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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Canto Secondo
Il Regno della Materia Sottile

Nel dominio impalpabile del sé segreto, vasto supporto di questo piccolo essere

esteriore che la solida barriera terrestre separa dalla visione, egli entrò in

un meraviglioso aere cristallino e trovò una vita che non viveva di carne, una

luce che rendeva visibili le cose immateriali. Grado squisito nella gerarchia

del prodigio, il regno dell'arte fatata della Materia sottile si stagliò contro

un cielo vivido di colori,

(10) balzando da una trance di splendore e bruma: la rivelazione magica della sua

sponda Vicino al nostro, è un mondo di figure più leggiadre dove, non mascherate

dalla visione deformante della terra, tutte le forme son belle e tutte le cose

vere. In quest'ambiente luminoso, misticamente chiaro, gli occhi eran le porte

d'una percezione celeste, l'udito era musica, il tatto un incantesimo, ed il

cuore viveva d'un potere più intenso. Lì dimoran le origini radiose della natura

terrestre:

(20) i piani perfetti su cui essa plasma le sue opere, i risultati sovrani della

sua forza in travaglio, riposan nella struttura d'un destino stabilito. Ora

assaliti invano o vanamente conquisi, eran li già segnati e registrati il

momento e l'aspetto delle sue future sovranità nelle linee sontuose tracciate

dal Desiderio. Lo sbocco d'oro delle labirintiche trame della mente, le

ricchezze non scoperte o ancora inafferrate dalle nostre vite, non contaminate

dal pensiero mortale,

(30) attendono in quest'atmosfera pellucida. Li sono oltrepassati i nostri

incerti inizi,

Lì nostri mezzi termini sviluppati in linee prescienti, i nostri fini compiuti

vivono anticipati. Questo magnifico tetto del nostro piano discendente, che

intercetta il libero dono dell'aria del cielo, lascia filtrare piccole irruzioni

d'un potente soffio o circuiti fragranti attraverso reticoli d'oro; esso

protegge il soffitto della nostra mente terrestre dai soli imperituri e dalla

pioggia fluente di Dio,



(40) eppure canalizza una strana incandescenza iridata e luminose rugiade

stillano dal cielo dell'Immortale. Passaggio pei Poteri che muovono i nostri

giorni, occulta dietro i muri di questa Natura più grezza, una sala-ragnatela

pe'l matrimonio della Mente con la Forma è celata da un arazzo di sogni;

l'attraversano i significati celesti come un velo, la sua visione interiore

sostiene questa scena esteriore. Coscienza più sottile dalle linee più felici,

essa possiede un tatto cui il nostro non arriva,

(50) una purezza di sensazione mai da noi provata; la sua intercessione presso il

Raggio eterno ispira i tentativi effimeri della nostra terra impermanente verso

la bellezza e la forma perfetta delle cose. Nelle stanze della giovane divinità

di potere e del primo giuoco del Fanciullo eterno, le incarnazioni dei suoi

pensieri dall'ali pronte a spiegarsi bagnate nei colori d'una perpetua

meraviglia luminosa, cullate dai sussurri di questo limpido aere, come uccelli

su alberi eterni, riposan sfumate di sogno

(60) prima del tuffo per librarsi sul mare del tempo terrestre. Tutto ciò che qui

appare, ha lì un aspetto più amabile. Qualunque cosa i nostri cuori concepiscano

e le nostre teste creino, perdendo qualche sublime bellezza originaria, da lì

esiliata quaggiù, acconsente a una tinta terrena. Qualunque cosa sia dotata di

fascino qui e di grazia visibili, ha lì le sue linee pure e immortali; tutto ciò

che qui è bello, lì è divino.

