Potere fisso e limitato, di forme rigide, egli vide l'impero della piccola vita,
cantuccio infelice nell'eternità. Esso viveva al margine dell'Idea, protetto,
come in un guscio, dall'Ignoranza. Sperando allora di apprendere il segreto di
questo mondo, egli ne scrutò la scarsa frangia di visione per liberare dalla sua
oscurità chiara solo in superficie la Forza che l'animava e l'Idea che aveva
creato,
(10) imponendo la piccolezza all'Infinito, lo spirito che ne governa la
piccolezza, la legge divina che gli dava il diritto d'esistere, la sua presa
sulla Natura e la sua necessità nel Tempo. Immerse lo sguardo nell'assedio della
nebbia che manteneva questo continente, malrischiarato e ristretto, circondato
dai cieli e dai mari dell'ignoranza, al riparo dalla Verità, dal Sé e dalla
Luce. Come quando un faro pugnala il petto cieco della Notte ed appaiono case,
alberi e sagome umane
(20) che sembran rivelarsi ad un occhio nel Nulla, tutte le cose che si celavano
vennero strappate al loro velo ed esposte al bianco splendore solare della sua
visione. Un volgo indaffarato, agitato e rozzo brulicava lì a migliaia, triste e
negletto. In una bruma che avviluppava di segreto la scena del mondo le piccole
divinità dell'atto inferiore del Tempo che lavoran lontane dal controllo
dell'occhio del Cielo, tramano, ignote alle creature ch'esse muovono, le
minuscole cospirazioni di questo regno meschino
(30) che si diletta delle trovate futili, delle brevi speranze, dei piccoli passi
bramosi, le piccole manie,
gli sguazzamenti del rettile nel buio e nella polvere, l'acquattamento e
l'ignominia della vita strisciante. Moltitudine trepidante e variopinta, strano
disordine di magici artigiani a modellare la plastica argilla della vita, si
vedeva una turba di elfi, specie elementare. Stupiti per l'insolito bagliore,
sorgevan, come immanenti nell'ombra,
(40) diavoletti dalle membra contorte e volti scalpellati e bestiali, spiritelli
suggeritori raggrinziti come goblin o d'una piccolezza fiabesca, e geni più
leggiadri ma privi d'anima e miseri, ed esseri caduti, ch'avean perso la loro
porzione celeste, e deità erranti intrappolate nella polvere del Tempo. Volontà
ignoranti e pericolose ma armate di potere, semi-animali, semi-divini il loro
stato e la loro forma. Dal grigiore di uno sfondo indistinto vengono i loro
sussurri, forza inarticolata, e nella mente l'eco d'un pensiero destano o d'una
parola,
(50) attirano l'assenso del cuore allo stimolo del loro impulso, e compiono il
loro lavoro in questa Natura ridotta riempiendone di malessere i poteri e le
creature. Affliggon col frutto della tristezza la sua semenza di gioia, spengon
col soffio dell'errore le sue scarse luci e volgono a fini menzogneri le sue
verità di superficie, spronan le sue piccole emozioni, spingon le sue passioni
all'abisso o nel pantano ed il fango: oppure, pungono con l'aculeo di dure e
secche concupiscenze, mentre su vie traverse che non portano in alcun dove
sobbalza
(60) la carretta della vita senza trovare un'uscita dall'ignoranza. Divertirsi
col bene ed il male è la loro legge; attraendo al fallimento e al successo
insensato, corrompono tutti i modelli, falsan ogni misura, trasforman la
conoscenza in veleno, la virtù in esempio tedioso, e portano i cicli senza fine
del desiderio, attraverso apparenze d'una sorte triste o felice, a una fatalità
ineluttabile.
Lì, tutto avviene per la loro influenza. Né si limita lì il loro impero o il
loro ruolo:
(70) ovunque si trovino menti senz'anima e vite senza guida e in un corpo esiguo
il me sia tutto ciò che conti, ovunque manchi l'amore, la luce e la vastità,
questi malvagi manipolatori intraprendono il loro compito. Estendono il loro
regno a tutti i mondi semi-coscienti. Anche quaggiù questi piccoli iddii muovono
i nostri cuori umani, la penombra della nostra natura è il loro nascondiglio:
anche quaggiù il cuore oscurato e primitivo obbedisce alle suggestioni velate
d'una Mente occulta che con una luce ingannevole pedina la nostra conoscenza
(80) e si tiene fra noi e la Verità che salva Essa ci parla con le voci della
Notte: le nostre vite oscurate se ne vanno a una tenebra maggiore; le nostre
ricerche danno ascolto a speranze disastrose. Una struttura di pensieri ciechi è
costruita e la ragione impiegata da una Forza irrazionale. Questa terra non è la
sola nostra maestra e nutrice; i poteri di tutti i mondi hanno qui accesso. Nei
loro rispettivi domim seguon la ruota della legge e adorano la sicurezza d'un
tipo stabilito;
(90) sulla terra, espulsi dalla loro orbita invariabile, la loro legge è
mantenuta, persa la forza fissa del loro essere. Son proiettati in un caos
creativo ove tutto reclama l'ordine ma è mosso dal Caso; estranei alla natura
terrestre, devono imparare le vie della terra, alieni o antagonisti, devono
collegarsi: lavorano, combattono e a gran pena s'accordano: alcuni si uniscono,
altri si separano, tutto di nuovo si separa e si unisce, ma non possiamo mai
conoscere e viver veramente finché non abbiano tutti trovato la loro divina
armonia
(100) Il cammino incerto della nostra vita si snoda girando in tondo, la ricerca
inquieta della nostra mente domanda sempre la luce finch'essi non abbiano
appreso il loro segreto alla loro fonte, nella luce del Senza-Tempo e la sua
dimora fuori dello spazio,
nella gioia dell'Eterno solo ed uno. Ma ora la Luce suprema è lontana: la nostra
vita cosciente obbedisce alle leggi dell'Incosciente; verso scopi ignoranti e
desideri ciechi son spinti i nostri cuori da una forza ambigua; perfino le
conquiste della nostra mente portano una corona ammaccata.
