Ana səhifə

Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


Yüklə 2.1 Mb.
səhifə20/45
tarix25.06.2016
ölçüsü2.1 Mb.
1   ...   16   17   18   19   20   21   22   23   ...   45

Canto Decimo
I Regni e le Divinità della Piccola Mente

Anche questo era da superare e da lasciare ora,

come tutto, finché non si arrivi al Supremo

in cui il mondo e il sé diventano veri ed uno:

finché Quello non è raggiunto il nostro viaggio non può cessare.

Sempre fa segno al di là una meta senza nome,

sempre va montando lo zig-zag degli dei

e in alto punta il Fuoco ascendente dello spirito.

Questo soffio di felicità dai cento toni

e la sua forma pura e intensificata di gioia del Tempo,



(10) sballottava su onde di perfetta letizia,

forgiava in battiti unici d'estasi

questa frazione del numero intero dello spirito

presa nella grandezza appassionata degli estremi,

quest'essere limitato sollevato allo zenit della beatitudine,

contento di godere un contatto di cose supreme,

e riempiva il suo piccolo infinito sigillato,

il suo mondo senza fine, creazione temporale che sfida il Tempo,

d'un esiguo effluvio della vasta delizia di Dio.

I momenti dilagavano verso l'eterno Adesso,



(20) le ore scoprivano l'immortalità,

ma, soddisfatte del loro contenuto sublime,

finivano su vette i cui culmini a metà strada dal Cielo

indicavano un apice che mai potevan scalare,

una grandiosità nel cui aere non potevano vivere.

Attirando verso la loro alta sfera squisita,

verso le loro riparate e belle estremità

questa creatura ch'abbranca i proprî limiti per sentirsi al sicuro,

queste cime declinavan l'appello di un'avventura più grande.

Una magnificenza e dolcezza di desiderio appagato



(30) legava lo spirito a pali d'oro di perfetta felicità.

Non poteva albergare la vastità di un'anima

che domandava tutto l'infinito per dimora. Ricordo tenero come l'erba, languido

come il sonno, la bellezza e il richiamo, ritirandosi, digradarono come un canto

soave udito affievolirsi lontano sulla lunga strada maestra che porta al Senza-

Tempo. Al di sopra, era un'ardente e bianca tranquillità. Uno spirito

meditabondo si affacciava sui mondi e come una splendida scalata di cieli

(40) attraverso la chiarità verso una Luce invisibile, gli ampi regni luminosi

della Mente brillarono dal loro silenzio. Ma egli incontrò dapprima una distesa

grigia-argento ove il Giorno e la Notte erano sposi ed uno: era una regione di

raggi fiochi e mutevoli che separavano il sensibile flusso della Vita

dall'equilibrio automo del Pensiero. Una coalizione d'incertezze esercitava lì

uno scomodo governo su un terreno riservato al dubbio e alla congettura

ragionata, incontro della Conoscenza con l'Ignoranza.

(50) Al suo basso estremo regnava con difficoltà una mente che vedeva a stento e

con lentezza trovava; vicina la sua natura alla nostra natura terrestre e affine

al nostro pensiero umano precario che guarda dal suolo al cielo e dal cielo al

suolo senza conoscere il di sotto né l'al di là, essa non percepiva che se

stessa e le cose esteriori. Tale era il primo mezzo della nostra lenta ascesa

dalla semicoscienza dell'anima animale che vive nella densa ressa di eventi

della forma

(60) in un regno ch'essa non può capire né cambiare; essa non fa che vedere e

agire in una data scena e sentire, godere e dolersi per un momento. Le idee che

spingon l'oscuro spirito incarnato lungo le strade della sofferenza e 'l

desiderio in un mondo che lotta per scoprire la Verità, trovavan qui il loro

potere d'essere e la forza della Natura. Qui sono inventate le forme d'una vita

ignorante

che vede il fatto empirico come una legge stabilita, lavora per l'ora, non per

l'eternità,



(70) e traffica i suoi guadagni per rispondere all'appello dell'istante: il lento

processo d'una mente materiale che serve il corpo ch'essa dovrebbe governare e

usare e ha bisogno di affidarsi a sensi erronei,

nacque in questa luminosa oscurità.

Avanzando pigra dopo una partenza zoppicante,

reggendo l'ipotesi sulla stampella dell'argomento,

ponendo le sue teorie sul trono delle certezze,

essa ragiona dal semi-noto all'ignoto,

costruendo di continuo la sua fragile casa di pensiero,

(80) di continuo disfacendo la tela che ha tessuto.

Un saggio crepuscolare che prende la propria ombra per il sé,

vive nella brevità, di minuto in minuto;

un re dipendente dai suoi satellite

firma i decreti di ministri ignoranti,

giudice che possiede a metà le sue prove,

voce insistente dei postulati dell'incertezza,

architetto della conoscenza, non sua fonte.

Questo potente schiavo dei suoi strumenti

pensa la propria bassa posizione il sommo vertice della Natura,



(90) dimenticò di far parte di tutte le cose create

e, nella sua vanità, umile con arroganza,

si crede progenie del fango della Materia

e prende le sue proprie creazioni per propria causa.(I)

Destinata a elevarsi alla luce e alla conoscenza eterne,

la nostra scalata parte dall'uomo, semplice inizio;

dobbiamo emergere dalla pesante piccolezza della terra,

penetrare nella nostra natura col fuoco spirituale:

uno strisciare d'insetto prelude al nostro volo glorioso;

il nostro stato umano è la culla del dio futuro,



(100) la nostra fragilità mortale, la culla d'una forza immortale.