Si trovan lì immagini impensabili per la mente umana: corpi che non hanno una

controparte terrestre



(70) traversano la trance illuminata dell'occhio interiore e rapiscono il cuore

col loro passo celeste persuadendo il cielo ad abitare quella sfera incantata. I

prodigi del futuro vagano nei suoi abissi; l'antico e il nuovo son modellati in

quelle profondità: un carnevale di beltà popola le altezze in quel magico regno

della visione ideale. Nelle sue anticamere d'intimità radiosa, materia ed anima

s'incontrano in un'unione cosciente quali amanti in un luogo solitario e

segreto:

(80) nell'abbraccio d'una passione non ancora infelice uniscon la loro forza, la

loro dolcezza e delizia e fondendosi unificano i mondi superiori e inferiori.

Intruso che viene dall'Infinito senza forma ed osa irrompere nel regno

dell'Incosciente, il salto dello spirito verso il corpo tocca terra. Finora non

avvolto di contorni terrestri, già indossa, sopravvivendo alla morte e alla

nascita e convincendo l'abisso con una forma celeste, un rivestimento della sua

immortalità

(90) conscio del rango illustre del suo portatore, atto a sopportare la frizione

del Cambiamento e del Tempo. Tessuto misto fatto della raggiante luce dell'anima

e la sostanza della Materia, Forza gravata di segni, invano concepito nell'aria

rarefatta della nostra mente come una forma astratta e fantomatica di fattura

mentale, esso sente quel che i corpi terrestri non possono ed è più reale di

questa struttura più rozza. Caduto il manto della condizione mortale, si fa

lieve il suo peso perché la sua ascesa si elevi;

(100) affinato al contatto di ambienti più sottili, lascia cadere le vecchie

cappe disegnate a motivi e di trama più densa, annulla la presa della trazione

discendente della terra e sempre più in alto, di mondo in mondo, porta l'anima,

finché nell'etere nudo delle vette

sola resta la semplicità dello spirito,

prima veste, trasparente, dell'essere eterno.

Ma quando deve rivenire al suo fardello mortale

e all'arduo insieme dell'esperienza terrestre,

il suo ritorno riprende allora quest'abito più grave.

(110) Ché molto prima che fosse forgiato il solido vestito terrestre

dalla tecnica del Vuoto atomico,

una luminosa copertura di travestimento del sé

fu ordita attorno allo spirito segreto nelle cose.

Di questi involucri brillanti son fatti i regni sottili.

Questo mondo incantato, con tutto il suo beneficio radioso

di visione e inviolata felicità,

si cura solo dell'espressione e la forma perfetta;

bello sulle sue cime, comporta rischiosi piani inferiori;

la sua luce giunge alla soglia della caduta della Natura;



(120) esso presta una bellezza al terrore dei baratri

ed occhi affascinanti a Dei pericolosi,

riveste di grazia il demone e il serpente.

La sua trance impone l'incoscienza della terra;

immortale, tesse per noi l'abito scuro della morte

e autorizza la nostra mortalità.

Quest'intemmediario è al servizio d'una Coscienza più grande:

ricettacolo della sua autocrazia dissimulata,

esso è il terreno sottile dei mondi della Materia,

è l'immutabile nelle sue forme mutevoli,



(130) nelle pieghe della sua memoria creatrice

custodisce il modello perenne delle cose caduche:

le sue diminuite potenze fondano le nostre forze cadute;

il suo pensiero inventa la nostra ragionata ignoranza;

il suo senso genera i riflessi del nostro corpo.

Soffio segreto in noi d'una forza più possente mai provata,

sole celato della visione interiore d'un istante,

le sue raffinate suggestioni sono una fonte nascosta

per le nostre ricche immaginazioni iridescenti,

sfiorando le cose comuni di tinte trasfiguranti



(140) finché la melma stessa della terra diventi fertile e calda dei cieli e una

gloria irradì dalla decadenza dell'anima La sua conoscenza è il punto di

partenza del nostro errore; la sua beltà indossa la bruttezza della nostra

maschera di fango, il suo artistico bene inizia la storia del nostro male.

