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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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INTRODUZIONE




Sri Aurobindo


Il valore di un uomo non dipende da ciò ch'egli apprende, né dalla sua posizione o fama, né da ciò che fa, ma da ciò che egli è e diviene interiormente, scriveva Sri Aurobindo ai suoi biografi. La mia vita non si è svolta in superficie perché gli uomini la vedano. (On Himself, 26, passim).(1) Ora, se Savitri può bastare da solo a parlare di Sri Aurobindo al Lettore ideale, quello che salta a pié pari prefazione, introduzione e note per tuffarsi esclusivamente nel suo messaggio poetico, (2) non possiamo tuttavia esimerci dal presentare in qualche modo questa grande epopea che, come sottolinea A.B. Purani, introduce in una nuova era di creazione poetica. (3) A un breve excursus retrospettivo (4) seguiranno quindi alcuni cenni sulla vita dell'Autore. Al Lettore la facoltà di non lasciarsi irretire dalla loro succinta e incompleta trama esteriore. (5)

Sri Aurobindo nasce a Calcutta il 15 agosto 1872, in quel Bengala che, all'inizio del secolo scorso, attraverso i canali della nuova influenza inglese, (6) era divenuto un vero e proprio centro propulsore della cultura occidentale: Nella mia casa paterna si parlava solo inglese e hindustani, ricorda Sri Aurobindo. Non conoscevo il bengali, niente dell'India o della sua cultura (p.7). Inviato a sette anni, dal padre medico condotto, a studiare in Inghilterra, a Manchester, Londra e infine Cambridge (dove, come documenta un biografo, vinse tutti i premi per la versificazione greca e latina (7), lettore insaziabile, assimila in breve tempo tutta la cultura europea leggendone i classici, antichi, medievali e moderni, nelle lingue originali, compreso il nostro Dante. La sua ri-nazionalizzazione cominciò solo a vent'anni, al suo rientro in India e avvenne, com'egli stesso precisa, per naturale attrazione verso la cultura indiana (...) C'era un attaccamento al pensiero e alla letteratura inglese, ma non all'Inghilterra come paese (p.7).



