Canto Ottavo
Il Mondo della Menzogna, la Madre del Male e ì Figli della Tenebra
Allora poté scorgere il cuore segreto della Notte: il lavoro della sua totale
incoscienza rivelava il terribile Inane senza limite. Era lì un'Infinità vuota,
senza spirito; una Natura che negava la Verità eterna nella fatua libertà
vanagloriosa del suo pensiero sperava d'abolire Dio e di regnare sola. Non c'era
un Ospite sovrano, alcuna Luce testimone; essa voleva creare senz'aiuto il
proprio mondo squallido.
(10) I suoi larghi occhi ciechi spiarono gli atti demoniaci, le sue orecchie
sorde udiron l'anti-verità detta dalle sue labbra mute; la sua immaginazione
smisurata e fuorviata prese vaste forme, la sua sensorialità irriflessiva
fremette di fiere presunzioni; generando un principio bruto di vita, male e
dolore produssero un'anima mostruosa. Sorsero i Ribelli dei baratri informi,
grandi Esseri titanici e poteri diabolici, ego vasti quanto il mondo tormentati
dal desiderio, dal pensiero e la volontà, menti e vite immense senza uno spirito
interiore:
(20) architetti impazienti della casa dell'errore, capi dell'ignoranza e
agitazione cosmiche e tutori della tristezza e la mortalità incarnarono le
fosche Idee dell'Abisso. Una sostanza spettrale entrò nella vacuità, forme
indistinte nacquero nel Vuoto privo di pensiero e i gorghi confluirono e
crearono uno Spazio avverso nei cui neri recessi l'Essere immaginò l'Inferno.
Gli occhi del Viaggiatore dei mondi, penetrando la triplice corazza del buio,
identificarono la propria visione alla sua cieca fissità:
(30) abituati alla tenebra innaturale, videro
l'irrealtà divenuta reale e cosciente. Un mondo violento, crudele e formidabile,
antica matrice di giganteschi sogni funesti, avvolgevasi come una larva
nell'oscurità che lo protegge dalle punte di lancia degli astri del Cielo. Era
la porta d'un falso Infinito, d'un'eternità di disastrosi assoluti, d'una
smisurata negazione delle cose spirituali. Tutti quelli una volta luminosi nella
sfera dello spirito
(40) si mutavano ora nel loro cupo contrario: l'essere crollava in un vuoto
insostanziale, uno zero, tuttavia, genitore dei mondi; l'incoscienza, ingoiando
la Mente cosmica, produceva un universo dal suo sonno letale; la felicità,
caduta in un coma nero, inanimata, si ripiegava su se stessa e sull'eterna gioia
di Dio sotto un aspetto menzognero ed intenso d'afflizione e dolore, ancora
penosamente inchiodata su una croce fissata nel suolo d'un mondo muto e
insensibile
(50) dove nascere era uno spasimo e morire un'agonia, per paura che tutto
ridivenga troppo presto felicità. Il pensiero, sacerdote della Perversità,
sedeva sul suo nero tripode di Serpente uno e trino leggendo controsenso la
scrittura eterna, stregone che rovesciava il Quadro divino della vita. In
corridoi d'ombra con occhi malvagi per lumi e voci fatali salmodianti
dall'abside, in strane ed oscure basiliche infernali intonando la magia d'una
Parola profana,
(60) il sinistro e profondo Iniziato celebrava il rituale dei suoi Misteri. La
sofferenza, lì, era il cibo quotidiano della Natura, allettante per il cuore e
la carne angosciati, e la tortura la formula della delizia, il dolore parodiava
l'estasi celeste. Li il Bene, giardiniere di Dio senza fede, innaffiava di virtù
l'albero upas del mondo
e, attento alla parola e all'atto esteriori,
innestava i suoi ipocriti fiori sul male nativo del luogo.
(70) Tutto ciò ch'è elevato era al servizio del suo contrario inferiore:
le forme di Dio alimentavano un culto demoniaco;
il volto del Cielo diveniva una maschera e un'insidia dell'Inferno.
Lì, nel cuore del fenomeno vano,
nel centro convulso di un'azione smisurata,
egli vide una Forma illimitata e vaga
assisa sulla Morte che inghiotte tutto ciò che nasce.
