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Lorenzo Negri L’uomo sbagliato


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Mise in moto e s’infilò nella corrente del traffico dirigendosi verso Sud.

Adesso voleva solo tornarsene a casa, nel loft che sua moglie Sara aveva arredato, con quel suo gusto particolare che tanto lo affascinava e che gli permetteva di sopportare tutte le divergenze e le incomprensioni che affliggevano il loro rapporto.

Si sarebbe fatto un bel doccione per lavar via la stanchezza e l’odore del cavolo bollito e poi sarebbe uscito con suo figlio Pietro. Biliardo e boccette fino a non poterne più. Per l’ora di cena sarebbero passati a prendere Sara e avrebbero celebrato insieme il sabato sera strafogandosi di pizza e birra. Pietro, ovviamente, se la sarebbe data presto per raggiungere la sua compagnia, mentre lui e sua moglie tra un limoncello ed un caffè avrebbero ripreso uno dei mille argomenti di discussione con cui imbastivano le loro serate. Uno dei più scottanti riguardava la ricerca del modo migliore per rimettere Pietro in carreggiata con gli studi. Tutti gli insegnanti dicevano che era un ragazzo estremamente dotato, votato però al fancazzismo più radicale. Comunque fosse, il dottore amava suo figlio e considerava la paternità l’aspetto più interessante della sua vita adulta.

Quando pensava a Pietro, il Dott. Pierluigi Ferrigno riusciva a trovare un senso a tutta la sua fatica e sarebbe stato capace di perdonare anche quei vigili bastardi che continuavano ad impestargli l’esistenza .La suoneria del cellulare attaccò l’Inno alla gioia e il dottore gioì con tutto il cuore, perché quella musica annunciava una chiamata di suo figlio e gli sembrava proprio una bella coincidenza telepatica che la telefonata arrivasse proprio mentre i suoi pensieri erano così intensamente centrati su di lui.

- Pronto !

- Ciao pa’…

Doveva aver combinato qualcosa perché la voce gli tremava un pochettino.

- Che succede?

- Niente… – il che significava che il problema era serio.

- Che hai combinato stavolta?

- Pa’, ho paura che questa volta sei stato tu a combinare qualcosa…

- Cosa? Non dirmi che ho chiuso ancora il cane nell’armadio ?

- No, però ha chiamato uno della polizia e voleva il tuo numero, per un omicidio ha detto.

- Stai tranquillo che non ho ammazzato nessuno. Sarà successo un guaio a qualcuno dei miei pazienti.

- Senti pa’, io il numero non gliel’ho voluto dare.

- Bravo.


- Ma lui mi ha lasciato il suo e ha detto che devi richiamarlo subito.

- Aspetta che accosto, così mi segno il numero di questo pulotto.

- Pa’?

- Dimmi.


- Ce la faremo a giocare a biliardo stasera?

- Guarda, anche se mi dovessero mettere le manette, ci vengo lo stesso.

- Pa’, a stecca sei una pena anche a mani sciolte, figuriamoci con le manette.

- Pietro, lo sai che ti sei fatto proprio screanzato. Va, va! Dammi sto accidenti di numero.

-Allora ecco qua :Vice Commissario Cascione 349...

La prima gazzella gli sfrecciò accanto dalle parti di Via Chiesa Rossa e filò rapida verso sud con i lampeggianti che rutilavano sciabolate di luce colorata nel tranquillo pomeriggio.

I carabinieri a bordo non si voltarono a guardarlo.

Evidentemente il vistoso travestimento da cicloturista lo proteggeva a sufficienza.

La sua camicia messicana urlava: “ Guardate qua !”

La bicicletta blu elettrico procedeva ad un’andatura inferiore ai venticinque chilometri orari.

Erano dati che non venivano facilmente associati ad un fuggiasco. .

Ad ogni buon conto Marco Bacci approfittò della prima occasione per spostarsi sull’altro lato del Naviglio Pavese, sulla stretta Alzaia percorsa soprattutto da veicoli a due ruote.

La giornata era bella e alcuni milanesi avevano approfittato di quel pomeriggio semifestivo di metà settembre per sgranchirsi le gambe lungo il canale, nell’illusione che lo scorrere dell’acqua e il profumo dei fossi potessero avere un effetto vagamente balsamico, in grado di contrastare l’eccesso d’idrocarburi combusti inalati nel corso della passata settimana.

