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Lorenzo Negri L’uomo sbagliato


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Alle 19 e 15 Galante disponeva di una task force di ben venti equipaggi e dopo aver presunto che un ciclista, in tenuta più turistica che sportiva, non poteva aver coperto più di trenta chilometri nelle ultime due ore, diede disposizioni perchè venissero piazzati dieci posti di blocco in corrispondenza di tutti i ponti che attraversavano il Po e il Ticino tra Abbiategrasso e Cremona . Dovevano controllare non solo i ciclisti ma ogni mezzo in transito e verificare l’identità di tutti i maschi senza capelli.

L’agente scelto Lionello Carbone era già partito da oltre un’ora con l’intenzione di percorrere la statale dei Giovi fino a Pavia, cercando informazioni presso ogni bar, chiosco o negozio e interrogando qualsiasi ciclista, jogger o podista in entrambi i sensi di marcia, nella speranza di ottenere segnalazioni utili. Con quella camicia il Bacci non poteva passare inosservato.

Una volta organizzato il tutto, Galante si sfregò le mani e rigirandosi il mozzicone di toscano tra le labbra sentenziò: “ Stu capemmerda cascherà nella mia rete come un piscillo da frittura!.”

Nel momento in cui un equipaggio di Carabinieri piazzava il suo posto di blocco a sud di Spessa e S.Zenone Po, sulla riva orografica sinistra del fiume, Marco Bacci stava entrando in un ipermercato presso Stradella , a oltre tre chilometri sulla riva destra.



O piscillo era sguisciato tra le maglie prima che la rete si chiudesse.
Il Vicecommissario Gaetano Cascione fu invitato a tornarsene a casa per non aggravare le sue già precarie condizioni di salute.

Galante si sentiva ora più a suo agio senza quello sguardo che continuava a ricordargli che stavano buttandosi a corpo morto su quella pista , solo per compiacere la grigia eminenza di Faggioni pater.

Cascione invece si sentiva distrutto nel fisico e nel morale.

Si stava domandando se non fosse arrivato il momento di gettare la spugna.

Nel vagone della metropolitana molte persone sfogliavano quotidiani sulla cui prima pagina si dava ampio spazio ai 63 avvisi di garanzia recapitati ad altrettanti agenti e funzionari di P.S. per le violenze e le torture e gli inganni perpetrati durante l’irruzione alla scuola Diaz di Genova.

Che ci azzeccava lui con quel genere di colleghi?

Era giusto combattere per la Giustizia costellando d’ingiustizie il proprio cammino?

Questa indagine sembrava arrivata per metterlo di fronte ai suoi problemi di coscienza.

Per scagionare il Bacci esisteva un’unica strada: trovare il vero colpevole. L’indomani avrebbe affrontato Galante a muso duro. O gli si dava il via libera per scavare nella vita della vittima, e conseguentemente anche in quella di suo padre, o lui si sarebbe messo in malattia e poi...

Erano già in tanti a dar la caccia al colpevole designato. Lui poteva dedicarsi ad altro.

Per fare ordine nella sua mente e concentrarsi meglio inserì nel suo walkman una vecchissima collezione di brani dei Pentangles, con il ricco fingerpicking di John Reinburn .

Prima di considerare il Bacci come l’unico indiziato, bisognava:

- passare al setaccio abitazione ed ufficio della vittima;

- interrogare dipendenti e collaboratori per scoprire eventuali screzi anche remoti; licenziamenti o altre

situazioni generatrici di rancori;

- contattare gli avvocati di famiglia per scoprire l’eventuale esistenza di contenziosi con

vicini di casa, assicuratori o privati coinvolti in qualche sinistro anche banale;

- approfondire l’episodio della lite con gli extracomunitari.

Cascione intuiva che non sarebbe stato per nulla facile muoversi tra i mille ostacoli che Domenico Faggioni avrebbe posto per impedire la sua indagine.

Reinburn concluse il suo assolo con una serie di squillanti armonici e Cascione sollevò lo sguardo per controllare a quale fermata il treno aveva aperto le sue porte pneumatiche. Si accorse di trovarsi tre fermate oltre la sua e si scaraventò in tutta fretta fuori dal vagone tra gli insulti dei passeggeri che si vide costretto a spintonare.

