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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Canto Ottavo
Il Mondo della Menzogna, la Madre del Male e ì Figli della Tenebra

Allora poté scorgere il cuore segreto della Notte: il lavoro della sua totale

incoscienza rivelava il terribile Inane senza limite. Era lì un'Infinità vuota,

senza spirito; una Natura che negava la Verità eterna nella fatua libertà

vanagloriosa del suo pensiero sperava d'abolire Dio e di regnare sola. Non c'era

un Ospite sovrano, alcuna Luce testimone; essa voleva creare senz'aiuto il

proprio mondo squallido.

(10) I suoi larghi occhi ciechi spiarono gli atti demoniaci, le sue orecchie

sorde udiron l'anti-verità detta dalle sue labbra mute; la sua immaginazione

smisurata e fuorviata prese vaste forme, la sua sensorialità irriflessiva

fremette di fiere presunzioni; generando un principio bruto di vita, male e

dolore produssero un'anima mostruosa. Sorsero i Ribelli dei baratri informi,

grandi Esseri titanici e poteri diabolici, ego vasti quanto il mondo tormentati

dal desiderio, dal pensiero e la volontà, menti e vite immense senza uno spirito

interiore:



(20) architetti impazienti della casa dell'errore, capi dell'ignoranza e

agitazione cosmiche e tutori della tristezza e la mortalità incarnarono le

fosche Idee dell'Abisso. Una sostanza spettrale entrò nella vacuità, forme

indistinte nacquero nel Vuoto privo di pensiero e i gorghi confluirono e

crearono uno Spazio avverso nei cui neri recessi l'Essere immaginò l'Inferno.

Gli occhi del Viaggiatore dei mondi, penetrando la triplice corazza del buio,

identificarono la propria visione alla sua cieca fissità:

(30) abituati alla tenebra innaturale, videro

l'irrealtà divenuta reale e cosciente. Un mondo violento, crudele e formidabile,

antica matrice di giganteschi sogni funesti, avvolgevasi come una larva

nell'oscurità che lo protegge dalle punte di lancia degli astri del Cielo. Era

la porta d'un falso Infinito, d'un'eternità di disastrosi assoluti, d'una

smisurata negazione delle cose spirituali. Tutti quelli una volta luminosi nella

sfera dello spirito

(40) si mutavano ora nel loro cupo contrario: l'essere crollava in un vuoto

insostanziale, uno zero, tuttavia, genitore dei mondi; l'incoscienza, ingoiando

la Mente cosmica, produceva un universo dal suo sonno letale; la felicità,

caduta in un coma nero, inanimata, si ripiegava su se stessa e sull'eterna gioia

di Dio sotto un aspetto menzognero ed intenso d'afflizione e dolore, ancora

penosamente inchiodata su una croce fissata nel suolo d'un mondo muto e

insensibile

(50) dove nascere era uno spasimo e morire un'agonia, per paura che tutto

ridivenga troppo presto felicità. Il pensiero, sacerdote della Perversità,

sedeva sul suo nero tripode di Serpente uno e trino leggendo controsenso la

scrittura eterna, stregone che rovesciava il Quadro divino della vita. In

corridoi d'ombra con occhi malvagi per lumi e voci fatali salmodianti

dall'abside, in strane ed oscure basiliche infernali intonando la magia d'una

Parola profana,

(60) il sinistro e profondo Iniziato celebrava il rituale dei suoi Misteri. La

sofferenza, lì, era il cibo quotidiano della Natura, allettante per il cuore e

la carne angosciati, e la tortura la formula della delizia, il dolore parodiava

l'estasi celeste. Li il Bene, giardiniere di Dio senza fede, innaffiava di virtù

l'albero upas del mondo

e, attento alla parola e all'atto esteriori,

innestava i suoi ipocriti fiori sul male nativo del luogo.

(70) Tutto ciò ch'è elevato era al servizio del suo contrario inferiore:

le forme di Dio alimentavano un culto demoniaco;

il volto del Cielo diveniva una maschera e un'insidia dell'Inferno.

Lì, nel cuore del fenomeno vano,

nel centro convulso di un'azione smisurata,

egli vide una Forma illimitata e vaga

assisa sulla Morte che inghiotte tutto ciò che nasce.