Sembrava quasi di essere in vacanza.

Invece stava fuggendo.

Lui che da mesi rifiutava ogni incontro ed ogni mondanità, provò una stretta al cuore nel pensare di essere obbligato a stare lontano da amici e parenti.

Almeno avesse potuto congedarsi da loro con un saluto, con un abbraccio, con le loro benedizioni e i loro auguri.

Invece, via !

Come i ladri e gli assassini.

Inseguito e ricercato per la colpa di non aver avuto nessuno accanto a sé nel momento in cui qualcun altro uccideva Franco Faggioni.

Per la colpa di non saper dimostrare che stavano accusando ed inseguendo l’uomo sbagliato.

L’uomo sbagliato!

Per più di un motivo quella definizione gli sembrava più che mai appropriata.

Si sentiva sbagliato dalla testa ai piedi.

Sbagliato come marito.

Sbagliato come figlio.

Sbagliato come amico.

Sbagliato come amante.

Sbagliato come insegnante.

Aveva ragione il suo vecchio docente di religione al liceo Manzoni, l’obliquo Don Sandi, che aveva sostenuto ad oltranza la richiesta della sua bocciatura definendolo come la mela marcia di cui bisogna liberarsi al più presto, a causa delle idee libertarie e libertine che andava diffondendo e ancor più della sfacciataggine con cui il giovane Bacci provocava il corpo insegnante.

La mela marcia, quella che guasta l’intero cesto.

Che fare di questo frutto bacato?

Buttarlo nel Naviglio?

Si sarebbe intossicato di acqua mefitica, ma non sarebbe riuscito ad annegare.

Lasciarlo marcire a S. Vittore in mezzo ad altro marciume?

Perché no?

“ Spiacente, non sono ancora pronto a questo, preferisco crollare guardando il cielo scivolare via.”

Assago .


Palazzi per uffici, insulsamente arroganti, larghi svincoli e aiuole ben curate per celebrare il dio del business is business.

Sotto il ponte della tangenziale i carabinieri( quelli di prima?), avevano piazzato un posto di blocco.

Era lui che volevano.

Marco Bacci poteva dileguarsi tra i campi di granturco alla sua destra, continuare imperterrito sulla sua pista per pedoni e ciclisti, o piegare a sinistra ed inserirsi nella statale dei Giovi andando ad infilarsi proprio nel punto in cui i caramba si erano appostati.

Senza che riuscisse a darsene una ragione piegò a sinistra.

Voleva che lo vedessero.

Voleva provocarli.

Quando fu a pochi metri di distanza si accorse che i militi stavano parlottando tra di loro e non sembravano curarsi di lui.

Voleva che si accorgessero del suo passaggio.

Voleva guardarli negli occhi.

Intonò con la sua voce stonata il ritornello di Guantanamera.

I giovanotti in uniforme, con mitra e giubbotto antiproiettile, dovevano avere in corso una seria discussione, perché, solo quando Bacci passò a meno di mezzo metro dalla bocca delle loro armi automatiche sollevarono lo sguardo, per dedicare un’occhiata distratta a quell’eccentrico turista che pedalava verso Pavia berciando come un ossesso qualcosa d’incomprensibile.

“ Para el cruel che me aranca el corazon con que vivo cardos y hurtigas cultivo. Para l’amigo sincero que me da su mano franca cultivo la rosa blanca. “

L’Agente Scelto Lionello Carbone aveva da sempre venerato come unica protettrice, nonché musa ispiratrice dell’indagine poliziesca la Sistematicità Meticolosa.

Sia Cascione che Galante conoscevano questa sua caratteristica e quindi gli rifalarono il compito più noioso : battere attentamente la zona attorno alle stazioni della linea metropolitana per Bisceglie alla ricerca di testimonianze utili alla ricostruzione delle prime mosse del ricercato.

Quando trova l’imbocco della pista giusta il segugio meticoloso e sistematico, prima o poi, arriva anche alla più segreta delle tane.

