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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Canto Nono
Il Paradiso degli Dei della Vita

Attorno a lui rifulgeva un gran Giorno felice. Lucentezza di qualche estatico

Infinito, esso conteneva nello splendore del suo riso dorato le regioni della

letizia del cuore liberato, inebriato dal vino di Dio, immerso nella luce,

perpetuamente divino. Favorito ed intimo degli Dei obbediente al divino comando

di gioire, era il sovrano della propria delizia



(10) e il signore dei regni della sua forza. Sicuro della beatitudine per cui

tutte le forme furon create, non toccato dalla paura, dal dolore e gli urti del

Destino, né allarmato dal soffio del Tempo fugace o assediato dalla circostanza

avversa, esso respirava nel benessere dolce d'una fiduciosa certezza, esente

dalla nostra fragilità corporea che invita la morte, lungi dalla nostra

pericolosa zona di Volontà incespicante. Non aveva bisogno di tenere a freno i

suoi battiti appassionati; vibrante del caldo abbraccio della soddisfazione dei

sensi


(20) e dell'impeto prodigioso e repentino, fiamma e grido della magnifica

galoppata rossa degl'impulsi vitali, viveva in un ritmo incomparabile

dell'ilarità di Dio e riposava sul seno dell'amore universale. Libero da

obblighi e impedimenti, lo Spirito della Gioia pasceva le sue luminose mandrie

solari e i suoi greggi di luna lungo il lirico corso di ruscelli sereni nella

fragranza di asfodeli non terrestri. Un silenzio di felicità avvolgeva i cieli,

una radiosità spensierata sorridea dalle altezze;

(30) un mormorio d'ebbrezza inarticolata tremava nei venti e sfiorava il suolo

incantato;

incessante nelle braccia dell'estasi,

ripetendo la sua involontaria nota soave,

un singulto di rapimento fluiva assieme alle ore.

Avanzando sotto un arco di gloria e di pace,

viaggiatore sopra l'altipiano e sulla cresta assorta,

come chi veda nello specchio del Mago cosmico

passare, rivelate per miracolo, immagini di fughe d'anima,

egli traversò le scene d'un gaudio immortale



(40) e guardò negli abissi di bellezza e beatitudine.

Attorno a lui era una luce di soli coscienti

e una meditabonda contentezza di grandi cose simboliche;

s'affollavano al suo incontro pianure di calma brillante,

montagne e vallate violette dei Beati,

profonde valli di gioia, cascate canore

e boschi di purpurea e trepida solitudine;

sotto di lui, come pensieri luccicanti di gemme, s'estendevan

le città dei re Gandharva, rapite nel sogno.

Attraverso le vibranti pieghe segrete dello Spazio



(50) s'infiltrava dolcemente in sordina una musica lieta,

suonato da mani invisibili, egli udiva, intimo al cuore,

passare il lamento dell'arpa dei menestrelli celesti,

e voci d'una soprannaturale melodia

cantavano la gloria dell'amore eterno

nell'aria del Paradiso, biancazzurra come il raggio di luna

Culmine e centro di tutto questo mondo meraviglioso,

s'ergevano in disparte gli alti monti elisî senza nome,

ardenti come tramonti in una trance serotina

Come verso qualche nuova profondità inesplorata,



(60) la loro base immergevasi in un silenzio pieno di gioia;

le loro pendici tuffavansi in un precipitarsi di risa e di voci,

solcate da innumeri rivi canori,

adoranti il cielo azzurro col loro inno felice,

fin nelle foreste d'ombre segrete:

levate in un vasto mistero senza voce,

le loro cime salivano verso una grandezza oltre la vita.

I fulgidi Eden degli dei vitali

lo accolsero nelle loro perenni armonie. Lì, eran perfette tutte le cose che

fioriscon nel Tempo;



