Canto Secondo
Il Regno della Materia Sottile
Nel dominio impalpabile del sé segreto, vasto supporto di questo piccolo essere
esteriore che la solida barriera terrestre separa dalla visione, egli entrò in
un meraviglioso aere cristallino e trovò una vita che non viveva di carne, una
luce che rendeva visibili le cose immateriali. Grado squisito nella gerarchia
del prodigio, il regno dell'arte fatata della Materia sottile si stagliò contro
un cielo vivido di colori,
(10) balzando da una trance di splendore e bruma: la rivelazione magica della sua
sponda Vicino al nostro, è un mondo di figure più leggiadre dove, non mascherate
dalla visione deformante della terra, tutte le forme son belle e tutte le cose
vere. In quest'ambiente luminoso, misticamente chiaro, gli occhi eran le porte
d'una percezione celeste, l'udito era musica, il tatto un incantesimo, ed il
cuore viveva d'un potere più intenso. Lì dimoran le origini radiose della natura
terrestre:
(20) i piani perfetti su cui essa plasma le sue opere, i risultati sovrani della
sua forza in travaglio, riposan nella struttura d'un destino stabilito. Ora
assaliti invano o vanamente conquisi, eran li già segnati e registrati il
momento e l'aspetto delle sue future sovranità nelle linee sontuose tracciate
dal Desiderio. Lo sbocco d'oro delle labirintiche trame della mente, le
ricchezze non scoperte o ancora inafferrate dalle nostre vite, non contaminate
dal pensiero mortale,
(30) attendono in quest'atmosfera pellucida. Li sono oltrepassati i nostri
incerti inizi,
Lì nostri mezzi termini sviluppati in linee prescienti, i nostri fini compiuti
vivono anticipati. Questo magnifico tetto del nostro piano discendente, che
intercetta il libero dono dell'aria del cielo, lascia filtrare piccole irruzioni
d'un potente soffio o circuiti fragranti attraverso reticoli d'oro; esso
protegge il soffitto della nostra mente terrestre dai soli imperituri e dalla
pioggia fluente di Dio,
(40) eppure canalizza una strana incandescenza iridata e luminose rugiade
stillano dal cielo dell'Immortale. Passaggio pei Poteri che muovono i nostri
giorni, occulta dietro i muri di questa Natura più grezza, una sala-ragnatela
pe'l matrimonio della Mente con la Forma è celata da un arazzo di sogni;
l'attraversano i significati celesti come un velo, la sua visione interiore
sostiene questa scena esteriore. Coscienza più sottile dalle linee più felici,
essa possiede un tatto cui il nostro non arriva,
(50) una purezza di sensazione mai da noi provata; la sua intercessione presso il
Raggio eterno ispira i tentativi effimeri della nostra terra impermanente verso
la bellezza e la forma perfetta delle cose. Nelle stanze della giovane divinità
di potere e del primo giuoco del Fanciullo eterno, le incarnazioni dei suoi
pensieri dall'ali pronte a spiegarsi bagnate nei colori d'una perpetua
meraviglia luminosa, cullate dai sussurri di questo limpido aere, come uccelli
su alberi eterni, riposan sfumate di sogno
(60) prima del tuffo per librarsi sul mare del tempo terrestre. Tutto ciò che qui
appare, ha lì un aspetto più amabile. Qualunque cosa i nostri cuori concepiscano
e le nostre teste creino, perdendo qualche sublime bellezza originaria, da lì
esiliata quaggiù, acconsente a una tinta terrena. Qualunque cosa sia dotata di
fascino qui e di grazia visibili, ha lì le sue linee pure e immortali; tutto ciò
che qui è bello, lì è divino.