Quella telefonata inverosimile in cui Bacci chiamava se stesso, se era veramente il frutto di un caso capriccioso e non una mossa dettata da machiavelliche strategie, doveva per forza essere stata effettuata da una delle stazioni più vicine : Bande Nere , Gambara, Primaticcio.

L’Agente Scelto decise di muoversi in direzione centrifuga e fece centro al primo colpo.

Al mezzanino di Gambara ben tre persone avevano collegato qualcosa d’insolito al passaggio di un inquietante jogger, con chierica e barba grigia, che indossava una t-shirt bianca e dei pantaloncini scuri.

Il primo testimone era l’edicolante che, dopo aver visto alcuni agenti armati correre in su e in giù, era rimasto colpito dal pallore cadaverico di un uomo tra i quaranta e cinquanta che aveva preso in mano diversi quotidiani e non ne aveva comprato neanche uno.

- Vaca boia ! Se mel tucava anca mo vùn , ghe davi un sgiafùn a ‘ sto brut terùn.

L’Agente Scelto prese nota e ringraziò non senza precisare che il Bacci era un milanese verace e non d’importazione come lui, che era nativo di Castellamare di Stabia, ma dimenticò di scusarsi quando andandosene urtò impercettibilmente un espositore di tascabili facendone cadere una mezza dozzina.

Gli altri due testimoni erano due donne: un’anziana rumena addetta ai cessi e una strega del sottosuolo a cui era stata appaltata la gestione del bar. La rumena raccontò in un italiano stentato dell’uomo che uscendo dal gabinetto sembrava dovesse svenire; la strega ricordava di avergli servito una spremuta.

- Mi ha messo paura, sa? Mi fissava con certi occhi da matto. Ho pensato: se ritorna chiamo il 113. Perché avevo già mo capito che quello lì era un maniaco sessuale. Un malato.

Lionello Carbone contattò Galante e fece dare disposizioni per la ricerca attraverso le immagini registrate dalle telecamere dell’ATM intorno alle dieci nella stazione di Gambara.

Se fosse salito su un treno avrebbero probabilmente scoperto anche la sua destinazione d’arrivo, restringendo così il campo per la ricerca di nuove tracce.

Nel frattempo prese in considerazione l’eventualità che il ricercato avesse scelto di rimanere in superficie e provò ad immaginare quale direzione avrebbe preso se fosse stato nei suoi panni.

“ I panni!!! “

Di sicuro avrà avuto bisogno di procurarsi degli abiti.

Dove e come?

Un altro bivio si apriva: recuperare gli abiti da complici o comprarli?

A pochi metri da lì c’era un grande magazzino, abiti anonimi a grande diffusione e basso prezzo.

Non era forse la soluzione migliore? La più rapida e la più ovvia?

L’esperienza gli aveva da tempo insegnato che le menti dei criminali non brillano per la linearità e la consequenzialità del loro agire e che scelgono spesso strade contorte per raggiungere i loro obiettivi, ma il caso Faggioni-Bacci rappresentava una di quelle eccezioni che servono a confermare le regole.

I dirigenti del magazzino rintracciarono con solerzia il personale del reparto Uomo.

La signora Sebastiana Della Torre era già a casa, ma nel corso di una conversazione telefonica si dimostrò molto ben disposta a fornire indicazioni più che dettagliate.

Anche a lei non era sfuggito lo strano comportamento dell’individuo in maglietta e braghette che di gran fretta aveva acquistato la penultima camicia dell’assortimento Cancùn taglia XXL, in saldo a poco più di una dozzina di euro, e un paio di jeans Carrera taglia 48 per una cifra analoga. Dopo aver indossato gli abiti e ripiegato l’orlo dei jeans, aveva pagato con un bancomat e se ne era andato di corsa infilando i suoi stracci sporchi in un cestino per i rifiuti.

La responsabile dei servizi amministrativi si chiamava Mariarosaria Ruotolo ed era di Vico Equense. Dopo aver speso qualche parola per condividere con il Segugio Meticoloso ricordi di scogliere e paesaggi subvesuvuiani, rintracciò rapidamente la ricevuta del pagamento tramite POS e fu ben felice di regalare alle forze dell’ordine l’ultima camicia Cancùn , per semplificare il loro lavoro.