Nel Bengala intanto (la regione leador da sempre del pensiero e della cultura indiani), l'atteggiamento degli scrittori di fronte all'influsso occidentale era stato vario e discorde e, tralasciando quello meno originale che produsse solo sterili imitazioni, lo possiamo vedere paradigmaticamente rappresentato nelle tre diverse personalità di Bankim Chandra Chatterji, Madhusudan Dutt e Rabindranath Tagore, che alla vigilia del 'fenomeno Sri Aurobindo' sembrano scandire, con note diverse, le ultime battute di un'ouverture. Bankim (1838-18843, conservatore, indù ortodosso (anche se formatosi all'Hindu College), fu in realtà un rivoluzionario perché, nel clima anglofilo delle classi elevate, promosse il culto della letteratura nazionale con l'espediente di impregnare le forme letterarie inglesi allora in voga col richiamo popolare della letteratura medievale bengalese dando inizio, proprio grazie a questo riaggancio con la tradizione," alla letteratura moderna bengalese e a quel sentimento d'unità e d'orgoglio nazionale che, in un'India allora non ancora pronta per l'indipendenza, doveva di li a poco esplodere. Dutt (1823-1873), iconoclasta, progressista, incarnò lo spirito dei babu educati all'occidentale provenienti dall'Hindu College, imbevuti del romanticismo di Byron, Scott, Wordsworth, Keats e Shelley. Come Bankim nella prosa, così egli nella poesia aveva commesso l'errore iniziale di voler eccellere nella letteratura inglese e, come lui, capì subito d'aver sbagliato e non ci prova più. (9) Anch'egli rivelò i poteri latenti nella letteratura nazionale ma, a differenza di Bankim, oltre al bengali, al sanscrito e all'inglese aveva studiato il greco, il latino, l'italiano, il francese e il tedesco nei rispettivi classici. Tra il conservatorismo di Bankim e il progressismo di Dutt, R. Tagore (1861-1941), uno di quegli spiriti che sembrano compendiare l'intera cultura del loro paese, come afferma J. Boulton, (10) espresse invece la corrente moderata: istruito in bengali, sanscrito ed inglese, se da un lato produsse capolavori che sono stati paragonati ai migliori della letteratura europea (affermandosi in Occidente traducendoli personalmente in inglese), dall'altro innalzò la letteratura bengalese alla pari con quella sanscrita traendo ispirazione dall'antica fonte religiosa (cui tanti modernisti volevano volgere le spalle), ma una fonte ormai espurgata - grazie proprio all'influsso del gusto occidentale - delle pomposità medievali e ritrovata, possiamo dire, nella purezza della sua essenza. (11) Ciò significò, a chiusura d'un rapidissimo e fruttuoso ciclo di ricerca sollecitata dall'impatto con l'Occidente, il riemergere delle fonti della tradizione culturale indiana in una luce nuova: quella dello spirito sopravvissuto alla forma. È la posizione di Tagore diventa a questo punto emblematica: sembra verificarsi, fra lui e Sri Aurobindo, come un passaggio di consegne e un certo parallelismo di situazioni. Tagore fu un poeta in bengali, ma il primo poeta indiano ad avere larga fama in Occidente, attraendo scrittori di punta come Ezra Pound e S.B. Yeats. Sri Aurobindo è un poeta in inglese, ma intimamente indiano e in un senso più universale - in lui l'India assume più che mai quel vero aspetto che, come sottolinea J.E. Ghosh, rivestiva per Tagore: non solo la madrepatria del nazionalista ma un grande principio spirituale, cioè la fondamentale unità umana dei diversi popoli. (12) E la fondamentale scoperta - o ri-scoperta - del segreto dei Veda che sarà alla base della sua ricerca è frutto di una più alta e più profonda sintesi che non la semplice immersione nel passato culturale e religioso dell'India: Non si tratta di una semplice riproduzione dell'esperienza del passato: perché Sri Aurobindo ha scoperto nuovi regni dello spirito, scrive A.B. Purani, e 'Savitri' è carico di un analogo afflato d'ispirazione ma è allo stesso tempo un lanciarsi nel futuro. (Op. cit., p. 46). In Sri Aurobindo i due movimenti, dell'Occidente e dell'Oriente, s'incontrano per completarsi in un'armonia più alta, come osserva J. Masui: egli è l'uomo del passaggio, il riconciliatore necessario, prima della rimessa in marcia d'un tempo umano riaccordato al tempo cosmico. (13) La sua novità fu captata da scrittori occidentali come i Nobel P. Buck, G. Mistral e R. Rolland e se l'inglese poi, fino a Tagore, aveva rappresentato in India un veicolo d'unione, un aspetto del movimento d'indipendenza (La patria era un miraggio che rifletteva in lingua inglese i fantasmi di Hurke, Gladstone, Mazzini e Garibaldi (14)), in Sri Aurobindo, e in particolare in Savitri, diventerà qualcos'altro: il Poeta, scevro dei difetti che sono stati rilevati in Tagore, sembra raccogliere tutta quell'eredità accumulata fin da Bankim, ricca ma ancora confusa, (15) per darle una voce che già non si esita a collocare in un futuro appena iniziato. (16)In una lettera del '36, rispondendo a un discepolo a proposito del futuro della poesia indo-inglese, Sri Aurobindo avrebbe scritto: La mente del futuro sarà più internazionale di adesso (...) Se il nostro scopo non è il successo e la fama personale ma di arrivare all'espressione della verità e dell'esperienza spirituale d'ogni genere in poesia, la lingua inglese è la più ampiamente diffusa ed è capace di profonde variazioni di espressione mistica che possono renderla mirabilmente adatta allo scopo; e, tra le ragioni per cui valeva la pena di tentare l'esperimento, la prima era che l'espressione della spiritualità in lingua inglese è necessaria e nessuno può offrire la reale sostanza come gli Orientali e in particolar modo gli Indiani. (The Future Poetry, 9, pp. 455-56). Otto anni prima, Tagore (che già nel 1907 aveva dedicato al giovane Sri Aurobindo, allora in piena attività politica, la famosa poesia "Namaskar"(17)) testimoniava il suo incontro con lui a Pondicherry scrivendo fra l'altro: Ho sentito che la parola degli antichi Rishi indiani era espressa da lui e quell'equanimità che dà all'anima umana la libertà di accedere nel Tutto. Gli dissi: "Voi possedete la Parola e noi aspettiamo di accettarla da Voi. L'India parlerà al mondo attraverso la Vostra voce... "(18)