Volto fisso, gelido, gli occhi crudeli ed immoti,
il tridente terribile nella sua mano tenebrosa
tesa, essa trafiggeva d'uno stesso destino tutte le creature.
(80) Quando non esisteva altro che la Materia senz'anima
e una cavità senza spirito era il cuore del Tempo,
per la prima volta la Vita tocca allora l'Abisso insensibile;
risvegliando il Vuoto assoluto alla speranza e alla pena,
il suo pallido raggio colpì la Notte insondata120
in cui Dio si celava alla propria vista.
In tutte le cose essa cercò la loro mistica verità addormentata,
la parola inespressa che ispira le forme incoscienti;
cercò a tentoni nelle Sue profondità una Legge invisibile,
frugò nell'oscuro subcosciente alla ricerca della Sua mente (I)
(90) e si sforzò di scoprire un cammino perché lo spirito sia.
Ma dalla Notte venne un'altra risposta.
Un seme fu gettato in questa matrice inferiore,
scorza muta e impenetrabile d'una verità pervertita,
cellula d'un infinito insenziente.
Una nascita mostruosa preparò la sua forma cosmica
nell'embrione titanico della Natura: l'Ignoranza.
Poi, in un'ora fatale e stupefacente,
qualcosa che usciva dal sonno del bruto Incosciente,
svogliatamente generata dal Vuoto silente,
(100) levò la sua testa inquietante contro le stelle;
il suo vasto corpo di Maledizione coprendo d'ombra la terra,
essa raggelò i cieli col suo viso di minaccia. Un Potere senza nome, un
tenebroso Volere sorse, immenso e straniero al nostro universo. Nel Disegno
inconcepibile che nessuno può misurare, un vasto Non-Essere si rivestì di forma,
l'illimitata Nescienza delle profondità incoscienti ricoprì di niente
l'eternità. Una Mente in cerca sostituì l'Anima che vede:
(110) la vita divenne una morte gigantesca e affamata, la felicità dello Spirito
si tramutò in dolore cosmico. Assicurandosi la neutralità con cui Dio si vela a
se stesso, una potente opposizione conquista lo Spazio. Sovrana regnante sulla
menzogna, la morte e l'afflizione, oppresse la terra con la sua fiera egemonia;
disarmonizzando lo stile originale dell'architettura del destino terrestre,
falsificò la Volontà cosmica primitiva e obbligò alla lotta e a vicissitudini
terribili
(120) il lungo, lento processo del Potere paziente. Impiantando l'errore nella
sostanza delle cose, fece della Legge di totale saggezza un'Ignoranza; confuse
il tatto infallibile dei sensi segreti della vita, costrinse al mutismo la guida
intuitiva nel sonno della Materia, deforma l'istinto dell'insetto e della
bestia, sfigura nell'uomo l'umanità, frutto del pensiero. Un'ombra taglia il
semplice Raggio: oscurata nella caverna del cuore fu la luce-di-Verità che
brucia senza testimone nella cripta dell'altare
(130) in segreto dietro il velo immobile, compagna della Divinità del santuario.
Così nacque la tremenda Energia antagonista che mima la forma possente della
Madre eterna contraffacendone la luminosa infinità con un profilo grigio e
distorto nella Notte. Arrestando la passione dell'anima ascendente, essa impose
alla vita un passo lento ed esitante;
col suo peso che svia e ritarda, la sua mano
preme sulla curva dell'evoluzione mistica:
(140) la linea tortuosa della sua mente ingannatrice
gli Dei non vedono, e l'uomo è impotente;
soffocando la scintilla divina nell'anima
essa riconduce all'animalità l'umana caduta
Eppure, nella sua formidabile mente istintiva,
sente l'Uno crescere nel cuore del Tempo
e vede l'Immortale splendere attraverso la forma umana
Allarmata per il suo impero e piena di paura e di rabbia
s'aggira attorno a ogni luce che brilla nella tenebra
e che proietta il suo raggio dalla tenda isolata dello Spirito,
(150) sperando d'entrare con passo furtivo ed ardito
e uccidere nella culla il Fanciullo divino.
Incalcolabili la sua forza e il suo artificio;
il suo contatto è fascinazione e morte;
essa uccide di delizia la sua vittima;
del Bene stesso fa un uncino per trascinare all'Inferno.