Carbone fu toccato da quell’esuberante desiderio di collaborazione e intraprendenza femminile, tanto più che la signora Ruotolo, quarant’anni ben portati, con i suoi riccioli neri e le sue rotondità ben sottolineate dallo stretto tailleur riga di gesso, appariva confacente per soddisfare molte delle sue più che frequenti fantasie erotiche.

Le promise di restituire la camicia al più presto, impegnandosi con se stesso a trovare il tempo ed il coraggio per invitarla a bere qualcosa una volta risolto il caso.

Nuovamente in strada, Lionello Carbone fu soccorso da alcuni refoli d’aria fresca , provvidenziali per rischiarare la sua mente di scapolo e spegnere sul nascere certi bollori.

Stava già pensando di comunicare alla questura il nuovo abbigliamento del ricercato, quando vide oltre la circonvallazione, a qualche metro da Piazza Ghirlandaio, la bottega di un barbiere.

Più che la sistematicità meticolosa erano la fortuna e l’istinto a spianargli la strada.

In qualche minuto venne a sapere che Marco Bacci si era completamente rasato.

Circolava come un bonzo vestito da texano.

L’ufficio del Commissario Capo Galante puzzava di sigaro nonostante le finestre fossero spalancate.

Il suo vecchio cuore da poliziotto era ben allenato a sopportare gli stress e le sue coronarie se ne fottevano delle sinistre previsioni di tutti i gufi in camicie bianco che continuavano a dirgli di cambiare stile di vita, mettersi a dieta , rinunciare ai sigari e ai cicchetti di Averna, con cui si era abituato a favorire la digestione di pranzi e cene che non potevano mai essere gustati fino in fondo, perché c’era sempre qualche rottura di coglioni a portargli via la testa da ciò che passava per la sua bocca. Più di una volta si era accorto di ritrovarsi a pensare alle sue grane anche nel corso delle ormai rare cavalcate notturne tra le cosce di sua moglie.

Faggioni voleva che questo Bacci venisse catturato al più presto e aveva messo il fuoco al culo a tutta la questura, ma sul suo tavolo c’erano anche molte altre questioni che dovevano essere indagate e risolte. Nessuno riesce ad immaginarsi quanti crimini grandi e piccoli si compiono in una città come Milano. Certo ci sono le statistiche che vengono pubblicate ogni anno dai giornali per verificare se la città è più o meno sicura a seconda che siano aumentati o diminuiti il numero dei mortammazzati e delle rapine a mano armata. Ma cosa significhi indagare ed agire per risolvere i casi nascosti dai numeri è impossibile da capire se non si poggia il culo dietro ad una scrivania come la sua.

Per tutta la settimana aveva dovuto occuparsi di una faida tra clan di albanesi e di rumeni, che da mesi si stavano scambiando ogni genere di colpi per il controllo del mercato della droga e della prostituzione nell’area tra Buccinasco, Corsico e Cesano Boscone.

C’erano stati morti, feriti, prostitute sfregiate e attentati incendiari.

Aveva pizzicato anche qualcuno, ma sapeva che si trattava di galoppini e pesci piccoli che in breve avrebbero ricevuto l’ordine di espulsione e nel giro di poche settimane sarebbero tornati nei ranghi attraverso le mille strade controllate più dai clan che dalle forze dell’ordine.

E come catturare il rapinatore solitario di tabaccai?

Domenico Faggioni sapeva bene che non si possono accampare certe pretese.

Prendere il presunto assassino di suo figlio nel giro di poche ore sembrava quasi impossibile.

Nonostante Carbone avesse fornito una serie di elementi che potevano facilitarne il riconoscimento, dopo il suo passaggio dalla bottega del barbiere , il Bacci aveva fatto perdere le tracce.

Sui cruscotti di molte autopattuglie e in tutti gli uffici di PS, Carabinieri e GdF penzolavano già identikit piuttosto precisi del maestro killer e sui terminali era stata inviata anche una copia della vistosa camicia Cancùn, ma oramai erano quasi le sei , presto sarebbe arrivato il buio e le strade si sarebbero affollate di gente con abiti eccentrici pronte per il divertimentificio del sabato sera. In quella folla anche il Bacci avrebbe potuto passare facilmente inosservato e prendersi un aperitivo al Giamaica o in qualsiasi altro locale della vicina Brera senza che nessuno lo notasse.