Nel 1893 dunque, Sri Aurobindo, perfettamente occidentalizzato, rimette piede sul suolo natale (Come misi piede sul suolo indiano (...), cominciai ad avere esperienze spirituali, ma queste non erano separate da questo mondo, avevano anzi un'interiore e infinita relazione con esso: p. 98). Gli basteranno tredici anni per ri-indianizzarsi fino al midollo: apprende il sanscrito, il bengali e molte lingue indiane moderne, assimilando profondamente nel contempo tutto il vasto patrimonio culturale e religioso del suo paese (Aurobindo non è un uomo di questa terra, commentava Dinendra Kumar Roy, lo scrittore bengalese che in quegli anni lo aiutò a familiarizzarsi con quella che avrebbe dovuto essere la sua madrelingua, è un dio sceso dal cielo per qualche maledizione!(19)). La sua attività è subito intensissima: oltre a insegnare francese e inglese al College di Baroda (di cui diventa presto rettore), svolge come giornalista, oratore e organizzatore una formidabile attività rivoluzionaria per la liberazione dell'India dal giogo britannico (So di avere la forza di liberare questa razza caduta. Non è una forza fisica - non combatterò con la spada o il fucile - ma la forza della conoscenza, scriveva in una lettera del 1905(20)). Già la serie di articoli (New Lamps for Old) che, ventunenne, aveva cominciato a scrivere sul quotidiano di Bombay Hindu Prakash era stata interrotta dalle autorità. Ma è soprattutto sulle pagine del quotidiano inglese Bande Mataram (21) ch'egli ispirerà come nessun altro il nascente movimento nazionalista: La più grande cosa fatta in quegli anni fula creazione di un nuovo spirito nel paese (p. 32), in un tempo in cui parlare di completa indipendenza era considerato, come ricorda Nirodbaran, un delirio da pazzi(22). L'India, nella chiara visione di Sri Aurobindo, doveva innanzitutto conquistare la libertà per realizzare in futuro il suo speciale destino:

Solo in India si trova auto-trattenuta, dormiente, l'energia e l'invincibile individualità spirituale che può ancora levarsi e spezzare le proprie catene e quelle del mondo, scriveva nella prima decade del '900; in India, la terra scelta, [la Verità spirituale] è preservata, (...) essa dorme in attesa di quel risveglio dell'anima, l'anima dell'India leonina, luminosa, nascosta nei petali chiusi dell'antico loto d'amore, di forza e saggezza, non nei suoi deboli, sporchi, transitori e miserabili aspetti esteriori. Solo l'India può costruire il futuro dell'umanità(23).

E lo studio della storia, come osserva ancora Nirodbaran (Op. cit., p. 43), lo aveva portato alla conclusione che senza una rivoluzione nessun paese può conquistare la libertà:

La Pace fa parte dell'ideale supremo, ma dev'essere spirituale o almeno psicologica alla sua base; senza un cambiamento nella natura umana non può essere definitiva. Se è tentata su qualche altra base (principio morale o vangelo di non-violenza o qualunque altra) fallirà e potrà lasciare le cose peggio di prima... (p. 22).

Sri Aurobindo mostra insomma fin dall'inizio di non essere né un impotente moralista né un debole pacifista (p. 22). I suoi articoli, di cui lunghi estratti erano riportati nelle colonne del Times di Londra, (24) gli valgono un primo arresto per sedizione nel 1907. Liberato su cauzione, si dimetterà dal College di Baroda ma non dall'attività politica. Arrestato di nuovo l'anno dopo per implicazioni indirette nel fallito attentato a un giudice britannico, (25) approfitta del forzato isolamento d'un anno nel carcere di Alipore per approfondire quella dimensione interiore e spirituale le cui porte gli si erano spalancate dopo l'esperienza - ottenuta in soli tre giorni e da allora stabilita per sempre - del silenzio mentale, in seguito al suo incontro con Baskar Lele, uno yogi del Maharashtra che aveva indovinato, dietro l'eroismo del giovane politico, il destino di una grande anima. Come ricorda lo stesso Sri Aurobindo, l'esito finale di quell'incontro fu che una Voce dentro di lui [Lele] lo fece rimettermi al Divino dentro di me imponendomi assoluto surrender [sottomissione] alla Sua Volontà - un principio o piuttosto una Sorza-semenza alla quale mi attenni irremovibilmente e in maniera crescente e che mi fece passare attraverso lutti i meandri di un imprevedibile sviluppo yogico non legato ad alcuna singola regola o stile o dogma o Shastra [insegnamento]...(26)

Gli Inglesi, che credevano allora di poter finalmente mettere a tacere l'uomo più pericoloso con cui avevano fino a quel momento avuto a che fare, come dichiarò l'allora viceré dell'India Lord Minto, (27) lo videro di nuovo libero nel 1909, dopo un clamoroso processo. Il Bande Matararn era stato soppresso, la maggior parte dei leader nazionalisti imprigionati, deportati o in esilio. Dopo le cruciali esperienze spirituali vissute in carcere, la visione che Sri Aurobindo aveva della vita era radicalmente cambiata e il suo lavoro vòlto ormai è superare di gran lunga il servizio e la liberazione del paese, fissandosi in uno scopo precedentemente solo intravisto, che era universale nella sua portata e interessato a tutto il futuro dell'umanità (p. 34). Egli inizia un nuovo settimanale in inglese, il Karmayogin, ed uno in bengali, il Dharma, ma tanto i suoi scritti quanto i suoi discorsi, che riaccendono di vita lo spirito d'indipendenza in folle crescenti, fluiscono ormai da un assoluto silenzio della mente. Nel 1910, un nuovo mandato d'arresto per sedizione cade in sua assenza: Sri Aurobindo, in seguito a un preciso e potente Adesh [comando divino] (28) era partito clandestinamente (un viaggio avventuroso e miracoloso) per Pondicherry, allora colonia francese, dove sarebbe restato ininterrottamente per quarant'anni, concentrato in una sadhana [disciplina spirituale] senza precedenti - fatta non per se stesso, ma per la coscienza terrestre:per aprire una via affinché la coscienza terrestre cambi (...) Lungi dal mio scopo propagare qualche religione, nuova od antica, per l'umanità in futuro. C'è una via da aprire che è ancora bloccata, non una religione da fondare... (pp. 147 e 125).