Cielo, al di sopra, di verità creatrici, cosmo, nel mezzo, d'armoniosi sogni,

caos, al di sotto, di forme in dissoluzione, si tuffa e si perde nella nostra

base incosciente. Dalla sua caduta sortì la nostra Materia più densa

(150) Così avvenne il tuffo di Dio nella Notte. Questo mondo caduto divenne una

nutrice di anime abitate dalla divinità cosciente. Un essere si destò e visse

nel vuoto insensato, una Nescienza vasta quanto il mondo si sforzò verso la vita

e il pensiero, una Coscienza si strappò dal sonno immemore. Tutto è mosso

quaggiù da un volere insenziente. Così caduta, incosciente, frustrata, densa,

inerte, sprofondata in una sonnolenza inanimata e torpida, la Terra giaceva,

schiava del sonno, forzata a creare

(160) da una memoria subcosciente e nostalgica, resto d'una felicità morta prima

ch'essa nascesse, meraviglia straniera sul Suo petto privo di sensi. (I) Questo

fango deve ospitare l'orchidea e la rosa, dalla sua cieca sostanza deve emergere

una bellezza che appartiene a sfere più liete. Tale è il destino trasmessole,

quasi lascito prezioso d'un dio ucciso a una forza cieca e a un'anima

imprigionata. Le parti periture d'una divinità immortale



(170) deve ricostituire da frammenti perduti, riformulare, da un documento

altrove completo, il Suo diritto incerto al Suo Nome divino. Erede unicamente

d'un residuo, essa porta tutte le cose nella Sua polvere informe.

La Sua gigantesca energia vincolata a forme minuscole

nel lento movimento a tentoni del Suo potere

e dotata solo di strumenti fragili e smussati,

essa ha accettato come un bisogno della propria natura

e assegnato all'uomo come formidabile compito



(180) un lavoro impossibile agli-dei.

Una vita che vive a stento in un campo di morte

reclama la sua parte d'immortalità;

un corpo bruto semicosciente serve quale mezzo

a una mente che deve ritrovare una conoscenza perduta

trattenuta dal cappio dell'incoscienza del mondo,

e indossando ancora quest'innumeri nodi della Legge,

uno spirito legato deve elevarsi a re della Natura.

Una parentela possente è la causa di tale audacia.

Tutto ciò che tentiamo in questo mondo imperfetto



(190) guarda avanti o indietro, oltre il lustro del Tempo,

alla sua idea pura, al suo modello stabile e inviolato

nell'abilità indefettibile d'una creazione assoluta.

Afferrare l'assoluto in forme transeunti,

fissare il tocco dell'eterno in ciò che il tempo ha creato,

tale è qui la legge d'ogni perfezione.

Un frammento del piano celeste è captato quaggiù;

altrimenti mai potremmo sperare una vita superiore

e l'estasi e la gloria non potrebbero esistere.

Anche nella piccolezza della nostra condizione mortale,



(200) anche in questo carcere della forma esteriore,

un brillante passaggio per la Fiamma infallibile

è scavato attraverso le grezze pareti dei nervi e 'l cervello,

uno Splendore preme o un Potere irrompe,

la grande, opaca barriera della terra è rimossa un momento,

il sigillo incosciente ci viene sollevato dagli occhi

e diveniamo veicoli di potenza creatrice.

L'entusiasmo d'una sorpresa divina

pervade la nostra vita, un fermento mistico si avverte,

un'angoscia gioiosa trema nelle nostre membra;



(210) un sogno di bellezza danza attraverso il cuore,

un pensiero venuto dalla Mente eterna s'avvicina, accenni lasciati cadere

dall'Invisibile, ridestandosi dal sonno dell'Infinito, discendono, simboli di

Quello che mai ancora fu creato. Ma ben presto la carne inerte più non risponde,

digrada allora l'orgia sacra di delizia, l'incendio di passione e la marea di

potere ci sono tolti e pur se una forma ardente sussiste, stupendo la terra che

l'immagina suprema,

(220) troppo poco di ciò ch'era voluto ha lasciato una traccia. Gli occhi della

terra non vedono, le sue forze crean solo a metà; le opere sue più rare son

copie dell'arte del cielo. Fulgore d'un artificio dorato, capolavoro di congegno

e legge ispirati, le sue forme celan ciò che albergano e non fan che mimare

l'inafferrato miracolo di figure nate da se stesse che vivono per sempre nello

sguardo dell'Eterno. Qui, in un mondo difficile e compiuto a metà, è un lungo

travaglio di Poteri inconsci;

