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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Canto Primo
La Scala Cosmica


Solo andava, lo sguardo dell'Infinità attorno a lui, e dell'Inconoscibile sopra.

Si poteva vedere tutto ciò che sfugge all'occhio umano, conoscere tutto ciò che

la mente non ha mai afferrato, realizzare tutto ciò che nessuna volontà mortale

osa. Un movimento illimitato colmava una pace senza limite. In un'esistenza

profonda oltre quella terrestre, origine delle idee e dei sogni nostri o ad essi

affine, ove lo Spazio è un vasto esperimento dell'anima,

(10) in una sostanza immateriale legata alla nostra in un'intensa unità di tutte

le cose che sono, sorse l'universo dell'Ignoto. Un'autocreazione senza fine né

pausa rivelava le grandezze dell'Infinito: gettava negli azzardi del suo gioco

milioni di umori, miriadi d'energie, le forme cosmiche che son le fantasie della

sua Verità e le formule della libertà della sua Forza. Riversava nel flusso

dell'eterno Immoto



(20) un'ebbrezza e una festa bacchiche di Idee, una passione e un movimento di

perennità. Nell'onda dell'Immutabile si levavan, non nati, pensieri che

sussistono nella loro conseguenza imperitura, parole che, immortali, durano pur

senza più voce, atti che manifestano il senso muto del Silenzio, versi che

trasmettono l'inesprimibile. La calma dell'Eterno, in una gioia impassibile,

vedeva all'opera il suo Potere universo dispiegare in trame di dolore e drammi

di delizia

(30) la meraviglia e bellezza della sua volontà d'esistere.(I) Tutto, anche il

dolore, era qui piacere dell'anima;

qui tutta l'esperienza era un solo disegno,

l'espressione innumerevole dell'Uno.

Tutto ad un tempo s'offriva alla sua singola visione,

nulla sfuggiva al suo vasto sguardo intuitivo,

nulla s'accostava ch'egli non sentisse a sé congiunto:

il suo spirito era una sola cosa con quell'immensità.

Immagini in una coscienza superna

incarnanti il Non-nato che mai muore,



(40) le strutturate visioni del Sé cosmico,

animate al tocco dell'eternità dell'essere,

lo guardarono come pensieri spirituali vincolati alla forma

raffiguranti i movimenti dell'Ineffabile.

Gli aspetti dell'essere presero un contorno universale; le forme -

che schiudono battenti sulle cose divine

divennero familiari alla sua vista d'ogni istante;

i simboli della realtà dello Spirito,

i corpi viventi dell'Incorporale

si fecero a lui vicini, suoi quotidiani compagni.



(50) Le visioni inesauribili della Mente insonne,

impressioni del suo contatto con l'invisibile,

lo circondarono d'innumeri segni indicatori;le voci di mille regni della

Vita


gli inviarono i suoi potenti messaggi.

Le allusioni celesti che invadono le nostre vite terrene,

le immaginazioni tremende concepite dall'Inferno,

che, se si compissero e le sperimentassimo qui,

la nostra ottusa capacità cesserebbe presto di sentire

o la nostra umana fragilità non potrebbe sopportare a lungo,



(60) eran lì stabilite nelle loro proporzioni sublimi.

Lì, vissute integralmente nella loro atmosfera autonoma,

riprendevan la loro intensità vertiginosa e l'innata potenza;

la loro fortificante pressione sull'anima

incideva profondamente il terreno della coscienza

con la passione e la purezza dei loro estremi,

l'assolutezza del loro inconfondibile richiamo

e la dolcezza sovrana o la violenta poesia

della loro splendida o terribile delizia. Tutto ciò che il pensiero può

conoscere o la più ampia visione percepire



(70) e tutto ciò che pensiero e visione mai posson conoscere, tutte le cose

occulte e rare, lontane ed insolite eran prossime al contatto del cuore,

percepite dal senso spirituale. Chiedendo d'entrare, alle porte della sua

natura, affollavan gli spazi dilatati della sua mente, testimoni ardenti della

sua scoperta di sé, offrendo la loro meraviglia e la loro moltitudine. Queste

divennero ora nuove parti di se stesso, le forme della vita superiore del suo

spirito, il toccante scenario della sua grande marcia nel tempo

(80) o il ricamato tessuto della sua percezione: queste sostituirono le più

intime cose umane, agirono quali strette compagne dei suoi pensieri o furono

l'ambiente naturale della sua anima. Infaticabile era l'avventura di letizia del

cuore, infiniti i regni della beatitudine dello Spirito, toni innumerevoli

vibrati dalle corde di un'unica armonia: ciascuno, al suo universale equilibrio

vasto-alato, (II) al suo insondabile sentimento del Tutto in uno, portava note

d'una perfezione ancora sconosciuta,

(90) la sua personale immersione nei segreti della Verità, il proprio felice

riflesso sull'Infinito. Tutto ciò che l'Unico ha sognato e creato si trovava lì,

a permeare d'incessante ebbrezza e sorpresa e dell'opulenta bellezza d'una

differenza appassionata il battito ricorrente che istantaneizza Dio nel Tempo.