“ Gaità, ma quando imparerai a ruminare a testa alta! “

Marco Bacci non amava gli ipermercati.

Quella sera invece scelse l’Ipermercato Stella, perché si sentiva più sicuro confuso tra la gente.

Comprò mezzo litro di latte, spazzolino, dentifricio, saponetta, salviette di carta inumidite, qualche mela e delle gallette d’avena, una bottiglia d’acqua e una lattina di birra tedesca .

Mentre stava recandosi alle casse si ricordò che sarebbe stata estremamente utile una riserva di pile per la torcia elettrica e quindi ritornò velocemente verso l’ingresso nel reparto elettrodomestici.

Il reparto era pieno di televisori accesi, tutti sintonizzati sullo stesso canale che in quel momento lanciava la sigla del tg serale.

Marco Bacci ritenne doveroso controllare se venivano diffuse notizie sul caso in cui era coinvolto..

Il mistero poteva essere già risolto e la sua fuga non sarebbe stata più necessaria.

Le prime notizie erano riferite alla politica internazionale, con il caso Iraq sempre in testa, seguito dai servizi sulla morte del ministro svedese Anna Lindh ucciso a coltellate probabilmente da un fanatico nazionalista contrario alla politica europeista della vittima.

Per qualcuno una simile divergenza di opinioni era sufficiente per giustificare l’uccisione dei rivali.

La notizia successiva lo riguardava più da vicino perché annunciava il sì definitivo delle camere alla Riforma Moratti. Anche in questo caso venivano inferte un bel numero di coltellate alla povera vecchia scuola che diventava sempre più misera e vuota nonostante il walzer di nuove parole e sigle quali tiutor, portfolio, piessepionlain, osa e pecup con cui si tentava il maquillage di un altro massacro.

La catastrofe successiva riguardava il naufragio di un traghetto tra Livorno ed Olbia da cui erano stati salvati ben 160 passeggeri.

La breve gioia di questo salvataggio veniva subito offuscata dalle reazioni agli avvisi di garanzia inviati agli agenti di PS per l’irruzione alla scuola Diaz. Reazioni in cui il senso dei diritti e dei doveri dei cittadini con o senza uniforme veniva profondamente manipolato da chi in nome della salvaguardia delle istituzioni democratiche era disposto a giustificare i peggiori abusi di potere.

I fedeli venivano quindi confortati: il malore che aveva colpito Giovanni Paolo II durante la sua visita in Slovacchia era considerato con ottimismo da parte dei medici e ci si attendeva una pronta ripresa .

Le cose andavano peggio invece per il leader palestinese Yasser Arafat, prigioniero e assediato in casa propria con i cannoni dei tank israeliani puntati sulle sue finestre.

La pagina di cronaca nazionale si apriva purtroppo con le immagini dell’omicidio di Via Villoresi. Il servizio, in cui la vittima veniva presentata come un giovane commerciante di successo, parlava di tipico delitto di stampo passionale. Si vedeva la BMW nera con il parabrezza forato in più punti. L’assassino era stato visto da diversi testimoni e identificato come Marco Bacci, maestro elementare, collega e pretendente, già più volte respinto, della moglie della vittima.

Il Marco Bacci in carne ed ossa rimase annichilito nel sentirsi definire a quel modo, ma fu di gran lunga più sconvolto nel vedere il suo identikit con indosso la camicia Cancun. Si aggiungeva che l’omicida era latitante e che era stato visto fuggire in bicicletta nella zona sud di Milano. Infine i telespettatori venivano invitati alla collaborazione con le forze dell’ordine segnalando tempestivamente qualsiasi avvistamento del pericoloso assassino, armato e in grado di nuocere ancora.

Una passerella di belle ragazze in costume da bagno pronte al cimento per l’elezione di Miss Italia segnalò la fine del servizio e l’arrivo di notizie più congeniali al sabato del villaggio televisivo.

Immobile, senza riuscire a trovare l’aria per respirare, Bacci era come pietrificato.

Assordato dal pulsare martellante del sangue nel cervello.

Si sentì raggelare quando si accorse che qualcuno lo strava strattonando per una manica.