Al culmine di lucciola di questi regni di pallida luce

dove il lucore dell'alba giocava con l'ombra nativa

e aiutava il Giorno a crescere e la Notte a svanire,

fuggendo su un ponte vasto e scintillante, egli entrò nel regno della prima Luce

e la reggenza d'un sole a metà sorto. Dai suoi raggi è nata l'intera sfera della

nostra mente. Designata dallo Spirito dei Mondi a far da mediatrice presso gli

abissi inconsapevoli,



(110) un'abile Intelligenza prototipica, in incerto equilibrio sulle ali uguali

del pensiero e del dubbio, penava senza tregua fra gli estremi nascosti

dell'essere.(II) Una Segretezza respirava nel patetico atto della vita; celata

nutrice dei miracoli della Natura, essa foggiava le meraviglie della vita nel

fango della Materia; tagliava il modello delle forme delle cose, piantava la

tenda della mente nella vaga e ignorante Vastità. Un Mago signore della misura e

l'invenzione ha creato un'eternità partendo dalle forme ricorrenti

(120) e al pensiero errante e spettatore ha assegnato un posto sulla scena

incosciente. Sulla terra, pe'l volere di quest'Arci-Intelligenza, un'energia

senza corpo rivestì l'abito della Materia; protone e fotone servirono all'Occhio

imaginoso a trasformare le cose sottili in un mondo fisico, e l'invisibile

apparve come forma e l'impalpabile fu toccato come massa: la magia del

percepito, unita all'arte del concetto, prestò ad ogni oggetto un nome

interpretativo:

(130) l'idea fu travestita nell'elaborazione d'un corpo, e dalla mistica d'una

strana legge atomica fu creata una cornice in cui la sensazione poté porre il

suo quadro simbolico dell'universo. Fu compiuto anche un più grande miracolo. La

luce mediatrice collegò il potere del corpo, il sonno e il sogno dell'albero e

della pianta, i sensi vibranti dell'animale, il pensiero nell'uomo, al fulgore

d'un Raggio sovrastante. La sua destrezza ch'approva il diritto di pensare della

Materia

(140) apri dei varchi sensibili per la mente di carne

e trovò per la Nescienza un mezzo per conoscere.

Offrendo i suoi piccoli quadrati e cubi di parole

quali sostituti figurati della realtà,

mnemonico alfabeto mummificato,

aiutò la Forza cieca a leggere le proprie opere.

E in questa una coscienza sepolta sorse

ed ora essa si sogna umana e desta.

Ma tutto era ancora un'Ignoranza mobile;

la Conoscenza non poteva ancora venire e abbracciare saldamente



(150) quest'immensa invenzione vista come un universo.

Uno specialista della dura macchina della logica

ne impose il rigido artificio all'anima;

ausiliaria dell'intelletto inventore,

essa ritaglia la Verità in pezzi maneggevoli (III)

perché ciascuno avesse la sua razione di cibo-pensiero,

poi ricostruì con la sua arte il corpo ucciso della Verità:

un robot esatto, servizievole e menzognero

destituì la visione delle cose, più raffinata, dello spirito:

un motore polito fece il lavoro di un dio.



(160) Nessuno trovò il vero corpo, la sua anima pareva morta: (IV)

nessuno aveva lo sguardo interiore che vede il tutto della Verità;

tutti glorificavano il luccicante sostituto.

Allora dalla cime segrete si riversò un'onda,

uno splendido caos di luce ribelle si levò;

essa guardò al di sopra e vide le vette abbaglianti,

guardò all'interno e destò il dio che dormiva.

L'immaginazione chiamò le sue squadre radiose

che s'avventurano dentro scene inesplorate

ove si celan tutte le meraviglie che ancora nessuno conosce:



(170) sollevando la sua bella testa miracolosa,

essa cospirò con la sororale famiglia dell'ispirazione

per riempir di tralucenti nebulose i cieli del pensiero.

Un brillante Errore orlava il fregio dell'altare-mistero;

l'ombra divenne la nutrice del sole occulto della saggezza,

il mito alimentò la conoscenza col suo latte lucente;

l'infante passò da un seno oscuro ad un seno radioso. così operò il Potere sul

mondo in crescita; la sua sottile abilità trattenne il pieno fulgore, accarezzò

l'infanzia dell'anima e la nutrì di finzioni

(180) molto più ricche, nella loro dolce linfa di nettare che sostentava la sua

immatura divinità, della fibra o la paglia secca delle colture della Ragione, il

foraggio accumulato dei suoi fatti innumerevoli, vitto plebeo di cui oggi

prosperiamo. così scesero a fiotti dal regno della prima Luce pensieri eterei

nel mondo della Materia; le sue mandrie dalle corna d'oro s'adunarono nel cuore

della caverna terrestre. I suoi raggi mattutini illuminano gli occhi del nostro

crepuscolo, le sue giovani formazioni spingono lo spirito della terra

(190) a penare, a sognare e a creare a nuovo, a sentire il tocco della bellezza e

a conoscere il mondo ed il sé: il Fanciullo d'Oro cominciò a pensare e a vedere.

In quei fulgidi regni sono i primi passi in avanti della Mente. Ignorante di

tutto ma impaziente di conoscere tutto, comincia qui la sua indagine lenta e

curiosa; sempre la sua ricerca tenta d'afferrare le forme attorno, sempre spera

di scoprire cose più grandi. Ardente e baluginante d'oro ai fuochi del sol

levante, vigile essa vive al bordo dell'invenzione.

