Canto Tredicesimo
Nel Sé della Mente
Venne alla fine un cielo spoglio e indifferente dove il Silenzio era in ascolto
della Voce cosmica, senza risponder nulla agl'innumeri richiami. La domanda
incessante dell'anima non incontrava risposta Una brusca conclusione
interrompeva le ansiose speranze, sospensione profonda in una calma possente,
linea finale sulla pagina ultima del pensiero, margine e vuoto d'una pace senza
parole. Lì si arrestava la gerarchia ascendente dei mondi.
(10) Egli si teneva su un'ampia curva di Spazio culminante,(I) solo con un enorme
Sé della Mente che conteneva tutta la vita in un angolo delle sue vastità.
Onnipotente, immobile e distante, questo non prendeva parte al mondo che da esso
nasceva: non prestava attenzione ai peana di vittoria, indifferente era alle
proprie sconfitte, udiva il pianto del dolore e restava impassibile; il suo
sguardo s'abbassava imparziale sul male e sul bene, vedeva la distruzione venire
e non si turbava.
(20) Causa eguale delle cose, solitario Veggente e Padrone della sua moltitudine
di forme, esso non agiva, ma portava tutti i pensieri e le azioni, Signore-
testimone della miriade di atti della Natura ai movimenti della cui Forza
acconsente. La sua mente rifletteva tale vasto stato di quiete. Questo silenzio
testimone è la base segreta del Pensatore: celata in tacite profondità si forma
la parola, da silenzi nascosti nasce l'atto nella mente sonora, nel mondo in
travaglio; il seme gettato dall'Eterno è avvolto di segreto dal Silenzio, luogo
natale mistico dell'anima.
Nella calma suprema, ritirata ed eterna di Dio, s'incontrarono un Sé visionario
e un'Energia possente; il Silenzio conobbe se stesso e prese forma il Pensiero:
creatasi dal potere duale, si levò la creazione. Egli viveva nell'immobile sé, e
questo in lui; i suoi abissi muti e immemoriali in ascolto, la sua vastità e la
sua quiete gli appartenevano; formando con esso un solo essere, egli divenne
vasto, potente e libero.
(40) In disparte, privo di legami, mirava tutte le cose compiute. Come chi
costruisca scene da lui immaginate senza perdersi in quello che vede, spettatore
d'un dramma da lui stesso concepito, egli guardava il mondo e ne osservava i
pensieri motori dagli occhi carichi di profezia luminosa, le forze dai piedi di
vento e di fuoco sorte dalla mutezza della propria anima Gli sembrava ora di
comprendere e conoscere tutto; non c'era né desiderio né alcuno sprazzo di
volontà,
(50) la grande indagatrice agitata era senza lavoro;* niente era più domandato né
voluto. Lì, conquistato il Sé, il Silenzio, egli poteva fermarsi: la sua anima
aveva la pace, conosceva la cosmica Totalità All'improvviso, un dito luminoso
cadde allora su tutto ciò ch'era visibile, palpabile, udibile o sensibile e
mostrò alla sua mente che nulla poteva esser conosciuto; doveva essere attinto
quello da cui viene ogni conoscenza Lo scettico Raggio disgregò tutto quel che
appariva e colpi le radici stesse del pensiero e dei sensi.
(60) In un universo di Nescienza son cresciute, aspirando verso un Sole
sovracosciente, giocando nel bel tempo e le intemperie di cieli più celesti
ch'esse mai possono raggiungere, per quanto alto il loro orizzonte, né
traversare, per quanto penetrante la loro sonda. Un dubbio corrose persino i
mezzi per pensare, fu gettato il sospetto sugli strumenti della Mente; tutto ciò
ch'essa prende per moneta sonante del reale,
per fatto certo, inferenza costante, deduzione chiara, teoria stabilita,
significato sicuro,
(70) apparve come una frode sulla banca di credito del Tempo o un bene senza
valore nella tesoreria della Verità. Un'Ignoranza su un trono scomodo travestiva
di fortuita sovranità un sembiante di conoscenza abbigliato di dubbie parole e
un ciarpame di forme di pensiero brillantemente inadeguate. Operaia delle
tenebre abbagliata dalla penombra, quel che conosceva era un'immagine in uno
specchio rotto, quel che vedeva era reale, ma errata la sua visione. Tutte le
idee del suo vasto repertorio
(80) sembravano i brontolii d'una nube passeggera che si esauriva nel suono e non
lasciava traccia. Fragile dimora sospesa nell'aria incerta, la trama sottile,
ingegnosa attorno a cui si muove, distesa per un poco sull'albero dell'universo,
e poi di nuovo ripiegata in se stessa, non era che una trappola per acchiappare
il cibo-insetto della vita, pensieri alati che deboli palpitano nella breve
luce, morti una volta catturati nella fissità delle forme mentali, scopi
minuscoli che giganteggiano alla piccola scala dell'uomo,
(90) guizzi dei vapori lucenti dell'immaginazione e, avviluppati di ragnatele,
credi ormai senza vita. La magica capanna di accumulate certezze fatta di
luccicante polvere e luminoso chiaro di luna, ov'essa custodisce gelosa la sua
immagine del Reale, crollo nella Nescienza da cui era sorta. Non c'era che un
barlume di fatti simbolici che coprono il mistero celato nel loro bagliore, e
falsità basate su realtà nascoste da cui traggon vita finché non cadon dal
Tempo.