Si voltò con un gesto rallentato. Ormai pronto alla resa, volse lo sguardo alla sua destra, immaginando che la guardia armata vista all’ingresso fosse già stata chiamata per catturarlo.

Una signora sugli ottanta con una capigliatura di radi riccioli velati di celeste lo scrutava severa.

- Sta a vedere che ho beccato un sordomuto!- disse piccata la vecchina.

- Ma oh! Lo capisce l’italiano ? - domandò la donna staccando le sillabe in maniera esagerata.

Marco Bacci deglutendo annuì.

- E allora perchè non mi risponde? L’ho chiamata almeno tre volte!

- Mi scusi , mi ero incantato davanti alla televisione.- rispose il Bacci con un filo di voce.

- Ma lo sa che mi succede anche a me? Certe volte mi metto sulla mia poltrona e guardo la tele e all’improvviso mi accorgo che non capisco più niente di quello che sta succedendo e nemmeno del tempo che passa. Succede anche a lei così?

- Più o meno la stessa cosa.

Il sangue stava riprendendo a circolare in maniera compatibile con l’esistenza.

- S’eri cunvinta ch’era l’età a fa sti schersetti. Sarà mica qualcosa che mandano con le onde della tele.?

- Non ne sono sicuro, ma ho il sospetto che sia così.

Decisamente rinfrancato per non essere stato riconosciuto come il pericoloso assassino, Marco Bacci cercò di svignarsela, ma la signora si mise a starnazzare.

- Ma cosa fa mi molla qui! Propri adess che cominciamo a capirci ?

Marco Bacci si rese conto che le urla della vecchina avevano fatto girare troppe persone.

Si dispose assecondare quella scomoda interlocutrice.

- In che cosa posso esserle utile, cara signora?

- Oh bella, ma non vede che non ci riesco a prenderlo?

- Di che cosa stiamo parlando?

- Ma di quella diavolezza che se ne sta lassù in cima.- la donna indicò un cd player dall’aria spaziale, in offerta a 35 euro- Mio nipote che domani fa gli undici anni, ma non ci arrivo mica.

- Non si preoccupi, adesso gliela prendo io.

Dopo aver riposto l’oggetto nel carrello della nonnina Marco Bacci le chiese se poteva congedarsi.

- Vada vada. Anzi scappi.

- Perché dice così?

La donna sembrò rattristarsi, poi stringendosi nelle spalle concluse:

- Non lo so, ma da un po’ di tempo appena parlo con qualcuno per più di un minuto quello mi dice che deve scappare. Sembra che a questo mondo siano tutti in fuga, ma non ho capito ancora da cosa stanno fuggendo e nemmeno dov’è che vanno.

Eduardo Sansone aveva ridotto le luci del suo showroom e si stava adoprando per abbassare la saracinesca quando vide riflettersi nella vetrina il lampo azzurro di un’auto della madama.

Prima ancora che gli agenti scendessero sapeva già quale fosse il motivo della visita.

Due uomini lo affiancarono sullo stretto marciapiede, stringendolo per impedirgli qualsiasi movimento.

Quello a destra era in uniforme, mentre quello a sinistra, più piccolo e con una sigaretta tra i denti, indossava una camicia nera vistosamente aperta su un petto ossuto e dei jeans scuri ed attillati.

- Il signor Sansone?- domandò il piccoletto con un inconfondibile accento pugliese.

- In carne ed ossa.

- Bé, diciamo la verità: più ossa che carne.

Eduardo, nonostante la drammaticità della situazione, non poté fare a meno di sorridere.

Il suo interlocutore sembrava essere un suo clone in scala ridotta, con una crapapelada tale e quale la sua e un ovale ugualmente affilato su cui brillavano due occhi tanto vivaci quanto miopi.

- Mi sembra che anche lei non appartenga alla categoria delle taglie forti.

- Che centra, io mica mi chiamo Sansone. Uno sente un nome del genere e si immagina di incontrare un colosso. Vede, io porto il nome di un piccolo animale domestico, che è più confacente. Mi chiamo Gatto, Rito Gatto. Squadra Anticrimine. Il salone è già chiuso? Sono certo che lei si troverebbe molto più a suo agio là dentro che qua in mezzo alla via. Dovrei farle alcune domande.