(200) Ma tutto quel che fa è a scala infantile, come se il cosmo fosse un gioco

da bambini, mente e vita i balocchi d'un Titano infante. Essa lavora come

qualcuno che costruisca per finta un forte miracolosamente stabile per un poco,

fatto di sabbia su una riva del Tempo in mezzo al mare sconfinato d'una eternità

occulta. La grande Potenza ha scelto un piccolo strumento affilato,

appassionatamente insegue un arduo divertimento; istruire l'Ignoranza è il Suo

difficile incarico, (V)

(210) il Suo pensiero ha inizio da un Vuoto nesciente originale

e ciò che insegna, essa stessa deve impararlo

stanando la conoscenza dal suo sonno.

Ché la conoscenza non viene a noi come un ospite

invitato nella nostra stanza dal mondo esteriore;

amica e abitante del nostro sé segreto,

essa si è celata dietro la nostra mente, s'è addormentata

e lenta si risveglia sotto i colpi della vita;

il potente demone giace informe all'interno:

evocarlo, dargli forma è il compito della Natura



(220) Tutto era un caos di vero e di falso,

La mente cercava in mezzo a spesse brume di Nescienza,

guardava dentro di sé ma non vedeva Dio.

Una provvisoria diplomazia materiale

negò la Verità perché verità transitorie potessero vivere

e nascose la Deità nel credo e la supposizione

perché l'Ignoranza Cosmica potesse lentamente apprendere.

Tale fu l'imbroglio creato dalla Mente sovrana

che da una creato baluginante indagava la Notte

quando la grande Potenza cominciò a interferire nell'Incoscienza:



(230) l'ombra straniera di questa sfida i Suoi occhi luminosi;

le Sue rapide mani devono imparare uno zelo prudente;

la terra non può sopportare che un lento avanzare.

Eppure la Sua energia era diversa da quella della terra cieca,

costretti a maneggiare strumenti di fortuna

inventati dalla forza di vita e la carne.

La terra percepisce tutto attraverso immagini dubbie,

concepisce tutto a lampi di visione fortuiti,

piccole luci che si accendono al contatto del pensiero a tentoni.

Incapace dello sguardo interiore diretto dell'anima,



(240) essa vede a spasmi e salda frammenti di conoscenza,

fa della Verità la schiavetta della sua indigenza,

ed espellendo la mistica unità della Natura

ritaglia in quantum e in massa il Tutto mobile;

prende come metro di misura la propria ignoranza.

Pontefice e veggente nel Suo proprio dominio,

questa Potenza più grande, cd Suo sole a metà sorto,

operava dentro limiti ma possedeva il Suo campo; conosceva per un privilegio di

forza pensante e vantava una nascente sovranità di visione.

(250) Nei Suoi occhi, benché frangiati d'ombra, brillava lo sguardo

dell'Arcangelo che sa i suoi atti ispirati e, in quella fiamma lungimirante,

modella un mondo. Nel Suo regno essa non inciampa né fallisce, ma si muove entro

frontiere di potere sottile attraverso le quali la mente può andare verso il

sole. Candidata a una più alta signoria, essa ha aperto un passaggio dalla Notte

alla Luce, e si è messa in cerca di un'Onniscienza inafferrata.

Una trinità nana a tre corpi era il Suo servo.

(260) Il primo dei tre, il più piccolo, ma membruto, la fronte bassa, la

mascella-quadra e pesante, Pensiero pigmeo che ha bisogno di viver dentro

limiti, era costantemente chino a martellare il fatto e la forma. Assorbito,

ingabbiato nella visione esteriore, esso si tiene sulla solida base della Natura

Ammirevole tecnico, rozzo pensatore, ribaditore della Vita nei solchi

dell'abitudine, obbediente alla tirannia della Materia grezza, prigioniero degli

schemi in cui lavora,

(270) si vincola con ciò ch'esso stesso crea. Schiavo d'una massa fissa di regole

assolute, vede come Legge le abitudini del mondo, vede come Verità le abitudini

della mente. Nel suo regno d'immagini ed eventi concreti, girando in un logoro

cerchio d'idee e ripetendo sempre i vecchi atti familiari, esso vive pago

dell'ordinario e del noto. Ama il vecchio suolo che fu il suo domicilio:

aborrendo il cambiamento come un peccato audace,



(280) diffidente d'ogni nuova scoperta, non avanza che a un passo alla volta,

cautamente,

e teme come un abisso mortale l'ignoto.

Prudente tesoriere della propria ignoranza,

rifugge l'avventura, chiude gli occhi davanti alla speme gloriosa,

preferendo un sicuro punto d'appoggio sulle cose

alla gioia rischiosa della vastità e dell'altezza.

Le lente impressioni del mondo sulla sua mente laboriosa,

impronte tardive quasi indelebili,

aumentano di valore per la loro penuria;



(290) i vecchi ricordi degni di fede son la sua riserva di capitale;

sol quel che i sensi possono afferrare sembra assoluto:

esso si figura come unica verità il fatto esteriore,

identifica la saggezza allo sguardo rivolto alla terra

e le cose conosciute da tanto e le azioni sempre compiute

sono per l'appiglio della sua presa una ringhiera

di sicurezza sulla perigliosa scala del Tempo.

Le antiche vie stabilite sono per lui un lascito fiduciario del Cielo,

leggi immutabili che l'uomo non ha il diritto di cambiare,

sacro eritaggio del gran passato defunto



(300) o l'unica strada creata da Dio per la vita,

stabile forma della Natura mai da modificare,

parte della colossale routine dell'universo.