Il ritiro di Sri Aurobindo dall'attività politica, com'egli stesso precisò in seguito (parlando di sé, impersonalmente, alla terza persona), non significò, come i più supposero, ch'egli si era ritirato in qualche altezza spirituale, privo d'ogni ulteriore interesse per il mondo o il destino dell'India. (...) ché il principio stesso del suo yoga non era solo realizzare il Divino e raggiungere una completa coscienza spirituale, ma far anche entrare tutta la vita e l'attività del mondo nell'orizzonte di questa coscienza e azione spirituale e basare la vita sullo Spirito e darle un significato spirituale (p. 38): (29) uno yoga destinato ad essere una base non per un ritiro dalla vita, ma per la trasformazione della vita umana (p. 435).

Il seme dell'indipendenza dell'India era stato gettato ed egli la "vedeva" già libera: il suo personale intervento non era più indispensabile. (30) Inoltre, la grandezza del lavoro spirituale che l'attendeva gli diveniva sempre più chiara e si rese conto che era necessaria la concentrazione di tutte le sue energie su questo (p. 37). In una lettera del '20 al fratello Barin troviamo già espressa in sommi capi la peculiarità del suo yoga:

... Lo Spirito, il Sé, il Divino è sempre presente. Quel che il Divino vuole è che l'uomo Lo incarni qui, nell'individuo e nella collettività - realizzare Dio nella vita. L'antico sistema di yoga non è riuscito a conciliare o unificare lo Spirito e la vita; ha congedato il mondo come un 'illusione o un gioco passeggero di Dio. Il risultato è stata una diminuzione del potere di vita e il declino dell'India (...) Che sorta di perfezione spirituale è se alcuni asceti, rinunciatari, santi ed esseri realizzati raggiungono la liberazione, se alcuni devoti danzano in un delirio d'amore, d'ebbrezza e beatitudine divina, e un'intera razza, priva d'intelligenza e solo apparentemente viva, affonda in abissi d'oscurità ed inerzia? Si deve anzitutto ottenere ogni specie di esperienza parziale al livello mentale, inondando la mente di delizia spirituale e illuminandola di luce spirituale; in seguito si sale in alto. Se non si compie quest'ascesa, quest'elevazione al livello sovramentale, non è possibile conoscere l'ultimo segreto dell'esistenza cosmica; l'enigma del mondo è insoluto. Lì [a livello sovramentale] l'ignoranza cosmica che consiste nella dualità del Sé e del mondo, dello Spirito e della vita, è abolita. Allora non c'è più bisogno di considerare il mondo come un'illusione: il mondo è un eterno gioco di Dio, la perpetua manifestazione del Sé. Allora è possibile conoscere e realizzare Dio pienamente, (...) "conoscerMi ed entrare in Me completamente' come dice la Gita. (In: Sri Aurobindo Archives & Research, Apr. '80, pp. 12-13).

Se il mondo non è una creazione di Maya [Illusione], né un ciclo di nascite nell'ignoranza dal quale dobbiamo fuggire (in un Nirvana o qualche Aldilà), ma un campo di manifestazione in cui c'è una progressiva evoluzione dell'anima e della natura nella Materia, e dalla Materia, attraverso la Vita e la Mente, a ciò che è al di là della Mente fino a raggiungere la completa rivelazione di Satcitananda [l'Uno nel suo triplice aspetto di pura esistenza-coscienza-beatitudine] nella vita (p.126), la vita umana acquista un nuovo significato e far discendere nella coscienza "fisica" la verità sovramentale è lo scopo dello yoga "integrale" di Sri Aurobindo, uno yoga in cui tutti i piani dell'essere (nella cui esplorazione, fra l'altro, Savitri ci conduce) sono coinvolti, in quanto la loro trasformazione è la realtà dinamica di questa discesa: il nostro yoga non è un ripercorrere vecchi cammini ma un'avventura spirituale (p. 109). (31)