Per essa il mondo corre alla propria agonia
Spesso il pellegrino sulla rotta dell'Eterno,
mal rischiarata sotto le nubi dalla pallida luna della Mente,
o errante, solitario, in sentieri traversi,
(160) o perduto in deserti dove nessun cammino si vede,
cade sopraffatto dal suo balzo leonino,
prigioniero vinto sotto le sue zampe spaventose.
Inebriato da un soffio bruciante
e innamorato d'una bocca distruttrice,
una volta compagno del Fuoco sacro,
il mortale muore a Dio e alla Luce,
un Avversario ne governa il cuore e il cervello,
una Natura ostile alla Forza della Madre.
L'essere della vita abbandona i suoi strumenti
(170) ad agenti titanici e demoniaci
ch'esagerano e decompongono la natura terrestre:
un membro della quinta colonna incappucciato, è allora la guida del pensiero;
il suo sottile mormorio disfattista assassina la fede
e, albergata nel petto o sussurrante dall'esterno, un'ispirazione menzognera,
micidiale e oscura, sostituisce un nuovo ordine all'ordine divino. Un silenzio
s'abbatte sulle altezze dello spirito, dal santuario velato il Dio si ritira,
vuota e fredda è la camera della Sposa;
(180) il Nembo d'oro allora non si vede più, più non brucia il bianco raggio
spirituale e per sempre tace la Voce segreta. Poi, dall'Angelo della Torre di
Veglia, un nome vien radiato dal registro; una fiamma che cantava nel Cielo
scompare, estinta e muta; in rovine finisce l'epopea di un'anima Tale è la
tragedia della morte interiore quando perduto è l'elemento divino e restan solo
una mente ed un corpo che vivon per morire.
(190) Perché lo Spirito autorizza interventi terribili ed esiston Poteri sottili
ed enormi che si riparan sotto la copertura dell'Ignoranza. Frutto degli abissi,
agenti della Forza dell'ombra, odiatori della luce, intolleranti della pace,
scimmiottando per il pensiero l'Amico e la Guida luminosi e contrastando nel
cuore la Volontà eterna, essi velano l'Armonista occulto che c'innalza Degli
oracoli della sua saggezza fan le nostre catene; hanno sprangato le porte di Dio
con le chiavi del credo (200) e chiuso fuori in nome della Legge la sua Grazia
instancabile. Lungo tutti i percorsi della Natura si sono appostati e
intercettano la carovane della Luce; ovunque agiscano gli Dei, essi
intervengono. Un giogo pesa sul cuore confuso del mondo; uno schermo separa i
suoi battiti dalla Felicità superna, e le periferie chiuse della Mente brillante
bloccano i fini passaggi del Fuoco celeste. Gli oscuri Avventurieri sembrano
vincere sempre;
riempion la Natura d'istituti del male,
(210) trasformano in sconfitte le vittorie della Verità, proclaman falsità le
leggi eterne, e con menzogne stregate truccano i dadi del Destino; hanno
occupato i santuari del mondo, usurpato i suoi troni. Spregiando le sorti
declinanti degli Dei, rivendicano la creazione come feudo da loro conquiso e si
coronan Signori inesorabili del Tempo. Adepti dell'illusione e l'impostura, gli
artigiani della caduta e 'l patimento della Natura hanno eretto i propri altari
della Notte trionfante
(220) nel tempio d'argilla della vita terrestre. Nei vuoti recinti del Fuoco
sacro, di fronte al dossale, durante il rito mistico, volgendosi al velo
indistinto che nessuno può penetrare, il prete mitrato intona il suo inno
solenne invocando la loro tremenda presenza nel suo petto: attribuendo loro il
Nome che incute timore, egli salmodia le sillabe del testo magico e fa appello
all'atto della comunione invisibile, mentre fra l'incenso e il mormorio della
preghiera
(230) tutto il crudo dolore che strazia il mondo è mescolato nel calice spumoso
del cuore dell'uomo e loro versato come un vino sacramentale. Assumendo nomi
divini, essi guidano e governano. Antagonisti del Supremo, sono usciti dal loro
mondo di pensiero e potere senz'anima per servire mediante l'ostilità il piano
cosmico. La notte è il loro rifugio, la loro base strategica. Per difendersi
dalla spada di Fuoco, dall'Occhio luminoso, vivono dentro i bastioni dei loro
massicci forti di tenebra,
(240) calmi e al sicuro in un'intimità senza sole: nessun raggio peregrino del
Cielo può entrarvi. Corazzati, protetti dalle loro maschere letali, come in uno
studio della Morte creatrice i figli giganti dell'Ombra si riuniscono e tramano
il dramma della terra, loro tragico teatro. Tutti coloro che vorrebbero
sollevare il mondo caduto devon passare sotto le volte pericolose del loro
potere; ché oscurare perfino i figli radiosi degli dei è il loro privilegio e
spaventoso diritto.