(110) Un ordine che muta lentamente vincola la nostra volontà. Tale è la nostra
condanna finché non sia libera l'anima. Allora una Mano possente riavvolge i
firmamenti della mente, l'infinito assume gli atti del finito e la Natura avanza
nella Luce eterna. Soltanto allora ha fine questo sogno ch'è la vita inferiore.
All'esordio di questo mondo enigmatico che pare a un tempo un'enorme macchina
bruta e un lento smascheramento dello spirito nelle cose, in questa stanza
rotante senza muri
(120) in cui Dio siede ovunque impassibile come ignoto a se stesso e a noi
invisibile in un miracolo di segretezza incosciente, anche se tutto qui è sua
azione e sua volontà, in questo vortice e dispiegamento attraverso la vacuità
infinita, lo Spirito divenne la Materia e giacque nel turbine, corpo dormiente
privo di sensi od anima. Un massiccio fenomeno di forme visibili sostenuto dal
silenzio del Vuoto apparve nella Coscienza eterna
(130) e sembrò un mondo esteriore e insensibile. Nessuno c'era, li, a vedere e a
sentire; solo il miracoloso Incosciente, abile stregone ingegnoso, era
all'opera. Inventando modi per ottenere risultati magici, manovrando il congegno
meraviglioso della creazione, segnando meccanicamente i punti della saggezza
muta, usando l'Idea impensata e ineluttabile, esso compì i lavori
dell'intelligenza di Dio
o eseguì il volere di qualche Ignoto supremo.
(140) La coscienza era ancora nascosta in seno alla Natura, non si percepiva la
Felicità il cui rapimento sognò i mondi. L'essere era una sostanza inerte mossa
dalla Forza. All'inizio esisteva solo uno Spazio eterico: le sue vibrazioni
immense giravano e giravano ospitando una specie d'iniziativa inconcepita:
sostenuto da un originario Soffio supremo, l'atto mistico d'espansione e
contrazione crea nel vuoto contatto e frizione, introdusse nell'astratta vacuità
l'urto e la stretta:
(150) padre d'un universo in espansione nella matrice di una forza
disintegrantesi, manteneva intatta, spendendola, una somma inesauribile. Nel
cuore dello Spazio accese un Fuoco invisibile che, sparpagliando mondi come
semi, proietta in un turbine l'ordine luminoso degli astri. Un oceano di Energia
elettrica forma in modo amorfo le sue strane onde-particelle che con la loro
danza costruiscon questa solida trama, chiusa e in riposo nell'atomo la sua
potenza;
(160) delle masse e sagome visibili vennero forgiate o simulate; la luce getta la
rapida e rivelatrice scintilla del fotone sotto il cui lampo minuscolo mostra,
riflesso, questo cosmo di cose apparenti. Così è stato creato questo mondo reale
e impossibile, miracolo evidente o convincente parvenza. O così sembra alla
mente arrogante dell'uomo che insedia il suo pensiero come arbitro della verità,
la sua personale visione come fatto impersonale e come testimoni d'un mondo
oggettivo
(170) i suoi sensi fallibili e l'artificio dei suoi strumenti. cosa egli deve
risolvere il tangibile enigma della vita sotto una dubbia luce, afferrare per
sbaglio la Verità e a poco a poco separare il volto dal velo. Oppure, privato
della fede nella mente e nei sensi,
la sua conoscenza un brillante accumulo d'ignoranza,
vede in tutte le cose quaggiù stranamente foggiate
lo scherzo spiacevole d'una Forza ingannatrice,
una parabola di Maya e del suo potere.
Questo vasto moto perpetuo, preso e mantenuto
(180) nel cambiamento misterioso e invariabile
del persistente movimento che noi chiamiamo il Tempo
e che sempre rinnova il suo battito ricorrente,
questi cerchi mobili che stereotipano un flusso,
questi oggetti statici nella danza cosmica
che non sono nient'altro che volute d'Energia che si ripetono,
prolungate dallo spirito del Vuoto incombente,
aspettavan la vita, i sensi e la Mente di veglia.
Il Sognatore cambiò un poco la sua posa di pietra.
Ma una volta compiuto il lavoro scrupoloso dell'Incosciente
(190) e il Caso dominato da leggi fisse e immutabili,
fu preparata una scena pe'l gioco cosciente della Natura.
Allora si scosse il sonno muto e immobile dello Spirito;
la Forza nascosta emerse lenta, in silenzio.
Un sogno di vivere si risvegliò nel cuore della Materia,
una volontà di vita animò la polvere dell'Incosciente,
un capriccio di vivere sorprese il Tempo vuoto,
effimero in un'Eternità vergine,
infinitesimale in un morto Infinito.