Dal'14 al '21 pubblica Arya, un mensile in inglese ove le sue esperienze interiori

andranno costituendo il corpo fondamentale di quegli scritti che è forse improprio definire 'filosofici' nel senso corrente (Ciò che scrissi fu il lavoro dell'intuizione e dell'ispirazione operanti sulla base della mia esperienza spirituale. Non ho un'altra tecnica come i moderni filosofi, la cui filosofia considero solo intellettuale e quindi di valore secondario, affermava nel '4032) Escono così La vita divina, La sintesi degli yoga, il segreto dei Veda, le traduzioni e i commenti alle Upanishad, L'ideale dell'unità umana, i Saggi sulla Bhagavad-Gita, La psicologia dello sviluppo sociale (più tardi pubblicata come il ciclo umano), La poesia futura, I fondamenti della cultura indiana. Alla base di tutta questa prodigiosa produzione, (33) cui si affiancherà un'altrettanto prodigiosa produzione letteraria, poetica e teatrale, è considerata sotto tutti i possibili aspetti, dal metafisico allo yogico, dallo psicologico al sociale -, la verità essenziale del Sanatan Dharma (la 'Religione eterna': la tradizione religiosa e spirituale dell'India), di cui Sri Aurobindo aveva avuto un'esperienza fondamentale nel carcere di Alipore, nel 1908 (Sri Rrishna mi fece realizzare la verità centrale della religione indiana (34). In un manoscritto risalente ai primi anni del suo ritiro a Pondicherry, annotava:

Credo che il Veda è il fondamento del Sanatan Dharma; credo ch'esso sia ladivinità nascosta all'interno dell'Induismo, - ma un velo dev'essere scostato, unacortina dev'essere sollevata. Credo che esso sia conoscibile e scopribile. Credoche il futuro dell'India e del mondo dipende dalla sua scoperta e dalla suaapplicazione non per la rinuncia della vita, ma per la vita nel mondo e fra gliuomini. (In: Sri Aurobindo Archives & Research, April '83, p. 38). (35)

E in una lettera del '22:

... La vera base della vita e del lavoro è spirituale, cioè una nuova coscienza che deve svilupparsi solo mediante lo Yoga. Sempre più chiaramente vedo che l'uomo non arriverà mai ad uscire dalla futile ronda che la nostra specie continua a seguire, finche non si sarà elevato fino alla nuova base. Credo anche che la missione dell'India e di riportare questa grande vittoria per il mondo (p. 437).La vera teocrazia è il regno d'Iddio nell'uomo, non il regno d'un papa, d'una chiesa o d'una casta sacerdotale. ("The Human Cycle", 15, p. 166).

La scoperta di un potere reale dello Spirito sulla Materia, e non di una verità teorica ("Ché verità e conoscenza sono un raggio inutile, / se la Conoscenza non apporta il potere di cambiare il mondo", leggiamo in Sav. X, 4, 823-24) è il Segreto pragmatico che Sri Aurobindo andava a poco a poco ritrovando, sperimentalmente, avendo il coraggio di saltare, ad un tempo, oltre la sua cultura occidentale e oltre la tradizione religiosa induista, come osserva Satprem: tant'è vero che l'essenziale emerge quando si è dimenticato tutto: (36)

Le tradizioni del passato sono grandissime al loro posto, nel passato, ma nonvedo perché dovremmo semplicemente ripeterle e non andare oltre. Nellosviluppo spirituale della coscienza sulla terra il Brande passato dovrebbe essereseguito da un più grande futuro (p. I 22). (37)

Nel 1914, Mère, allora Mirra Alfassa, francese, espressione vivente del fiore più raffinato della cultura europea assieme alle affiliazioni spirituali con l'Oriente, come scrive Nirodbaran (Op. cit., p. 151), sbarca in India e incontra a Pondicherry Sri Aurobindo:

Poco importa che ci siano migliaia di esseri immersi nella più densa ignoranza,Colui che abbiamo visto ieri è sulla terra; la sua presenza basta a provare cheverrà un giorno in cui l'ombra sarà trasformata in luce e in cui il Tuo regno saràeffettivamente instaurato sulla terra, ella registra nel suo diario spirituale. (38)