(250) Nessuno può raggiungere il cielo senza attraversare l'inferno.
Il viaggiatore dei mondi dovette osare anche questo. Guerriero nel conflitto del
duello immemoriale, egli entra nella Notte muta e disperante sfidando le tenebre
con l'anima sua luminosa. Allarmando coi suoi passi la tetra soglia, giunse in
un regno feroce e dolente popolato d'anime che non avean mai gustato la
felicità; ignare come ciechi che mai han visto la luce, esse potevano equiparare
il peggior male al bene supremo,
(260) la virtù ai loro occhi era un volto del peccato, e il male e la miseria il
loro stato naturale. Il codice penale d'un'amministrazione crudele che facea
della pena e l'afflizione la legge generale, decretando l'universale assenza di
gioia aveva trasformato la vita in stoico sacramento e la tortura in una festa
quotidiana. Era approvata una legge per punire la letizia; riso e piacere eran
banditi come peccati mortali: una mente che non si poneva domande passava per
saggia contentezza,
(270) e per pace l'apatia silenziosa d'un cuore ottuso. Non esisteva il sonno, il
torpore era l'unico riposo, la morte veniva ma non dava né tregua né fine;
l'anima continuava a vivere e soffriva sempre di più. Egli non cessava di
sondare più a fondo questo regno di dolore; attorno a lui cresceva il terrore
d'un mondo d'agonia seguita da un'agonia peggiore, e in quel terrore, una
grande, perfida gioia lieta della propria e altrui disgrazia. Lì il pensiero e
la vita erano un lungo castigo,
(280) il respiro un peso, e ogni speranza un flagello,
il corpo un campo di tormento, una massa di malessere;
il riposo era un'attesa fra due spasmi d'angoscia.
Tale era la legge delle cose, che nessuno si sognava di cambiare:
un cuore duro e cupo, una mente severa e incapace di sorriso
rigettavan con nausea la dolcezza della felicità;
la tranquillità era un tedio, una noia:
solo mediante la sofferenza si colorava la vita;
essa reclamava la spezia del dolore, il sale delle lacrime.
Se si avesse potuto cessare di esistere, tutto sarebbe stato perfetto,
(290) invece, solo sensazioni violente offrivan qualche sapore,
un furore di gelosia che brucia il cuore róso,
il morso del rancore, dell'odio e '1 desiderio ch'uccide,
il sussurro ch'attira nell'abisso, e il colpo a tradimento
gettavano chiazze vivaci sulla dolente monotonia delle ore.
L'osservazione del dramma dell'infelicità,
il dibattersi delle creature sotto l'erpice del fato,
lo sguardo tragico del dolore nella notte
e l'orrore e lo spavento martellante del cuore
erano, nella pesante coppa del Tempo, gl'ingredienti
(300) graditi che aiutavano a gustarne l'amarezza.
Di tale feroce sostanza era il lungo inferno della vita.
Questi erano i fili dell'oscura tela di ragno
in cui era presa l'anima, tremante e rapita;
questa era la religione, questa la regola della Natura.
In una funesta cappella d'iniquità,
per adorare un'immagine nera e spietata del Potere,
si dovean traversare in ginocchio corti di pietra insensibili,
un pavimento come lastricato di mala sorte.
Ciascuna pietra era l'orlo affilato d'una forza crudele,
(310) viscida del sangue rappreso di petti torturati;
alberi disseccati e nodosi si rizzavan come moribondi
irrigiditi in una posa d'agonia,
e da ogni finestra sbirciava un prete di malaugurio
salmodiando i Te Deum per una grazia somma: una strage,
città rase al suolo, dimore umane distrutte,
corpi bruciati e contorti, il massacro a colpi di granate.