(230) qui è la mente dell'uomo, ignorante e presaga, il suo genio nato da un

suolo incosciente. La sua arte è copiare le copie terrestri. Ché quando tenta

cose ch'oltrepassan la terra, l'operaio ha strumenti troppo rozzi, un materiale

troppo grezzo, e a fatica, a costo di lacrime di sangue realizza la sua dimora

effimera dell'Idea divina, la sua immagine d'una locanda del Tempo pe'l Non-

nato. Il nostro essere vibra di sublimi ricordi lontani e vorrebbe farne qui

discendere i sensi immemoriali, ma, troppo divine per la trama della Natura

terrestre, le meraviglie eterne risplendono oltre la nostra portata. Dimorano

assolute, non nate, immutabili, immacolate nell'aere imperituro dello Spirito,

immortali in un mondo di Tempo immoto e la meditazione costante d'un profondo

spazio del sé. Solo quando siamo ascesi al di sopra di noi stessi

una linea del Trascendente incontra la nostra strada

congiungendoci all'Intemporale ed al vero;

essa ci apporta la parola inevitabile,



(250) l'atto divino, i pensieri che mai muoiono.

Una spira di luce e di gloria avvolge il cervello,

e discendendo il cammino evanescente del momento

arrivan le forme dell'eternità.

Visitatrici della mente o invitate del cuore,

sposano per un istante la nostra brevità umana,

o raramente, in qualche eccezionale barlume liberatore,

son captate da un lieve presagio della nostra visione.

Pur se semplici inizi e primi tentativi,

tali bagliori indicano il segreto della nostra nascita



(260) e il celato miracolo del nostro destino.

Quel che lì siamo, e saremo qui sulla terra,

si riflette in un contatto e un richiamo.

Finora l'imperfezione della terra è il nostro campo,

lo specchio della nostra natura non mostra il nostro sé reale;

quella grandezza resta ancora trattenuta all'interno.

L'avvenire incerto della terra nasconde la nostra eredità:

la Luce ora distante diventerà qui innata,

la Forza che ci visita, il nostro potere compagno;

l'Ineffabile troverà una voce segreta,



(270) l'Imperituro brucerà attraverso lo schermo della Materia

facendo di questo corpo mortale la veste della divinità.

La grandezza dello Spirito è la nostra fonte intemporale

e nel Tempo senza fine sarà la nostra corona.

Un vasto Ignoto è attorno e dentro di noi;

tutto è avviluppato nell'Uno dinamico:

un sottile anello d'unione collega ogni vita.

Tutta la creazione è così un'unica catena:

non siam lasciati soli in uno schema chiuso

fra la spinta d'una Forza incosciente



(280) e un Assoluto incomunicabile.

La nostra vita è un contrafforte d'una sublime catena di anime,

il nostro essere guarda al di la dei suoi muri mentali

e comunica con mondi più grandi; esistono terre più luminose e cieli più vasti

dei nostri, esistono regni in cui l'Essere cova nelle proprie profondità; nel

suo immenso cuore dinamico sente le sue potenze innominate, senza forma e non

nate reclamare il bisogno d'esprimersi nella Vastità informe: ineffabili al di

là dell'Ignoranza e la morte,



(290) le immagini della sua Verità imperitura s'affaccian da una stanza ove

l'anima sua è rapita in se stessa: come per il proprio sguardo di testimone

interiore lo Spirito solleva lo specchio del suo sé e delle sue opere, lo

specchio del potere e la passione del suo cuore intemporale, delle immagini

dell'estasi sua senza forma, degli splendori della sua potenza innumerevole. Da

lì la mistica sostanza delle nostre anime viene nel prodigio della nascita della

nostra natura, Il è la cima non caduta di tutto ciò che siamo

(300) e la fonte immemoriale di tutto ciò che speriamo essere. Su ogni piano il

Potere ieratico, iniziato di verità inespresse, sogna di trascrivere e

d'integrare alla vita, nel proprio stile innato e la propria lingua vivente,

qualche tratto della perfezione del Non-nato, qualche visione percepita nella

Luce onnisciente, qualche nota lontana della Voce del rapsodo immortale, qualche

incanto della Felicità onnicreatrice, qualche forma e piano della Bellezza

indicibile.

