Attorno a lui rifulgeva un gran Giorno felice. Lucentezza di qualche estatico
Infinito, esso conteneva nello splendore del suo riso dorato le regioni della
letizia del cuore liberato, inebriato dal vino di Dio, immerso nella luce,
perpetuamente divino. Favorito ed intimo degli Dei obbediente al divino comando
di gioire, era il sovrano della propria delizia
(10) e il signore dei regni della sua forza. Sicuro della beatitudine per cui
tutte le forme furon create, non toccato dalla paura, dal dolore e gli urti del
Destino, né allarmato dal soffio del Tempo fugace o assediato dalla circostanza
avversa, esso respirava nel benessere dolce d'una fiduciosa certezza, esente
dalla nostra fragilità corporea che invita la morte, lungi dalla nostra
pericolosa zona di Volontà incespicante. Non aveva bisogno di tenere a freno i
suoi battiti appassionati; vibrante del caldo abbraccio della soddisfazione dei
sensi
(20) e dell'impeto prodigioso e repentino, fiamma e grido della magnifica
galoppata rossa degl'impulsi vitali, viveva in un ritmo incomparabile
dell'ilarità di Dio e riposava sul seno dell'amore universale. Libero da
obblighi e impedimenti, lo Spirito della Gioia pasceva le sue luminose mandrie
solari e i suoi greggi di luna lungo il lirico corso di ruscelli sereni nella
fragranza di asfodeli non terrestri. Un silenzio di felicità avvolgeva i cieli,
una radiosità spensierata sorridea dalle altezze;
(30) un mormorio d'ebbrezza inarticolata tremava nei venti e sfiorava il suolo
incantato;
incessante nelle braccia dell'estasi,
ripetendo la sua involontaria nota soave,
un singulto di rapimento fluiva assieme alle ore.
Avanzando sotto un arco di gloria e di pace,
viaggiatore sopra l'altipiano e sulla cresta assorta,
come chi veda nello specchio del Mago cosmico
passare, rivelate per miracolo, immagini di fughe d'anima,
egli traversò le scene d'un gaudio immortale
(40) e guardò negli abissi di bellezza e beatitudine.
Attorno a lui era una luce di soli coscienti
e una meditabonda contentezza di grandi cose simboliche;
s'affollavano al suo incontro pianure di calma brillante,
montagne e vallate violette dei Beati,
profonde valli di gioia, cascate canore
e boschi di purpurea e trepida solitudine;
sotto di lui, come pensieri luccicanti di gemme, s'estendevan
le città dei re Gandharva, rapite nel sogno.
Attraverso le vibranti pieghe segrete dello Spazio
(50) s'infiltrava dolcemente in sordina una musica lieta,
suonato da mani invisibili, egli udiva, intimo al cuore,
passare il lamento dell'arpa dei menestrelli celesti,
e voci d'una soprannaturale melodia
cantavano la gloria dell'amore eterno
nell'aria del Paradiso, biancazzurra come il raggio di luna
Culmine e centro di tutto questo mondo meraviglioso,
s'ergevano in disparte gli alti monti elisî senza nome,
ardenti come tramonti in una trance serotina
Come verso qualche nuova profondità inesplorata,
(60) la loro base immergevasi in un silenzio pieno di gioia;
le loro pendici tuffavansi in un precipitarsi di risa e di voci,
solcate da innumeri rivi canori,
adoranti il cielo azzurro col loro inno felice,
fin nelle foreste d'ombre segrete:
levate in un vasto mistero senza voce,
le loro cime salivano verso una grandezza oltre la vita.