Bisognava chiamare i media e far partire il tam-tam.

Cascione, con i suoi tentativi , aveva perso tempo inutilmente.

Dalla vedova non aveva ricavato nulla che li potesse aiutare e aveva perso un sacco di tempo per rintracciare questo dottore con il quale era al momento a colloquio in un ufficio al piano inferiore. La strizzacervelli era probabilmente via per il week- end e a casa della ex moglie del Bacci avevano trovato soltanto una lupetta piuttosto in là con gli anni chei abbaiava come una forsennata.

Galante stesso aveva parlato con le sorelle ed i genitori del Bacci, aveva ispezionato i loro appartamenti e fatto mettere sotto controllo i loro telefoni, ma aveva già capito che il ricercato si era sempre più estraniato dalle loro vite e aveva con la sua famiglia d’origine solo qualche raro scambio telefonico in cui faceva sapere che era ancora in vita e poco più .

Dalla stanza attigua, dove ronzavano diversi computer e i telefoni squillavano in continuazione, entrò un agente che posò sul suo tavolo la stampa di una mail appena inoltrata dalla GdF.

I finanzieri avevano inseguito una vecchia Alfa 33 dopo aver notato una sospetta inversione di marcia in prossimità di un posto di blocco in Via Rubattino. Dopo aver bloccato il veicolo, avevano trovato due chili di hascisc nella ruota di scorta. Il guidatore senza documenti aveva dichiarato di chiamarsi Saddan Halini e di essere di nazionalità albanese.Halini e aveva subito richiesto di poter parlare con il Vicecommissario Gaetano Cascione.

Galante sapeva che Halini era un clandestino che più volte aveva aiutato Cascione per ottenere di poter regolarizzare la propria posizione e restare in Italia.

Cascione aveva messo la mano sul fuoco, aveva garantito per lui dichiarando che Halini avrebbe rigato diritto e non avrebbe mai creato fastidi.

Galante decise che era ora di accendere il suo ultimo sigaro e di passare a riferire a Cascione che con Halini si era bruciato una fetta di credibilità.
- Glielo ripeto per l’ennesima volta: Marco Bacci per me è un paziente del tutto atipico, per via di una lunga amicizia è iniziata tanti anni fa.. Il mio ruolo di medico in questa vicenda è ininfluente.

Il Vice Commissario Cascione studiava con attenzione l’insolita figura del medico seduto sulla riva opposta della sua scrivania. Nella sua testa da similalieno aveva scritto una specie di formula matematica, una proporzione che recitava: il Dott. Ferrigno sta alla categoria dei medici come il Vicecommissario Cascione sta a quella dei poliziotti. C’era una qual certa consonanza nella forma dei loro crani e nel modo di indossare quell’identico giacchino di jeans del medesimo punto di azzurro.

- Le posso però assicurare- riprese il dottore dopo una breve pausa- che non aveva dipendenze da psicofarmaci o da altre sostanze sia legali che illegali.

Un medico e un poliziotto che un tempo si sarebbero definiti alternativi.

Il primo continuava a parlare come uno studente che non ha preparato l’interrogazione, quasi volesse impedire al secondo di formulare domande indesiderate.

- Conosco Marco meglio di chiunque altro. È a me che ha sempre raccontato tutto, anche quello che non poteva confessare ai suoi genitori, alle sue sorelle, alle sue fidanzate e a sua moglie. Si può tranquillamente escludere che abbia incaricato qualcuno di uccidere Franco Faggioni. Le ribadisco poi, che non può essere stato lui l’autore materiale dell’assassinio. Come le ho già detto non c’è alcuna possibilità che Marco riesca a centrare con tanta precisione un bersaglio. Gli è fisiologicamente impossibile. Anche a distanza ravvicinata sbaglierebbe di sicuro. Gli tremerebbero le mani. Marco, se mi è permesso esprimermi con franchezza, ha delle vere e proprie mani di merda. E anche la sua mira lascia proprio a desiderare. Ogni volta che siamo andati al tiro a segno ha sempre rimediato delle figure pietose. Per riuscire a beccare un bersaglio dovrebbe sparare non tre, ma trecento colpi e forse non basterebbero. Vede, Marco è un soggetto altamente emotivo e l’ho visto diverse volte cacciarsi nei casini, farsi coinvolgere in risse verbali e non, in maniera incosciente ed incontrollata, senza paura delle conseguenze, senza timore di prenderle, come gli è successo più volte, perchè non ha ne’ la freddezza ne’ la cattiveria necessarie per cavarsela in queste situazioni.