(310) Ci sono mondi più vicini a quei regni assoluti, dove la risposta alla

Verità è pronta e sicura, e lo spirito non è impedito dal quadro che l'iscrive,

né i cuori presi e lacerati dall'aspra divisione, dove la delizia e la bellezza

dimorano e l'amore e la dolcezza son la legge della vita. Una sostanza più fine

in una forma più sottile riveste d'un corpo la divinità che la terra si limita a

sognare; la sua forza può raggiungere i piedi veloci della gioia;

superando d'un balzo gli ostacoli fissi posti dal Tempo,

(320) la rapida rete d'una stretta intuitiva

cattura la felicità fugace cui aneliamo.

Una Natura sollevata da un respiro più largo,

plastica e passiva al Fuoco che tutto modella,

risponde al tocco fortuito del Divino fiammante:

immune dalla nostra inerzia di reazione,

essa ode la parola cui i nostri cuori son sordi,

adotta la visione degli occhi immortali

e, viaggiatrice sulle strade della linea e 'l colore,

insegue lo spirito della bellezza fino al suo focolare.



(330) Così ci avviciniamo al Tutto-Meraviglioso

seguendone quale segnale e guida l'incanto nelle cose;

la beltà è l'impronta a rivelarcene il passaggio,

l'amore è il ritmo del suo cuore che batte in petti umani,

la felicità, il sorriso sul suo volto adorabile.

La comunione di entità spirituali,

il genio di un'Immanenza creatrice,

rende intima in profondo l'intera creazione:

la quarta dimensione di un senso estetico

in cui tutto è in noi stessi, e noi in tutto,



(340) riallinea alla vastità cosmica le nostre anime.

Un'estasi che incendia unisce colui che vede a ciò ch'è visto;

l'operaio e l'opera, divenuti interiormente uno,

realizzano la perfezione grazie al magico pulsare

e alla passione della loro stretta identità.

Tutto quello che lenti congiungiamo da un assieme di frammenti

o elaboriamo mediante un lungo lavoro incespicante,

nasce li spontaneamente per suo diritto eterno.

Anche dentro di noi può ardere il Fuoco intuitivo;

Luce mandataria, esso serpeggia nei recessi dei nostri cuori,



(350) sui piani celesti è la sua dimora:

discendendo, può con sé qui portare quei cieli.

Ma raramente, e non a lungo, brucia la fiamma;

la gioia ch'essa invoca da quelle altezze più divine

apporta delle brevi, magnifiche reminiscenze

e sublimi, splendide folgorazioni di pensiero interpretativo, ma non la visione

e la delizia totali. Un velo è mantenuto, qualcosa trattenuto ancora, perché,

prigioniere della bellezza e la gioia, le anime nostre non dimentichino

d'aspirare al Supremo.