Mancava solo la Parola unica e intemporale il cui suono solitario porta

l'eternità, l'Idea luminosa in sé, chiave di tutte le idee, l'integralità della

somma perfetta dello Spirito ch'eguaglia il Tutto ineguale all'Uno eguale, il

segno unico che interpreta ogni segno, l'indice assoluto dell'Assoluto.

Li, in disparte, murato dalla propria interiorità

in uno sbarramento mistico di luce dinamica,

egli vide, isolato, immenso, un ammasso cosmico ad alte curve

eretto come un carro himalayano degli Dei

immobile sotto un cielo impenetrabile.

Dalla Materia, come da un plinto e una base invisibile

verso una cima invisibile anch'essa, un oceano scolpito di mondi,

(110) montando con onde crinite di schiuma al Supremo,

saliva verso incommensurabili distese;

sperava di librarsi nel regno dell'Ineffabile:

un centinaio di livelli lo innalzavano all'Ignoto.

Così levavasi in volo ad altezze intangibili

per sparire nel Vasto silenzioso e cosciente

come arriva al cielo, coi suoi piani, la torre d'un tempio

che l'anima dell'uomo ha costruito nella sua aspirazione di vivere

vicino al suo sogno dell'Invisibile.

L'infinità la chiama mentr'essa sogna e sale;



(120) la sua guglia tocca l'apice del mondo;

elevandosi in ampie immobilità senza voce

sposa la terra a eternità velate.

Tra i sistemi molteplici dell'Uno

prodotti da una gioia che interpreta creando,

solo questo ci indica il viaggio di ritorno

dalla lunga perdita del sé negli abissi della Natura;

impiantato sulla terra, porta in sé tutti i regni;

esso è un breve compendio del Vasto.

Tale era l'unica scala verso lo scopo dell'essere.



(130) Riassunto delle tappe dello spirito,

la sua replica delle gerarchie cosmiche

rimodellava nell'aria segreta del nostro sé

una copia sottile dell'universo.

Essa è dentro, al di sotto, fuori e sopra di noi.

Agendo sullo schema di questa Natura visibile

risveglia la pesante sonnolenza della nostra materia terrestre

a pensare, a sentire e rispondere alla gioia;

plasma in noi le nostre parti più divine,

solleva la mente umana in un aere più vasto, a questa (140) vita di carne dà sete

di mete intangibili, collega la morte del corpo al richiamo dell'immortalità:

uscendo dal deliquio dell'Incoscienza, si dirige a fatica verso una Luce

sovracosciente. Se non ci fosse che la terra, senza questa scala, non potrebbe

esistere il pensiero, né la risposta della gioia di vita: uniche sue ospiti

sarebbero delle forme materiali azionate da una forza cosmica inanimata. La

terra, grazie a questa preziosa superfluità, ha generato l'uomo e genererà più

che l'uomo;

(150) quest'ordinamento superiore dell'essere è la nostra causa e possiede la

chiave del nostro destino ascendente; esso fa sortire dal nostro denso stato

mortale lo spirito cosciente nutrito nella casa della Materia. Simbolo vivente

di questi piani coscienti, le sue influenze e deità dell'invisibile, la sua

logica non pensata degli atti della Realtà, nata dalla verità non espressa delle

cose, han fissato i livelli lentamente scalati della nostra vita interiore. I

suoi gradini sono i passi dell'anima che torna

(160) dall'avventura in profondo della nascita materiale, la scala di

un'ascensione liberatrice, gradi su cui la Natura sale verso il divino. Una

volta, vegliati da uno sguardo immortale, questi ne avevan segnato la gigantesca

immersione a capofitto, il salto immenso d'un dio che cade faccia a terra. La

nostra vita è un olocausto del Supremo. La gran Madre universale, con il suo

sacrificio, ha fatto della sua anima il corpo del nostro stato; accettando il

dolore e l'incoscienza, la caduta della Divinità dai suoi splendori, ha tessuto

la multiforme trama di fondo di tutto ciò che siamo. L'idolo di un sé è la

nostra condizione mortale. La nostra terra è un frammento e un residuo; il suo

potere è colmo della linfa di mondi più grandi,

impregnato della luce dei loro colori offuscata dalla sua sonnolenza;

un atavismo di nascite più alte le appartiene,

il suo sonno è agitato dalle loro memorie sepolte

evocanti le sfere perdute da cui caddero.