Un soffio più sottile vivificò le forme della Materia inerte;
(200) il ritmo stabilito del mondo divenne un grido cosciente;
un Potere serpentesco avviluppò la Forza insensibile.
Isole di vita punteggiarono lo Spazio senza vita
e germi di vita formaronsi nell'aria senza forma.
Nacque una Vita che seguiva la legge della Materia
ignorante dei motivi dei proprî passi;
sempre incostante, eppure eternamente identica,
essa ripeteva il paradosso che la fece nascere:
le sue stabilità senza riposo e instabili
ricorrevano incessanti nel fluire del Tempo
(210) e movimenti intenzionali in forme prive di pensiero
tradivan gli ansiti d'una Volontà prigioniera. Veglia e sonno, distesi, si
stringevan nelle braccia l'una dell'altro; deboli e indistinti si produssero il
piacere e il dolore, trepidi dei primi vaghi trasalimenti di un'Anima Cosmica.
Una forza di vita incapace di gridare o di muoversi irruppe tuttavia in una
bellezza che suggeriva una profonda delizia: una sensibilità inarticolata,
pulsazioni del cuore d'un mondo ignorante, ne percorse il sonnolento torpore
suscitandovi
(220) un vago fremito incerto, un palpito errante, un appannato schiudersi come
d'occhi segreti. Crebbe un infante sentimento di sé, e la nascita nacque. Una
divinità si svegliò ma rimase a giacere, le membra in un sogno; la sua casa
rifiutò d'aprire le sue porte sigillate. Insensibile per il nostro sguardo che
vede solo la forma, l'atto e non il Dio imprigionato, la vita nascondeva nel suo
polso di crescita e potere una coscienza con muti, soffocati battiti di senso,
una mente repressa che non conosceva ancora il pensiero,
(230) uno spirito inerte che riusciva soltanto ad esistere. All'inizio non levò
alcuna voce, non osò un movimento: carica di potere cosmico, impregnata di forza
vivente, si limitava ad abbarbicarsi con le sue radici alla terra sicura,
fremeva in silenzio agli urti della luce e della brezza, e come viticci le
spuntavano dita di desiderio; l'energia ch'era in lei, assetata di sole e di
luce, non sentiva l'abbraccio che la facea respirare e vivere; assorta, sognava,
contenta della beltà e del colore. Alla fine, l'Immensità incantata guardò
davanti a sé:
(240) eccitata, tremante, affamata, cercò a tastoni la mente: allora, lentamente,
vibrarono i sensi ed il pensiero apparve; essa costrinse a prendere coscienza la
struttura riluttante. (I) La magia d'una forma cosciente fu cesellata: le sue
vibrazioni di trance ritmarono una pronta risposta, scosse luminose stimolarono
il cervello ed i nervi, risvegliarono nella Materia l'identità dello spirito e
in un corpo accesero il miracolo
dell'amore del cuore e lo sguardo testimone dell'anima.
Spinti da un volere invisibile poterono erompere
(250) frammenti di qualche vasto impulso di divenire
e vividi bagliori d'un sé segreto;
incerti, i semi e la forza delle forme future
uscirono dal deliquio incosciente delle cose.
Una creazione animale strisciò, corse,
volò e gridò fra la terra ed il cielo,
inseguita dalla morte pur sperando di vivere,
felice di respirare, anche se solo per poco.
Allora, dalla bestia originale, fu plasmato l'uomo.
Una mente pensante era venuta a sollevare le tendenze della vita,
(260) strumento tagliente d'una Natura mista e vaga,
intelligenza a metà testimone, a metà macchina
Questa conduttrice apparente della ruota delle Sue opere,(II)
incaricata di motivare e registrare il Suo movimento
e stabilire la propria legge sui Suoi poteri incostanti,
questo motore primario d'un meccanismo delicato,
aspirò a illuminare la sua utente e a raffinare,
elevandola a una visione del Potere immanente,
la rozza iniziativa dell'assorta meccanica:
l'uomo alzò gli occhi; la luce del Cielo riflesse un Volto.
(270) Stupita dei lavori compiuti durante il Suo mistico sonno,
la Natura considerò il mondo che aveva creato:
la meraviglia afferrò allora il grande automa;
essa si fermò per capire il Suo sé e il Suo scopo,
apprese, riflettendo, ad agire secondo una legge cosciente,
una misura apparsale in visione ne guidò il ritmo dei passi;
il pensiero delimitò i Suoi istinti in un quadro di volontà
e illuminò con l'idea il Suo stimolo cieco.