Si trovan lì immagini impensabili per la mente umana: corpi che non hanno una
controparte terrestre
(70) traversano la trance illuminata dell'occhio interiore e rapiscono il cuore
col loro passo celeste persuadendo il cielo ad abitare quella sfera incantata. I
prodigi del futuro vagano nei suoi abissi; l'antico e il nuovo son modellati in
quelle profondità: un carnevale di beltà popola le altezze in quel magico regno
della visione ideale. Nelle sue anticamere d'intimità radiosa, materia ed anima
s'incontrano in un'unione cosciente quali amanti in un luogo solitario e
segreto:
(80) nell'abbraccio d'una passione non ancora infelice uniscon la loro forza, la
loro dolcezza e delizia e fondendosi unificano i mondi superiori e inferiori.
Intruso che viene dall'Infinito senza forma ed osa irrompere nel regno
dell'Incosciente, il salto dello spirito verso il corpo tocca terra. Finora non
avvolto di contorni terrestri, già indossa, sopravvivendo alla morte e alla
nascita e convincendo l'abisso con una forma celeste, un rivestimento della sua
immortalità
(90) conscio del rango illustre del suo portatore, atto a sopportare la frizione
del Cambiamento e del Tempo. Tessuto misto fatto della raggiante luce dell'anima
e la sostanza della Materia, Forza gravata di segni, invano concepito nell'aria
rarefatta della nostra mente come una forma astratta e fantomatica di fattura
mentale, esso sente quel che i corpi terrestri non possono ed è più reale di
questa struttura più rozza. Caduto il manto della condizione mortale, si fa
lieve il suo peso perché la sua ascesa si elevi;
(100) affinato al contatto di ambienti più sottili, lascia cadere le vecchie
cappe disegnate a motivi e di trama più densa, annulla la presa della trazione
discendente della terra e sempre più in alto, di mondo in mondo, porta l'anima,
finché nell'etere nudo delle vette
sola resta la semplicità dello spirito,
prima veste, trasparente, dell'essere eterno.
Ma quando deve rivenire al suo fardello mortale
e all'arduo insieme dell'esperienza terrestre,
il suo ritorno riprende allora quest'abito più grave.
(110) Ché molto prima che fosse forgiato il solido vestito terrestre
dalla tecnica del Vuoto atomico,
una luminosa copertura di travestimento del sé
fu ordita attorno allo spirito segreto nelle cose.
Di questi involucri brillanti son fatti i regni sottili.
Questo mondo incantato, con tutto il suo beneficio radioso
di visione e inviolata felicità,
si cura solo dell'espressione e la forma perfetta;
bello sulle sue cime, comporta rischiosi piani inferiori;
la sua luce giunge alla soglia della caduta della Natura;
(120) esso presta una bellezza al terrore dei baratri
ed occhi affascinanti a Dei pericolosi,
riveste di grazia il demone e il serpente.
La sua trance impone l'incoscienza della terra;
immortale, tesse per noi l'abito scuro della morte
e autorizza la nostra mortalità.
Quest'intemmediario è al servizio d'una Coscienza più grande:
ricettacolo della sua autocrazia dissimulata,
esso è il terreno sottile dei mondi della Materia,
è l'immutabile nelle sue forme mutevoli,
(130) nelle pieghe della sua memoria creatrice
custodisce il modello perenne delle cose caduche:
le sue diminuite potenze fondano le nostre forze cadute;
il suo pensiero inventa la nostra ragionata ignoranza;
il suo senso genera i riflessi del nostro corpo.
Soffio segreto in noi d'una forza più possente mai provata,
sole celato della visione interiore d'un istante,
le sue raffinate suggestioni sono una fonte nascosta
per le nostre ricche immaginazioni iridescenti,
sfiorando le cose comuni di tinte trasfiguranti
(140) finché la melma stessa della terra diventi fertile e calda dei cieli e una
gloria irradì dalla decadenza dell'anima La sua conoscenza è il punto di
partenza del nostro errore; la sua beltà indossa la bruttezza della nostra
maschera di fango, il suo artistico bene inizia la storia del nostro male.