Il Dott Ferrigno allargò le braccia e sbuffò scuotendo il capo in maniera quasi teatrale.

- E poi non è il tipo da sentirsi soddisfatto con una vendetta. Non glie n’è mai fregato un cacchio delle vendette. Marco è più che abituato a perdere, anzi è un ottimo perdente. Anche al tennis perdeva sempre. In più è pure interista. E non c’è niente che ti possa istruire meglio sull’arte del saper perdere come essere interisti. Non riesco a vedere Marco Bacci come autore o mandante di questo omicidio.

Il dottore puntò i suoi occhi in quelli del Vice Commissario quasi volesse con un baluginare luciferino scolpirgli nel cervello l’inoppugnabilità del proprio assunto.

-Infine non riesco assolutamente a concepire una situazione tipo il Maestro Bacci e Mr. Hide. Se avesse una personalità schizoide in tutti questi anni avrei avuto il modo di accorgermene. Marco è un anarchico irriverente e provocatorio, pronto a spendersi per cause in cui c’è poco o nulla da guadagnare. Ma non pericoloso, almeno non per gli altri.

Il Vice Commissario sfogliò per l’ennesima volta il fascicolo di schede informative riguardanti il passato di Marco Bacci. Ciò che il Dott. Ferrigno andava sostenendo era vero: le informazioni erano inerenti ad occupazioni di scuole, di case, di fabbriche, alle partecipazione a manifestazioni non autorizzate, ad atti di resistenza passiva durante blocchi stradali e ferroviari, alla diffusione indebita di materiale propagandistico per le rivendicazioni dei diritti dei soldati di leva nelle caserme .

- Col passare del tempo era diventato più assennato. Era un pezzo che rigava diritto. Poi ad un tratto ha cominciato a parlarmi di questa donna dal nome esotico, che non ho mai avuto il piacere di conoscere. Diceva che gliel’aveva mandata il destino. Che doveva assolutamente liberarla dallo stato di oppressione in cui viveva. E dopo che questo love affair è stato scoperto mi risulta che non l’abbia più frequentata. Forse non si parlavano più.Per lui la storia era finita. Basta.

Ci fu un tempo di silenzio in cui i due parvero condividere pienamente lo stesso senso di comprensione e compassione per quel terzo uomo, ricercato e in fuga.

Ma c’era un quarto uomo a cui qualcuno aveva infilato tre pallottole in corpo.

Erano in molti a voler dare a questo qualcuno il nome di Marco Bacci.

Dopo un lungo sospiro Gaetano Cascione ruppe il silenzio.

- Dottore, quello che lei mi sta dicendo coincide con quello che la vedova di Franco Faggioni mi ha dichiarato oggi stesso e sebbene anch’io vorrei che il suo amico potesse dimostrare la propria innocenza, non posso negare che permangono motivi di sospetto non indifferenti. Abbigliamento e corporatura dell’assassino coincidono perfettamente. In più sembra che sia l’unico ad avere un movente per un simile gesto. Comprenderà anche lei che la latitanza aggrava notevolmente il quadro. E possiamo solo sperare che le rilevazioni cromografiche di particelle di sparo, eseguite sugli indumenti trovati nel suo armadio, diano esito negativo, altrimenti nemmeno il migliore degli avvocati riuscirebbe a farlo assolvere, a meno che lui abbia un alibi inattaccabile!

Il Dott. Ferrigno con un lento chinar del capo affermò il suo assenso.

- A me non resta che invitarla a fare il possibile per convincere il suo amico a costituirsi e a collaborare con noi per l’accertamento della verità...

Il dottore fece appello alle sue risorse di pokerista e mentre si diceva :“ ‘Sto pesce! Tu potrai pure essere in buona fede, ma qui stai in pessima compagnia...”dichiarò che nel caso il Bacci si fosse fatto vivo avrebbe fatto di tutto per convincerlo a consegnarsi.

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