In questo limpido regno sottile dietro al nostro, la forma è tutto, e gli dei

fisici sovrani. La Luce ispirante gioca dentro squisiti confini; una beltà

indefettibile è acquisa per la grazia della Natura; Il la libertà è la garanzia

della perfezione: benché manchi l'Immagine assoluta, il Verbo incarnato, la pura

estasi spirituale, tutto è miracolo di fascino simmetrico, fantasia di linea e

norma perfette. Li tutti gli esseri si senton soddisfatti in sé ed interi, una

ricca pienezza è creata dal limite, la meraviglia abbonda nell'estrema

piccolezza, un complesso rapimento insorge in uno spazio esiguo: ciascun ritmo è

apparentato al suo ambiente, ciascuna linea è perfetta e inevitabile, ciascun

oggetto costruito senza difetti per il fascino e l'uso. Tutto è innamorato della

propria delizia. Tutto vive intatto, sicuro della sua perfezione, in un'immunità

lieta del cielo, contenta di se stessa; pago d'esistere, non chiede altro di più

. Non esisteva qui lo sforzo vano che spezza il cuore: esente da travagli e da

prove, privo d'opposizioni e sofferenze, era un mondo incapace di temere o

dolersi. Esso non aveva alcuna grazia di sbaglio o sconfitta, alcun posto per

l'errore, alcun potere di fallire. Da una compatta beatitudine in sé, traeva a

un tempo le sue scoperte delle forme dell'Idea muta e 'l miracolo dei suoi

pensieri e atti ritmici, la sua nitida tecnica di vite stabili e complete,

(390) la sua folla graziosa di figure inanimate

e la gloria dei suoi corpi dotati di respiro come i nostri.

I sensi rapiti di delizia, egli, confuso, (II)

movevasi in un mondo divino eppure familiare,

ammirando forme stupende così vicine alle nostre

ma perfette come i giocattoli d'un dio,

immortali sotto l'aspetto della condizione mortale.

Nei loro angusti, esclusivi assoluti

troneggian perenni le supremazie schierate del finito;

esso mai sogna di ciò che avrebbe potuto essere; (III)



(400) solo dentro confini può vivere quest'assoluto.

In una sovranità vincolata al proprio piano

in cui tutto era concluso e nessun'ampiezza lasciata,

nessuno spazio per le ombre dell'incommensurabile,

nessun posto per la sorpresa dell'incalcolabile,

prigioniera della propria bellezza ed estasi,

la Potenza incantata operava in un magico cerchio.

Lo spirito restava in ritiro, eclissato dietro la propria forma.

Mirabile per la definitezza chiara delle sue linee,

un orizzonte azzurro limitava l'anima;



(410) il pensiero evolveva in agi luminosi,

confinato il suo nuoto ai bassifondi dell'ideale esteriore:

la vita s'attardava nelle proprie frontiere, soddisfatta

della piccola letizia degli atti corporei.

Assegnata come Forza a una Mente angolare limitata,

attaccata alla rassicurante scarsità del suo spazio,

essa eseguiva i suoi lavori minuti, giocava e dormiva,

senza pensare a un lavoro più grande irrealizzato.

Dimentica dei suoi violenti e vasti desideri,

dimentica delle altezze cui s'era elevata,



(420) la sua marcia era prescritta dentro un solco radioso.

Corpo magnifico di un'anima in riposo,

simile a chi rida in soavi boschetti soleggiati,

essa si dondolava infantilmente nella culla d'oro della sua gioia.

Non giungeva alla sua dimora incantata il richiamo degli spazi,

né essa aveva ali per un volo ampio e rischioso,

non affrontava alcun pericolo del cielo o dell'abisso, non conosceva orizzonti,

alcun sogno possente, alcuna nostalgia dei suoi infiniti perduti. Quadro

perfetto in una perfetta cornice, tale elaborazione fatata non poteva trattenere

la sua volontà: (IV) gli offrì solo il sollievo raffinato d'un momento; un'ora

spensierata fu trascorsa in una lieve felicità. Il nostro spirito si stanca

delle superfici dell'essere, trasceso è lo splendore della forma; esso si volge

a poteri nascosti e a stati più profondi. Così egli adesso guardava al di là, in

cerca d'una luce più grande. L'anima sua lasciandosi dietro, nell'ascesa delle

cime, questo brillante vestibolo della Casa dei Giorni, egli abbandonò questo

squisito Paradiso materiale.



(440) Il suo destino si stendeva oltre, in uno Spazio più vasto.
NOTE SPECIALI

I Per maggiore chiarezza, utilizziamo in questo passaggio la maiuscola per i pronomi e aggettivi possessivi riferentisi alla Terra

II"egli": il re Aswapati.

III"esso": il "finito" del verso precedente.

IV "la sua volontà": la volontà del re Aswapati, al quale si riferiscono anche gli ultimi versi di questo Canto.
Fine del Canto Secondo


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