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Lorenzo Negri L’uomo sbagliato


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Il povero Franco Faggioni era stato freddato per pura coincidenza da Atiàs Kumay che si era appostato all’uscita dei box per eliminare Katalin Munteanu, capo di una banda di rumeni con cui si contendeva il mercato della droga e della prostituzione nell’hinterland milanese. La vittima designata, e al momento latitante, abitava nello stesso condominio di Faggioni. Nel suo appartamento al terzo piano erano state ritrovate alcune bilance di precisione e numerose tracce di eroina. In uno dei due box di sua proprietà erano stipati ducentoventisei chili di hascisc, due balle di marijuana per oltre sessanta chili e numerosi flaconi contenenti olio di hascisc. Nell’altro una BMW nera dello stesso identico modello posseduto dal Faggioni.

Probabilmente il killer non si era concesso il tempo di verificare l’identità del guidatore o forse era stato ingannato dai riflessi creati dalla luce sul parabrezza.

Galante rivelò anche che Andrea Mari, il sequestratore della vedova di Franco Faggioni, era stato catturato in un abbaino in Via Vigevano, mentre stava proseguendo nel suo tentativo di minacciare e terrorizzare persone in relazione con Marco Bacci.

Il suddetto Mari aveva condotto la squadra mobile presso una cascina, tra Bareggio e Cisliano, in cui erano state ritrovate numerose armi probabilmente sottratte anni addietro all’esercito, nonché la cella in cui egli stesso aveva rinchiuso Amaranta Blanquez, con il presumibile intento di aggravare la posizione di Marco Bacci.

Sarebbe stato compito della Digos indagare per conoscere quali legami ci fossero tra Andrea Mari e Marco Bacci.

Galante spiegò anche che mentre Bacci rispondeva a qualsiasi domanda e si mostrava desideroso di collaborare, Mari si era chiuso nel più rigoroso silenzio.

Entrambi venivano comunque trattenuti in questura. Il Mari in stato di arresto e con diversi capi d’accusa a suo carico. Il Bacci invece, a disposizione delle autorità inquirenti per ulteriori accertamenti.
Albeggiava quando il Commissario Capo Galante si presentò presso l’abitazione di Domenico Faggioni in via Canova.

Gaetano Cascione lo aveva accompagnato.

Il padron di casa, in vestaglia da camera, li ricevette nel suo salottino.

Galante lo informò della cattura di Kumay e dei motivi che lo avevano portato al tragico errore costato la vita di suo figlio.

Domenico Faggioni apparve costernato e sorpreso dalle rivelazioni. Non mostrò alcun sollievo nell’apprendere che sua nuora si trovava sana e salva tra mura amiche.

- Le dice qualcosa il nome di Andrea Mari?- domandò all’improvviso Galante.

-Mai sentito.- fu la secca risposta di Faggioni.

In quella Cascione si scusò e chiese il permesso di fare una telefonata.

Estrasse un cellulare e schiacciò qualche tasto.

Nella tasca della vestaglia di Domenico Faggioni un altro telefono prese a squillare.

Faggioni subito lo spense.

Galante e Cascione rimasero in attesa di una qualche giustificazione.

Un tetro silenzio s’impadronì della stanza.

Fu Cascione a parlare per primo.

- Nelle tasche di Andrea Mari abbiamo trovato questo telefono cellulare da cui risultano molte chiamate verso l’utenza che ha appena squillato.

- Immagino che lei debba dirci qualcosa di molto importante sul contenuto di queste conversazioni.- proseguì Galante.

- Sapete benissimo che non lo farò.

- Allora devo dichiararla in arresto. La prego di seguirci in questura.

- Avete un mandato d’arresto?

- Lo avremo presto. Lo sa.

- Tornate quando ne sarete in possesso. Vi invito a lasciare immediatamente la mia abitazione.

- Come vuole.- concluse Galante – Torneremo presto.

Rimasto solo Domenico Faggioni considerò il paradosso della sua esistenza.

Aveva lottato per una vita al servizio dell’Ordine.