Un sorriso dal Preservatore dei Mondi

fece un tempo discender sulla terra questa Mente guardiana (VI)

perché tutti restassero nel loro tipo fisso, inalterabile,

e mai abbandonassero la loro posizione secolare.

La si vede, fedele al suo compito, ruotare

instancabile nel tondo d'una tradizione assegnata;

nei putridi e cadenti uffici del Tempo



(310) essa monta una stretta guardia davanti al muro della consuetudine,

o negli oscuri dintorni d'una Notte vetusta

sonnecchia sulle pietre d'un piccolo cortile

e abbaia ad ogni luce inconsueta

come a un nemico che voglia distrugger la sua dimora,

cane da guardia della casa dello spirito recinta dai sensi

contro intrusi provenienti dall'Invisibile,

nutrito degli avanzi della vita e gli ossi della Materia

nel suo canile di certezza oggettiva. Eppure, dietro a lui, sta un potere

cosmico:



(320) una misurata Grandezza tiene in serbo il suo piano più vasto, una monotonia

insondabile ritma il passo della vita; le costanti orbite stellari solcano lo

Spazio inerte, un milione di specie seguono un'unica Legge muta. Una gigantesca

indolenza è la difesa del mondo, fin nel cambiamento è salvaguardata

l'immutabilità; la rivoluzione cade nell'inerzia, l'antico riassume il suo ruolo

sotto un abito nuovo; l'Energia agisce, lo stabile è il suo sigillo: sul petto

di Shiva si svolge l'enorme danza.

(330) Secondo dei tre, venne uno spirito di fuoco.(VII) Cavaliere gobbo

dell'Onagro rosso, un'Intelligenza impetuosa dalla criniera leonina scese d'un

balzo dalla gran Fiamma mistica ch'avvolge i mondi e il cui profilo tremendo

s'attacca al cuore dell'essere. Da lì è scaturita la bruciante visione del

Desiderio. Esso rivestiva mille forme, prendeva innumerevoli nomi: un bisogno di

molteplicità e d'incertezza lo sprona eternamente all'inseguimento dell'Uno

sulle innumeri strade attraverso le immensità del Tempo

(340) per i circuiti d'una differenza senza fine. Tutti i petti esso incendia

d'un fuoco ambiguo. Bagliore luccicante su un fiume tenebroso, fiammeggiava

verso il cielo, poi affondava, inghiottito, verso l'inferno; saliva per

trascinare la Verità giù nel fango e usarne la brillante Forza per torbidi fini;

gigantesco camaleonte oro, blu e rosso volgente al nero, al grigio e al bruno

scuro, affamato, guardava fisso da un ramo di vita screziato per afferrare le

gioie-insetto, suo cibo favorito,

(350) bigio alimento di un'armatura sontuosa che nutre la splendida passione

delle sue tinte. Serpente di fiamma dalla coda di cupa nube, seguito da una

fantastica progenie di scintillanti pensieri,

testa drizzata con vibranti creste multicolori,

con la sua lingua di fumo cercava di lambire la conoscenza.

Vortice aspirante un'aria vuota,

basava sul vuoto stupefacenti pretese,

nate dal Nulla, al Nulla rivenute,

eppure, a sua insaputa, si dirigeva sempre

(360) verso il Qualcosa nascosto che è Tutto.

Ardente a trovare, incapace di trattenere,

una brillante instabilità era il suo marchio,

errare, la sua tendenza innata, la sua naturale condotta.

Incline a credere subito senza riflettere,

giudicava vero tutto ciò che blandiva le sue speranze;

prediligeva inezie preziose nate dal desiderio,

si gettava sull'irreale per foraggiarsi.

Nell'oscurità scopriva forme luminose;

scrutando in una semiluce drappeggiata d'ombra



(370) vedeva figure colorate scarabocchiate nella grotta della Fantasia;

o descriveva ampi cerchi attraverso la notte della congettura

e fotografava con l'aiuto dell'immaginazione

scene piene di promessa tenute in luce da bagliori effimeri,

fissava nell'aria della vita i piedi di sogni precipiti,

conservava le impronte di forme transitorie e di Poteri celati

e immagini-lampo di verità a metà viste.

Una spinta impaziente per afferrare e possedere,

non guidata dalla ragione né dall'anima veggente,

era il suo primo ed ultimo movimento naturale,



(380) dissipava la forza di vita per conseguire l'impossibile:

disprezzava la via diretta e correva su curve vagabonde

abbandonando per l'intentato ciò che aveva conquiso;

vedeva gli scopi irrealizzati come un destino imminente

e sceglieva il precipizio per il suo salto verso il cielo.

L'avventura il suo sistema nel gioco d'azzardo della vita,

esso prendeva i guadagni fortuiti per risultati sicuri;

l'errore non scoraggiava la sua presuntuosa visione

ignara della legge profonda dei cammini dell'essere,

e la sconfitta non potea rallentare il suo impetuoso ghermire;



(390) l'avverarsi d'una possibilità bastava a garantire tutto il resto. Il

tentativo, non la vittoria, era il fascino della vita. Vincitore incerto di

puntate incerte, l'istinto e la mente vitale per padre e madre, esso correva la

sua corsa e arrivava primo od ultimo. Eppure i suoi lavori non erano piccoli e

vani, né nulli; nutriva una porzione della forza dell'infinito e poteva creare

le grandi cose volute dalla sua fantasia; la sua passione coglieva quel che la

calma intelligenza mancava. La visione penetrante dell'impulso posava lo slancio

della sua presa



(400) sui cieli che l'alto Pensiero aveva velato di nebbia abbagliante, captava

riflessi rivelanti un sole nascosto: sondava il vuoto e vi trovava un tesoro.

