Ana səhifə

Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


Yüklə 2.1 Mb.
səhifə22/45
tarix25.06.2016
ölçüsü2.1 Mb.
1   ...   18   19   20   21   22   23   24   25   ...   45

Canto Dodicesimo
I Cieli dell'Ideale

Sempre l'Ideale faceva segno da lontano. Risvegliato dal tocco dell'Invisibile,

disertando il confine delle cose raggiunte, il possente scopritore, il Pensiero

instancabile, aspirava rivelando a ogni passo un mondo luminoso. Lascia le cime

note per le vette ignote: appassionato, cercava la Verità unica e irrealizzata,

anelava alla Luce che non conosce la morte e la nascita. Ogni tappa della remota

ascesa dell'anima era costruita

(10) come un cielo stabile, sempre quaggiù percepito. A ogni passo del mirabile

viaggio un nuovo grado di prodigio e beatitudine formava un nuovo livello

dell'immensa scala dell'Essere, una grande e vasta marcia fremente d'un fuoco di

gemme come se li vibrasse uno spirito ardente sostenendo con la sua fiamma la

speranza immortale, come se un Dio sfolgorante avesse offerto l'anima per poter

sentire la marcia dei piedi pellegrini montare in fretta verso la casa

dell'Eterno.

(20) Alle due estremità d'ogni fulgente gradino si vedevano i paradisi della

Mente ideale nell'azzurra trasparenza d'uno Spazio di sogno come strisce di

cielo splendente aggrappate alla luna. Da un lato, successione di tinte

fluttuanti, tralucevan, magnificenza d'aurora ch'erompe sull'anima, in un

vibrante trasporto della visione del cuore e la spontanea felicità dono della

bellezza, gl'incantevoli regni della Rosa che non muore. Al di sopra dello

spirito rinchiuso nei sensi mortali

(30) son dei reami di pace celeste sovracoscienti, al di sotto, l'abisso cupo e

oscuro dell'Incosciente,

fra i due, dietro la nostra vita, la Rosa immortale.

Attraverso l'aere occulto che lo spirito respira,

corpo della bellezza e gioia cosmiche

che il mondo cieco e sofferente non vede né sospetta,

levandosi dal profondo cuore arreso della Natura,

essa è eternamente in fiore ai piedi di Dio,

nutrita dai misteri sacrificali della vita.

Anche quaggiù il suo bocciolo nasce nei petti umani;



(40) allora un contatto, una presenza o una voce

trasforma il mondo in un suolo di tempio

e tutto svela l'Amato sconosciuto.

In un'esplosione di gioia e sollievo celesti

la vita si rende alla divinità interiore

e fa l'offerta estasiata del suo tutto,

e l'anima si schiude alla felicità.

Una beatitudine si sente che mai può interamente cessare,

un improvviso mistero di Grazia segreta

fiorisce, impreziosendo di rosso desio la nostra terra.



(50) Tutti gli alti dei che celavano il loro volto

al rituale sporco e passionale delle nostre speranze,

rivelano i loro nomi e i loro poteri imperituri.

Un'immobilità infocata desta le cellule assopite,

una passione della carne che diviene spirito,

e mirabilmente alla fine si compie

il miracolo per cui la nostra vita fu creata.

Una fiamma in una bianca cupola muta

appare e volti di luce immortale,

le membra radiose che ignorano la nascita e la morte,



(60) i seni che allattano il primogenito del Sole,

le ali che popolano i fervidi silenzi del pensiero,

gli occhi che scrutano nello Spazio spirituale.

I nostri centri nascosti di forza celestiale

s'apron come fiori a un'atmosfera celeste;

la mente s'arresta, vibrando del Raggio superno,

ed anche questo corpo caduco può sentire allora

l'amore ideale, la felicità indefettibile,

il riso della dolcezza e delizia del cuore liberi dalla rude e tragica presa del

Tempo,


(70) la bellezza e i nemici piedi delle ore. Questo negli alti regni è

appannaggio della razza immortale; ciò che qui è in boccio, lì è in fiore. Li è

l'intimità della Casa di Fiamma, il fulgore del pensiero divino e dell'aurea

beatitudine, l'idealismo rapito dei sensi celesti; Il sono le voci meravigliose,

il riso solare, il gorgo sonoro nei fiumi di gioia di Mo, le vigne-mistero del

vino d'oro lunare,

tutto il fuoco e la dolcezza di cui appena quaggiù;

(80)un brillante riflesso visita la vita mortale.

Benché si mostrino lì le gioie del Tempo,

si sente premere contro il petto il tocco dell'Immortale,

si odono i suoni di flauto dell'Infinito.

Qui sulla terra sono i primi risvegli,

momenti che tremano in un aere divino,

e, cresciuti sull'aspirazione del suo suolo,

i girasoli del Tempo contemplano l'aurea Eternità:

lì sono le perenni beatitudini.

Milioni di loti oscillanti su un unico stelo,



(90)l'un dopo l'altro, mondi colorati ed estatici

salgono verso qualche lontana epifania invisibile.