Sri Aurobindo, interrogato più tardi da un discepolo a proposito di quell'incontro il cui significato, come osserva Nirodbaran, è incommensurabile e si rivelerà progressivamente nel tempo, affermerà: Fu la prima volta che seppi che il perfetto surrender fino all'ultima cellula fisica era umanamente possibile; fu quando Mère venne e s'inchinò che vidi quel perfetto surrender in azione. (39) Tutte le mie realizzazioni, dichiarerà in seguito, sarebbero rimaste per così dire teoriche per quel che concerne il mondo esteriore. È Mère che ha mostrato la via verso una forma pratica. (40)A Mère, che tornerà nel '20 per restare definitivamente, Sri Aurobindo affiderà l'incarico materiale dell'Ashram che si era intanto venuto formando attorno a lui, malgrado non gli piacesse che 'la sua casa' fosse così chiamata (poiché la parola ha assunto per la mente moderna il senso di un'istituzione pubblica...). Dei molti che venivano a lui come api in cerca di miele, alcuni ottenevano infatti di restare per praticare la sadhana sotto la sua guida diretta. (41) Ma presto Mère avrebbe dovuto assumere l'intero incarico, materiale e spirituale, di quello che Sri Aurobindo chiamava un "laboratorio" di yoga sovramentale; (42) egli infatti si sarebbe ritirato in completa esclusione dopo il 24 novembre 1926, data di una delle tappe decisive del suo yoga, quella della discesa di Krishna nel suo corpo: la discesa della luce surmentale nel fisico che preparerà la discesa della Sovramente. (43) Come osserva R. Thépot, oltre la zona degli Dei, che Sri Aurobindo ha chiamato la Surmente, da cui provengono durante la storia le più alte intuizioni umane, egli ha scoperto e fanno discendere nel suo corpo, la Sovramente, che apre la possibilità finora rifiutata d'unificare lo Spirito e la Materia, poli apparentemente opposti, e dunque la possibilità di trasformare il corpo. L'uomo, o l'essere che succederà all'uomo, potrà un giorno vivere sulla terra una vita divina, proprio perché il Divino, il Supremo, è dissimulato nelle più segrete profondità della Materia. (In: Sri Aurobindo, Savitri, traduction française, vol. I, p. II).

Nel suo ritiro assoluto, durante il quale altre sue opere vedono la luce, salvo Savitri, su cui lavorò fino all'ultimo, Sri Aurobindo è più che mai in contatto con le forze in gioco nel mondo: Noi non è con l'Empireo che sono impegnato; magari lo fosse. È piuttosto con l'estremo opposto, scriveva in una lettera del '36, è nell'Abisso che ho dovuto immergermi per costruire un ponte fra i due. Ma anche questo è necessario per il mio lavoro e lo si deve affrontare (p. 153). L'impresa tremenda di aprire le cellule fisiche alla Luce divina significa affrontare la formidabile resistenza dell'Incosciente terrestre: (44)

È solo l'Amore divino che può sopportare il peso che devo sopportare, che devono sopportare tutti coloro che hanno sacrificato tutto il resto all'unico scopo di sollevare la terra dalle sue tenebre verso il Divino (p. 152)

Occorre gettare un ponte sull'abisso fra Mente e Sovramente, aprire i passaggi chiusi e creare vie per salire e discendere lì ove ora non esiste che vuoto e silenzio, aveva scritto, quindici anni prima, in The Life Divine (19, p. 891); un "lavoro da dio" (45) perché il terreno sia pronto per la prossima manifestazione: So con assoluta certezza che l'avvento della Sovramente è, nella natura stessa delle cose, inevitabile, scriveva nel '34 (p. 167). E la discesa della Sovramente significa che il Potere [sovramentale] sarà nella coscienza terrestre come forza vivente proprio come ci sono già la mente pensante e il mentale superiore. (. .) La discesa di questa Verità che apre (a vi a uno sviluppo della coscienza divina cui sulla terra è il senso finale dell'evoluzione terrestre (pp. 146 e 143).

Il contatto di Sri Aurobindo col mondo esterno è spiritualmente attivo (La mia vita è stata una battaglia dai primi anni ed è ancora una battaglia: il fatto che la conduca ora, da una stanza del piano di sopra e con mezzi spirituali (...) non fa alcuna differenza per il suo carattere: p. 153): se egli intervenne silenziosamente ogni volta che fu necessario (46) (la storia molto raramente registra le cose che furono decisive ma che avvennero dietro il velo...: p. 49), da ricordare è almeno l'uscita dal suo riserbo durante la seconda guerra mondiale: quando il Nazismo minacciava di dominare il mondo, egli si dichiarò apertamente dalla parte degli Alleati, ponendo interiormente la sua forza spirituale su di essi dal momento di Dunkirk e incoraggiando in più modi aiuti concreti in loro favore quando l'opinione pubblica indiana, ancora amaramente anglofoba, considerava la vittoria diHitler come la propria vittoria." (47) Il contatto coi discepoli è mantenuto in forma epistolare: più di duemila pagine di corrispondenza (48) che costituiranno"uno strumento efficace verso il suo scopo centrale": una canalizzazione[della Forza che andava crescendo nella sua pressione sulla natura fisica]era necessaria, e questo servì allo scopo (p. 180).Savitriil 15 agosto del '47 l'India conquista l'indipendenza. È il senantacinquesimo compleanno di Sri Aurobindo:

Considero questa coincidenza, non come un incidente fortuito, ma come lasanzione e il sigillo della Forza divina che guida i miei passi sul lavoro con cuicominciai la vita, l'inizio del suo completo adempimento... (p. 404),

scrive fra l'altro, per l'occasione, in un memorabile messaggio. (49)Il 10 dicembre 1950 Sri Aurobindo lascerà il corpo. (50) il Divino deve velarsi per incontrare l'umano, si legge in una sua lettera degli anni '30 (p. 450). Ritornerò solamente in un corpo sovramentale (...) Tu devi rimanere... Tu continuerai, andrai fino al fondo del lavoro..., aveva comunicato a Mère. (51) E Mère resterà sola ("Tu porterai tutte le cose perché tutte possano cambiare", dirà il Supremo a Savitri: Sav. XI, 1, 1032), per quasi un quarto di secolo, fino all'età di novantacinque anni, a portare fino in fondo, al di qua del velo, quello yoga delle cellule, o della trasformazione del corpo, di cui nessuna mappa era mai stata tracciata ma il cui compimento erompe profeticamente in Savitri. La poesia, ancora una volta, assume il compito di trasmetterci l'indicibile:
Il Potere duale incarnato aprirà la porta di Dio, la sovramente eterna toccherà il Tempo terrestre

Lo Spirito guarderà attraverso gli occhi della Materia e la Materia il volto rivelerà dello Spirito.

...... Abbracciando la vasta terra, una beatitudine infinita attendeva.

(Sav. XI, 1,1241-1377)53

Savitri

La leggenda e il simbolo


La leggenda di savitri (la passione di una donna sola nel suo terribile silenzio e la sua forza, che si oppone alla Morte, [il dio] che separa le anime (54) Si trova nel Mahabharata, l'antica epopea indiana dell'era vedica. Al re Aswapati che, senza discendenza, aveva praticato lunghe austerità e offrono numerosi sacrifici, appare la dea Savitri ad annunciargli la nascita d'una figlia. A questa egli darà il nome della dea. Giunta all'età di sposarsi, e la forza della sua personalità allontanando ogni pretendente, il padre la invita a trovare lei stessa, viaggiando per il mondo, il suo compagno. E Savitri sceglierà Satyavan, figlio di Dyumatsena, il re cieco spodestato dai suoi nemici che vive in eremitaggio nella foresta. Narad, il poeta e veggente che si trova alla corte del re Aswapati proprio al ritorno di Savitri, rivela che la scelta è funesta perché Satyavan è destinato a morire di lì ad un anno. Ma Savitri resta fedele alla propria scelta: sposa Satyavan e va a vivere con lui nell'eremitaggio, nascondendo in cuor suo l'angoscia dell'attesa del giorno del fato. Quando la morte verrà a prendere il suo sposo, lei, che lo ha accompagnato a far legna nella foresta, affronterà Yama, il dio della Morte, dal quale riuscirà ad ottenere diversi favori e, in ultimo, il ritorno di Satyavan alla vita.Sri Aurobindo, che definì il suo poema "una leggenda e un simbolo", (55) annotava in uno dei suoi taccuini:

La leggenda di Satyavan e Savitri è raccontata nel Mahabharata come una storia d'amore coniugale che conquista la morte. Ma questa leggenda è, come indicano gli aspetti della storia umana, uno dei tanti miti simbolici del ciclo vedico Satyavan è l'anima che porta in sé la divina verità d'essere, ma che è discesa nella stretta della morte e dell'ignoranza; Savitri è la Parola Divina, la figlia del Sole, la dea della suprema Verità che discende e nasce per salvare; Aswapati, il Signore del Cavallo, padre umano di lei, è il Signore della Tapasya, l'energia concentrata dello sforzo spirituale che ci aiuta a sollevarci dai piani mortali a quelli immortali; Dyumatsena, il Signore degli Eserciti Splendenti, padre di Satyavan, è la Mente Divina divenuta quaggiù cieca, che perde il suo regno celeste di visione e, a causa di questa perdita, il suo regno di gloria. Comunque, non si tratta semplicemente d'una allegoria, i personaggi non sono delle qualità mostrargli il cammino che va dal suo stato mortale a una coscienza divina e una vita immortale (p 265).