Una semi-intuizione s'imporporava nei suoi sensi che lanciava il lampo forcuto e

colpiva l'invisibile. Esso vedeva nel buio e batteva indeciso gli occhi nella

luce, l'Ignoranza era il suo campo, l'ignoto il suo bottino.

(410) Di tutti questi Poteri il più grande era l'ultimo. Giungendo tardi da un

lontano piano di pensiero in un mondo di Possibilità ingombro e irrazionale ove

tutto era sentito rozzamente e fatto alla cieca, eppure l'azzardo sembrava

l'inevitabile, arrivò la Ragione, divinità artigiana tarchiata, nella sua

stretta dimora su una cresta del Tempo. Esperta dell'invenzione e la concezione

chiare, il volto pensoso e chiuso e gli occhi scrutatori, prese il suo posto

fermo e irremovibile, lei, il più saggio dei Tre dal sembiante di troll. Armata

della sua lente, il suo metro e la sua sonda, guardò un universo oggettivo



(420) e le moltitudini che vi vivono e muoiono e il corpo dello Spazio, e la

fugace anima del Tempo e prese la terra e le stelle nelle sue mani per cercare

di dare un senso a tali stranezze. Nella sua mente solida, risoluta e laboriosa,

che inventa le sue linee di realtà schematiche

e le curve geometriche del suo piano del tempo,

essa moltiplicò i suoi lenti tagli in due della Verità:

incapace di sopportare l'enigma e l'ignoto,

di tollerare il senza legge e l'unico,



(430) imponendo la riflessione alla marcia della Forza,

imponendo la chiarezza all'insondabile,

s'ingegnava di ridurre in regole il mondo mistico.

Non conosceva nulla ma sperava di tutto conoscere.

Nei tenebrosi regni incoscienti un tempo vuoti di pensiero,

con la missione ricevuta da una suprema Intelligenza

di proiettarne un raggio sull'oscura Vastità,

luce imperfetta che guida una massa errante

col potere dei sensi, dell'idea e la parola,

essa scopre, frugando, il processo, la sostanza, la causa della Natura.



(440) Per armonizzare l'intera vita col controllo del pensiero,

lotta ancora contro l'enorme imbroglio;

ignara di tutto, salvo della propria mente creatrice,

è venuta dall'Ignoranza per salvare il mondo.

Operaia sovrana lungo il corso dei secoli

che osserva e rimodella tutto ciò che esiste,

sicura di sé ha assunto il suo formidabile incarico.

Lì, chinata in basso, si trova questa potente figura,

curva sotto le lampade ad arco della sua fabbrica a domicilio

in mezzo al chiasso e al tintinnio dei suoi arnesi.



(450) Uno sguardo rigoroso nei suoi occhi creatori,

coercitivo per la plastica materia della Mente cosmica,

essa stabilisce le ardue invenzioni del suo cervello

in un modello di eterna fissità:

indifferente alla muta domanda cosmica,

incosciente delle realtà troppo intime,

del pensiero inespresso, del cuore silenzioso,

essa si piega a forgiare i suoi credi, i suoi ferrei codici,

e strutture metalliche per imprigionare la vita

e modelli meccanici di tutte le cose che sono.



(460) Al posto del mondo veduto, trama un mondo concepito:

secondo linee categoriche ma insostanziali fila

le sue trasparenti tele verbali di pensiero astratto, i suoi sistemi segmentano

dell'Infinito, le sue teodicee e le sue carte cosmogoniche e i miti con cui

spiega l'inesplicabile. A suo piacimento dispone nell'aria rarefatta della

mente, come mappe appese distanziate nella scuola dell'intelletto, costringendo

l'ampia Verità a entrare in uno schema ristretto, le sue innumerevoli filosofie,

severe e contrastanti;



(470) dal corpo fenomenico della Natura ricava in linee rigide, con lo scalpello

affilato del Pensiero, quali binari perché scorra il potere del Mago universale,

le sue scienze esatte ed assolute. Sui muri immensi e nudi dell'umana nescienza

attorno ai profondi e muti geroglifici della Natura, essa redige in netti

caratteri demotici la vasta enciclopedia dei suoi pensieri; algebra dei segni

della matematica,

i suoi numeri e le sue formule infallibili accumula

(480) per concludere il suo riassunto delle cose.

Da ogni lato, come in una cosmica moschea,

seguendo i versetti delle sue leggi,

corre il dedalo dei suoi modellati arabeschi,

arte della sua saggezza, artificio del suo sapere.

Quest'arte, quest'artificio sono la sua unica scorta.

Nei suoi nobili lavori d'intelligenza pura,

nel suo ritiro dalla trappola dei sensi,

non si produce alcuna rottura dei muri della mente,

non folgora alcun lampo squarciante di potere assoluto,



(490) nessuna luce spunta di certezza celeste.

La sua conoscenza mostra qui un milione di volti

ed ogni volto ha il turbante d'un dubbio.

Tutto è ora messo in questione, tutto è ridotto a niente.