Lo showroom fu subito aperto e pienamente illuminato.

Gatto fece capire all’agente in uniforme di raggiungere l’autista, poi seguì Sansone all’interno.

Presero posto su due poltrone color porpora, basse e spaziose come quelle delle sale cinematografiche.

Un portacenere di ceramica smaltata a forma di mezzaluna fu sistemato su un tavolino di tek accanto al poliziotto che non aveva ancora spento la sua sigaretta.

Eduardo voleva capire quali carte avesse in mano il suo avversario prima di impostare il suo gioco.

- Immagino che non siate venuti per acquistare mobili.

- Infatti e così.

- Allora, a cosa devo…

- Lei che s’immagina?

Ci fu un tempo di silenzio in cui Eduardo si sentì perforato dagli occhi dell’investigatore, provando un grande imbarazzo perché si sentiva messo a nudo da quello sguardo.

Gatto si alzò e cominciò a guardarsi attorno come se fosse interessato agli articoli in vendita.

Approfittando della sua stazione eretta si permise di scrutare Sansone dall’alto in basso.

- Lei conosce un certo Marco Bacci?

Eduardo si sentì quasi sollevato da quella domanda che attendeva da un pezzo.

- Certamente, è un mio carissimo amico.

- A quando risale il vostro ultimo incontro?

- Perché me lo chiede?

- Diciamo che si tratta di accertamenti. Però le consiglio di essere sincero altrimenti potrebbe essere coinvolto in un procedimento penale piuttosto serio. Stiamo indagando su un caso di omicidio.

Eduardo si aspettava questa minaccia e gli sembrò che fosse giunto il momento per tentare il suo bluff.

- Marco è stato ucciso? Ma come? Quando?

Non c’era pathos nella sua voce, ma un sottile tremito rese credibile il suo freddo stupore.

Gatto fu tentato di credere che Sansone fosse del tutto ignaro dell’accaduto. Provò comunque a spingersi ancora avanti senza sbottonarsi, senza chiarire nulla.

- Mi vuol dire per favore dove e quando ha visto il suo amico l’ultima volta?

- Oggi stesso, proprio qua. Le assicuro che non abbiamo litigato. Non credo che esista alcun motivo per poter supporre che tra me e Marco ci fosse una qualche forma di ruggine. Marco attraversava un periodo difficile e ho cercato di aiutarlo. Piuttosto va detto che Marco si sentiva perseguitato, spiato...

- Da chi?

-Ma… insomma… sia ben chiaro che non voglio accusare nessuno, però mi è sembrato di capire che ci fosse di mezzo il marito di una collega di cui si era invaghito. Credevo che fosse acqua passata.

- Che vuole. Per una femmina certi maschi sono capaci di enormi fesserie.- sbottò Gatto con aria di superiorità, quasi si giudicasse immune da qualsiasi pena d’amore.

- Un omicidio non è una fesseria - contestò Eduardo .

- A che ora è venuto il suo amico?

Eduardo intendeva mentire il meno possibile. In modo da non cadere in contraddizione.

- Con precisione non saprei dire, comunque era circa l’ora di pranzo, più o meno mezzogiorno.

- Motivo della visita?

-Voleva farsi un giro durante il fine settimana e mi ha chiesto se potevo prestargli una bicicletta con i cambi e qualche articolo da campeggio.

- Quindi?

- Quindi ci siamo rivisti nel primo pomeriggio e gli ho dato quel che chiedeva e poi è partito.

- Non le è sembrato strano?

- Cosa?

- Il tipo di richiesta?



- Per nulla. Marco era fatto così. Amava viaggiare e girovagare, soprattutto in montagna.

- Sempre con la bicicletta?

- Più spesso a piedi.

- Camminatore e ciclista, altri sport?

- Tanti, ma mai nessuno seriamente.

- Tiro a segno? Caccia?

- Lo escluderei. Non me ne ha mai parlato.

Il poliziotto finalmente distolse lo sguardo..

Eduardo prese fiato mentre Gatto si accendeva un’altra sigaretta.