Sulla massa dei Suoi impulsi, sui Suoi atti riflessi,
sul movimento spinto o guidato dall'Incosciente
(280) e il mistero di passi sbadati e precisi,
essa attaccò l'immagine speciosa d'un sé,
idolo vivente dello spirito sfigurato;
agli atti della Materia impose una legge esemplare; creò, da cellule chimiche,
un corpo pensante e modellò un essere da una forza ch'era azionata. Divenire ciò
che non era infiammò la Sua speranza: volse il Suo sogno verso qualche Ignoto
sublime; in basso, un soffio si fece sentire dell'Uno supremo. Un varco guardò a
sfere al di sopra
(290) ed ombre colorate disegnaron sul suolo mortale le forme passeggere delle
cose immortali; poté giunger talvolta un rapido lampo celeste: il raggio
illuminato dell'anima cadde sul cuore e la carne toccando con sembianze di luce
ideale la sostanza di cui i nostri sogni son fatti. Un fragile amore umano che
non poteva durare, ali di falena dell'ego per sollevare l'anima serafica,
apparve, incantesimo superficiale di breve vita spento da un lieve alito del
Tempo;
(300) la gioia che per un momento oblia la condizione mortale arrivò, ospite rara
presto partita, e fece sembrar bello tutto per un'ora; le speranze che presto
appassiscono in grigie realtà e le passioni ch'ardendo si riducono in cenere
accesero con la loro breve fiamma la terra usuale. Creatura esigua e
insignificante visitata, sollevata da un Potere ignoto, l'uomo penò sul suo
fazzoletto di terra per arrivare a durare, godere, soffrire e morire.
(310) Uno spirito che non periva col corpo e 'l respiro trovavasi lì come
un'ombra del Non-manifesto e tenevasi dietro alla piccola forma personale senza
rivendicare ancora quest'incarnazione terrestre. Acconsentendo alla lunga e
lenta fatica della Natura, osservando le opere della sua propria Ignoranza,
sconosciuto, non percepito vive il Testimone possente e nulla rivela la Gloria
ch'è presente quaggiù. Saggezza che governa il mondo mistico,
Silenzio ch'ascolta il grido della Vita,
(320) esso vede la folla precipite dei momenti scorrere
verso l'immota grandezza di un'ora lontana.
Incomprensibilmente, questo mondo enorme gira
nell'ombra d'una meditabonda Incoscienza;
essa cela la chiave d'interiori significati perduti,
serra nei nostri cuori una voce che non possiamo udire.
Enigmatico lavoro dello spirito,
macchina esatta di cui nessuno conosce l'uso,
-arte e ingegnosità privi di senso,
questa vita minuta, elaborata e orchestrata
(330) suona eternamente le sue sinfonie senza motivo.
La mente apprende e non sa, volgendo il dorso al vero;
studia leggi di superficie mediante un pensiero di superficie,
esamina i passi della vita e vede il processo della Natura,
senza capire perché questa agisce né perché viviamo;
nota la Sua infaticabile cura d'un adeguato congegno,
il Suo paziente dedalo di sottili dettagli,
il mirabile piano inventivo dello spirito ingegnoso
nella Sua grande, futile massa d'operazioni incessanti,
aggiunge cifre intenzionali alla Sua somma senza scopo,
(340) accastella i suoi piani a timpani, i suoi tetti ascendenti
sulla base delle strette fondamenta ch'essa ha scavato,
cittadelle immaginarie erette in un aere mitico,
o monta una scala di sogno verso una mistica luna:
creazioni effimere indicano e toccano il cielo;
lo schema d'una congettura cosmica viene elaborato
sul piano offuscato dell'incertezza mentale
o penosamente costruito un insieme frammentario.
Impenetrabile, un mistero recondito
è il vasto disegno di cui siamo parte;
(350) le sue armonie son per noi discordi
perché ignoriamo il grande tema ch'esse servono.
Inscrutabili operano gli agenti cosmici.
Noi vediamo soltanto la cresta d'un vasto flutto;
i nostri strumenti non possiedono questa più grande luce, la nostra volontà non
s'intona con l'Eterna, troppo cieca e passionale è la visione del nostro cuore.
Impotente a condividere il misterioso tatto della Natura, incapace di sentire il
polso e il cuore delle cose, la nostra ragione non può sondare il mare possente
della vita
(360) e non fa che contarne le onde e scrutarne la schiuma; non conosce l'origine
di questi movimenti che toccano e passano, non vede dove va la piena
travolgente: si sforza solo di canalizzarne i poteri sperando di orientarne il
corso verso fini umani: ma tutti i suoi mezzi provengono dalla riserva
dell'Incosciente. Invisibili, agiscon qui confuse, immense energie cosmiche e
solo infiltrazioni e correnti sono la nostra porzione. La nostra mente vive
distante dall'autentica Luce, cercando di afferrare minimi frammenti del Vero
(370) in un cantuccio dell'Infinità; le nostre vite son piccole baie d'una forza
oceanica. I nostri movimenti coscienti hanno origini segrete ma nessuno scambio
con queste ombrose sedi; nessuna comprensione lega le nostre parti associate; i
nostri atti emergon da una cripta che la nostra mente ignora. I nostri abissi
più profondi sono ignoti a se stessi; perfino il nostro corpo è un magazzino
misterioso; come sotto lo schermo della terra celansi le radici della nostra
terra, così restano invisibili quelle della nostra mente e la nostra vita.
(380) Le nostre fonti son tenute strettamente nascoste al di sotto e all'interno;
le nostre anime vengono mosse da poteri che son dietro il muro. Nelle
sotterranee distese dello spirito una potenza agisce senza far caso al proprio
senso; utilizzando monitori e scriba sbadati, essa è la causa di ciò che
pensiamo e sentiamo. I trogloditi della Mente subconscia, interpreti mal
esercitati e balbettanti consapevoli solo della routine del loro povero compito
e impegnati a registrare nelle nostre cellule,
(390) celati nelle segretezze subliminali
in mezzo a un oscuro ingranaggio occulto,
captano il mistico Morse la cui misurata cadenza
trasmette i messaggi della Forza cosmica
Un sussurro cade nell'orecchio interiore della vita
e gli fan eco le buie caverne subcoscienti,
la parola trasale, freme il pensiero, il cuore vibra, la volontà
risponde e i tessuti ed i nervi obbediscono all'appello.
