Canto Undicesimo
I Regni e le Divinità della Grande Mente
Lì cessavano i limiti del Potere che con pena lavora.
Ma l'essere e la creazione non cessavan.
Ché il Pensiero trascende i cerchi della mente mortale,
è più grande del suo strumento terrestre:
la divinità stipata nello spazio ristretto della mente
sfugge da ogni lato in qualche vastezza
che è un passaggio verso l'intimità.
Si muove eterna nel campo dello spirito,
corridrice verso la lontana luce spirituale,
(10) figlia e serva della forza dello spirito.
Ma anche la mente ricade da un picco senza nome.
Il suo essere si estendeva oltre la visione del Pensiero.(I)
Perché lo spirito è eterno e increato,
e non dal pensiero nacque la sua grandezza,
non dal pensiero la sua conoscenza può venire.
Esso conosce se stesso ed in se stesso vive,
si muove dove non c'è pensiero e alcuna forma.
I suoi piedi son saldi sulle cose finite,
le sue ali possono osar traversare l'Infinito.
(20) Entrando nel suo dominio, uno spazio prodigio
di grandi e mirabili incontri chiamò i suoi passi,
dove il Pensiero appoggiavasi a una Visione oltre il pensiero
e plasmava un mondo servendosi dell'Impensabile.
Su cime ove l'immaginazione non può posarsi,
agli orizzonti d'una visione inesuribile,
sotto un velo azzurro d'eternità
apparvero gli splendori della Mente ideale
dispiegati oltre le frontiere del conosciuto.
Origine del poco che noi siamo,
(30) imbevuta del più senza fine che dobbiamo divenire,
sostegno di tutto ciò che la forza umana compie,
creatrice di speranze non realizzate dalla terra, essa si propaga al di là
dell'universo in espansione; vola oltre i confini del Sogno, sovrasta il culmine
del librarsi della vita. Desta in una sfera luminosa non trattenuta dal
Pensiero, esposta alle onniscienti immensità, sul nostro mondo proietta le sue
grandi influenze sovrane, la sua rapidità che supera la marcia lenta delle ore,
(40) la sua forza che invincibilmente percorre il Tempo, i suoi poteri che
colmano l'abisso fra l'uomo e Dio, le sue luci che combattono l'Ignoranza e la
Morte. Nel vasto suo ambito di Spazio ideale ove bellezza e potenza camminano
man nella mano, le verità dello Spirito prendon forma quali Dei viventi e
ciascuna può costruire un mondo suo proprio. In un aere che dubbio ed errore non
posson marchiare con le stigmate della loro deformità, in comunione con
l'intimità assorta
(50) d'una verità che vede in una luce ineffabile dove la visione non vacilla né
il pensiero vaneggia, esenti dall'esorbitante imposta di lacrime del nostro
mondo, le sue luminose creazioni contemplano sognanti le Idee che popolano
l'eternità. In un incendio solare di gioia e potere assoluto, troneggiano lassù
i Signori dell'Ideale in concili di serena felicità, in regioni d'illuminata
certezza. Lontani son quei reami dal nostro sforzo, dal nostro anelito e
appello,
(60) regno della perfezione e santuario consacrato chiusi ai pensieri incerti
della mente umana, lungi dalle orme confuse della vita mortale. Ma essendo il
nostro sé segreto un parente stretto, il soffio d'una natura divina irraggiunta
visita la terra imperfetta su cui peniamo; attraverso il riso dorato d'un etere
fulgente una luce tocca le nostre vite agitate e insoddisfatte,
un pensiero scende dai mondi ideali
e ci spinge a rimodellare anche qui
(70) qualche immagine della loro grandezza, del loro fascino
e portento ch'oltrepassan la vista della speranza mortale.
In mezzo alla pesante monotonia dei giorni
e contraddetta dalla legge umana,
una fede in cose che non sono e devono esserevive compagna del piacere e
'l dolore di questo mondo,
figlia del desiderio proibito dell'anima segreta,
nata dai suoi amori con l'eternità.