Volto fisso, gelido, gli occhi crudeli ed immoti,

il tridente terribile nella sua mano tenebrosa

tesa, essa trafiggeva d'uno stesso destino tutte le creature.



(80) Quando non esisteva altro che la Materia senz'anima

e una cavità senza spirito era il cuore del Tempo,

per la prima volta la Vita tocca allora l'Abisso insensibile;

risvegliando il Vuoto assoluto alla speranza e alla pena,

il suo pallido raggio colpì la Notte insondata120

in cui Dio si celava alla propria vista.

In tutte le cose essa cercò la loro mistica verità addormentata,

la parola inespressa che ispira le forme incoscienti;

cercò a tentoni nelle Sue profondità una Legge invisibile,

frugò nell'oscuro subcosciente alla ricerca della Sua mente (I)



(90) e si sforzò di scoprire un cammino perché lo spirito sia.

Ma dalla Notte venne un'altra risposta.

Un seme fu gettato in questa matrice inferiore,

scorza muta e impenetrabile d'una verità pervertita,

cellula d'un infinito insenziente.

Una nascita mostruosa preparò la sua forma cosmica

nell'embrione titanico della Natura: l'Ignoranza.

Poi, in un'ora fatale e stupefacente,

qualcosa che usciva dal sonno del bruto Incosciente,

svogliatamente generata dal Vuoto silente,



(100) levò la sua testa inquietante contro le stelle;

il suo vasto corpo di Maledizione coprendo d'ombra la terra,

essa raggelò i cieli col suo viso di minaccia. Un Potere senza nome, un

tenebroso Volere sorse, immenso e straniero al nostro universo. Nel Disegno

inconcepibile che nessuno può misurare, un vasto Non-Essere si rivestì di forma,

l'illimitata Nescienza delle profondità incoscienti ricoprì di niente

l'eternità. Una Mente in cerca sostituì l'Anima che vede:

(110) la vita divenne una morte gigantesca e affamata, la felicità dello Spirito

si tramutò in dolore cosmico. Assicurandosi la neutralità con cui Dio si vela a

se stesso, una potente opposizione conquista lo Spazio. Sovrana regnante sulla

menzogna, la morte e l'afflizione, oppresse la terra con la sua fiera egemonia;

disarmonizzando lo stile originale dell'architettura del destino terrestre,

falsificò la Volontà cosmica primitiva e obbligò alla lotta e a vicissitudini

terribili

(120) il lungo, lento processo del Potere paziente. Impiantando l'errore nella

sostanza delle cose, fece della Legge di totale saggezza un'Ignoranza; confuse

il tatto infallibile dei sensi segreti della vita, costrinse al mutismo la guida

intuitiva nel sonno della Materia, deforma l'istinto dell'insetto e della

bestia, sfigura nell'uomo l'umanità, frutto del pensiero. Un'ombra taglia il

semplice Raggio: oscurata nella caverna del cuore fu la luce-di-Verità che

brucia senza testimone nella cripta dell'altare

(130) in segreto dietro il velo immobile, compagna della Divinità del santuario.

Così nacque la tremenda Energia antagonista che mima la forma possente della

Madre eterna contraffacendone la luminosa infinità con un profilo grigio e

distorto nella Notte. Arrestando la passione dell'anima ascendente, essa impose

alla vita un passo lento ed esitante;

col suo peso che svia e ritarda, la sua mano

preme sulla curva dell'evoluzione mistica:

(140) la linea tortuosa della sua mente ingannatrice

gli Dei non vedono, e l'uomo è impotente;

soffocando la scintilla divina nell'anima

essa riconduce all'animalità l'umana caduta

Eppure, nella sua formidabile mente istintiva,

sente l'Uno crescere nel cuore del Tempo

e vede l'Immortale splendere attraverso la forma umana

Allarmata per il suo impero e piena di paura e di rabbia

s'aggira attorno a ogni luce che brilla nella tenebra

e che proietta il suo raggio dalla tenda isolata dello Spirito,



(150) sperando d'entrare con passo furtivo ed ardito

e uccidere nella culla il Fanciullo divino.

Incalcolabili la sua forza e il suo artificio;

il suo contatto è fascinazione e morte;

essa uccide di delizia la sua vittima;

del Bene stesso fa un uncino per trascinare all'Inferno.