Le nostre vite traducono queste sottili intimità;
tutto è il commercio d'un Potere segreto.
(400) Un fantoccio pensante è la mente di vita: la sua scelta è l'opera d'energie
elementari che non sanno della loro nascita, del loro scopo e la loro causa e
non intravedono l'immenso intento che servono.
In questa vita inferiore dell'uomo, sbiadita ed opaca,
eppure piena di acute, ignobili meschinerie,
la Bambola cosciente è spinta in cento modi
e sente la spinta, ma non le mani che spingono.
Perché nessuno può vedere la troupe mascherata, ironica,
per la quale i nostri sé esteriori son le marionette
(410) e i nostri atti movimenti involontari in loro potere,
la nostra lotta appassionata, una scena da intrattenimento.
Ignari essi stessi della fonte della loro energia,
giocano il loro ruolo nell'enorme insieme.
Agenti dell'ombra che imitano la luce,
spiriti oscuri che azionano cose oscure,
essi servono involontariamente un Potere più possente.
Macchine di Ananke che organizzano il Caso,
canali perversi d'una Volontà formidabile,
strumenti dell'Ignoto che ci usano quali loro strumenti,
(420) investiti di potere nella condizione inferiore della Natura,
nelle azioni che i mortali si attribuiscono
essi introducono le incoerenze del Destino,
o fan del capriccio disordinato del Tempo una fatalità
e si lanciano di mano in mano le vite degli uomini
in un gioco incongruente e tortuoso.
La loro sostanza si ribella contro ogni verità superiore; solo alla forza del
Titano si prosterna il loro volere. Smodellatala loro presa sui cuori umani,
essi intervengono in tutti gli aspetti della nostra natura.
(430) Architetti insignificanti di vite costruite rasoterra e ingegneri
dell'interesse e del desiderio, con la grezza terrestreità e fremiti di fango e
le rozze reazioni dei nervi materiali erigono le affollate strutture della
nostra volontà egoista e gli edifici malilluminati del nostro pensiero, o con le
fabbriche e i mercati dell'ego circondano il magnifico tempio dell'anima.
Artisti minuziosi delle sfumature della piccolezza, sistemano il mosaico della
nostra commedia
(440) o concertan la futile tragedia dei nostri giorni, stabiliscon l'azione,
combinano la circostanza e abbiglian la fantasia degli umori. Questi incauti
suggeritori del cuore ignorante dell'uomo, tutori della sua parola e volontà
incespicanti, istigatori di collere, brame ed odî meschini, di pensieri mutevoli
e sussulti di lieve emozione, questi blandi illusionisti con le loro maschere,
pittori della scena d'un teatro scolorito ed agili macchinisti della commedia
umana,
(450) si occupano incessantemente di questa scena malrischiarata. Noi stessi,
incapaci di costruire il nostro destino, solo come attori recitiamo e ostentiamo
i nostri ruoli, finché il dramma finisce e passiamo in un Tempo più luminoso e
uno Spazio più sottile. Così essi infliggono la loro piccola legge di pigmei e
frenano la crescita lentamente ascendente dell'uomo, per poi metter fine con la
morte alla sua ben misera marcia.
Tale è la vita quotidiana della creatura effimera Fintanto che l'animale umano è
il padrone e una densa natura inferiore scherma l'anima,
fintanto che la visione esteriore dell'intelletto
serve l'interesse mondano e le gioie della creatura,
un'inguaribile pochezza perseguita i suoi giorni.
Da quando la coscienza è nata sulla terra,
la vita è la stessa nell'insetto, nella scimmia e nell'uomo,
invariata la sua sostanza, il suo percorso la strada ordinaria.
Se cresce la novità dei progetti e la ricchezza dei particolari
e si aggiungono il pensiero e preoccupazioni più complesse,
se a poco a poco la vita mostra un volto più luminoso,
(470) nondimeno, perfino nell'uomo, la trama è squallida e povera.
Una grossolana soddisfazione prolunga il suo stato di caduta;
i suoi meschini successi sono fallimenti dell'anima,
i suoi piccoli piaceri intervallan frequenti dolori:
avversità e fatica son l'alto prezzo ch'egli paga
per il diritto di vivere e l'ultima ricompensa è la morte.
Un'inerzia lasciata affondare nell'incoscienza,
un sonno che imita la morte è il suo riposo.
Un fievole splendore di forza creatrice
diventa lo sprone a incitarlo a fragili lavori umani
(480) che duran tuttavia più del respiro del loro breve creatore.
Egli sogna a volte i baccanali degli dei
e vede passare la pantomima dionisiaca,grandezza leonina che gli
lacererebbe l'anima
se attraverso le sue fragili membra e '1 suo cuore malfermo
dilagasse la dolce, gioiosa e potente follia:
divertimenti frivoli stimolano e sperperano
l'energia datagli per crescere ed essere.
La sua piccola ora si esaurisce in piccole cose.
Una breve compagnia con molte discordanze,
(490) un po' d'amore, di gelosia e di odio,
un contatto d'amicizia in mezzo a folle indifferenti
tracciano il piano del suo cuore sulla mappa ridotta della vita.