(100) La nostra mente è una casa infestata dal passato ucciso, idee presto
mummificate, fantasmi di antiche verità, spontaneità di Dio legate da cordoni
ufficiali e stipate nei cassetti dell'ordinata scrivania della ragione,
una tomba di grandi occasioni perdute,
o un ufficio addetto al misuso dell'anima e della vita
e a tutto lo spreco che l'uomo fa dei doni del cielo
e a tutte le sue dissipazioni delle riserve della Natura,
un palcoscenico per la commedia dell'Ignoranza.
Il mondo parve un teatro d'una lunga, eterna sconfitta:
(110) tutto divenne sterile, non restò alcuna base sicura.
Assalita dall'acutezza del raggio accusatore,
la Ragione costruttrice perse la sua fiducia
nelle riuscite piroette del pensiero
che rendon l'anima prigioniera d'una formula.
Il massimo della sua saggezza era una splendida congettura,
la sua grande scienza strutturata dei mondi
una luce effimera sulle superfici dell'essere.
Non c'era altro che uno schema tracciato dai sensi,
un sostituto dei misteri eterni,
(120) scarabocchio della realtà, un progetto
e una pianta dalla Parola-architetto
imposti alle apparenze del Tempo.
Il sé dell'esistenza fu adombrato da un dubbio;
sembrava quasi una foglia di loto alla deriva
su un nudo stagno del cosmico Nulla.
Questa grande spettatrice e creatrice, la Mente,
era soltanto una delegata d'una visione a metà,
un velo sospeso fra l'anima e la Luce,
un idolo, non il corpo vivente di Dio.
(130) Anche lo spirito silente che guarda i suoi lavori
non era che una pallida facciata dell'Inconoscibile;
un'ombra sembrava il vasto Sé testimone,
la sua liberazione e la sua calma immota
un vuoto indietreggiamento dell'essere dalle cose create dal Tempo,
non la visione che l'Eternità ha di sé.
C'era una pace profonda, ma non la Forza indicibile:
non c'era la nostra Madre dolce e potente
che serra al seno le vite dei Suoi figli,
la Sua stretta che prende il mondo dentro le Sue braccia
(140) nell'insondabile rapimento dell'Ignoto, la Beatitudine che è la trama
stupenda della creazione, o la bianca passione dell'estasi di Dio che ride nella
fiamma del cuore illimitato dell'Amore. Uno Spirito più grande del Sé della
Mente doveva rispondere all'interrogativo della sua anima. Ché qui non c'era un
valido indizio, una strada sicura; i sentieri che montavano in alto finivan
nell'ignoto; una Visione d'artista costruiva l'Aldilà con motivi contrari e
tinte discordanti;
(150) un'esperienza parziale frammentava l'Intero. Egli guardò al di sopra, ma
tutto era vuoto ed immobile: un firmamento color zaffiro di Pensiero astratto
fuggiva in una Vacuità senza forma. Guardò al di sotto, ma tutto era buio e
muto. In mezzo, si udiva un rumore di pensiero e preghiera, una lotta, un
travaglio senza fine né tregua; una vana e ignorante ricerca alzava la voce. Un
brusio, un movimento e un appello, una massa schiumosa, un grido innumerevole
(160) rombava senza tregua col flutto oceanico della Vita lungo le coste
dell'umana Ignoranza. Sul suo petto instabile ed immenso, esseri e forze, forme,
idee com'onde s'affollavan per apparire e dominare, e si sollevavano e
ricadevano per risollevarsi nel Tempo; e nel fondo del rimestamento febbrile,
quale Nulla padre dei mondi in conflitto, immane Morte creatrice, Vuoto mistico
che in eterno sostiene il grido irrazionale
(170) e eternamente esclude la Parola superna, immota, rifiutando domanda e
risposta, riposava al di sotto delle voci e la marcia l'incertezza muta
dell'oscuro Incosciente. Due firmamenti, di tenebra e di luce, opponevano i loro
limiti al cammino dello spirito;
questo, dissimulato da veli all'infinità del Sé, entrava in un mondo d'esseri e
di eventi transitorî ove tutti dovevano morire per vivere e vivere per morire.
Immortale per rinnovellata mortalità,
(180) errava nella spirale dei suoi atti o girava attorno ai cicli del suo
pensiero, ma non era altri che il suo sé originale, né sapeva di più che al suo
primo inizio. Esistere era una prigione, l'evasione era estinguersi.
NOTE SPECIALI
I In questo Canto, i seguenti passaggi si riferiscono al re Aswapati: vv. 10-11, 25, 36-56. 145,151 e 153.
II "la grande indagatrice": la Mente.
Fine del Canto Tredicesimo
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