Per essa il mondo corre alla propria agonia

Spesso il pellegrino sulla rotta dell'Eterno,

mal rischiarata sotto le nubi dalla pallida luna della Mente,

o errante, solitario, in sentieri traversi,



(160) o perduto in deserti dove nessun cammino si vede,

cade sopraffatto dal suo balzo leonino,

prigioniero vinto sotto le sue zampe spaventose.

Inebriato da un soffio bruciante

e innamorato d'una bocca distruttrice,

una volta compagno del Fuoco sacro,

il mortale muore a Dio e alla Luce,

un Avversario ne governa il cuore e il cervello,

una Natura ostile alla Forza della Madre.

L'essere della vita abbandona i suoi strumenti



(170) ad agenti titanici e demoniaci

ch'esagerano e decompongono la natura terrestre:

un membro della quinta colonna incappucciato, è allora la guida del pensiero;

il suo sottile mormorio disfattista assassina la fede

e, albergata nel petto o sussurrante dall'esterno, un'ispirazione menzognera,

micidiale e oscura, sostituisce un nuovo ordine all'ordine divino. Un silenzio

s'abbatte sulle altezze dello spirito, dal santuario velato il Dio si ritira,

vuota e fredda è la camera della Sposa;



(180) il Nembo d'oro allora non si vede più, più non brucia il bianco raggio

spirituale e per sempre tace la Voce segreta. Poi, dall'Angelo della Torre di

Veglia, un nome vien radiato dal registro; una fiamma che cantava nel Cielo

scompare, estinta e muta; in rovine finisce l'epopea di un'anima Tale è la

tragedia della morte interiore quando perduto è l'elemento divino e restan solo

una mente ed un corpo che vivon per morire.



(190) Perché lo Spirito autorizza interventi terribili ed esiston Poteri sottili

ed enormi che si riparan sotto la copertura dell'Ignoranza. Frutto degli abissi,

agenti della Forza dell'ombra, odiatori della luce, intolleranti della pace,

scimmiottando per il pensiero l'Amico e la Guida luminosi e contrastando nel

cuore la Volontà eterna, essi velano l'Armonista occulto che c'innalza Degli

oracoli della sua saggezza fan le nostre catene; hanno sprangato le porte di Dio

con le chiavi del credo (200) e chiuso fuori in nome della Legge la sua Grazia

instancabile. Lungo tutti i percorsi della Natura si sono appostati e

intercettano la carovane della Luce; ovunque agiscano gli Dei, essi

intervengono. Un giogo pesa sul cuore confuso del mondo; uno schermo separa i

suoi battiti dalla Felicità superna, e le periferie chiuse della Mente brillante

bloccano i fini passaggi del Fuoco celeste. Gli oscuri Avventurieri sembrano

vincere sempre;