Una volta monumentali nella loro arte massiccia,

i suoi antichi, grandi scritti mitici scompaiono

e al loro posto iniziano segni precisi ed effimeri;

ai suoi occhi significa progresso questo cambiamento costante:

il suo pensiero e una marcia incessante senza meta

Non c'è una vetta su cui essa possa tenersi



(500) e cogliere d'un solo sguardo l'Infinito.

Un gioco inconcludente è il lavoro della Ragione.

Ciascuna idea forte può usarla quale strumento;

accettando ogni difesa essa perora la propria causa.

Aperta ad ogni pensiero, non può conoscere.`

L'eterno Avvocato in funzione di giudice

corazza con l'invulnerabile armatura della logica

mille combattenti in favore della Verità

e sul superbo destriero dell'argomento li arciona

per giostrare senza fine con una lancia verbale(510) in un finto tomeo

dove nessuno può vincere.

Saggiando i valori del pensiero con le sue prove severe,

essa sta in equilibrio in un vasto aere vuoto,

distante e pura nel suo portamento imparziale.

I suoi giudizi sembrano assoluti ma nessuno è sicuro;

il Tempo annulla in appello tutti i suoi verdetti.

Benché, simile a radianza solare per la nostra mente di lucciola,

il suo sapere finga di discendere da un cielo chiaro,

i suoi raggi non sono che bagliori di lanterna nella Notte;

essa getta una veste scintillante sull'Ignoranza



(520) Ma è perduta adesso la sua antica pretesa sovrana

di governare in pieno diritto l'alto regno della mente,

di legare il pensiero alla catena forgiata e infallibile della logica

o vedere la verità nuda in una brillante nebbia astratta

Padrona e schiava del fenomeno bruto,

essa viaggia sulle strade della visione errabonda

o guarda un mondo meccanico stabilito

costruito per lei dai suoi strumenti.

Manzo aggiogato alla carretta del fatto provato,

trascina enormi balle di sapere attraverso la polvere della Materia



(530) per raggiungere il bazar immenso dell'utilità.

È divenuta l'apprendista del suo vecchio facchino;

una percezione munita d'aiuti è l'arbitro della sua ricerca.

Ora, utilizza questa come pietra di paragone.

Come se ignorasse che i fatti sono la buccia della verità, la buccia essa

conserva e il seme getta via. Un'antica saggezza svanisce nel passato, la fede

dei secoli diventa un vano racconto, Dio esce dal pensiero risvegliato, vecchio

sogno ormai inutile e abbandonato:



(540) essa non cerca che le chiavi della Natura meccanica Interpretando

ineluttabili leggi di pietra, scava il suolo duro e occultante della Materia per

trovare il processo di tutto ciò ch'è compiuto. Un enorme congegno caricato,

auto-azionato, appare all'insistenza fervida e ammirativa del suo sguardo, il

macchinario intricato ed assurdo di un Caso ordinato, fatale e immancabile:

ingegnoso, meticoloso e minuzioso, il suo meccanismo bruto, incosciente ed

esatto

(550) dispiega una marcia infallibile, traccia una strada sicura; progetta senza

pensiero, agisce senza un volere, serve senza uno scopo milioni di scopi e

costruisce un mondo razionale senza avere una mente. Non ha un motore, un

creatore, un'idea: la sua vasta azione autonoma fatica senza una causa;

un'Energia senza vita irresistibilmente trascinata, testa di morto sul corpo

della Necessità, produce la vita e genera la coscienza, poi chiede il perché e

l'origine di tutto.

(560) I nostri pensier. fan parte della macchina immensa, le nostre riflessioni

non sono che un capriccio della legge della Materia, la scienza dei mistici è

stata una fantasia o una finzione; dell'anima o lo spirito non abbiamo adesso

alcun bisogno: la Materia è l'ammirabile Realtà, il miracolo evidente e

inevitabile, la dura verità delle cose, semplice, eterna, unica. Un dispendio

folle, suicida, che crea il mondo grazie al mistero d'una perdita subita, ha

riversato e disperso i suoi lavori sullo Spazio vuoto;

(570) più tardi, la Fona che si disintegra

contrarrà l'immensa espansione da lei prodotta:

allora ha fine questo possente e inane sforzo,

e resta il Vuoto, nudo e vacante come prima.

Così giustificato, coronato, il grande Pensiero nuovospiegò il mondo e ne

dominò tutte le leggi,

toccò le mute radici, risvegliò tremendi poteri velati;

costrinse al servizio i ginn incoscienti

che dormono inutilizzati nella trance ignorante della Materia.

Tutto divenne preciso, rigido, indubitabile.



(580) Ma quando, basato sulla roccia immemoriale della Materia,

si drizzò un insieme fermo, ben disegnato e sicuro,

tutto barcollò ricadendo in un oceano di dubbio;

questo solido schema si dissolse nel flusso interminabile:

la Ragione avea incontrato il Potere senza forma inventore delle forme;

sulle cose invisibili essa inciampò all'improvviso:

un lampo della Verità non scoperta

ne sorprese gli occhi col suo bagliore accecante

e scavò un abisso fra il Reale e il Conosciuto

finché tutto il suo sapere parve un'ignoranza.



(590) Ancora una volta il mondo fu reso una trama di meraviglie,

un processo di magia in uno spazio magico,

profondità d'un miracolo inintellegibile

la cui origine si perde nell'Ineffabile.

Ancora una volta siamo di fronte all'assoluto Inconoscibile.

In un crollo di valori, in un enorme schianto da Giudizio Universale,

nel crepitio e la dispersione della sua opera in frantumi,

essa perse il suo mondo chiaro, preservato e costruito.