Sull'altro lato della scala eterna, i regni possenti della Fiamma immortale

aspiravano a raggiunger gli assoluti dell'Essere. Uscendo dal dolore ed il buio

del mondo, dagli abissi ove la vita e 'l pensiero son sepolti, solitaria si leva

fino al cielo la Fiamma imperitura Nelle sacre intimità d'una Natura velata

brucia in eterno sull'altare della Mente,

(100) suoi sacerdoti le anime degli dei consacrati, l'umanità sua dimora del

sacrificio. Una volta accese, le sue vampe non possono mai spengersi. Fuoco

lungo i mistici cammini della terra,

essa scaturisce attraverso l'emisfero dei mortali

finché, portata dai messaggeri del Giorno e della Tenebra,

entra nell'occulta Luce eterna;

e biancheggiando monta fino al Trono invisibile.

I suoi mondi sono i passi d'una Forza ascendente:

sogno di contorni giganti, di linee titaniche,

(110) soggiorni d'una Potenza non caduta e illuminata,

cieli del Bene inalterabile, puro e non-nato,

altitudini della grandiosità del raggio eterno della Verità,

come in un cielo simbolico cominciano a osservare

e a chiamare le anime nostre in un aere più vasto.

Sulle loro cime tengono alta la Fiamma sempre viva;

sognando d'un misterioso Aldilà,

trascendenti i percorsi del Fato e del Tempo,

con le loro vette indicano, al di sopra di sé,

attraverso il pallido zaffiro dell'etere della mente divina,



(120) la rivelazione di qualche aureo Infinito.

Rombo di tuono nelle montagne di Dio,

instancabile, severa è la loro Voce tremenda:

oltrepassandoci, essi invitano a oltrepassarci

e ci ordinano di salir sempre più in alto.

Lungi dalla nostra presa impaziente vivono quelle cime,

troppo elevate per la nostra forza e quota mortali,

a stento, in un'atroce ebbrezza di fatica

scalate da questo atleta nudo, il volere dello spirito.

Austere, intolleranti, esigono da noi



(130) sforzi troppo prolungati per i nostri nervi umani

e che il nostro cuore non può assecondare né la carne sopportare;

solo la forza dell'Eterno in noi può osar

tentare l'avventura smisurata di quest'ascensione

e il sacrificio di tutto ciò che qui ci è caro.

La nostra umana conoscenza è una candela accesa

su un cupo altare ad una Verità d'immensità solare;

la virtù dell'uomo, abito grossolano ed improprio,

orna le effigi rigide del Bene;

appassionata e accecata, sanguinante, macchiata di fango,



(140) la sua energia avanza incespicando verso una Forza imperitura

Un'imperfezione perséguita la nostra forza più sublime; frammenti e pallidi

riflessi sono la nostra parte. Felici i mondi che non han provato la nostra

caduta, dove il Volere è uno con il Vero e il Bene col Potere; non impoveriti

dall'indigenza della mente terrestre, essi conservano il respiro naturale di

potenza di Dio, le sue nude intensità, spontanee e rapide; lì è il suo grande

specchio trasparente, il Sé, e la sovrana anarchia della sua beatitudine

(150) condivisa dalle nature immortali, eredi e compartecipi della divinità.

Attraverso i regni dell'Ideale egli si mosse liberamente, ne accettò la bellezza

e ne sostenne la grandezza, prese parte alle glorie delle loro prodigiose

distese, ma non passò né restò sotto il dominio del loro splendore. Li tutto era

una luce intensa ma parziale. In ciascun regno un'Idea dall'ampia fronte ed ali

serafiche univa tutta la conoscenza con un solo pensiero superiore, persuadeva

ogni azione a prendere un senso supremo,

(160) sottometteva a un unico potere tutti i poteri e generava un mondo dove

riusciva a regnare da sola, dimora perfetta d'un ideale assoluto. Insegne della

loro vittoria e della loro fede, essi offrivano al Viaggiatore alle loro porte

una fiamma inestinguibile o un fiore che non appassiva, emblema del privilegio

d'un alto regno. Glorioso e rilucente, un Angelo del Cammino presentava alla

ricerca dell'anima la soavità e la potenza di un'idea,



(170) ciascuna ritenuta intima fonte e forza culminante della Verità, il cuore

del senso dell'universo, chiave della perfezione, passaporto pe'l Paradiso.

C'eran tuttavia regioni ove questi assoluti s'incontravano e formavano, con le

loro mani unite, un cerchio di felicità; la Luce si trovava cinta dalla luce, il

fuoco sposava il fuoco,

ma nessuno nell'altro volea perdere il suo corpo per trovare la sua anima

nell'Anima unica del mondo, in un multiplo rapimento d'infinità. Più oltre, egli

Bunse a una sfera più divina:



(180) lì, uniti in una stessa grandezza, luce e beatitudine, tutti i poteri

sublimi, magnifici e desiderabili, dimenticando la loro differenza e il loro

regno separato, divengono un unico e innumerevole insieme. Al di sopra della

divisione delle strade del Tempo, al di sopra del Silenzio e del suo Verbo

infinitamente molteplice, nella Verità immutabile e inviolata per sempre uniti e

inseparabili, dimorano i figli radiosi dell'Eternità sulla vasta cima spirituale

ove tutti son uno.
NOTE SPECIALI

I "suo essere" e, al v. 20, "suo dominio" si riferiscono al re Aswapati.

II "questi": i Re del Pensiero citati al v. 404.

III In questo passaggio, per maggiore chiarezza, utilizziamo la maiuscola per gli aggettivi possessivi riferentisi alla Verità.


Fine del Canto Dodicesimo


1   ...   18   19   20   21   22   23   24   25   ...   45


Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©atelim.com 2016
rəhbərliyinə müraciət