Cielo, al di sopra, di verità creatrici, cosmo, nel mezzo, d'armoniosi sogni,
caos, al di sotto, di forme in dissoluzione, si tuffa e si perde nella nostra
base incosciente. Dalla sua caduta sortì la nostra Materia più densa
(150) Così avvenne il tuffo di Dio nella Notte. Questo mondo caduto divenne una
nutrice di anime abitate dalla divinità cosciente. Un essere si destò e visse
nel vuoto insensato, una Nescienza vasta quanto il mondo si sforzò verso la vita
e il pensiero, una Coscienza si strappò dal sonno immemore. Tutto è mosso
quaggiù da un volere insenziente. Così caduta, incosciente, frustrata, densa,
inerte, sprofondata in una sonnolenza inanimata e torpida, la Terra giaceva,
schiava del sonno, forzata a creare
(160) da una memoria subcosciente e nostalgica, resto d'una felicità morta prima
ch'essa nascesse, meraviglia straniera sul Suo petto privo di sensi. (I) Questo
fango deve ospitare l'orchidea e la rosa, dalla sua cieca sostanza deve emergere
una bellezza che appartiene a sfere più liete. Tale è il destino trasmessole,
quasi lascito prezioso d'un dio ucciso a una forza cieca e a un'anima
imprigionata. Le parti periture d'una divinità immortale
(170) deve ricostituire da frammenti perduti, riformulare, da un documento
altrove completo, il Suo diritto incerto al Suo Nome divino. Erede unicamente
d'un residuo, essa porta tutte le cose nella Sua polvere informe.
La Sua gigantesca energia vincolata a forme minuscole
nel lento movimento a tentoni del Suo potere
e dotata solo di strumenti fragili e smussati,
essa ha accettato come un bisogno della propria natura
e assegnato all'uomo come formidabile compito
(180) un lavoro impossibile agli-dei.
Una vita che vive a stento in un campo di morte
reclama la sua parte d'immortalità;
un corpo bruto semicosciente serve quale mezzo
a una mente che deve ritrovare una conoscenza perduta
trattenuta dal cappio dell'incoscienza del mondo,
e indossando ancora quest'innumeri nodi della Legge,
uno spirito legato deve elevarsi a re della Natura.
Una parentela possente è la causa di tale audacia.
Tutto ciò che tentiamo in questo mondo imperfetto
(190) guarda avanti o indietro, oltre il lustro del Tempo,
alla sua idea pura, al suo modello stabile e inviolato
nell'abilità indefettibile d'una creazione assoluta.
Afferrare l'assoluto in forme transeunti,
fissare il tocco dell'eterno in ciò che il tempo ha creato,
tale è qui la legge d'ogni perfezione.
Un frammento del piano celeste è captato quaggiù;
altrimenti mai potremmo sperare una vita superiore
e l'estasi e la gloria non potrebbero esistere.
Anche nella piccolezza della nostra condizione mortale,
(200) anche in questo carcere della forma esteriore,
un brillante passaggio per la Fiamma infallibile
è scavato attraverso le grezze pareti dei nervi e 'l cervello,
uno Splendore preme o un Potere irrompe,
la grande, opaca barriera della terra è rimossa un momento,
il sigillo incosciente ci viene sollevato dagli occhi
e diveniamo veicoli di potenza creatrice.