Rimaneva una danza quantica, un dispiegarsi disordinato del caso

nel formidabile e rapido vortice dell'Energia:



(600) un moto incessante nel Vuoto smisurato

inventava forme senza pensiero né scopo:

Necessità e Causa furono spettri informi;

la Materia un incidente nella corrente dell'essere,

la Legge, nient'altro che l'abitudine meccanica d'una forza cieca.

Ideali, etiche, sistemi non avevano alcuna base

e presto crollarono o vissero privi di sanzione; tutto divenne caos, sforzo,

urto, conflitto. Idee in lotta e feroci si gettarono sulla vita; una dura

compressione soggiogò l'anarchia

(610) e libertà non fu che il nome d'un fantasma: creazione e distruzione,

abbracciate, ballarono il loro valzer sul seno d'una terra lacerata e tremante;

tutto vorticò e divenne un mondo della danza di Kali. Così caduta, sprofondando,

spargendosi nel Vuoto cercando d'aggrapparsi a puntelli, a un suolo su cui

reggersi, la Ragione non vedeva che una sottile Vastità atomica, l'universo-

substrato cosparso di punti radi su cui fluttua il volto fenomenico d'un mondo

solido. C'era soltanto un processo d'eventi

(620) e il cambiamento plastico e proteiforme della Natura e, resa capace

d'uccidere o creare dalla morte, la forza onnipotente dell'atomo invisibile

spezzato. Restava una possibilità che qui esistesse un potere di liberare l'uomo

dai vecchi mezzi inadeguati e lasciarlo sovrano della scena terrestre. Ché la

ragione potrebbe allora impadronirsi della Forza originale per condurre il suo

veicolo sulle strade del Tempo. Tutto potrebbe allora servire il bisogno della

razza pensante, uno Stato assoluto fondare l'assoluto d'un ordine,

(630) tagliare ogni cosa secondo una perfezione standard e far della società una

macchina giusta ed esatta. Allora Scienza e Ragione, incuranti dell'anima,

potrebbero livellare un mondo uniforme e tranquillo, ricerche immemoriali

rimpinzarsi di verità esteriori e un pensiero monocorde imporre alla mente,

infliggendo la logica della Materia ai sogni dello Spirito, una sorta d'uomo

quale animale ragionevole e una struttura simmetrica della sua vita. Tale

sarebbe il culmine della Natura su un globo oscuro,

(640) il risultato grandioso del lungo lavoro di secoli, il coronamento

dell'evoluzione della Terra, il compimento della sua missione.

cosa potrebbe esser se lo spirito si addormentasse;

l'uomo potrebbe allora riposarsi contento e vivere in pace,

padrone della Natura, lui che una volta lavorò suo schiavo,

il disordine del mondo indurendosi in Legge,se il terribile cuore della

Vita non si levasse in rivolta,

se il Dio interiore non riuscisse a trovare un piano più vasto.

Ma l'Anima cosmica ha più volte;

un tocco può alterare la fronte fissa del Fato.



(650) Può avvenire una svolta improvvisa, aprirsi una strada

Una Mente più grande può vedere una più grande Verità,

o, quando tutto il resto è fallito, possiamo trovare

nascosta in noi la chiave del perfetto cambiamento.

Elevandosi dal suolo ove strisciano i nostri giorni,

la coscienza della Terra può sposare il Sole,

la nostra vita mortale muoversi sulle ali dello spirito,

i nostri pensieri finiti comunicare con l'Infinito.

Nei regni luminosi del Sol levante

tutto è nascita a un potere di luce:



(660) tutto ciò che qui è deformato, mantiene lì la sua forma felice,

qui tutto è mescolato e sfigurato, lì puro e integrale;

eppure ciascuno d'essi è un passo transitorio, una fase momentanea.

Conscia d'una Verità più grande al di là dei Suoi atti,

stava la mediatrice e vedeva i Suoi lavori (VIII)

e vi sentiva la meraviglia e la forza

ma conosceva il potere ch'è dietro il volto del Tempo:

ella eseguiva il compito, obbediva al sapere accordato,

il Suo cuore profondo anelava a grandezze ideali

e, dalla luce, cercava una luce più ampia:



(670) una barriera splendida attorno a lei tracciata ne restringeva il potere;

fedele alla Sua sfera limitata ella penava, ma sapeva

che la sua più alta e più larga visione era una semi-ricerca,

i suoi atti più potenti, un passaggio o una tappa. (IX)

Ché non dalla Ragione fu prodotta la creazione,

né con la Ragione può essere vista la Verità,

la Ragione che attraverso i veli del pensiero e lo schermo dei sensi

riesce appena a scorgere la visione dello spirito

offuscata dalla imperfezione dei suoi mezzi; la piccola Mente è vincolata a

piccole cose:



(680) le sue sensazioni non son che il contatto esteriore dello spirito;

semidesta in un mondo d'oscura Incoscienza, essa cerca a tastoni i suoi esseri e

le sue forme come uno ridotto a brancolare nella Notte ignorante. In

quest'esigua forma della mente e dei sensi infantili, il desiderio è il grido

d'un cuore di fanciullo ch'implora la felicità, la nostra ragione nient'altro

che un'artigiana di balocchi, un'inventrice di regole in uno strano gioco

esitante. Ma ella conosceva i Suoi aiutanti di campo nani la cui presuntuosa

visione prendeva una prospettiva limitata per la meta lontana.