"I nostri nemici son caduti, caduti", essi cantavano, "tutti quelli che
resistettero una volta al nostro volere son colpiti a morte; come siamo grandi,
e Tu, come sei misericorde!"
(320) Così pensavano di raggiungere il trono impassibile di Dio e di comandarlo,
Lui che tutti i loro atti combattevano, esaltando le loro imprese per toccare i
suoi cieli, e di renderlo complice dei loro crimini. Non c'era posto, lì, per
alcuna pietà compassionevole, regnava solo la forza inesorabile e la durezza
inflessibile, un'immemoriale sovranità di terrore e di tenebra: questa prendeva
la forma d'un Dio oscurato riverito dal tormentato squallore da lui creato, che
manteneva asservito un mondo miserabile,
(330) e cuori inermi, inchiodati a una sventura incessante, adoravano i piedi che
lì calpestavan nel fango. Era un mondo di tristezza e di odio, tristezza la cui
unica gioia era l'odio, odio che si pasceva dell'altrui tristezza; un rictus
amaro piegava la bocca sofferente; una tragica crudeltà vedeva la sua sinistra
occasione. L'odio era l'arcangelo nero di questo regno; rosseggiava come un
fosco gioiello nel cuore che brucia l'anima coi suoi raggi maligni,
(340) e avvoltolavasi nel micidiale abisso del suo potere. Gli oggetti stessi
parean trasudare queste passioni la mente dilagava nell'inanimato che rispondeva
con la perfidia che riceveva, contro chi lì usava, usavano poteri maligni,
ferivan senza mani e, stranamente, uccidevano all'istante, strumenti designati
d'una sentenza invisibile. O divenivano essi stessi il muro d'una prigione
fatale dove vegliano i condannati mentre scorrono lente le ore scandite dai
rintocchi d'una campana lugubre.
(350) Un ambiente malvagio rendea peggiori le anime cattive: tutte le cose, lì,
eran coscienti, e tutte perverse. In questo regno infernale egli osò far
pressione fin nel suo abisso più profondo e il suo nucleo più cupo,
ne perturbò la base tenebrosa, ne osò contestare
l'antica prerogativa e forza assoluta:
si tuffò nella Notte per conosceme il cuore terribile,
nell'Inferno cercò la radice e la causa dell'Inferno.
I suoi baratri angosciati gli si apriron nel petto;
egli ascoltò i clamori della sua affollata sofferenza,
(360) le pulsazioni del suo fatale isolamento.
Al di sopra, era una gelida e sorda eternità.
In vaghi e tremendi passaggi della Fatalità
udì la voce del goblin che guida per uccidere,
affrontò gl'incantesimi del Segno demoniaco
e sfidò l'agguato del Serpente antagonista.
In regioni minacciose e torturate solitudini
errò senza compagno per cammini desolati
ove il Lupo rosso attende presso il fiume senza guado
e le aquile nere della Morte gridano al precipizio,
(370) incontrò i cani del male che dan la caccia al cuore degli uomini
abbaiando attraverso le steppe del Destino, (II)
sui campi di battaglia incalpestati dell'Abisso
sferrò oscure lotte in profondità mute e senz'occhi,
sostenne gli assalti dell'Inferno e i colpi dei Titani
e sopportò le atroci ferite interiori, lente a guarire.
Prigioniero d'una magica Forza incappucciata,
catturato e trascinato nella rete mortale della Menzogna
e strangolato sovente dal cappio dell'angoscia,
gettato nella palude macabra e inghiottente del dubbio,
(380) o chiuso dentro fosse d'errore e disperazione,
egli bevve i suoi sorsi di veleno fino all'ultima goccia.(III)
In un mondo dove né la speranza né la gioia potean venire,
soffri la prova del regno assoluto del male,
ma conservò intatta la verità radiosa del suo spirito.
Incapace di movimento o di forza,
incarcerato e cieco nel rifiuto totale della Materia,
inchiodato alla nera inerzia della nostra base,
teneva come un tesoro fra le mani la sua anima vibrante.
