di uscire a comprare la mazzetta dei giornali senza dover aspettare l’arrivo del segretario.

Domenico Faggioni si radeva a mano, all’antica, con un rasoio dal manico d’osso che affilava sopra una striscia di cuoio. Era intento a quella pratica quando squillò il telefono.

Si precipitò a rispondere.

-Ti ho svegliato?

-No. Non ho proprio dormito.

Di Capua aveva una voce inconfondibile.

- Senti mi dispiace molto per quello che è accaduto. Ho pensato di chiamarti subito.

-Non per le condoglianze, immagino..

- Capisco la tua amarezza, ma lo sai che siamo buoni amici.

- Certamente.

- Ti voglio proporre un affare.

- Vieni quando vuoi, in questi giorni non mi muoverò da qui.

- Meglio se ci incontriamo in un altro posto.

- Da voi?

- No. Appena ti è comodo scendi. C’è un uomo sotto casa tua. Ti porterà da me. Ti aspetto.

Di Capua era appena tornato da Roma e si era fatto portare in una villetta al quartiere dei giornalisti . Dentro un giardino ben cintato, ma senza telecamere o altri sistemi di sicurezza visibili, si ergeva un bell’esemplare di architettura eclettica del primo novecento. Mattoni rossi e finiture art decò Due piani fuori terra , torretta e seminterrato. Sul cancello una targa la indicava come la sede milanese della W.P.S., acronimo per Word Press Syndacation , ma era solo una delle tante location di copertura, in cui gli agenti dei servizi segreti si incontravano per ordire l’infinita trama di oscure operazioni con cui pilotavano le vicende politiche italiane.

Di Capua e Faggioni si incontrarono ad un tavolo sistemato sotto alcuni nespoli dalla folta chioma.

Faggioni si sedette e rimase in silenzio .

- Mi dispiace molto per il tuo Franco, non mi sarei mai aspettato una fine del genere per il tuo ragazzo.

- Nemmeno io.

- Avevo saputo che i tuoi si erano mossi per via della moglie, ma credevo che l’affare fosse chiuso.

- Così pareva, invece quella troia ci ha messo nel sacco.

- Sei sempre stato un grande amico e ti dobbiamo molto, ora vorremmo fare qualcosa per te.

- Portatemi quel figlio di puttana e se ci riuscite portatemelo vivo. Voglio ammazzarlo a modo mio.

- Lo faremo di sicuro, abbiamo però bisogno di un piccolo aiuto.

- Parla.

-Parliamone nel mio ufficio.

Si alzarono.

Una volta entrati nella palazzina si chiusero nel vasto ufficio ricavato nel seminterrato.

L’ufficio veniva costantemente passato al setaccio con degli apparecchi in grado di rivelare la presenza di cimici ed altre diavolerie elettroniche che potessero captare quel che si diceva tra quelle mura insonorizzate a regola d’arte, in modo che nemmeno il più sofisticato dei microfoni direzionali potesse catturare dall’esterno le conversazioni che vi si tenevano.

- Cosa vuoi questa volta ? – la domanda uscì sibilando dalle labbra contratte di Faggioni .

- Praticamente nulla.

- Non ci credo. Hai sempre voluto troppo. Non hai la stoffa del benefattore.

- Ok. Quello che voglio da te è solo qualche dichiarazione. Anzi dovrai solo confermare alcune cosette.

-Tipo?


- Entro oggi l’indagine sulla morte del tuo povero figliolo verrà tolta all’anticrimine e passerà nelle mani della DIGOS.

- Come intendete riuscirci?

- Sarà il Sostituto Procuratore Martini a mettere in moto il tutto. Dirà che negli incartamenti ricevuti dal Gip , quello che aveva indagato sul Bacci e tua nuora per prevenire un ratto di minore, ha scoperto che i due si recavano spesso in una cascina di Bareggio.

- Tu sei pazzo non vorrai mica...

- Ascolta. Fammi finire e vedrai che sarai d’accordo al cento per cento.

A Faggioni non piaceva essere zittito, suo malgrado si tacque.

- Chi aveva investigato ovviamente pensava che i due ci andassero per fottere, ma quando Martini ci manderà i carabinieri troveranno ben altro che un alcova.

- Tu sei veramente pazzo , rischiamo di sputtanarci tutti.

- È tutto a posto Dom . Questa notte abbiamo sistemato ogni cosa.

- E troveranno le nostre armi?