I nostri spiriti si liberano dai vincoli dell'ambiente;
il futuro avvicina il suo volto di miracolo,
(80) la sua natura divina ci guarda con gli occhi del presente;
gli atti creduti impossibili diventan naturali;
sentiamo l'immortalità dell'eroe;
il coraggio e la forza inattaccabili dalla morte
si risvegliano in membra che sono mortali, in cuori defettibili,
siamo mossi dall'impulso veloce d'una volontà
che disdegna il lento trascinarsi del tempo umano.
Queste ispirazioni non giungono da una sfera aliena:
noi stessi siam cittadini di questo Stato-madre,
avventurieri, abbiam colonizzato la notte della Materia.
(90) Ma ora sospesi sono i nostri diritti, vuoti i passaporti;
viviamo autoesiliati dalla nostra più celeste dimora.
Un raggio errante della Mente immortale
ha accettato la cecità della terra divenendo
il nostro umano pensiero, servo dell'Ignoranza.
Esule, operaio su questo globo insicuro,
catturato e azionato nel pugno nesciente della Vita,
intralciato dall'oscurità delle cellule e l'inganno dei nervi,
esso sogna di stati più felici e poteri più nobili,
privilegio naturale degli dei non caduti,
(100) rievocando ancora la sua antica sovranità perduta.
Fra la bruma, la nebbia, il fango e le pietre della terra
ricorda ancora la sua elevata sfera
e l'alta città della sua splendida nascita.
Furtiva giunge una memoria da perduti cieli di Verità, una vasta liberazione
s'avvicina, una Gloria chiama, una potenza si affaccia, una straniata felicità.
Su passaggi incantevoli di luce semivelata errando, ombra brillante di se
stesso, questa guida pronta e malsicura di dei ciechi,
(110) questo sorvegliante di piccole lampade, questo ministro schiavo assunto da
una mente ed un corpo per un impiego terrestre dimentica di lavorare in mezzo a
realtà grossolane; riacquista il suo potere imperiale abdicato, ancora una volta
indossa la sua veste di pensiero purpurea e si riconosce come il veggente e il
re dell'Ideale, trasmettitore e profeta del Non-nato, erede della gioia e
l'immortalità. Reali son tutte le cose che qui non sono che sogni, nelle nostre
profondità sconosciute dorme la loro riserva di verità,
(120) sulle nostre altezze inattinte esse regnano, e vengono a noi nel pensiero e
l'ispirazione trascinando i loro abiti di luce. Ma la nostra volontà nana e il
nostro freddo senso pratico non fanno entrare i visitatori celesti: aspettandoci
sui picchi dell'Ideale o custoditi invisibili nel nastro sé segreto, eppure a
volte folgoranti attraverso l'anima ridesta, celansi alle nostre vite la loro
grandezza, la loro bellezza e potere. Il nostro presente ne percepisce talvolta
il tocco regale, il nostro futuro si protende verso i loro troni luminosi:
(130) il loro sguardo contempla dal segreto spirituale, passi immortali risuonano
nei corridoi della mente: le anime nostre possono elevarsi fino ai piani
splendenti, le ampiezze da cui vennero possono essere la nostra dimora.
Recuperato il privilegio della visione senz'ombra, il Pensatore entrò nell'aere
degli immortali e bevve di nuovo alla sua fonte pura e possente. Immutabili in
una calma e una gioia armoniose, egli vide, sovranamente liberi in una luce
sconfinata, i piani non caduti, i mondi creati dal pensiero
(140) dove la Conoscenza è la guida dell'atto
e la Materia è fatta di sostanza pensante,
e il sentimento, uccello celeste librato su ali di sogno,
risponde al richiamo della Verità come alla voce d'una madre,
dove la forma, luminosa, erompe dal raggio onniplasmante
e la Volontà è un cosciente carro degli Dei,
e la Vita, magnifico fiume di Forza meditabonda,
trasporta le voci dei Soli mistici.