(690) Il mondo da lei creato è un resoconto provvisorio d'un viaggiatore in

marcia verso il vero, a metà trovato, delle cose e che si muove di nescienza in

nescienza Perché nulla è saputo fintanto che qualcosa resta celato; la Verità è

conosciuta solo quando tutto è visto. Attirata dal Tutto che è l'Uno? ella anela

a una luce più intensa della Sua; nascosta dai propri culti e credi ella ha

intravisto il volto di Dio: sa di non aver trovato che una forma, una veste, ma

spera sempre di vederlo nel proprio cuore

(700) e di sentire il corpo della sua realtà. Finora non c'è che una maschera,

non una fronte, benché appaiano a volte due occhi nascosti: la Ragione non può

strappare questa maschera tralucente, i suoi sforzi la fanno solo brillare di

più; essa lega in pacchi l'Indivisibile; trovando le proprie mani troppo piccole

per contenere la vasta Verità, frantuma la conoscenza in parti eterogenee o,

(710) attraverso nubi alla deriva, scruta in cerca d'un sole svanito: vede, senza

capire ciò che ha visto, attraverso i volti chiusi delle cose finite, gli

aspetti innumerevoli dell'infinità. Un giorno il Volto deve consumare la

maschera. La nostra ignoranza è la crisalide della Saggezza,

il nostro errore sposa in cammino una nuova conoscenza,

la sua oscurità è un nodo di luce annerito;

man nella mano, il Pensiero danza con la Nescienza

sulla grigia strada che serpeggia verso il Sole.

Proprio mentre le sue dita annaspano attorno ai nodi(XI)

che li vincolano alla loro strana compagnia,



(720) dentro i momenti del loro conflitto coniugale

irrompono talvolta lampi del Fuoco illuminante.

Anche adesso, quaggiù, grandi pensieri se ne vanno soli:

giunsero armati della parola infallibile

in un'investitura di luce intuitiva

ch'è una sanzione ricevuta dagli occhi di Dio;

annunziatori d'una lontana Verità essi fiammeggiano

arrivando dall'orizzonte dell'eterno.

Uscirà un fuoco dalle infinità,

una più grande Gnosi osserverà il mondo,



(730) venuta da qualche remota onniscienza,

oltrepassando i mari rilucenti del Solo immobile e assorto,

a illuminare il cuore profondo del sé e delle cose.

Essa porterà alla Mente una conoscenza senza tempo,

alla vita il suo scopo, e porrà fine all'Ignoranza.

Al di sopra, in un'alta stratosfera senz'alito di vento,

gettando la loro ombra sulla trinità nana,

vivevano, aspiranti a un Aldilà senza confini,

prigionieri dello Spazio, murati dai cieli limitanti,

nel circuito incessante delle ore



(740) bramosi dei sentieri diretti dell'eternità,

e dal loro alto sito guardavan giù a questo mondo

due Geni dallo sguardo solare, testimoni di tutto ciò che è.

Un potere di sollevare il mondo indolente

cavalcava imperioso un immenso Pensiero di Vita e d'alto volo,

non avvezzo a posarsi sul suolo fermo e invariabile;

abituato a un'azzurra infinità,

esso planava nel cielo assolato e nell'aria stellata;

vedeva in lontananza la dimora irraggiunta dell'Immortale

e udiva, lungi, le voci degli Dei.



(750) Iconoclasta e distruttore delle fortezze del Tempo, superando il limite

d'un balzo e oltrepassando la norma, esso accendeva i pensieri ch'ardono

attraverso i secoli e induceva ad azioni di forza sovrumana. Fin dove poteva

spingersi il volo autonomo dei suoi aerei, visitando il futuro in grandi,

splendidi raid, perlustrava vedute di destino ideale. Pronto a ideare, incapace

di conseguire, disegnava le sue mappe concettuali e i suoi piani visionari

troppo vasti per l'architettura dello Spazio mortale.

(760) Al di là, nell'ampiezza senza punti d'appoggio, imagista di Idee

incorporee, impassibile al grido della vita e dei sensi, una pura Mente-di-

Pensiero contemplava l'atto cosmico Arcangelo d'un bianco regno trascendente,

vedeva il mondo da altezze solitarie, luminose in un aere remoto e vuoto.


NOTE SPECIALI

I Il "saggio crepuscolare". il "re dipendente", il "giudice", l'"architetto", il "potente schiavo", son tutti epiteti per designare la mente materiale (v. 71).

II "gli estremi nascosti dell'essere": l'Incosciente e il Sovracosciente, fra i quali l'intelligenza prototipica opera da mediatrice.

III "essa": la "dura macchina della logica" (v. (151).

IV "il vero corpo, la sua anima": il corpo e l'anima della Verità

V Utilizziamo la maiuscola (fino al v. (699), dove ce ne sia bisogno, per gli aggettivi possessivi riferentisi alla "Potenza" (v. (207), per evitare ambiguità

VI "Mente guardiana": la mente fisica, il "Pensiero pigmeo" (v. (262).

VII "uno spirito di fuoco": la mente di desiderio.

VIII "la mediatrice": l'Intelligenza prototipica (v. (110).

IX Vv. 672-673: si tratta della "visione" e degli "atti" propri della "sfera limitata" in cui opera "la mediatrice".

X La punteggiatura finale dei vv. 680 e 681 è stata da noi invertita rispetto al testo originale.

XI "sue dita": le dita della Ragione.


Fine del Canto Decimo


1   ...   16   17   18   19   20   21   22   23   ...   45


Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©atelim.com 2016
rəhbərliyinə müraciət