-Solo una parte. Le altre salteranno fuori nei covi di alcuni terroristi islamici, jihadisti che gravitano attorno alla moschea di viale Jenner. Sai Dom è da un po’ che ne preleviamo qualcuno e con l’aiuto di gente dei servizi lo portiamo dove sai, anche all’estero. Li facciamo cantare e qualcuno riusciamo addirittura a convincerlo a passare dalla nostra parte.

- Il solito vecchio sistema.

- Esatto. Ora vedi sono appena stato a Roma e sono tutti molto preoccupati per quelle incriminazioni di quei ragazzi che a Genova si sono lasciati prendere la mano. Poveretti, gli era stato promesso che sarebbe andato tutto liscio. Ma tra giornalisti e magistrati siamo messi troppo troppo male.

- Vuoi dirmi che intendete utilizzare questa storia per recuperare il favore dell’opinione pubblica?

- Proprio così. Vedi se saltasse fuori che tra questi no-global , tra questi finti pacifisti, tra i membri di alcune onlus e ong , si sta tessendo una cospirazione , una nuova alleanza tra ex comunisti e fondamentalisti, che attua per ragioni personali anche vendette in puro stile mafioso, sarebbe veramente un bel colpo. Potremmo pretendere una maggior libertà d’azione. Potremmo arrivare a far approvare dal parlamento una specie di patriot act . Capisci ?

- Capisco.

- Quelle armi ormai sono vecchie e obsolete. Al tempo in cui le abbiamo rubate all’esercito avevano un certo valore. Scommetto che ora non riesci nemmeno a venderle ai nigeriani.

- Non mi sono mai occupato della vendita. Comunque è vero che quella ferraglia è diventata un peso.

- Vedi .Tu devi solo confermare alcune cose. Primo: avevi da sempre sospettato che Bacci fosse implicato con gruppi terroristici. Hai fatto del tuo meglio per impedire i contatti con tua nuora. . Secondo: eri a conoscenza del fatto che i due si incontrassero nella cascina di Bareggio, però credevi che fosse lo scannatoio del tipo. Infine pensavi che la storia fosse finita e che la donna fosse tornata sulla buona strada. Dopo noi chiudiamo il cerchio. Facciamo trovare un poco di fogli e altro materiale delle vecchie BR; qualche floppy disk copiato da quelli sequestrati alle nuove BR; propaganda inneggiante ad Hamas, un’agenda con numeri telefonici e appuntamenti che il fregnone aveva avuto con qualcuno di questi disobbedienti, con i capetti dei centri sociali. Insomma questo rimbambito ci farà un grande servizio. Soprattutto da morto. Che ne dici?

- All’apparenza sembrerebbe impossibile. Però ripensando a tutto quello che abbiamo messo in piedi negli ultimi quaranta e rotti anni, direi che ne siamo capaci.

- Qua la mano. Ero sicuro che ti avremmo avuto dalla nostra. La morte di tuo figlio servirà a regalare alla Nazione e all’Europa una maggiore sicurezza.

Di Capua si alzò in piedi con la mano tesa verso il vecchio amico.

La mano rimase lì sospesa senza che l’altro la stringesse.

-Che c’è . Cosa non ti convince?

- Sarò dalla tua solo alle mie condizioni.

- Avanti vecchia canaglia, vediamo che possiamo fare.

- Prima di iniziare il ballo devo sbrigare alcune faccende che dovrebbero favorire la cattura del criminale. Quindi sarò io a dare il segnale di via. Non mi ci vorrà molto. Intanto rimuovete pure Galante e i suoi inetti da questa storia. Fate trapelare che sotto l’apparenza dell’omicidio passionale si nasconde qualcosa di grosso, ma per ora andateci cauti. Meglio che i riflettori non siano ancora puntati sulla faccenda del terrorismo . Affidate il tutto a Cozzi, con lui mi sarà facile intendermi. Infine voglio disporre della troia da subito. Dovrà sembrare che sia fuggita con il Bacci o con i suoi complici.

Di Capua alzò il pollice della mano destra in segno di consenso.

Poi le mani si strinsero.
Mentre veniva coinvolto in intrighi a cui non aveva mai rivolto alcun pensiero, il povero Marco Bacci si risvegliava pesto e malmesso alla periferia di Bologna.

Aveva viaggiato per tutta la notte in un grosso carrello da traino, di quelli che nelle campagne costituiscono una preziosa risorsa per contadini e allevatori. Si attacca al trattore e ci si butta di tutto: dalla legna al foraggio, dal concio di cavallo al passeggero clandestino.