Era riuscito a sviluppare un potere tale da permettergli di manovrare molti aspetti della confusa realtà italiana.

Tutto quello che aveva fatto era stato finalizzato ad ostacolare l’avanzata del caos.

Nonostante tutto il Disordine aveva prevalso.

Delinquenti stranieri imperavano per le strade della sua città e a causa delle loro meschine rivalità suo figlio era morto e lui stesso avrebbe dovuto subire l’affronto di un arresto e di un processo.

Aveva sempre pensato che il Male fosse entrato nella sua famiglia per colpa di quella donna che aveva irretito suo figlio.

Ora la Legge e la Giustizia si erano schierate contro di lui per difendere lei ed il suo stupido cicisbeo.

Assurdo.

Paradossale.

Meglio morire.
La notizia del suicidio di Domenico Faggioni arrivò in Questura prima che Galante e Cascione vi facessero rientro.

In un primo momento nessuno voleva crederci, ma una volta che il decesso fu accertato e che gli uomini della scientifica riferirono che senza ombra di dubbio Faggioni si era dato la morte sparandosi in bocca, furono in molti ad avanzare l’ipotesi che il vecchio avesse perso il senno di fronte a quel tragico scherzo del destino.

L’ipotesi crollò presto.

La verità venne a galla.

Quanto appurato da Galante e Cascione aveva messo Faggioni sotto scacco matto e lui aveva preferito uscire di scena come un samurai deciso a punirsi per i propri errori.

Trattenere ulteriormente Marco Bacci non aveva più senso.

L’incarico di organizzare il rilascio fu affidato al Vice Commissario Cascione.

Bacci era stremato, ma non volle tornare nel suo appartamento di Viale Pisa.

Chiese di essere portato alla Stazione Centrale, moriva dalla voglia di tornare a prendere la sua cagnetta.

Era ormai passata l’una quando Bacci e Cascione svicolarono con qualche stratagemma da un’uscita secondaria.

Nel breve tragitto verso la stazione Cascione confidò a Bacci che anche lui sarebbe partito presto. Era più che mai convinto di voler cambiar vita e lo mise a parte dei suoi progetti sulla Gallura.

- Non appena mi sarò sistemato la inviterò- promise Cascione- mi farebbe piacere farle conoscere mio figlio e mia moglie.

- Verrò volentieri. Mi spiace aver creato tutto questo disturbo. Penso che avrei dovuto ascoltarla fin da subito e consegnarmi a lei.

- Non creda sa, le cose avrebbero potuto prendere una piega molto diversa. Forse ha fatto bene a scappare.

- Adesso mi sembra che lei sia troppo indulgente con me.

- E’ curioso, ma devo ammettere di esser sempre stato convinto della sua innocenza.

- Come faceva a saperlo?

- L’ho capito mentre ero a casa sua , ascoltando la sua musica , frugando tra i suoi libri. Mi è sembrato che lei avesse i gusti che abbiamo io e mia moglie. Ho pensato che lei fosse uno come noi, un nonviolento.

- Come fa un nonviolento a fare il poliziotto?

- Si dimette.


Il treno arrivò A S. Maria Novella con oltre quaranta minuti di ritardo.

Frank, Jenny e Lila lo stavano pazientemente aspettando .

Strada facendo Frank si fermò presso alcuni amici per prelevare la figlia Bianca.

La ragazzina impazzì di gioia nel vedere il cane. Fu più che felice di sapere che Marco era stato scagionato e si appassionò tantissimo a tutte le vicende e volle sapere una quantità di particolari in modo da poterli raccontare nei giorni successive a tutte le sue amiche.

Appena arrivati Frank accese il camino per riscaldare ancor di più l’atmosfera e poi si diede da fare per apparecchiare la tavola insieme a Bianca. Jenny rimase impegnata in cucina e quando tutto fu pronto andò a chiamare Marco. Lo trovò addormentato sul divano abbracciato alla cagnetta.

Lo coprì con una coperta e lo lasciò dormire mentre loro cenarono in cucina.