I fulgidi Eden degli dei vitali
lo accolsero nelle loro perenni armonie. Lì, eran perfette tutte le cose che
fioriscon nel Tempo;
(70) lì la bellezza era la matrice natale della creazione, la pace una purezza
vibrante e voluttuosa. Lì l'Amore realizzava i suoi sogni d'oro e di rosa e la
Forza le sue coronate e grandiose fantasticherie; il Desiderio saliva, rapida
fiamma onnipotente, e il Piacere aveva la statura degli dei; il Sogno camminava
lungo le grandi rotte delle stelle; le amabili cose ordinarie diventavan
miracoli: sorpreso dalla magia repentina dello spirito, colpito dall'alchimia
d'una passione divina,
(80) l'essere di dolore, costretto, si trasformava in una gioia potente guarendo
l'antitesi fra il cielo e l'inferno. Tutte le sublimi visioni della vita son lì
incarnate, conseguite le loro erranti speranze, i suoi aurei favi raggiunti
dalla lingua guizzante del mangiatore di miele, le sue congetture brucianti
mutate in verità estasiate, i suoi forti affanni placati in una calma imperitura
e liberati i suoi immensi desideri. In questo paradiso della perfezione del
cuore e dei sensi, nessuna nota inferiore poteva rompere l'incanto senza fine
(90) della sua dolcezza ardente e immacolata; i suoi passi cadono con sicura
intuizione.(I) Dopo l'angoscia della lunga lotta dell'anima, trovati erano
infine la quiete e il riposo celeste e, avviluppate in una magico flusso d'ore
prive di tristezza, guarite furon le membra ferite della sua natura
guerriera(II) nell'avvolgente abbraccio delle Energie che non tolleravano
macchia né avean paura della propria delizia. In scene interdette alle nostre
pallide sensazioni, in mezzo ad aromi portentosi e tinte-prodigio,
(100) egli incontrò le forme che divinizzano la visione, ascoltò la musica che
può rendere immortale la mente e il cuore vasto come l'infinito, e captò le
cadenze impercettibili
che risvegliano l'orecchio occulto:
dal silenzio ineffabile le udì arrivare
tremanti della beltà d'un discorso senza parole,
e di pensieri troppo grandi e profondi per trovare una voce,
pensieri il cui desiderio crea a nuovo l'universo.
Una gamma di sensazioni che saliva con piedi di fuoco
(110) fino a cime d'inimmaginata letizia,
rifuse l'aura del suo essere in un'incandescenza di gioia,
il suo corpo tralucette come una conchiglia eterea;
le sue porte sul mondo furono travolte da mari di luce.
La sua terra, dotata di competenza celeste,
ospitava un potere che non avea più bisogno
d'attraversare la chiusa barriera doganale della mente e la carne
per introdurre di frodo la divinità nell'umano.
Più non si ritirava essa davanti l'esigenza suprema
di un'infaticabile capacità di beatitudine,
(120) d'una potenza in grado d'esplorare il suo proprio infinito
e la bellezza, e la passione, e la risposta degli abissi,
né temeva il deliquio della lieta identità
in cui spirito e carne s'uniscono in un'estasi interiore
annullando il dissidio fra il sé e la forma.
Dalla visione e dal suono essa trasse un potere spirituale,
fece dei sensi una strada per raggiungere l'intangibile:
vibrò delle influenze superne
che costruiscon la sostanza della più profonda anima della vita.
La natura terrestre si sollevò, rinata, camerata del cielo.
(130) Degno compagno dei Re eterni,
reso eguale alle divinità dei soli viventi,
egli si uni ai radiosi svaghi dei Non-nati,
intese i sussurri del Giocatore mai visibile
e ne ascoltò la voce che ruba il cuore
e lo attira al seno del desiderio di Dio,
sentì il suo miele di felicità
scorrergli nelle vene come i fiumi del Paradiso,
e fece del corpo una coppa di nettare dell'Assoluto.
In momenti improvvisi di fiamma rivelatrice,
semisvelate in risposte appassionate egli affinse l'orlo d'estasi ignote; un
tocco supremo sorprese il suo cuore precipite, si ricordò della stretta del
Meraviglioso, e accenni di bianche beatitudini si riversarono. L'Eternità si
avvicinò sotto il travestimento dell'Amore e pose la sua mano sul corpo del
Tempo. Un dono modesto viene dalle Immensitudini,(III) ma smisurata e la gioia
che la vita ottiene; l'indicibile Aldilà vi si riflette tutto.
(150) Una goccia gigantesca della Beatitudine inconoscibile sommerse le sue
membra e attorno alla sua anima divenne un oceano infuocato di felicità; egli
affondò, annegato in vastità dolci e brucianti: la tremenda delizia capace di
distruggere la carne mortale, il rapimento che gli dei sostengono lui sopportò.
Il piacere immortale lo lavò nelle sue onde e mutò la sua forza in potere
imperituro. L'Immortalità catturò il Tempo e conquistò la Vita.
NOTE SPECIALI
I "i suoi passi": i passi della vita (di cui al v. 82). Alla vita si riferiscono anche tutti i precedenti aggettivi possessivi dal v. 83 ("i suoi aurei favi" ecc.).
II Si tratta della "natura guerriera" del re Aswapati.
III "Immensitudini": vd. nota I, 5, 215.
Fine del Canto Nono
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