Se il buon giorno si vede dal mattino, quella che stava per cominciare doveva essere una giornata di merda. Gli doleva la testa e gli facevano male tutte le ossa.Aveva fame, aveva sete e aveva anche freddo, perché un telo di plastica non è poi granché come coperta attraverso l’umidità della notte.

Più di ogni cosa però lo faceva soffrire quel senso di paura che lo attanagliava.

Si sentiva come un coniglio che dopo essere riuscito ad evitare i morsi dei veltri con una spasmodica fuga, se ne sta rintanato in un piccolo buco col terrore di ritrovare i segugi pronti a braccarlo.

Si consolò pensando che almeno non aveva sonno.

La stanchezza aveva avuto il sopravvento e pian piano si era lasciato addormentare dal lento incedere del treno, senza nemmeno preoccuparsi di capire quale direzione stesse prendendo la sua fuga.

Un’ alba velata da brume settembrine rischiarò le propaggini settentrionali della città felsinea.

Marco temeva fortemente che nel centro di Bologna ci fossero grandi pericoli ad attenderlo. Addentrandosi nella città il suo timore cresceva. Appena il treno sostò nei pressi di grigi magazzini allineati lungo i binari, prese il coraggio e saltò fuori dal suo rifugio metallico.

Intorpidito nella sua t-shirt e nei suoi jeans umidicci, mosse i primi passi traballanti tra ciottoli e traversine, ben sorretto alle caviglie dai nuovi scarponi.

Di tutte le accuse che si stavano affastellando contro di lui, l’unica di cui avrebbe ammesso la colpevolezza era il furto di quelle calzature.

Da molti anni Marco aveva cercato di essere il più possibile rispettoso delle leggi.

Improvvisamente era tutto cambiato.

La latitanza lo avrebbe costretto a vivere al di fuori della legge.

Continuando a scappare avrebbe continuato a commettere reati sempre più gravi.

Era diventato un fuorilegge.

Un fuorilegge ricercato.

Un bandito.


Capitolo nono
Rita stava navigando nel mare beato del sonno più dolce, quello della domenica mattina.

Quel sonno da gustare fino in fondo, senza sveglie in agguato.

I ricci sparsi sul cuscino riflettevano il loro rosso posticcio nella luce filtrata da malandati infissi. L’abbaino era spartanamente arredato con il dichiarato intento di assomigliare alla stanza di Van Gogh.

Sopra la testiera del letto c’era una mensola mal verniciata di rosso con le opere dei suoi poeti preferiti.

Il suo paesaggio onirico era invece denso di orpelli e creature di ogni genere tra le quali apparivano, scomparivano e riapparivano i volti dei suoi uomini, i figli, il marito, il fidanzato e anche quello di Marco di cui tanto aveva parlato con gli altri dopo le notizie diffuse dai notiziari della sera prima.

Il fidanzato Stefano suonava il clarinetto meglio di Benny Goodman e lei ballava nuda sui tetti della Ripa Ticinese, saltellando tra i comignoli a ritmo di fox trot.

Un grosso gattone nero pizzicava il contrabbasso come nel cartoon degli Aristogatti e lei si sentiva una Marghe-Rita italo- moscovita, pronta ad incontrare il diavolo al grande sabba.

Vide volare il maestro sopra le campagne a bordo di un trattore alato.

Stava forse fuggendo da Ponzio Pilato?

Il diavolo le parlò con una voce sporca di carbone.

- Dov’è quel cazzo di maestro? Dimmelo o ti ammazzo!

Quelle parole volgari stridevano, non si sposavano con il contesto del sogno.

Satana Wolland , il diavolo di Bulgakov , si esprimeva in modo molto più signorile.

Si voltò su di un fianco per dare le spalle alle strisce di luce che volevano dissipare il suo bel sogno.

La sua fronte si appoggiò a qualcosa di freddo.

Stefano aveva dimenticato il clarinetto tra le lenzuola, quando era scivolato via con il primo mattino.

Rita sollevò con grande fatica il braccio destro per allontanare lo strumento.

Nel dormiveglia si rese conto che non si trattava di uno strumento musicale e che qualcuno o qualcosa opponeva resistenza alla sua spinta.

Le palpebre si schiusero lentamente e gli occhi ci misero ancor più tempo per trasmettere al cervello il messaggio. L’oggetto era un lungo silenziatore montato sulla canna di una pistola.

Rita balzò di colpo a sedere.