Sembrava che Gatto cercasse nelle volute di fumo qualcosa che gli era sfuggito.

Riattaccò.

Occhi negli occhi a scandagliare l’animo dell’interrrogato.

- Lei si è accorto che c’era qualcosa d’inconsueto nel suo amico, vero?

- Verissimo, però le ho già detto che da un pezzo non era più lo stesso...

- Anche nel fisico?

- Da quando si è separato era molto dimagrito Forse… ultimamente aveva ripreso qualche chilo…

- E poi?

- Mi scusi, ma cosa vuol sapere?

- Se non le è sembrato che ci fosse qualcosa di diverso nel suo aspetto.

Gatto sapeva del nuovo look di Marco e aveva teso quella trappola per saggiare la sincerità di Eduardo.

- Caspita! Sembrava proprio un americano ai tropici. Si era tagliato addirittura la barba.

- E questo non l’ha insospettito?

- E perché avrei dovuto insospettirmi? Quando una persona è in crisi cerca di aiutarsi anche con questi dettagli. Le donne cambiano taglio, colore dei capelli e stile di trucco. Noi maschi che possiamo fare? Se abbiamo la barba ce la tagliamo se non ce l’abbiamo proviamo a farcela crescere, no?

- Più o meno.

Da una tasca dei pantaloni Gatto estrasse un foglio piegato in quattro e mentre soffiava il fumo dalle narici lo depositò sul tavolo e lo spiegò.

Agli occhi di Eduardo apparve l’identikit di un individuo identico a Marco Bacci in versione yankee.

- Accidenti, era proprio conciato così!

- Certo che stava meglio con quella barba da orso.

- Come dice?

- Dico che senza barba ci perde, diventa banale.

Eduardo colse un tono da checca in quella osservazione e si ritrovò a domandarsi se il suo Torquemada non fosse omosessuale.

- Allora?- domandò l’altro di fronte all’espressione perplessa dell’inquisito.

- Allora mi domando perché questo disegno. Perché non una foto?

- Ancora non abbiamo foto di Bacci in questa versione.

- Come, non avete trovato il suo cadavere?

Gatto decise di mettere le carte in tavola.

- Marco Bacci è l’assassino non la vittima.

Eduardo si lasciò andare contro lo schienale, respirò profondamente e tacque.

Quando riprese a parlare lo fece con un filo di voce.

- Sono contento che Marco sia ancora in vita, ho veramente creduto che...- tirò un lungo sospiro e poi domandò- La sua colpevolezza è certa, è provata?

- È stato riconosciuto da molti.

- La vittima?

- Ma che domande! Il cornuto, ovvio.

- Non ci posso credere.

- Si sforzi. Se per caso dovesse tornargli in mente dove le ha detto che andava a nascondersi me lo faccia sapere al più presto.

Dalla tasca posteriore Gatto estrasse un biglietto da visita che lasciò cadere sul tavolino.

- Le giuro che non mi ha detto nulla.

- Lasci perdere i giuramenti, verrà il momento anche per quelli.

- Che intende dire?

Gatto sorrise sardonico. Si avviò verso la porta, prima di uscire accese una terza sigaretta, si voltò e tagliò la sala con uno sguardo obliquo.

- Per ora le auguro una buona serata, sono sicuro che ci rivedremo presto.

Tossì, aprì la porta e se ne andò, lasciando nell’aria una scia d’inquietudine.

- Dai che lo stiamo beccando! Pigia Maglio, pigia!

-Pacienza! Portate pazienza. Queste strade di campagna sono ‘na fetenzia mica posso rischiare di andare a sbattere contro una vacca o un trattore. Se devo accelerare almeno fatemi mettere la sirena.

-None, niente sirena se quello ci sente, s’infratta nel granturco.

- E allora pacienza.

L’agente scelto Lionello Carbone non stava più nella pelle: quel dannato sabato stava per finire, la caccia stava per chiudersi.

Tutto grazie alla camicia Cancun donatagli da quella meraviglia della Signora Ruotolo!

Quella camicia aveva funzionato meglio di un navigatore satellitare e li stava guidando dritti alla meta.

Il fuggiasco non aveva certo notato quanti passanti aveva colpito con quell’esibizione di colore tropicale.