L'entusiasmo d'una sorpresa divina
pervade la nostra vita, un fermento mistico si avverte,
un'angoscia gioiosa trema nelle nostre membra;
(210) un sogno di bellezza danza attraverso il cuore,
un pensiero venuto dalla Mente eterna s'avvicina, accenni lasciati cadere
dall'Invisibile, ridestandosi dal sonno dell'Infinito, discendono, simboli di
Quello che mai ancora fu creato. Ma ben presto la carne inerte più non risponde,
digrada allora l'orgia sacra di delizia, l'incendio di passione e la marea di
potere ci sono tolti e pur se una forma ardente sussiste, stupendo la terra che
l'immagina suprema,
(220) troppo poco di ciò ch'era voluto ha lasciato una traccia. Gli occhi della
terra non vedono, le sue forze crean solo a metà; le opere sue più rare son
copie dell'arte del cielo. Fulgore d'un artificio dorato, capolavoro di congegno
e legge ispirati, le sue forme celan ciò che albergano e non fan che mimare
l'inafferrato miracolo di figure nate da se stesse che vivono per sempre nello
sguardo dell'Eterno. Qui, in un mondo difficile e compiuto a metà, è un lungo
travaglio di Poteri inconsci;
(230) qui è la mente dell'uomo, ignorante e presaga, il suo genio nato da un
suolo incosciente. La sua arte è copiare le copie terrestri. Ché quando tenta
cose ch'oltrepassan la terra, l'operaio ha strumenti troppo rozzi, un materiale
troppo grezzo, e a fatica, a costo di lacrime di sangue realizza la sua dimora
effimera dell'Idea divina, la sua immagine d'una locanda del Tempo pe'l Non-
nato. Il nostro essere vibra di sublimi ricordi lontani e vorrebbe farne qui
discendere i sensi immemoriali, ma, troppo divine per la trama della Natura
terrestre, le meraviglie eterne risplendono oltre la nostra portata. Dimorano
assolute, non nate, immutabili, immacolate nell'aere imperituro dello Spirito,
immortali in un mondo di Tempo immoto e la meditazione costante d'un profondo
spazio del sé. Solo quando siamo ascesi al di sopra di noi stessi
una linea del Trascendente incontra la nostra strada
congiungendoci all'Intemporale ed al vero;
essa ci apporta la parola inevitabile,
(250) l'atto divino, i pensieri che mai muoiono.
Una spira di luce e di gloria avvolge il cervello,
e discendendo il cammino evanescente del momento
arrivan le forme dell'eternità.
Visitatrici della mente o invitate del cuore,
sposano per un istante la nostra brevità umana,
o raramente, in qualche eccezionale barlume liberatore,
son captate da un lieve presagio della nostra visione.
Pur se semplici inizi e primi tentativi,
tali bagliori indicano il segreto della nostra nascita
(260) e il celato miracolo del nostro destino.
Quel che lì siamo, e saremo qui sulla terra,
si riflette in un contatto e un richiamo.
Finora l'imperfezione della terra è il nostro campo,
lo specchio della nostra natura non mostra il nostro sé reale;
quella grandezza resta ancora trattenuta all'interno.
L'avvenire incerto della terra nasconde la nostra eredità:
la Luce ora distante diventerà qui innata,
la Forza che ci visita, il nostro potere compagno;
l'Ineffabile troverà una voce segreta,
(270) l'Imperituro brucerà attraverso lo schermo della Materia
facendo di questo corpo mortale la veste della divinità.
La grandezza dello Spirito è la nostra fonte intemporale
e nel Tempo senza fine sarà la nostra corona.
Un vasto Ignoto è attorno e dentro di noi;
tutto è avviluppato nell'Uno dinamico:
un sottile anello d'unione collega ogni vita.
Tutta la creazione è così un'unica catena:
non siam lasciati soli in uno schema chiuso
fra la spinta d'una Forza incosciente
(280) e un Assoluto incomunicabile.
La nostra vita è un contrafforte d'una sublime catena di anime,
il nostro essere guarda al di la dei suoi muri mentali
e comunica con mondi più grandi; esistono terre più luminose e cieli più vasti
dei nostri, esistono regni in cui l'Essere cova nelle proprie profondità; nel
suo immenso cuore dinamico sente le sue potenze innominate, senza forma e non
nate reclamare il bisogno d'esprimersi nella Vastità informe: ineffabili al di
là dell'Ignoranza e la morte,
(290) le immagini della sua Verità imperitura s'affaccian da una stanza ove
l'anima sua è rapita in se stessa: come per il proprio sguardo di testimone
interiore lo Spirito solleva lo specchio del suo sé e delle sue opere, lo
specchio del potere e la passione del suo cuore intemporale, delle immagini
dell'estasi sua senza forma, degli splendori della sua potenza innumerevole. Da
lì la mistica sostanza delle nostre anime viene nel prodigio della nascita della
nostra natura, Il è la cima non caduta di tutto ciò che siamo
(300) e la fonte immemoriale di tutto ciò che speriamo essere. Su ogni piano il
Potere ieratico, iniziato di verità inespresse, sogna di trascrivere e
d'integrare alla vita, nel proprio stile innato e la propria lingua vivente,
qualche tratto della perfezione del Non-nato, qualche visione percepita nella
Luce onnisciente, qualche nota lontana della Voce del rapsodo immortale, qualche
incanto della Felicità onnicreatrice, qualche forma e piano della Bellezza
indicibile.