Inspirò per cercare l’aria necessaria a lanciare un urlo d’allarme.

Una mano da gigante calò sulla sua bocca chiudendola completamente.

Un braccio peloso e forte la inchiodò alla testiera del letto.

La bocca della pistola premeva sulla sua tempia.

La voce del diavolo risuonò nuovamente.

- Se urli ti brucio.

Rita si contrasse e sentì un caldo rivolo d’urina scorrerle tra le cosce.

- Per ucciderti mi basta una frazione di secondo.

Il diavolo non stava mentendo.

- Mi ascolti brutta strega?

Rita mosse leggermente il capo in segno di assenso.

Doveva assecondarlo e cercarsi una via di fuga.

Inspirò dal naso e restò con tutti i sensi all’erta .

- Ora toglierò la mia mano da quella fogna di bocca perché devi rispondere alle mie domande. Se solo muovi un muscolo di troppo o cerchi di gridare ti fulmino.

La manona allentò gradatamente la presa e si sollevò oltre la sua testa.

Rita respirò cercando di sollevare soltanto i muscoli del petto.

Perché delle domande?

Forse non voleva stuprarla.

- Non devi gridare, hai capito troia?

La manona strinse una ciocca di capelli e la tirò costringendola ad abbassare il mento verso il petto.

Rità riuscì a trattenere un urlo di dolore e si adoprò per assecondare il movimento dell’uomo in modo da soffrire il meno possibile.

Aveva le mani e le braccia libere ma non riusciva a trovare alcun modo sensato per utilizzarle.

Reagire significava morire.

Rita trovò un soffio di voce.

Era una voce tremula e arrochita dalle molte sigarette, dai drink della notte prima e dal terrore.

- Cosa vuoi da me?

Un forte strattone ai capelli fu la risposta che ottenne.

- Stronza . Le domande le faccio io.- sibilò cattivo l’uomo.

Rita strinse i denti ma non desistette.

-Cosa vuoi sapere?

-Dove cazzo hai nascosto quel bastardo del tuo collega.

Marco! Cercava Marco.

Rita si sentì sollevata.

L’uomo non era né uno stupratore, né un maniaco omicida.

Era solo uno degli scagnozzi dei Faggioni, di quelli che ossessionavano la mente ferita di Marco.

- Di quale collega stai parlando?

I capelli furono rilasciati e un istante dopo un forte schiaffo la colpì tra naso e bocca.

Il sapore ferruginoso del sangue raggiunse la lingua mescolandosi con il sale delle lacrime.

- Non fare la tonta con me.- minacciò l’uomo.

-Se è Marco che stai cercando, non posso farci niente. Non lo vedo da venerdì.

Questa volta l’uomo la colpì forte alla testa con il tubo del silenziatore.

A Rita sembrò che qualcuno le avesse piantato nella testa un grosso chiodo rovente.

- Te lo giuro, non so nulla di nulla. Ho pranzato con lui e non l’ho più visto.

- Ti ha detto dove andava?

Rita boccheggiò per qualche istante.

- No, lui voleva stare sempre solo e non andava da nessuna parte.

- Taci stronza.

Rita tacque.

- Fai sapere a lui e agli altri che non vi daremo tregua finché non ci dirà dove sono finite le armi che doveva consegnarci.

- Armi?


- Hai capito bene, brutta puttana. Vogliamo le nostre armi o la sua pelle. E se non riusciremo ad avere quello che vogliamo. Pagherete voi, con la vostra pelle.

- Ma voi chi ?- implorò confusa Rita.

Ci fu una pausa di silenzio poi qualcosa scoppiò nel suo cranio come se le fosse caduta in testa quella mensola piena di libri di poesia che le piacevano tanto.

Lasciato il treno, Marco Bacci aveva creduto di dover strisciare lungo i muri e nascondersi nei portoni.

Aveva immaginato le strade di Bologna deserte e percorse solo da pattuglie della polizia.

Si era sbagliato.

Appena uscito dalla strada ferrata si trovò immerso in un brulichio di persone e mezzi che non parevano in alcun modo avvertire la festività domenicale.

I più erano stranieri.

Per la maggior parte provenivano dall’Europa Orientale.

Qualcuno sedeva esausto sui gradini di un bar non ancora aperto, altri si accodavano ad una lunga fila fuori dagli uffici di una compagnia di spedizioni. Parevano tutti usciti da un ricovero di fortuna nel quale avevano trascorso una notte forse ancor più trambustata di quella del Bacci.

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