riempion la Natura d'istituti del male,



(210) trasformano in sconfitte le vittorie della Verità, proclaman falsità le

leggi eterne, e con menzogne stregate truccano i dadi del Destino; hanno

occupato i santuari del mondo, usurpato i suoi troni. Spregiando le sorti

declinanti degli Dei, rivendicano la creazione come feudo da loro conquiso e si

coronan Signori inesorabili del Tempo. Adepti dell'illusione e l'impostura, gli

artigiani della caduta e 'l patimento della Natura hanno eretto i propri altari

della Notte trionfante

(220) nel tempio d'argilla della vita terrestre. Nei vuoti recinti del Fuoco

sacro, di fronte al dossale, durante il rito mistico, volgendosi al velo

indistinto che nessuno può penetrare, il prete mitrato intona il suo inno

solenne invocando la loro tremenda presenza nel suo petto: attribuendo loro il

Nome che incute timore, egli salmodia le sillabe del testo magico e fa appello

all'atto della comunione invisibile, mentre fra l'incenso e il mormorio della

preghiera

(230) tutto il crudo dolore che strazia il mondo è mescolato nel calice spumoso

del cuore dell'uomo e loro versato come un vino sacramentale. Assumendo nomi

divini, essi guidano e governano. Antagonisti del Supremo, sono usciti dal loro

mondo di pensiero e potere senz'anima per servire mediante l'ostilità il piano

cosmico. La notte è il loro rifugio, la loro base strategica. Per difendersi

dalla spada di Fuoco, dall'Occhio luminoso, vivono dentro i bastioni dei loro

massicci forti di tenebra,

(240) calmi e al sicuro in un'intimità senza sole: nessun raggio peregrino del

Cielo può entrarvi. Corazzati, protetti dalle loro maschere letali, come in uno

studio della Morte creatrice i figli giganti dell'Ombra si riuniscono e tramano

il dramma della terra, loro tragico teatro. Tutti coloro che vorrebbero

sollevare il mondo caduto devon passare sotto le volte pericolose del loro

potere; ché oscurare perfino i figli radiosi degli dei è il loro privilegio e

spaventoso diritto.

(250) Nessuno può raggiungere il cielo senza attraversare l'inferno.

Il viaggiatore dei mondi dovette osare anche questo. Guerriero nel conflitto del

duello immemoriale, egli entra nella Notte muta e disperante sfidando le tenebre

con l'anima sua luminosa. Allarmando coi suoi passi la tetra soglia, giunse in

un regno feroce e dolente popolato d'anime che non avean mai gustato la

felicità; ignare come ciechi che mai han visto la luce, esse potevano equiparare

il peggior male al bene supremo,

(260) la virtù ai loro occhi era un volto del peccato, e il male e la miseria il

loro stato naturale. Il codice penale d'un'amministrazione crudele che facea

della pena e l'afflizione la legge generale, decretando l'universale assenza di

gioia aveva trasformato la vita in stoico sacramento e la tortura in una festa

quotidiana. Era approvata una legge per punire la letizia; riso e piacere eran

banditi come peccati mortali: una mente che non si poneva domande passava per

saggia contentezza,

(270) e per pace l'apatia silenziosa d'un cuore ottuso. Non esisteva il sonno, il

torpore era l'unico riposo, la morte veniva ma non dava né tregua né fine;

l'anima continuava a vivere e soffriva sempre di più. Egli non cessava di

sondare più a fondo questo regno di dolore; attorno a lui cresceva il terrore

d'un mondo d'agonia seguita da un'agonia peggiore, e in quel terrore, una

grande, perfida gioia lieta della propria e altrui disgrazia. Lì il pensiero e

la vita erano un lungo castigo,

(280) il respiro un peso, e ogni speranza un flagello,

il corpo un campo di tormento, una massa di malessere;

il riposo era un'attesa fra due spasmi d'angoscia.

Tale era la legge delle cose, che nessuno si sognava di cambiare:

un cuore duro e cupo, una mente severa e incapace di sorriso

rigettavan con nausea la dolcezza della felicità;

la tranquillità era un tedio, una noia:

solo mediante la sofferenza si colorava la vita;

essa reclamava la spezia del dolore, il sale delle lacrime.

Se si avesse potuto cessare di esistere, tutto sarebbe stato perfetto,



(290) invece, solo sensazioni violente offrivan qualche sapore,

un furore di gelosia che brucia il cuore róso,

il morso del rancore, dell'odio e '1 desiderio ch'uccide,

il sussurro ch'attira nell'abisso, e il colpo a tradimento

gettavano chiazze vivaci sulla dolente monotonia delle ore.

L'osservazione del dramma dell'infelicità,

il dibattersi delle creature sotto l'erpice del fato,

lo sguardo tragico del dolore nella notte

e l'orrore e lo spavento martellante del cuore

erano, nella pesante coppa del Tempo, gl'ingredienti



(300) graditi che aiutavano a gustarne l'amarezza.

Di tale feroce sostanza era il lungo inferno della vita.

Questi erano i fili dell'oscura tela di ragno

in cui era presa l'anima, tremante e rapita;

questa era la religione, questa la regola della Natura.

In una funesta cappella d'iniquità,

per adorare un'immagine nera e spietata del Potere,

si dovean traversare in ginocchio corti di pietra insensibili,

un pavimento come lastricato di mala sorte.

Ciascuna pietra era l'orlo affilato d'una forza crudele,



(310) viscida del sangue rappreso di petti torturati;

alberi disseccati e nodosi si rizzavan come moribondi

irrigiditi in una posa d'agonia,

e da ogni finestra sbirciava un prete di malaugurio

salmodiando i Te Deum per una grazia somma: una strage,

città rase al suolo, dimore umane distrutte,

corpi bruciati e contorti, il massacro a colpi di granate.