Se qualcosa di grande si desta, troppo debole è il suo slancio
per coglierne la tensione zenitale di delizia,
e il suo pensiero per eternizzarne il volo effimero;
il bagliore lucente dell'arte è un passatempo per i suoi occhi,
un brivido che impressiona i nervi è il fascino della musica In mezzo al suo
sforzo tormentato e al tumulto delle sue cure, oppresso dalla fatica della ressa
dei suoi pensieri,
(500) egli riceve a volte sulla sua fronte dolente le mani vaste e calme della
Natura a lenire la sua pena di vivere. Il Suo silenzio lo salva dalla tortura
del suo io; nella Sua bellezza tranquilla egli trova la sua più pura felicità
Albeggia una nuova vita, egli si affaccia su larghe vedute; il soffio dello
Spirito lo anima, ma presto si ritira: la sua forza non è stata fatta per
contenere quest'ospite possente. Tutto si smorza in convenzione e routine o una
violenta eccitazione gli procura vivide gioie: i suoi giorni si coloran del
rosso della lotta,
(510) del bagliore ardente del desiderio e la macchia cremisi della passione;
battaglia e assassinio sono il suo gioco tribale. Gli manca il tempo per volgere
lo sguardo all'interno in cerca del suo sé perduto e della sua anima morta Il
suo movimento gira su un asse troppo corto; egli non può librarsi in volo, ma si
trascina sulla sua lunga strada o se, impaziente della marcia faticosa del
Tempo, vuol prendere una splendida rincorsa sulla strada lenta del Destino, il
cuore al galoppo presto palpita, si stanca e viene meno; od egli continua a
marciare senza tregua, senza trovare una meta
(520) Pochissimi, a stento, riescono a elevarsi a una vita più grande. Tutto
s'intona a una scala bassa e ad un basso grado di coscienza La sua conoscenza
dimora nella casa dell'Ignoranza; nemmeno una volta la sua forza s'avvicina
all'Onnipotente, raramente lo visita l'estasi celeste. La beatitudine che nelle
cose dorme e cerca di destarsi irrompe in lui in una minima gioia di vita:
questa grazia esigua è il suo persistente sostegno; essa allevia il peso dei
suoi molti mali riconciliandolo col suo piccolo mondo.
(530) Egli è pago della media ordinaria dei suoi simili; delle speranze del
domani e le sue vecchie ronde di pensiero, dei suoi vecchi interessi e desiderî
familiari
ha fatto una barriera densa e limitante
che difende la sua piccola vita dall'Invisibile;
la parentela del suo essere con l'infinito
egli ha rigettato per rinchiuderla nel sé più recondito,
ha messo al riparo le grandezze del Dio celato.
Il suo essere è stato formato per giocare un ruolo ordinario
in un dramma da nulla su una scena di poco conto;
(540) su un pezzetto di terra egli ha piantato la tenda della sua vita
sotto l'ampio sguardo della Vastità stellata.
Egli è il coronamento di tutto ciò che è stato compiuto:
-così è giustificata l'impresa della creazione;
questo è il risultato del mondo, l'ultima espressione della Natura!
E se questo fosse tutto e niente di più fosse in vista,
se ciò ch'ora appare fosse tutto ciò che dev'essere,
se questo non fosse uno stadio per il quale passiamo
sulla nostra strada dalla Materia al Sé eterno,
alla Luce che creò i mondi, alla Causa delle cose,
(550) la vista corta della nostra mente potrebbe ben interpretare
l'esistenza come un incidente nel Tempo,
un'illusione, un fenomeno o un capriccio,
il paradosso d'un Pensiero creatore
che si muove fra contrarî irreali,
una Forza inanimata che lotta per sentire e sapere,
la Materia che per caso si è decifrata grazie alla Mente,
l'incoscienza che, mostruosamente, genera l'anima.
A volte tutto pare irreale e lontano:
ci sembra di vivere in una finzione dei nostri pensieri
(560) ricostruita in base al fantasioso racconto di viaggio della
sensazione
o registrata sulla pellicola del cervello,
un'invenzione o una circostanza del sonno cosmico.
Come un sonnambulo che cammina sotto la luna,
l'immagine d'un ego percorre un sogno ignorante
contando i momenti d'un Tempo spettrale.
In una falsa prospettiva d'effetto e causa,
fidandosi di un'ottica fallace dello spazio del mondo,
essa è portata incessantemente da una scena all'altra,
e non sa dove, verso quale soglia favolosa
(570) Tutto qui è sognato o di un'incerta esistenza, ma chi sia il sognatore e da
dove egli guardi resta ancora ignoto o solo una vaga congettura Oppure il mondo
è reale ma noi troppo piccini, insufficienti per la grandezza del nostro teatro.
Una sottile curva di vita traversa il turbine titanico dell'orbita d'un universo
senz'anima, e nelle viscere della rotante massa sparsa una mente s'affaccia da
un piccolo globo fortuito e s'interroga su se stessa e tutte le cose.