Essa porta una felicità di verità sussurrata;
nel suo flusso, dolcezza di miele in seno allo Spazio, corre
(150) un riso del cuore immortale di Beatitudine,
e la Gioia insondabile del senza-tempo,
il suono del mormorio della Saggezza nell'Ignoto
e il respiro di un'invisibile Infinità.
In chiarità lucenti di un'aria d'ametista,
lo Spirito della Mente, privo di catene e onnipotente,
sovrastava il loto azzurro dell'Idea.
Il sole d'oro superno d'una Verità intemporale
riversava il mistero del Raggio eterno
attraverso un silenzio fremente della parola di Luce
(160) su un oceano infinito di scoperta.
Lontano, egli vide gli emisferi che si univano.
Sull'ascendente estremità di trance della meditazione,
grandi scale di pensiero salivano ad altezze non-nate
dove le ultime creste del Tempo toccano i cieli dell'eternità
e la Natura parla all'assoluto dello spirito.
Veniva dapprima un triplice regno di pensiero ordinato,
piccolo inizio di un'ascesa immensa:
al di sopra, erano i luminosi cieli eterei della mente,
volo serrato e senza fine come se il cielo premesse sul cielo
(170) rampando contro il Vuoto su un bastione di luce;
il più alto si sforzava di confinare con l'eternità,
il più vasto si allargava nell'infinito.
Ma sebbene immortali, possenti e divini,
i primi regni eran vicini e affini alla mente umana;
le loro deità tracciano le strade del nostro pensiero superiore, possiamo far
nostro un frammento della loro potenza: queste ampiezze non eran troppo vaste
per il percorso delle nostre anime, né le loro altezze troppo alte per l'umana
speranza. Un triplice volo portava a questo triplice mondo.
(180) Benché abrupta a scalare per le forze ordinarie, la sua parete montante
domina il nostro equilibrio terrestre: su un declivio non troppo ripidamente
scosceso si potea far marcia indietro seguendo profonde linee discendenti per
mettersi in comunione con l'universo dei mortali. I potenti guardiani della
scala ascendente che intercedono presso il Verbo onnicreatore, attendevan lì
l'anima pellegrina in viaggio verso il cielo; detenendo le mille chiavi
dell'Aldilà, offrivano la loro conoscenza alla mente che saliva
(190) e riempivan la vita con le immensità del pensiero. Ierofanti profetici
della Legge occulta,
gerarchi luminosi della fiamma della Verità divina,
interpreti fra la mente dell'uomo e quella di Dio,
essi apportano il fuoco immortale ai mortali.
Iridescenti, incarnanti l'invisibile,
i custodi dei gradi lucenti dell'Eterno
stavan di fronte al Sole in falangi radiose.
Da lontano, parevano immagini simboliche,
gl'illuminati originali dell'oscuro manoscritto
(200) in cui la nostra visione trascrive il Raggio ideale,
od icone raffiguranti una Verità mistica,
ma, più da presso, Dei e Presenze viventi.
Un motivo di fregi marcava i gradini inferiori;
fantasticamente ornati e d'una preziosa piccolezza,
potevan contenere l'intero significato d'un mondo,
minuscoli simboli della gioia della sua perfezione,
strane bestie ch'eran forze della Natura dotate di vita,
e, risvegliato al prodigio del suo ruolo,
l'uomo divenuto un'immagine non sfigurata di Dio
(210) e gli oggetti la fine moneta del regno della Bellezza;
ma vasti erano i terreni su cui quei livelli si aprivano.
Lì, alla testa dell'ascendente epifania,
godendo del Tempo universale, favoriti dell'universale Beatitudine,
stavano i Padroni dell'esistente, signori delle ore,
compagni di gioco della giovanile Natura e di Dio fanciullo,
creatori della Materia per la pressione nascosta della Mente
i cui pensieri sottili sostengono la Vita incosciente
e guidan la fantasia degli eventi bruti,
razza di giovani dei dall'acuta visione,
(220) re bambini nati sul piano originale della Saggezza,
istruiti nel mistico gioco della sua scuola: creare un mondo.