Naturalmente, solo la trama essenziale dell'episodio narrato nel Mahabharata resta in Savitri. In questa nuova favola di Orfeo ed Euridice i cui protagonisti si sono scambiate le parti - o nuovo mito di Iside e Osiride -, troveremo infatti tutta la conoscenza dei mondi invisibili (56) e, come dice Satprem, una favolosa geografia di quella che gli uomini chiamano "la morte". (57)

Così, fra l'altro, Mère parlava di Savitri a un discepolo:



È la più bella cosa ch'Egli abbia lasciato per l'uomo, la più alta possibile.(...) Ho studiato le migliori opere in greco, in latino, in inglese e naturalmente in francese, anche in tedesco, e tutte le grandi creazioni dell'Occidente e dell'Oriente, comprese le grandi epopee; ma ripeto, non ho trovato da nessuna parte qualcosa di comparabile a Savitri. Tutte queste letterature mi sembrano vuote, piatte, vane, senza alcuna realtà profonda - a parte delle rare eccezioni. e anch'esse non rappresentano che una piccola frazione di ciò che è Savitri. (...) È una cosa immortale ed eterna ch'Egli ha creato. ( .) Non c'è niente d'analogo nel mondo intero. Se lasciamo da parte la visione della realtà, cioè la sostanza essenziale che è il fondo dell'ispirazione, e teniamo conto solo dei versi in se stessi, li troveremo unici, del più elevato genere classico. Ciò ch'Egli ha creato, è qualcosa che l'uomo non può immaginare Perché c'è tutto, tutto.Si può dire che Savitri è una rivelazione, è una meditazione, è una ricerca dell'infinito, dell'Eterno. Se lo si legge con questa aspirazione verso l'immortalità, la lettura stessa servirà da guida verso l'immortalità Leggere Savitri è in effetti fare dello yoga, della concentrazione spirituale; ci si può trovare tutto quello di cui si ha bisogno per realizzare il Divino. Ogni passo dello yoga è segnato qui, compreso il segreto di tutti gli altri yoga (..) c'è tutto: il misticismo, l'occultismo, la filosofia, la storia dell'evoluzione, la storia dell'uomo, degli dei della creazione, della Natura. Come l'universo è stato creato, perché, per quale fine, quale destino. Tutto è lì. Li dentro potete trovare tutte le risposte a tutte le vostre domande Tutto è spiegato, anche l'avvenire dell'uomo e dell'evoluzione, tutto ciò che nessuno sa ancora Egli l'ha formulato in parole belle e chiare perché gli avventurieri spirituali che vogliono risolvere i misteri del mondo possano comprenderlo più facilmente. Ma il mistero è ben nascosto, dietro le parole e i versi e occorre salire fino al livello voluto della vera coscienza per scoprirlo. Tutte le profezie, tutto ciò che avverrà è presentato con una chiarezza precisa e meravigliosa. Sri Aurobindo vi dà qui la chiave per trovare la Verità, per scoprire la Coscienza per risolvere il problema di ciò che è l'universo. Ha anche detto come aprire la porta dell'incoscienza affinché la luce possa penetrarvi per trasformarla. Ha mostrato il cammino per liberarsi dall'ignoranza e salire fino alla sovracoscienza; ogni tappa, ogni piano di coscienza, come si possono scalare, come si può anche superare la carriera della morte e arrivare all'immortalità. Troverete tutto il percorso in dettaglio, e avanzando potrete scoprire cose del tutto sconosciute dell'uomo. Ecco che cos'è Savitri e altre cose ancora. È una vera esperienza leggere Savitri. Tutti i segreti che l'uomo possedeva, Egli li ha rivelati; così come tutto ciò che l'attende nel futuro: tutto questo si trova al fondo di Savitri, ma occorre avere la conoscenza per scoprirlo, L'esperienza dei piani di coscienza, L'esperienza della Sovramente, l'esperienza anche della conquista della Morte. Egli ha indicato tutte le tappe, marcato ogni passo per avanzare d'una maniera integrale nello Yoga Integrale.

(...) chiunque voglia praticare lo yoga se prova sinceramente e ne sente la necessità, potrà con l'aiuto di Savitri salire al più alto grado della scala dello yoga, potrà trovare il segreto che rappresenta Savitri. E questo senza l'aiuto di alcun guru. (...) perché' tutto quello di cui avrà bisogno lo troverà in Savitri.

(...) Insomma, Savitri e qualcosa di concreto, di vivente, è tutto riempito di coscienza, e la conoscenza suprema al di sopra di tutte le filosofe, di tutte le religioni umane. È la via spirituale, e lo yoga, la tapasya - sadhana, tutto, in un corpo unico. Savitri ha un potere straordinario, proietta vibrazioni per colui che può riceverle, le vere vibrazioni di ogni tappa della coscienza. È incomparabile, è la Verità nella sua pienezza, quella che Sri Aurobindo ha fatto discendere sulla terra. (...) bisogna cercare di trovare il segreto che rappresenta Savitri, il messaggio profetico che Sri Aurobindo vi rivela per noi (Notes de Lumière, pp. 22-34).

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