(580) E tuttavia, per una visione soggettiva internata stranamente formatasi nel
tessuto cieco della Materia, il divisionismo minuzioso d'un piccolo sé prende
l'aspetto di base cosciente dell'essere del mondo. Tale è la nostra veduta nella
penombra inferiore. È questo il segno dell'Infinito nella Materia, il misterioso
senso del quadro mostrato alla Scienza, questa gigantessa che misura il suo
dominio, quand'essa medita il resoconto della sua attenta indagine e
matematicizza il suo enorme mondo esteriore,
(590)alla Ragione prigioniera dentro il cerchio dei sensi, oppure speculante in
tenui e vaste idee nell'aperto Mercato degli Scambi impalpabili del Pensiero,
(III) astrazioni nel vuoto le sue monete valutate non si sa in base a quali
fermi valori. Solo la religione nella sua bancarotta offre ai nostri cuori le
sue dubbie ricchezze o firma assegni a vuoto sull'Aldilà: la nostra povertà avrà
lì la sua rivincita. I nostri spiriti, abbandonando una vita futile, se ne vanno
in un ignoto vacuo o portano con sé il passaporto della morte nell'immortalità.
Eppur questo non era che un ordine provvisorio, una falsa apparenza abbozzata
dalla sensazione limitante,
l'insufficiente scoperta di sé della mente,
un tentativo precoce, una prima esperienza.
Era un giocattolo per divertire la terra infante;
ma la conoscenza non si ferma a questi poteri superficiali
che vivono a ridosso dell'Ignoranza
e non osano tuffare lo sguardo nei perigliosi abissi
(610) né fissarlo lassù per misurare l'Ignoto.
Esiste una vista dal di dentro, più profonda,
e una volta che abbiamo lasciato questi esigui distretti della mente,
una visione più grande ci si offre sulle Altezze
nella luminosa ampiezza dello sguardo dello spirito.
Alla fine un'Anima testimone si risveglia in noi
che guarda alle verità invisibili e sonda l'Ignoto;
tutto allora assume un volto nuovo e meraviglioso:
il mondo, nelle sue fibre più segrete, vibra d'una Luce divina,
nel cuor profondo del Tempo nobili aspirazioni si muovono e vivono,
(620) si sgretolan le frontiere della Vita e raggiungon l'infinito.
Questa vasta, confusa, eppure rigida trama diventa
un magnifico imbroglio degli Dei,
un gioco, un lavoro ambiguamente divino.
Le nostre ricerche sono esperienze di breve durata
fatte da un Potere inespresso, impenetrabile
che prova le sue sortite dalla Notte incosciente
per incontrare il suo sé luminoso di Verità e Beatitudine.
Esso scruta il Reale attraverso la forma apparente;
pena nella nostra mente e i nostri sensi umani;
(630) in mezzo alle immagini dell'Ignoranza,
nei quadri simbolici disegnati dalla parola e '1 pensiero,
cerca la verità cui miran tutte le forme;
spera di trovar la fonte di Luce con la lampada della visione;
opera per scoprire l'Autore di tutte le opere,
il Sé interiore impercepito che è la guida,
il Sé superiore sconosciuto che è la meta.
Non tutto, qui, è l'impresa di una Natura acciecata:
un Verbo, una Saggezza ci osserva dall'alto,
un Testimone che sanziona il Suo volere e i Suoi lavori, (IV)
(640) un Occhio invisibile nella cieca vastità; c'è un'Influenza d'una Luce
superiore, ci sono pensieri lontani ed eternità sigillate; un motivo mistico
guida gli astri ed i soli. In questo passaggio da una Forza sorda e
inconsapevole a una coscienza in lotta e un respiro caduco, una poderosa
Soprannatura veglia sul Tempo. Il mondo è diverso da quel che pensiamo e
vediamo, le nostre vite sono un mistero più profondo di quanto abbiamo sognato,
le nostre menti gli starter nella corsa verso Dio,
(650) le anime nostre, sé deputati del Supremo. Attraverso il campo cosmico,
lungo strette vie, chiedendo una magra elemosina dalle mani della Fortuna e
vestito da mendicante, cammina l'Uno. Anche nel teatro di queste piccole vite,
dietro l'atto respira una dolcezza segreta, la spinta di una divinità in
miniatura. Dalle fonti di Dio, una passione mistica scorre attraverso gli spazi
protetti dell'anima; una forza che aiuta sosdene la terra dolente,
(660) una prossimità invisibile, una gioia nascosta. Ci sono i palpita smorzati
d'un riso sommesso, il mormorio d'una felicità occulta, un'esultanza negli
abissi di sonno, un cuore di beatitudine in un mondo di sofferenza. Un Fanciullo
nutrito al seno velato della Natura, un Fanciullo che gioca nelle foreste
magiche, suonando il flauto incantato presso i fiumi dello spirito, aspetta
l'ora in cui ci volgeremo al suo richiamo. In questo rivestimento di vita
carnale,
(670) un'anima, scintilla di Dio, sopravvive e a volte si fa strada attraverso il
sordido schermo e accende un fuoco che ci rende semidivini. Nelle cellule del
nostro corpo risiede un Potere nascosto che vede l'invisibile e premedita
l'eternità; le nostre parti più minute danno spazio ai bisogni più profondi;
anche lì i Messaggeri dorati posson venire:
una porta è tagliata nel muro di fango del sé;
attraverso l'umile soglia, a teste chine,
passano gli angeli dell'estasi e del dono di sé,
(680) e in un santuario interiore di sogni
vivon gli artefici dell'immagine della divinità.
Lì è la pietà e il sacrificio dalle ali di fuoco,
e lampi di simpatia e tenerezza
gettan luci celesti dal sacrario isolato del cuore.