Capomastri del Taumaturgo eterno,
plasmatori e misuratori dello Spazio frammentato,
essi han fatto del loro piano del celato e del conosciuto
un'abitazione pa il sovrano invisibile.
Obbedendo al profondo comando dell'Eterno,
han costruito sul fronte materiale delle cose
questo vasto giardino d'infanzia per giovani anime ch'è il mondo,
dove lo spirito infante, attraverso la mente ed i sensi, impara
(230) a leggere le lettere dello scritto cosmico,
a studiare il corpo del sé cosmico
e a cercare il senso segreto del tutto.
A quanto lo Spirito concepisce essi danno una forma;
persuadendo la Natura ad entrare in stati visibili,
prestano un contorno finito alle cose infinite.
Ogni potere che erompe dall'Immanifesto
abbandonando l'ampiezza della pace dell'Eterno
essi afferravano, per valutarlo col loro occhio formalista
e farne una comparsa nella danza cosmica.
(240) Ne legavano il libero capriccio a leggi ritmiche
costringendolo ad accettare la sua posizione e la sua linea
nella stregoneria d'un universo ordinato.
L'Onnicontenente fu contenuto nella forma,
l'Unità fu smembrata in unità misurabili,
il senza-limite incastrato in una somma cosmica:
lo Spazio senza fine fu inchiodato in una curva,
il Tempo indivisibile tagliato in piccoli minuti, l'infinitesimale ammassato per
tenere al sicuro il mistero del Senza-forma gettato nella forma.
(250) Invincibilmente l'arte loro adattava all'uso la magia della sequenza
numerica e il fascino del segno, la miracolosa potenza del disegno fu colta
carica di bellezza e di senso e per il mandato determinante del loro sguardo la
forma e la qualità, eguagliandosi, si unirono in un'unità inestricabile. Su
ciascun evento impressero le sue curve di legge e il suo credito e la sua spesa
di circostanza ipotecata; non più incidente libero e divino
(260) voluto a ogni momento, o avventura dell'anima, esso prolungava una catena
misteriosa vincolata al destino, una linea prevista d'un piano immutabile, un
passo in più nella lunga marcia della Necessità. Un termine fu posto a ogni
Potere impaziente frenandone la volontà di monopolizzare il mondo, un solco di
bronzo fu prescritto per la forza e l'atto e a ciascun momento mostrato il posto
assegnatogli, inalterabilmente voluto in precedenza nell'immensa volta a spirale
del Tempo in fuga dall'eternità.
(270) Ineluttabili i loro pensieri come anelli del Fato imposero allo slancio e
alla corsa folgorante della mente, al fragile e fortuito flusso della vita e
alla libertà delle cose atomiche causa immutabile e conseguenza adamantina.
L'idea abbandonò la plastica infinità di cui era figlia tracciando ora al suo
posto i piccoli passi separati d'un lavoro a catena su un pezzetto di terra: una
volta immortale, vincolata adesso a nascita e fine, strappata all'immediatezza
della sua visione senz'errore,
(280) la conoscenza fu ricostruita partendo da elementi d'inferenza in un corpo
fisso, flaccido e perituro; così legata cresceva, ma non poteva durare e si
spezzava
lasciando il posto a un nuovo corpo di pensiero.
Una gabbia per i Pensieri serafici, dai grandi occhi, dell'Infinito
fu chiusa dalle sbarre incrociate di leggi cosmiche,
e recinta dall'arco d'un breve orizzonte
la visione iridata dell'Ineffabile.
Uno Spirito intemporale fu reso lo schiavo delle ore;
l'Illimitato fu gettato nella prigione d'una nascita
(290) per fare un mondo che la Mente potesse comprendere e governare.
Su una terra che guardava verso mille soli,
perché il creato possa divenire signore della Natura
e le profondità della Materia essere illuminate da un'anima,
essi vincolarono alla data, alla norma e a una prospettiva finita
l'incalcolabile mistero del movimento dell'Uno.
Al di sopra, schierata, era una razza sottile d'arcangeli
dalle più vaste palpebre e i cui sguardi scrutavan l'invisibile.