(310) Ci sono mondi più vicini a quei regni assoluti, dove la risposta alla
Verità è pronta e sicura, e lo spirito non è impedito dal quadro che l'iscrive,
né i cuori presi e lacerati dall'aspra divisione, dove la delizia e la bellezza
dimorano e l'amore e la dolcezza son la legge della vita. Una sostanza più fine
in una forma più sottile riveste d'un corpo la divinità che la terra si limita a
sognare; la sua forza può raggiungere i piedi veloci della gioia;
superando d'un balzo gli ostacoli fissi posti dal Tempo,
(320) la rapida rete d'una stretta intuitiva
cattura la felicità fugace cui aneliamo.
Una Natura sollevata da un respiro più largo,
plastica e passiva al Fuoco che tutto modella,
risponde al tocco fortuito del Divino fiammante:
immune dalla nostra inerzia di reazione,
essa ode la parola cui i nostri cuori son sordi,
adotta la visione degli occhi immortali
e, viaggiatrice sulle strade della linea e 'l colore,
insegue lo spirito della bellezza fino al suo focolare.
(330) Così ci avviciniamo al Tutto-Meraviglioso
seguendone quale segnale e guida l'incanto nelle cose;
la beltà è l'impronta a rivelarcene il passaggio,
l'amore è il ritmo del suo cuore che batte in petti umani,
la felicità, il sorriso sul suo volto adorabile.
La comunione di entità spirituali,
il genio di un'Immanenza creatrice,
rende intima in profondo l'intera creazione:
la quarta dimensione di un senso estetico
in cui tutto è in noi stessi, e noi in tutto,
(340) riallinea alla vastità cosmica le nostre anime.
Un'estasi che incendia unisce colui che vede a ciò ch'è visto;
l'operaio e l'opera, divenuti interiormente uno,
realizzano la perfezione grazie al magico pulsare
e alla passione della loro stretta identità.
Tutto quello che lenti congiungiamo da un assieme di frammenti
o elaboriamo mediante un lungo lavoro incespicante,
nasce li spontaneamente per suo diritto eterno.
Anche dentro di noi può ardere il Fuoco intuitivo;
Luce mandataria, esso serpeggia nei recessi dei nostri cuori,
(350) sui piani celesti è la sua dimora:
discendendo, può con sé qui portare quei cieli.
Ma raramente, e non a lungo, brucia la fiamma;
la gioia ch'essa invoca da quelle altezze più divine
apporta delle brevi, magnifiche reminiscenze
e sublimi, splendide folgorazioni di pensiero interpretativo, ma non la visione
e la delizia totali. Un velo è mantenuto, qualcosa trattenuto ancora, perché,
prigioniere della bellezza e la gioia, le anime nostre non dimentichino
d'aspirare al Supremo.
In questo limpido regno sottile dietro al nostro, la forma è tutto, e gli dei
fisici sovrani. La Luce ispirante gioca dentro squisiti confini; una beltà
indefettibile è acquisa per la grazia della Natura; Il la libertà è la garanzia
della perfezione: benché manchi l'Immagine assoluta, il Verbo incarnato, la pura
estasi spirituale, tutto è miracolo di fascino simmetrico, fantasia di linea e
norma perfette. Li tutti gli esseri si senton soddisfatti in sé ed interi, una
ricca pienezza è creata dal limite, la meraviglia abbonda nell'estrema
piccolezza, un complesso rapimento insorge in uno spazio esiguo: ciascun ritmo è
apparentato al suo ambiente, ciascuna linea è perfetta e inevitabile, ciascun
oggetto costruito senza difetti per il fascino e l'uso. Tutto è innamorato della
propria delizia. Tutto vive intatto, sicuro della sua perfezione, in un'immunità
lieta del cielo, contenta di se stessa; pago d'esistere, non chiede altro di più
. Non esisteva qui lo sforzo vano che spezza il cuore: esente da travagli e da
prove, privo d'opposizioni e sofferenze, era un mondo incapace di temere o
dolersi. Esso non aveva alcuna grazia di sbaglio o sconfitta, alcun posto per
l'errore, alcun potere di fallire. Da una compatta beatitudine in sé, traeva a
un tempo le sue scoperte delle forme dell'Idea muta e 'l miracolo dei suoi
pensieri e atti ritmici, la sua nitida tecnica di vite stabili e complete,
(390) la sua folla graziosa di figure inanimate
e la gloria dei suoi corpi dotati di respiro come i nostri.