Forze insoddisfatte le si muovono in seno;

(180) sono le compagne della crescita del suo destino più grande

e del suo ritorno all'immortalità;

esse acconsentono a condividere il suo destino di nascita e morte;

accendono barlumi parziali del Tutto e spingono

il suo spirito cieco e laborioso a comporreuna povera

immagine della possente Totalità.

La calma e luminosa Intimità interiore

approva il suo lavoro e guida il Potere che non vede.

Il suo vasto disegno accetta un minuscolo avvio.

Un tentativo, uno schizzo incompiuto è la vita del mondo;



(190) le sue linee dubitano del proprio significato nascosto,

le sue curve non raggiungono l'alta conclusione prevista.

Eppure una prima effigie della grandezza vi trema,

e quando le parti ambigue, assembrate, avranno incontrato

l'unità a più toni verso cui si muovono,

la gioia dell'Artista riderà delle regole della ragione;

l'intenzione divina apparirà all'improvviso,

il fine giustificherà la tecnica sicura dell'intuizione.

Un diagramma sarà dell'incontro di molti mondi,

un cubo e cristallo dell'unione degli dei;



(200) una Mente penserà dietro la maschera immemore della Natura,

una Vastità cosciente riempirà il vecchio Spazio muto e bruto.

Questo vago e mutevole abbozzo dell'anima detto uomo

si staglierà sullo sfondo tedioso del Tempo

quale epitome ardente dell'eternità,

un piccolo punto rivelerà le infinitudini.

L'universo è l'elaborazione d'un Mistero.

All'inizio fu posta una base strana e anomala,

un vuoto, la cifra di qualche Totalità segreta

ove lo zero conteneva l'infinità nella sua somma



(210) e Tono e Niente erano un solo termine,

un negativo perenne, una Nullità matrice: nelle sue forme nasce sempre il

Fanciullo che in eterno vive nelle vastità di Dio. Un lento moto di

capovolgimento si produsse allora: un gas fu eruttato da qualche Fuoco

invisibile, dai suoi densi anelli si formarono questi milioni di stelle; sul

suolo neonato della terra s'udì il passo di Dio. Attraverso lo spesso fumo

dell'ignoranza terrestre una Mente cominciò a vedere e a osservare le forme

(220) e cercò a tastoni la conoscenza nella Notte nesciente: presa in una cieca

stretta di granito, la Forza eseguì il suo piano e generò nel sonno

quest'immenso mondo meccanico, perché la Materia possa divenir cosciente della

propria anima e il potere di vita, come una levatrice affaccendata, far nascere

lo zero portatore del Tutto. Poiché occhi eterni volsero sugli abissi della

terra la lucente chiarezza d'uno sguardo puro e videro un'ombra

dell'Inconoscibile riflessa nel sonno sconfinato dell'Incosciente,

(230) la Creazione iniziò a muoversi in cerca del sé. Uno spirito sognò nel

frusto turbine cosmico, la mente colò ignara nella linfa della vita e i seni

della Materia allattarono l'Idea divina. Nacque un miracolo dell'Assoluto;

l'infinità rivestì un'anima circoscritta, tutto l'oceano visse in una goccia

errante, un corpo creato nel tempo ospitò l'Illimitabile. Per vivere appieno

tale Mistero son venute qui le nostre anime.

Un Veggente in noi, che conosce il piano prescritto dissimulato dietro ai nostri

passi momentanei, ispira la nostra ascensione verso cime invisibili come già

ispira il salto abissale verso la terra e la vita. Il suo appello avea raggiunto

il Viaggiatore nel Tempo. In disparte, in una solitudine insondata, questi

viaggiava con la sua sola forza muta

portando il peso del desiderio del mondo. Una Quiete amorfa, una Luce senza nome

chiamava Su di lui era il Raggio bianco ed immobile, attorno, gli eterni

Silenzi.


(250) Nessun termine era posto al tentativo sublime; l'un dopo l'altro, i mondi

rivelavan i loro gelosi poteri, e i cieli, le loro profonde beatitudini. Ma la

Calamita invisibile attirava ancora la sua anima. Sagoma solitaria sulla scala

gigantesca della Natura, egli saliva verso una meta indiscernibile sulla nuda

vetta delle cose create.
NOTE SPECIALI

I "la sua volontà d'esistere" ('her will to be' ): la volontà d'esistere del "Potere universo" (Y. 28). L'Autore personifica il Potere ('Power') alla Shalcti (Energia divina), da cui il femminile del possessivo inglese.

II "al suo universale equilibrio": l'equilibrio (come il "sentimento" del verso seguente) di ciascuno di questi "regni".-
Fine del Canto Primo


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