Una luce di conoscenza liberatrice brillava
negli abissi di silenzio dei loro occhi;
(300) essi vivevan nella mente e conoscevan la verità dal di dentro;
una vista ritirata nella concentrazione del cuore
poteva trapassare lo schermo dei risultati del Tempo
e lo stampo e la forma rigidi delle cose visibili.
Tutto ciò che sfuggiva al laccio stretto della concezione
era scorto e afferrato dalla visione; i loro pensieri veggenti
riempivano i vuoti lasciati dai sensi in cerca.
Sommi architetti della possibilità
e ingegneri dell'impossibile,
matematici delle infinitudini
(310) e teorici di verità inconoscibili,
essi formulano i postulati dell'enigma
e uniscono i mondi ignoti agli apparenti.
Come degli accoliti, attendono alla Potenza intemporale,
ne studiano il ciclo delle opere;
oltrepassando la sua barriera di muta intimità,
la loro mente poteva penetrarne la mente occulta
e tracciare il diagramma dei suoi pensieri segreti;
decifrarono i codici e i segni ch'essa avea sigillato,
fecero copie di tutti i piani che custodiva,
(320) e ad ogni svolta del suo corso misterioso assegnarono una ragione e una
regola immutabile. L'invisibile divenne visibile agli occhi indagatori, spiegato
fu lo schema dell'immenso Incosciente, linee audaci vennero tracciate nel Vuoto;
l'Infinito fu ridotto al quadrato ed al cubo. Sistemando il simbolo e il
significato, descrivendo la curva d'un Potere trascendente, essi costruirono la
cabala della Legge cosmica, scoprirono la linea d'equilibrio della tecnica della
Vita
(330) e strutturarono la sua magia e il suo mistero. Imponendo schemi di
conoscenza al Vasto bloccarono ai sillogismi del pensiero finito la libera
logica d'una Coscienza infinita, dei ritmi celati della danza della Natura
stabiliron la grammatica, criticarono l'intrigo del dramma dei mondi, fecero
della cifra e del numero la chiave di tutto ciò che esiste: la psicoanalisi del
sé cosmico venne eseguita, forzati i suoi segreti, e interpretata la patologia
sconosciuta dell'Unico.
(340) Messo a punto fu il sistema del probabile, il caso delle possibilità
fuggevoli, per spiegare l'inspiegabile somma dell'Esistente, redatte le tavole
logaritmiche della Necessità, gettato nello stampo d'uno schema l'atto triplice
dell'Uno. Svelata, l'abrupta moltitudine invisibile di forze vorticose uscite
dalle mani del Caso sembra obbedire a qualche vasto imperativo: i loro
aggrovigliati motivi elaborarono l'unità. Una saggezza indovinò il loro intento
ad esse stesse ignoto,
(350) conficca in una formula la loro anarchia, e a partire dalla loro gigantesca
deriva di Forza, seguendo l'abitudine dei loro milioni di cammini, distinguendo
la minima linea, il minimo tratto d'un disegno nascosto e inalterabile,
dal caos degli umori dell'Invisibile dedusse il calcolo infinitesimale del
Destino. Nel suo vivo orgoglio di universale sapere, la conoscenza della Mente
si sovrappose al potere dell'Onnisciente:
le potenze dell'Eterno, dal volo d'aquila,
(360) sorprese nel loro empireo inviolato, piombaron giù dalle loro spirali al
cenno del Pensiero: ciascun Dio di mistero, spinto di forza verso la forma
rivelatrice,
vedendosi assegnare mosse precise nel gioco della Natura,
zigzaga al gesto d'una Volontà giocatrice di scacchi
attraverso la scacchiera del Fato cosmico.
Nell'ampia sequenza dei passi della Necessità
preannunziato, ogni atto e pensiero di Dio,
soppesati i suoi valori dalla Mente contabile,
sotto il controllo della sua matematicizzata onnipotenza
(370) perse il suo aspetto divino di miracolo
e diventa una cifra d'una somma cosmica.