(70) lì la bellezza era la matrice natale della creazione, la pace una purezza

vibrante e voluttuosa. Lì l'Amore realizzava i suoi sogni d'oro e di rosa e la

Forza le sue coronate e grandiose fantasticherie; il Desiderio saliva, rapida

fiamma onnipotente, e il Piacere aveva la statura degli dei; il Sogno camminava

lungo le grandi rotte delle stelle; le amabili cose ordinarie diventavan

miracoli: sorpreso dalla magia repentina dello spirito, colpito dall'alchimia

d'una passione divina,

(80) l'essere di dolore, costretto, si trasformava in una gioia potente guarendo

l'antitesi fra il cielo e l'inferno. Tutte le sublimi visioni della vita son lì

incarnate, conseguite le loro erranti speranze, i suoi aurei favi raggiunti

dalla lingua guizzante del mangiatore di miele, le sue congetture brucianti

mutate in verità estasiate, i suoi forti affanni placati in una calma imperitura

e liberati i suoi immensi desideri. In questo paradiso della perfezione del

cuore e dei sensi, nessuna nota inferiore poteva rompere l'incanto senza fine

(90) della sua dolcezza ardente e immacolata; i suoi passi cadono con sicura

intuizione.(I) Dopo l'angoscia della lunga lotta dell'anima, trovati erano

infine la quiete e il riposo celeste e, avviluppate in una magico flusso d'ore

prive di tristezza, guarite furon le membra ferite della sua natura

guerriera(II) nell'avvolgente abbraccio delle Energie che non tolleravano

macchia né avean paura della propria delizia. In scene interdette alle nostre

pallide sensazioni, in mezzo ad aromi portentosi e tinte-prodigio,

(100) egli incontrò le forme che divinizzano la visione, ascoltò la musica che

può rendere immortale la mente e il cuore vasto come l'infinito, e captò le

cadenze impercettibili

che risvegliano l'orecchio occulto:

dal silenzio ineffabile le udì arrivare

tremanti della beltà d'un discorso senza parole,

e di pensieri troppo grandi e profondi per trovare una voce,

pensieri il cui desiderio crea a nuovo l'universo.

Una gamma di sensazioni che saliva con piedi di fuoco

(110) fino a cime d'inimmaginata letizia,

rifuse l'aura del suo essere in un'incandescenza di gioia,

il suo corpo tralucette come una conchiglia eterea;

le sue porte sul mondo furono travolte da mari di luce.

La sua terra, dotata di competenza celeste,

ospitava un potere che non avea più bisogno

d'attraversare la chiusa barriera doganale della mente e la carne

per introdurre di frodo la divinità nell'umano.

Più non si ritirava essa davanti l'esigenza suprema

di un'infaticabile capacità di beatitudine,



(120) d'una potenza in grado d'esplorare il suo proprio infinito

e la bellezza, e la passione, e la risposta degli abissi,

né temeva il deliquio della lieta identità

in cui spirito e carne s'uniscono in un'estasi interiore

annullando il dissidio fra il sé e la forma.

Dalla visione e dal suono essa trasse un potere spirituale,

fece dei sensi una strada per raggiungere l'intangibile:

vibrò delle influenze superne

che costruiscon la sostanza della più profonda anima della vita.

La natura terrestre si sollevò, rinata, camerata del cielo.



(130) Degno compagno dei Re eterni,

reso eguale alle divinità dei soli viventi,

egli si uni ai radiosi svaghi dei Non-nati,

intese i sussurri del Giocatore mai visibile

e ne ascoltò la voce che ruba il cuore

e lo attira al seno del desiderio di Dio,

sentì il suo miele di felicità

scorrergli nelle vene come i fiumi del Paradiso,

e fece del corpo una coppa di nettare dell'Assoluto.

In momenti improvvisi di fiamma rivelatrice,

semisvelate in risposte appassionate egli affinse l'orlo d'estasi ignote; un

tocco supremo sorprese il suo cuore precipite, si ricordò della stretta del

Meraviglioso, e accenni di bianche beatitudini si riversarono. L'Eternità si

avvicinò sotto il travestimento dell'Amore e pose la sua mano sul corpo del

Tempo. Un dono modesto viene dalle Immensitudini,(III) ma smisurata e la gioia

che la vita ottiene; l'indicibile Aldilà vi si riflette tutto.



(150) Una goccia gigantesca della Beatitudine inconoscibile sommerse le sue

membra e attorno alla sua anima divenne un oceano infuocato di felicità; egli

affondò, annegato in vastità dolci e brucianti: la tremenda delizia capace di

distruggere la carne mortale, il rapimento che gli dei sostengono lui sopportò.

Il piacere immortale lo lavò nelle sue onde e mutò la sua forza in potere

imperituro. L'Immortalità catturò il Tempo e conquistò la Vita.


NOTE SPECIALI

I "i suoi passi": i passi della vita (di cui al v. 82). Alla vita si riferiscono anche tutti i precedenti aggettivi possessivi dal v. 83 ("i suoi aurei favi" ecc.).

II Si tratta della "natura guerriera" del re Aswapati.

III "Immensitudini": vd. nota I, 5, 215.


Fine del Canto Nono

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