Marco dormì così per tutta la notte. Mentre il giorno successivo dormì in un vero e proprio letto, in una stanza del piano superiore a cui era proibito l’accesso ai cani.

Mercoledì mattina si congedò da quell’angolo di paradiso e dai suoi angeli custodi.

Anche sull’autobus e sul treno continuò a dormire mentre numerose mani si avvicendavano per accarezzare il pelo fulvo della dolcissima Lila.

Quando arrivò in Viale Pisa, la portinaia era ancora in servizio.

La donna gli si fece incontro tutta compiaciuta di averlo di nuovo nel suo condominio.

- Oh signor Bacci sapesse quanta gente è venuta a cercare di lei. Quei della televisiun ancora un po’ e ci mettevano le tende. Peu ‘serin stufi neh. M’han chiesto di chiamarli non appena che tornava.

- Per favore non li chiami - fece Marco con autorevolezza.- Dica a tutti che non voglio vedere nessuno.

- Ma guardi che l’è minga pusibil . Uramai siamo famosi.

- La prego, sono stanchissimo e ho un sacco di cose da fare. Vedrà che nel giro di qualche giorno nessuno penserà più a me.

- Quella bestia lì è con lei?

-Certamente. Si chiama Lila.

La casa era piena di polvere e si notavano i segni delle perquisizioni.

Tutto sommato erano meglio quelle intrusioni delle visite più discrete ma meno giustificate che aveva subito in passato.

Avrebbe dovuto metter ordine, ma non ne aveva alcuna voglia. Avrebbe dovuto chiamare i suoi amici e scusarsi di tutti i fastidi che aveva procurato loro, ma per quello ci sarebbe stato più tempo e più lucidità il giorno successivo.

Avrebbe dovuto mandare messaggi di condoglianze ad Amaranta ... domani.

Decise di rimandare tutto a domani.

Il vecchio telefono a disco era rimasto attaccato e non tardò molto a farsi sentire.

Lo lasciò squillare a lungo, poi, senza sapere bene perché, rispose.

- Pronto?

- Teacher?

- Chi parla ?

- Sono io teacher. Sono Luca.

- Luca chi?

- Luca Festa quello della quinta.

Già, la scuola.

Bisognava affrontare anche quell’argomento prima o poi.

- Come stai Luca?

- Io sto bene e tu?

- Un po’stanchino, ma tutto sommato non c’é male.

- Quando torni teacher?

- Presto, prestissimo Luca.

- Teacher, sei diventato famosissimo!

- Ma va, cosa dici?

- A scuola non si parla che di te, teacher. Sei più famoso di Totti e di Vieri.

- E cosa si dice di me?

- Che sei un fico.

- Perché ?

-Perché ti cercavano e non ti trovavano e si continuava a vedere le foto tue in televisione.

- Bisogna che prima o poi si faccia una chiacchierata con tutta la classe Luca. Mica si può mitizzare tutto quello che passa per la televisione.

- Perchè no?

- Ne parleremo Luca, ne parleremo quando torno.

- Torna presto teacher. Abbiamo tutti voglia di vederti.

- Va bene, ciao Luca . Grazie della telefonata.

- Teacher?

- Dimmi Luca.

- Volevo scusarmi.

- Di che ?

- Di quello che abbiamo fatto ad Alex.

- E’ a lui che devi chiedere scusa, non a me.

- L’ho fatto Teacher. Anche gli altri l’hanno fatto.

- Son contento, molto contento.

- Vero che non sei più arrabbiato con me?

- Per niente. Vedrai che tornerò presto.

- Good by teacher , ti voglio bene.

- Anch’io Luca . Anch’io.

Marco Bacci abbassò il ricevitore perché non voleva far sentire al suo allievo che stava per piangere dalla commozione.

Poi respirò profondamente, sospirò e vide Lila che lo stava fissando con il capino leggermente inclinato da una parte.

Marco Bacci prese quel musetto adorabile tra le mani e appoggiando la punta del suo naso a quello umido dell’animale ripetè le parole di quel buffo turista francese incontrato in Val d’Elsa:



-Il y a des surprises dan la vie. Quelques fois étonnantes.




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