I capricci della Madre possente, i suoi umori improvvisi,
sorti dalla sua delizia onnisapiente e senza regole
nella libertà del suo seno di dolcezza e passione,
spogliati del loro prodigio, furono incatenati a una causa e a uno scopo;
un idolo di bronzo sostituì la sua forma mistica
che cattura i movimenti delle vastità cosmiche,
nello schizzo preciso d'un volto ideale
fu obliata l'impronta di sogno delle sue ciglia
(380) dalla curva piena di sogni d'infinito,
perduta la meraviglia incantevole dei suoi occhi;
la piena palpitante del suo vasto cuore oceanico
sottomisero a un teorema di battiti ordinati:
i suoi profondi disegni, ch'ella aveva velato al proprio sguardo,
chinarono il capo, rivelati a se stessi, nel loro confessionale.
Per la nascita e la morte dei mondi fissarono una data,
ricavato fu il diametro dell'infinito,
misurato l'arco lontano delle altezze impercettibili,
visualizzati gli abissi insondabili e invisibili,
(390) finché sembra conosciuto tutto ciò che potrebbe esistere sempre.
Tutto fu costretto a un numero, a un nome e a una forma; nulla fu lasciato
inespresso, incalcolabile. Eppure la loro sapienza era cinta di niente: potevano
trovare e detenere verità, ma non la Verità una: il Supremo era per essi
inconoscibile. Sapendo troppo, perdevano la totalità da conoscere: il cuore
insondabile del mondo restava insospettato e il Trascendente manteneva il suo
segreto.
In un involo più sublime e più audace
(400) verso l'ampia cima della triplice scala, gradini nudi montavano come rocce
d'oro ardenti bruciando le tappe verso un cielo puro e assoluto. Augusti e poco
numerosi, i Re sovrani del Pensiero han fatto dello Spazio il loro vasto sguardo
onniveggente che esamina l'enorme lavoro del Tempo: l'ampiezza d'una Coscienza
che tutto contiene sosteneva l'Essere in un immobile abbraccio. Intercessori
presso un luminoso Invisibile, essi captano nel lungo passaggio verso il mondo
(410) gli imperativi del Sé creatore cui obbedisce ignara la terra e, cosciente,
il cielo; i loro pensieri partecipano al suo vasto controllo. È lì una grande
Coscienza che tutto governa e la Mente, inconsapevole, serve un Potere più alto;
essa è un canale, non la fonte di tutto. Il cosmo non è un accidente nel Tempo;
c'è un senso in ciascun gioco del Caso, c'è una libertà in ciascun volto del
Destino. Una Saggezza conosce e guida il mondo fatto di mistero;
(420) un occhio attento di Verità ne modella gli esseri e gli eventi; una Parola
autogenerata sulle vette della creazione, voce dell'Eterno nelle sfere
temporali, profetessa delle visioni dell'Assoluto, semina il significato
dell'Idea nella Forma e da quel seme sorgon le crescite del Tempo. Su picchi
oltre il nostro orizzonte sta l'Onnisaggezza:
un unico, infallibile sguardo si abbassa,
un tocco silente venuto dall'aere superno
risveglia alla conoscenza ignorante, nei suoi atti,
(430) il potere segreto che è negli abissi incoscienti,
costringendo la Divinità accecata ad emergere,
determinando la nuda danza della Necessità
quand'essa attraverso il circuito delle ore passa
e si dilegua agli occhi finiti che l'inseguono,-
discendendo le prospettive roteanti del Tempo eonico.
Le forze inafferrabili del vortice cosmico
portano nelle loro membra di baccanti la fissità
d'una previsione originale che è il Fato.
Anche l'ignoranza della Natura è strumento della Verità;
(440) il nostro ego in lotta non può mutarne il corso:
eppure è un potere cosciente a muoversi in noi,
un'idea-semenza è madre dei nostri atti
e il destino il figlio non riconosciuto della Volontà.
Infallibilmente, sotto lo sguardo dirigente della Verità,
tutte le creature quaggiù rivelano il loro sé segreto,
costrette a divenire quello che celavano in se stesse.