Con meticolosità Carbone interrogava chiunque transitasse o sostasse ai bordi della strada e seguiva le loro indicazioni. Sembrava che Marco Bacci avesse mantenuto uno schema che consciamente o inconsciamente ripeteva ad ogni piccolo incrocio: due volte a Sud ed una volta ad Est. Raramente piegava verso Ovest. Non tornava mai verso Nord.

- Ruvolo metti fuori la paletta, fermiamo quel ciclista.



-Chisto parisse a mio nonno.- bofonchiò Ruvolo

- E allora? Forse che tuo nonno oltre alla disgrazia di tenere un nipote commattè si è perso la vista?

Lionello Carbone balzò fuori dall’abitacolo, mostrò la camicia e il vecchio li indirizzò verso Belgioioso

-Perché l’ho incontrato su quella strada ch’è già un pezzo, ero andato là per dar da mangiare alle mie galline. Siccome che noi il pollaio lo abbiamo messo su...

I poliziotti non c’erano più, con uno stridore di gomme erano già schizzati lontano.

- A Belgioioso Maglio.- gridò Carbonre trionfante- Adelante Maglio, adelante con juicio.

-Che?!

- Pigia e stai attento.


Se l’agente scelto Lionello Carbone gioiva, Il Commissario Capo Galante era al settimo cielo.

Aveva dato ordine a tutte le auto di convergere nella zona a Sud est di Pavia ed era certo che nel giro di pochi minuti lo avrebbero preso.Dalle ultime informazioni ricevute da Carbone si poteva dedurre che per quanto corresse il Bacci non poteva essere molto lontano da Belgioioso. Magari era riuscito a passare il Po prima che il posto di blocco fosse stato posizionato, in quel caso doveva essersi diretto verso Stradella e se avesse continuato la sua corsa sarebbe di sicuro finito tra le braccia degli agenti.

- Commissario!

Una squillante voce femminile lo richiamò alla realtà.

Una biondissima agente dagli occhi chiari e stanchi si allungò oltre la scrivania per porgergli la cornetta.

- Dalla stazione dei Carabinieri di Stradella, sembra importante.

- Commissario Capo Galante, mi dica tutto.

- Appuntato Ruoppolo per servirla.

- Forza Ruoppolo sia conciso.

- Ci ha chiamato il responsabile della sicurezza dell’ipermercato Stella. Dicono che il ricercato di cui avete diffuso le generalità durante...

- E’ancora là dentro?

- Al momento si trova al reparto calzature.

- Avete già inviato una pattuglia?

- Volevo prima essere ragguagliato.

- Ma quale ragguagliato! Mandi subito una macchina o le stacco le palle a morsi!.

- Provvedo con urgenza.

- Urgenza e niente cazzate. Fate in modo di bloccarlo lì dentro. Cercate di prenderlo di sorpresa perché è molto ma molto pericoloso. Chiaro?

-Chiarissimo.

- E dite a quei cazzoni della sicurezza di non far niente prima che arrivino le forze dell’ordine.

- Vaabbuò!

- Vabbuò un cazzo, muovetevi!

Sbattè il ricevitore e con un repentino cambio di tono si rivolse alla bionda e basita agente :

- Bellezza mia se non si fa così, con quelli della Benemerita si perdono le ore. Mi faccia un favore chiami Carbone: gli dica di precipitarsi all’Ipermercato Stella di Stradella e di prendere in mano la situazione, il nostro uomo e là e in questo momento forse è pure scalzo.

Marco Bacci non era scalzo.

Stava provando un paio di scarponcini in goretex e pelle.

Costavano parecchio, ma non era il momento di fare il tirchio.

Aveva bisogno un paio di ottime scarpe per fuggire a piedi attraverso l’Appennino.

Dato che cercavano un ciclista, lui avrebbe proseguito a piedi.

Stesso itinerario.

Camminare di notte e rintanarsi il giorno.

Gli serviva uno zaino come quello che Edo gli aveva offerto e che aveva rifiutato preferendo le borse.

Aveva tutto il tempo per sceglierlo, ora il buio incipiente si era trasformato da ostacolo a protezione.

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