Un lavoro si compie nei profondi silenzi;
la gloria e meraviglia d'un senso spirituale,
un riso nello spazio eterno della bellezza
che trasforma in gioia l'esperienza del mondo,
abitano il mistero dei vergini abissi;
(690) cullata dai battiti del Tempo, l'eternità dorme in noi.
Nel cuore sigillato ed ermetico, il nucleo felice,
impassibile dietro questa forma esteriore di morte,
l'Entità eterna prepara al di dentro
la sua materia di letizia divina,
il suo regno di fenomeno celeste.
Anche nella nostra scettica mente d'ignoranza
si produce la preveggenza di qualche immensa liberazione,
la nostra volontà ad essa leva le sue mani di lenta plasmatrice.
Ciascuna delle nostre parti desidera il suo assoluto.
(700) I nostri pensieri braman la Luce perpetua,
la nostra energia deriva da una Forza onnipotente,
e poiché da una Gioia velata di Dio furon creati i mondi
e la Bellezza eterna reclama una forma
anche qui dove tutto è fatto della polvere dell'essere,
i nostri cuori sono catturati da figure seduttrici,
i nostri stessi sensi cercano ciecamente la felicità.
Il nostro errore crocifigge la Realtà
per imporne qui la nascita e il corpo divino:
costringendo, incarnate in una forma umana
(710) e respiranti in membra che si posson toccare e abbracciare,
la sua Conoscenza a soccorrere un'antica Ignoranza,
e la sua luce salvatrice, l'universo incosciente. E quando quel sé più grande
scenderà quale oceano a riempir quest'immagine della nostra impermanenza, tutto
sarà catturato dalla delizia, trasformato: in onde d'estasi mai sognata si
dipiegheranno la nostra mente, la nostra vita e i sensi e rideranno in una luce
altra che questo duro giorno umano limitato, i tessuti dei corpo vibreranno in
un'apoteosi,
(720) le sue cellule subiranno una luminosa metamorfosi. Questo piccolo essere
del Tempo, quest'anima fantasma, questo nano prestanome vivente dello spirito
oscurato emergerà dal traffico dei suoi sogni meschini. La sua forma di persona
e il suo volto d'ego spogliati di questo travestimento mortale, esso, ricreato
all'immagine dell'Ospite eterno come un troll d'argilla impastato in un dio, (V)
sarà stretto al petto d'una bianca Forza e, infiammandosi a quel contatto
paradisiaco
(730) in un fuoco rosa di soave grazia spirituale nella rossa passione del suo
cambiamento infinito, trasalirà, destandosi e fremendo d'estasi. Come disfacendo
un incantesimo deformante, liberato dalla nera magia della Notte, ripudiando il
servaggio al fosco Abisso, apprenderà alla fine chi viveva in lui, invisibile, e
còlto da meraviglia nel cuore in adorazione s'inginocchierà, cosciente, davanti
al Dio-fanciullo sul trono, tremando di bellezza, di delizia e d'amore.
(740) Ma dobbiamo dapprima conseguire l'ascesa dello spirito fuori dal baratro da
cui è sorta la nostra natura. L'anima deve librarsi sovrana al di sopra della
forma e salire verso cime al di là del dormiveglia della mente; dobbiamo
permeare i nostri cuori di vigore celeste, prendere di sorpresa l'animale
mediante il dio occulto. Allora, accendendo l'aurea lingua di fuoco del
sacrificio, invocando i poteri d'un luminoso emisfero,
lasceremo cadere la vergogna della nostra condizione mortale, faremo dell'abisso
una strada per la discesa del Cielo,
(750) metteremo le nostre profondità in contano col Raggio supremo e fenderemo
col Fuoco mistico la tenebra
- Avventurandosi ancora una volta nella bruma natale attraverso la perigliosa
foschia, il pregnante tumulto, egli s'apri un varco nel caos astrale in mezzo ai
volti grigi dei suoi dèi demoniaci, interrogato dai sussurri dei suoi spettri
vacillanti, assediato dalle stregonerie della sua forza fluida. Come chi cammini
senza guida entro campi stranieri ignorando dove si diriga e con quale speranza,
(760) calpestava un suolo eclissantesi sotto i suoi piedi
e, forte come una roccia, viaggiava verso una meta fuggevole.
La traccia che lasciava era una linea di fuga
di punti luccicanti in una vaga immensità;
un mormorio incorporeo procedeva al suo fianco
nell'oscurità ferita che protestava contro la luce.
Formidabile ostruzione il suo cuore immobile,
com'egli avanzava, l'opacità all'erta moltiplicava
la sua massa ostile d'occhi sbarrati e minacciosi;
l'ombra baluginava come una torcia morente.
(770) Attorno a lui un fantomatico bagliore smorzato
popolava di forme illusorie e ingannatrici
la buia e smisurata caverna del vago Incosciente.
Suo unico sole era la fiamma del suo spirito.
NOTE SPECIALI
I"essa": l'immensità" cui al v. 329.
II La maiuscola agli aggettivi possessivi in questo passaggio. invia alla "Natura" citata al
III v. 260. Così anche ai vv. 335-339 e 502-503.
IV Inversione dei versi 591 e 592 del testo originale.
V Inversione dei versi 726 e 727 del testo originale.
Fine del Canto Quinto
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