Perché Colui che È diventa manifesto lungo gli anni
e la lenta Divinità rinchiusa nella cellula
sale dal protoplasma all'immortalità.
(450) Ma nascosta, negata alla presa dei mortali,
mistica, ineffabile è la verità dello spirito,
inespressa còlta solo dall'occhio dello spirito.
Una volta spoglio dell'ego e della mente, esso ode la Voce;
guarda attraverso la luce a una luce sempre più grande
e vede l'Eternità che abbraccia la Vita.
Tale più grande Verità è estranea ai nostri pensieri;
dove opera una libera Saggezza, essi cercano una regola;
o non vediamo che un gioco incespicante del Caso
o un lavoro in catene imposto dalla legge della Natura soggetta,
(460) l'assolutismo d'un Potere muto e sbadato.
Audaci nel loro sentimento d'una forza nata da Dio,
questi osavano afferrare col loro pensiero l'assoluto della Verità;(II)
con l'astratta purezza d'una visione senza dei, con una percezione nuda,
refrattaria alle forme, apportavano alla Mente ciò che la Mente mai avrebbe
raggiunto e speravano di conquistare la superna base del Vero. L'imperativo
disadorno di un'espressione concettuale architettonica e ineluttabile traduceva
l'impensabile in pensiero:
(470) il fuoco dall'ali d'argento di sensi sottili messi a nudo, un udito mentale
ritirato dalle rime dell'esteriore scoprivano i suoni-semenza della Parola
eterna, ascoltavano il ritmo e la musica che costruiscono i mondi, e nelle cose
captavan la Volontà incorporea d'esistere. Essi misuraron l'Illimitabile coi
metri del numero e stilarono la formula ultima delle cose limitate, in
trasparenti sistemi incorporarono verità senza fine, resero il Senza-tempo
renditore di conti al Tempo e valutarono l'incommensurabile Supremo.
(480) Per trasformare in un parco recinto le infinità inafferrabili eressero veri
e propri muri di pensiero e parole e fecero il vuoto per contenere l'Uno. Nella
loro visione muovevano verso un picco deserto, un grande spazio d'aria fredda e
soleggiata. Per unificare il loro compito, escludendo la vita che non può
sopportare la nudità del Vasto, ridussero a zero una moltitudine, nella
negazione trovarono il senso del Tutto e nel nulla il positivo assoluto.
(490) Un'unica legge semplificò il tema cosmico, comprimendo la Natura in una
formula; il loro lavoro titanico rese tutto il sapere uno, delle vie dello
Spirito fece un'algebra mentale, della Divinità vivente una rappresentazione
astratta. Qui si arrestò la saggezza della mente; si sentiva completa; ché più
niente restava da pensare o sapere: essa troneggiava in uno zero spirituale
scambiandone il vasto silenzio per l'Ineffabile.
Tale era il gioco dei fulgidi dèi del Pensiero.
(500) Attirando nel tempo la Luce intemporale,
catturando l'eternità nelle ore,
han progettato questo: intrappolare i piedi della Verità
in un'aurea rete di concetti e modi d'espressione
e tenerla prigioniera per la gioia del pensatore
nel suo piccolo mondo fatto di sogni immortali:
li dimorare deve, murata nella mente umana,
imperatrice carcerata nella casa di chi le è soggetto,
adorata, pura ed immobile sul trono del suo cuore,
sua proprietà splendida, prediletta e segregata
(510) dietro il muro di silenzio del suo sogno segreto,
immacolata nella Sua bianca verginità, (III)
eternamente la stessa, eternamente unica,
per sempre la sua venerata, immutabile Dea.
Oppur, fedele sposa della sua mente
che approva la sua natura e il suo volere,
ella ne sanziona ed ispira le parole e gli atti
prolungando la loro risonanza lungo gli anni in ascolto,
compagna e archivista della sua marcia
attraverso una brillante regione di pensiero e di vita
(520) scolpiti nella perennità del Tempo.