"I nostri nemici son caduti, caduti", essi cantavano, "tutti quelli che

resistettero una volta al nostro volere son colpiti a morte; come siamo grandi,

e Tu, come sei misericorde!"



(320) Così pensavano di raggiungere il trono impassibile di Dio e di comandarlo,

Lui che tutti i loro atti combattevano, esaltando le loro imprese per toccare i

suoi cieli, e di renderlo complice dei loro crimini. Non c'era posto, lì, per

alcuna pietà compassionevole, regnava solo la forza inesorabile e la durezza

inflessibile, un'immemoriale sovranità di terrore e di tenebra: questa prendeva

la forma d'un Dio oscurato riverito dal tormentato squallore da lui creato, che

manteneva asservito un mondo miserabile,

(330) e cuori inermi, inchiodati a una sventura incessante, adoravano i piedi che

lì calpestavan nel fango. Era un mondo di tristezza e di odio, tristezza la cui

unica gioia era l'odio, odio che si pasceva dell'altrui tristezza; un rictus

amaro piegava la bocca sofferente; una tragica crudeltà vedeva la sua sinistra

occasione. L'odio era l'arcangelo nero di questo regno; rosseggiava come un

fosco gioiello nel cuore che brucia l'anima coi suoi raggi maligni,



(340) e avvoltolavasi nel micidiale abisso del suo potere. Gli oggetti stessi

parean trasudare queste passioni la mente dilagava nell'inanimato che rispondeva

con la perfidia che riceveva, contro chi lì usava, usavano poteri maligni,

ferivan senza mani e, stranamente, uccidevano all'istante, strumenti designati

d'una sentenza invisibile. O divenivano essi stessi il muro d'una prigione

fatale dove vegliano i condannati mentre scorrono lente le ore scandite dai

rintocchi d'una campana lugubre.

(350) Un ambiente malvagio rendea peggiori le anime cattive: tutte le cose, lì,

eran coscienti, e tutte perverse. In questo regno infernale egli osò far

pressione fin nel suo abisso più profondo e il suo nucleo più cupo,

ne perturbò la base tenebrosa, ne osò contestare

l'antica prerogativa e forza assoluta:

si tuffò nella Notte per conosceme il cuore terribile,

nell'Inferno cercò la radice e la causa dell'Inferno.

I suoi baratri angosciati gli si apriron nel petto;

egli ascoltò i clamori della sua affollata sofferenza,

(360) le pulsazioni del suo fatale isolamento.

Al di sopra, era una gelida e sorda eternità.

In vaghi e tremendi passaggi della Fatalità

udì la voce del goblin che guida per uccidere,

affrontò gl'incantesimi del Segno demoniaco

e sfidò l'agguato del Serpente antagonista.

In regioni minacciose e torturate solitudini

errò senza compagno per cammini desolati

ove il Lupo rosso attende presso il fiume senza guado

e le aquile nere della Morte gridano al precipizio,



(370) incontrò i cani del male che dan la caccia al cuore degli uomini

abbaiando attraverso le steppe del Destino, (II)

sui campi di battaglia incalpestati dell'Abisso

sferrò oscure lotte in profondità mute e senz'occhi,

sostenne gli assalti dell'Inferno e i colpi dei Titani

e sopportò le atroci ferite interiori, lente a guarire.

Prigioniero d'una magica Forza incappucciata,

catturato e trascinato nella rete mortale della Menzogna

e strangolato sovente dal cappio dell'angoscia,

gettato nella palude macabra e inghiottente del dubbio,



(380) o chiuso dentro fosse d'errore e disperazione,

egli bevve i suoi sorsi di veleno fino all'ultima goccia.(III)

In un mondo dove né la speranza né la gioia potean venire,

soffri la prova del regno assoluto del male,

ma conservò intatta la verità radiosa del suo spirito.

Incapace di movimento o di forza,

incarcerato e cieco nel rifiuto totale della Materia,

inchiodato alla nera inerzia della nostra base,

teneva come un tesoro fra le mani la sua anima vibrante.