I sensi rapiti di delizia, egli, confuso, (II)
movevasi in un mondo divino eppure familiare,
ammirando forme stupende così vicine alle nostre
ma perfette come i giocattoli d'un dio,
immortali sotto l'aspetto della condizione mortale.
Nei loro angusti, esclusivi assoluti
troneggian perenni le supremazie schierate del finito;
esso mai sogna di ciò che avrebbe potuto essere; (III)
(400) solo dentro confini può vivere quest'assoluto.
In una sovranità vincolata al proprio piano
in cui tutto era concluso e nessun'ampiezza lasciata,
nessuno spazio per le ombre dell'incommensurabile,
nessun posto per la sorpresa dell'incalcolabile,
prigioniera della propria bellezza ed estasi,
la Potenza incantata operava in un magico cerchio.
Lo spirito restava in ritiro, eclissato dietro la propria forma.
Mirabile per la definitezza chiara delle sue linee,
un orizzonte azzurro limitava l'anima;
(410) il pensiero evolveva in agi luminosi,
confinato il suo nuoto ai bassifondi dell'ideale esteriore:
la vita s'attardava nelle proprie frontiere, soddisfatta
della piccola letizia degli atti corporei.
Assegnata come Forza a una Mente angolare limitata,
attaccata alla rassicurante scarsità del suo spazio,
essa eseguiva i suoi lavori minuti, giocava e dormiva,
senza pensare a un lavoro più grande irrealizzato.
Dimentica dei suoi violenti e vasti desideri,
dimentica delle altezze cui s'era elevata,
(420) la sua marcia era prescritta dentro un solco radioso.
Corpo magnifico di un'anima in riposo,
simile a chi rida in soavi boschetti soleggiati,
essa si dondolava infantilmente nella culla d'oro della sua gioia.
Non giungeva alla sua dimora incantata il richiamo degli spazi,
né essa aveva ali per un volo ampio e rischioso,
non affrontava alcun pericolo del cielo o dell'abisso, non conosceva orizzonti,
alcun sogno possente, alcuna nostalgia dei suoi infiniti perduti. Quadro
perfetto in una perfetta cornice, tale elaborazione fatata non poteva trattenere
la sua volontà: (IV) gli offrì solo il sollievo raffinato d'un momento; un'ora
spensierata fu trascorsa in una lieve felicità. Il nostro spirito si stanca
delle superfici dell'essere, trasceso è lo splendore della forma; esso si volge
a poteri nascosti e a stati più profondi. Così egli adesso guardava al di là, in
cerca d'una luce più grande. L'anima sua lasciandosi dietro, nell'ascesa delle
cime, questo brillante vestibolo della Casa dei Giorni, egli abbandonò questo
squisito Paradiso materiale.
(440) Il suo destino si stendeva oltre, in uno Spazio più vasto.
NOTE SPECIALI
I Per maggiore chiarezza, utilizziamo in questo passaggio la maiuscola per i pronomi e aggettivi possessivi riferentisi alla Terra
II"egli": il re Aswapati.
III"esso": il "finito" del verso precedente.
IV "la sua volontà": la volontà del re Aswapati, al quale si riferiscono anche gli ultimi versi di questo Canto.
Fine del Canto Secondo
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