Grazie a lei, testimone della sua alta stella trionfante,
lei sua deità al servizio di un'Idea coronata,
egli dominerà un mondo prostrato;
garante dei suoi atti e dei suoi credi,
ella attesta il suo diritto divino al comando e alla guida.
O come un amante stringe la sua unica amata,
divinità del fervore e desiderio della sua vita,
icona dell'esclusiva idolatria del suo cuore,
ella ora è sua e sol per lui deve vivere:
(530) lo ha invaso della Sua improvvisa felicità,
meraviglia inesauribile nel suo abbraccio gioioso,
seduzione, affascinante miracolo afferrato.
Lui la rivendica adesso dopo una lunga caccia rapita,
l'unica letizia del suo corpo e della sua anima:
irresistibile è il Suo divino richiamo, la Sua immensa possessione un fremito
eterno, un'ebbrezza ed un'estasi: la passione degli umori in cui lei si rivela,
gloria e varietà celestiali,
(540) ne rende il corpo sempre nuovo ai suoi occhi, o ripete il contatto del
primo incantesimo, il luminoso rapimento dei Suoi mistici seni e il vibrante
splendore delle membra, terra vivente di palpitante riscoperta senza fine. Un
ricominciamento fiorisce in parole e riso, un nuovo incanto riporta l'antica,
estrema delizia: egli è perduto in lei, lei è quaggiù il suo cielo. La Verità
sorrideva alla grazia del gioco felice. Sporgendosi dai Suoi taciti spazi
eterni,
(550) la grande Dea senza limiti fingeva di concedere la dolce solarità dei Suoi
segreti. Incarnando la propria bellezza nella stretta di lui, offriva per un
breve bacio le Sue labbra immortali e attirava al Suo seno la testa glorificata
d'un mortale: rendeva la terra Sua dimora, lei per cui troppo piccolo era il
cielo. In un petto umano viveva la Sua occulta presenza; egli ne scolpiva il
ritratto a immagine del proprio sé: lei modellava il proprio corpo all'abbraccio
d'una mente. Ella è entrata nei limiti ristretti del pensiero;
(560) ha sopportato che la propria grandezza sia compressa nell'esigua cabina
dell'Idea, la stanza chiusa della comprensione d'un pensatore solingo: ha
abbassato le proprie altezze alla statura delle anime nostre e ci ha abbagliato
le palpebre col Suo sguardo celeste. Così ciascuno è pago del guadagno sublime e
si crede beato oltre l'umano, re della verità sul suo trono separato. Al Suo
possessore nel campo del Tempo un solo splendore preso alla Sua gloria sembra
(570) l'unica vera luce, tutto il fulgore della Sua bellezza.
Ma né il pensiero né la parola possono afferrare l'eterna Verità:
il mondo intero vive in un raggio solitario del Suo sole.
Nella stretta, angusta casa del nostro pensiero, a lume di lanterna,
la vanità della nostra mente umana rinchiusa
sogna che le catene del pensiero l'han resa nostra;
ma non facciam che giocare coi nostri stessi arnesi luccicanti;
assoggettandola, siamo noi a legarci.
Ipnotizzati da un solo punto luminoso
non ci accorgiamo di quanto la vediamo ridotta;
(580) non sentiamo la Sua ispirante intensità,
non condividiamo la Sua immortale libertà.
È così anche col veggente ed il saggio;
perché l'umano ancora limita il divino:
dobbiamo lanciarci oltre i nostri pensieri, verso la visione,
respirare il Suo aere divino sconfinato,
riconoscere la Sua semplice e vasta supremazia,
osare abbandonarci al Suo assoluto.
Allora il Non-manifesto riflette la propria forma
nella mente immobile come in uno specchio vivente;
(590) il raggio immemoriale discende nei nostri cuori
e siamo rapiti nell'eternità.
La Verità è più ampia, più grande delle Sue forme.
Han fatto di lei un migliaio d'icone
e la trovan nell'idolo che adorano;
ma lei resta se stessa ed infinita.
Fine del Canto Undicesimo
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