Il suo essere s'avventurò nel Vuoto indifferente,



(390) abissi intolleranti ch'ignoravano il pensiero e la sensazione;

il pensiero cessò, vennero meno i sensi, l'anima ancora vedeva e sapeva. Nelle

frammentazioni atomiche dell'Infinito vicine ai taciti inizi del Sé perduto,

egli sentì la curiosa e minuscola futilità della creazione delle cose materiali.

O, soffocato nel buio cavernoso dell'Incosciente, sondò il cupo mistero senza

fondo delle enormi e inani profondità dove la vita in lotta sorse in un morto

universo.

(400) Lì, nell'identità completa che la mente ha perduto, percepì il senso

ermetico del mondo insensibile e una muta saggezza nella Notte ignara. Entrò nel

segreto abissale ove dal suo giaciglio, grigia e nuda, la tenebra scruta e si

tenne sul più basso fondale del chiuso subcosciente in cui l'Essere dormiva

inconscio dei suoi pensieri e costruiva il mondo senza sapere ciò che costruiva.

Lì, aspettando la sua ora, il futuro giace sconosciuto, lì è il ricordo delle

stelle svanite.

(410) Lì, nel sonno del Volere cosmico, egli vide la chiave segreta del

cambiamento della Natura. Lo accompagnava una luce, una mano invisibile era

posta sull'errore e il dolore finché questo divenne un'estasi fremente,

l'assalto di dolcezza d'un abbraccio. Vide nella Notte il velo ombroso

dell'Eterno, conobbe la morte come un sottosuolo della casa della vita, nella

distruzione sentì la creazione che affretta il suo passo, conobbe la perdita

come il prezzo d'un guadagno celeste

(420) e l'inferno come una scorciatoia verso le porte del cielo. Allora nella

fabbrica occulta dell'Illusione e nella magica stamperia dell'Incosciente furono

lacerati i formati della Notte primeva e fatti a pezzi gli stereotipi

dell'Ignoranza. Viva, animata da un profondo respiro spirituale, la Natura

cancella il suo rigido codice meccanico e gli articoli del contratto dell'anima

vincolata,

la Menzogna restituì alla Verità la sua forma torturata. Annullate furono le

tavole della legge del Dolore,



(430) e al loro posto crebbero dei caratteri luminosi. Il dito invisibile

dell'abile Scrivano tracciò la sua rapida calligrafia intuitiva; le forme

terrestri furono rese i suoi documenti divini, la saggezza che la mente

incarnata non potea rivelare cacciò l'incoscienza dal seno senza voce del mondo;

trasfigurati furono gli schemi fissi del Pensiero ragionante. Destando la

coscienza nelle cose inerti, egli appose sull'atomo indistinto e la massa muta

la scrittura adamantina dell'Imperituro,

(440) - iscrisse sul cuore offuscato delle cose cadute un peana del libero

Infinito e il Nome, fondamento dell'Eternità, e vergò sulle cellule risvegliate

ed esultanti, negli ideogrammi dell'Ineffabile, la lirica dell'amore che attende

lungo il Tempo e il volume mistico del Libro di Beatitudine e il messaggio del

Fuoco sovracosciente. Allora la vita batté pura nella forma corporea; il Raggio

infernale si spense e non poté più uccidere.



(450) L'immensa facciata abrupta dell'Inferno si spaccò da parte a parte come se

una costruzione magica si disfacesse, la Notte s'apri e scomparve come un abisso

di sogno: nella breccia dell'essere scavata quale uno Spazio vuoto in cui essa

avea occupato il posto di Dio assente, si riversò un'Aurora vasta, intima e

felice; guarite furon tutte le cose generate dal cuore lacerato del Tempo e la

tristezza non poté più vivere in seno alla Natura; la divisione cessò

d'esistere, perché c'era Dio. L'anima illuminò del suo raggio il corpo

cosciente,



(460) materia e spirito si fusero e divennero uno.
NOTE SPECIALI

I "Sue profondità", "Sua mente": le profondità e la mente di Dio. La maiuscola è nostra

II "steppe": 'veldts' nel testo inglese (i veld sono particolari regioni interne del Sud Africa).

III "i suoi-sorsi di veleno": della magica Forza citata al v. 376.


Fine del Canto Ottavo


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