Il suo essere s'avventurò nel Vuoto indifferente,
(390) abissi intolleranti ch'ignoravano il pensiero e la sensazione;
il pensiero cessò, vennero meno i sensi, l'anima ancora vedeva e sapeva. Nelle
frammentazioni atomiche dell'Infinito vicine ai taciti inizi del Sé perduto,
egli sentì la curiosa e minuscola futilità della creazione delle cose materiali.
O, soffocato nel buio cavernoso dell'Incosciente, sondò il cupo mistero senza
fondo delle enormi e inani profondità dove la vita in lotta sorse in un morto
universo.
(400) Lì, nell'identità completa che la mente ha perduto, percepì il senso
ermetico del mondo insensibile e una muta saggezza nella Notte ignara. Entrò nel
segreto abissale ove dal suo giaciglio, grigia e nuda, la tenebra scruta e si
tenne sul più basso fondale del chiuso subcosciente in cui l'Essere dormiva
inconscio dei suoi pensieri e costruiva il mondo senza sapere ciò che costruiva.
Lì, aspettando la sua ora, il futuro giace sconosciuto, lì è il ricordo delle
stelle svanite.
(410) Lì, nel sonno del Volere cosmico, egli vide la chiave segreta del
cambiamento della Natura. Lo accompagnava una luce, una mano invisibile era
posta sull'errore e il dolore finché questo divenne un'estasi fremente,
l'assalto di dolcezza d'un abbraccio. Vide nella Notte il velo ombroso
dell'Eterno, conobbe la morte come un sottosuolo della casa della vita, nella
distruzione sentì la creazione che affretta il suo passo, conobbe la perdita
come il prezzo d'un guadagno celeste
(420) e l'inferno come una scorciatoia verso le porte del cielo. Allora nella
fabbrica occulta dell'Illusione e nella magica stamperia dell'Incosciente furono
lacerati i formati della Notte primeva e fatti a pezzi gli stereotipi
dell'Ignoranza. Viva, animata da un profondo respiro spirituale, la Natura
cancella il suo rigido codice meccanico e gli articoli del contratto dell'anima
vincolata,
la Menzogna restituì alla Verità la sua forma torturata. Annullate furono le
tavole della legge del Dolore,
(430) e al loro posto crebbero dei caratteri luminosi. Il dito invisibile
dell'abile Scrivano tracciò la sua rapida calligrafia intuitiva; le forme
terrestri furono rese i suoi documenti divini, la saggezza che la mente
incarnata non potea rivelare cacciò l'incoscienza dal seno senza voce del mondo;
trasfigurati furono gli schemi fissi del Pensiero ragionante. Destando la
coscienza nelle cose inerti, egli appose sull'atomo indistinto e la massa muta
la scrittura adamantina dell'Imperituro,
(440) - iscrisse sul cuore offuscato delle cose cadute un peana del libero
Infinito e il Nome, fondamento dell'Eternità, e vergò sulle cellule risvegliate
ed esultanti, negli ideogrammi dell'Ineffabile, la lirica dell'amore che attende
lungo il Tempo e il volume mistico del Libro di Beatitudine e il messaggio del
Fuoco sovracosciente. Allora la vita batté pura nella forma corporea; il Raggio
infernale si spense e non poté più uccidere.
(450) L'immensa facciata abrupta dell'Inferno si spaccò da parte a parte come se
una costruzione magica si disfacesse, la Notte s'apri e scomparve come un abisso
di sogno: nella breccia dell'essere scavata quale uno Spazio vuoto in cui essa
avea occupato il posto di Dio assente, si riversò un'Aurora vasta, intima e
felice; guarite furon tutte le cose generate dal cuore lacerato del Tempo e la
tristezza non poté più vivere in seno alla Natura; la divisione cessò
d'esistere, perché c'era Dio. L'anima illuminò del suo raggio il corpo
cosciente,
(460) materia e spirito si fusero e divennero uno.
NOTE SPECIALI
I "Sue profondità", "Sua mente": le profondità e la mente di Dio. La maiuscola è nostra
II "steppe": 'veldts' nel testo inglese (i veld sono particolari regioni interne del Sud Africa).
III "i suoi-sorsi di veleno": della magica Forza citata al v. 376.
Fine del Canto Ottavo
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