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Immagini dall’interno


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IMMAGINI DALL’INTERNO
Queste riflessioni di presentazione sul percorso estetico della nuova fotografia, vanno in parallelo con alcune considerazioni e contributo di idee, sul percorso della nostra cultura fotografica. La ricerca artistica del secolo appena trascorso ha fornito incredibili pretesti e proposte; dall’eidetico all’esistenziale, dall’oggetto al comportamento, dalla materia al segno per non parlare dei mutamenti artistici indotti da tecnologie fluide, alleate dell’umano, plasmabili con il pensiero, alla base, oggi, di una nuova ed incessante trasformazione dell’indagine artistica coinvolta, suo malgrado, nei caratteri e negli aspetti morfologici della nuova civilizzazione.
In questo incerto passaggio epocale, oggi caratterizzato da un’interazione continua di mutevoli significati che tramano le immagini precarie della nostra esistenza, la fotografia ha una sua parte di “rabbia” . Le forme neo-espressive di questa società sono legate all’immagine, supportata da tecnologie veloci che determinano nuovi modi di fare che hanno inciso sui nostri processi di apprendimento. Le proposte, le formulazioni ed il contributo di idee non possono prescindere quindi da un concetto dinamico di cultura, traducibile nell’immaginare rapporti di conoscenza che offrono nuove opportunità di rendere distinguibili, con senso e compiutezza, il reale e l’immaginario.
L’immagine è diventata sempre più un pattern dominante , essenziale nella ricerca contemporanea. L’immagine, con la sua possibilità infinita di riprodursi e con la portata globale della sua diffusione, spesso ci impone atteggiamenti, reazioni a volte fino a condizionarci l’esistenza.

La fotografia con le sue opportunità può rappresentare una scelta aperta nel campo teoricamente infinito del fotografabile, nell’ambito del quale ognuno ritaglia un’area delimitata per la propria pratica, una sorta di promozione ontologica che permette di cogliere sia i valori espressi singolarmente, sia, con maggiore ampiezza di significati, le trame dei rapporti tra i differenti atteggiamenti culturali nell’uso della pratica.


Il nuovo fotoamatore si pone al centro della ricerca visiva contemporanea; nelle sue immagini il dominio della forma, riconducibile ad una percettibilità ritmica e ondulatoria, è alla base della sua programmazione che per quanto interminabile e' in questo caso ancor più definita dall'eccitazione nervosa, dall'entusiasmo improvviso che diviene provocazione visiva quindi canto, luogo dell'intensità e di meraviglia.

Ogni fotografia opera un trasferimento del reale in uno spazio ideale le cui coordinate sono legate ad un'interpretazione soggettiva del tempo e alla funzione di coscienza, determinate dalla capacità di tradurre in un progetto di immagini, nella coerenza del linguaggio, le proprie motivazioni, fuori dalla provocazione del reale come se fossimo in presenza di “immagini dall’interno”.

Il concetto di evocazione-segno diviene sempre più -centro- del linguaggio della fotografia.

Lo sguardo vaga in queste superfici significanti che portano alla luce le relazioni tra gli elementi dell'immagine ed i loro significati complessi, delle motivazioni intrinseche dell'Autore, del suo vedere, sentire e mostrare.
La fotografia è quindi adeguata ad esprimere la visione, le lotte e i sogni in quella società in cui di continuo sorge e si genera; è una continua espressione narrante, plasmata nel plasmarsi stesso dell’uomo delle sue idee, della sua visione. E’ essa stessa , forma ed immagine che diviene;il filo conduttore della ricerca rientra spesso nell’esplorazione dell’inconscio, restituendoci immagini che rappresentano il mondo al di sopra del reale, utilizzando per contro, un mezzo che per paradosso, è incorruttibilmente fedele al reale.

Il rapporto tra fotografia e i suoi dintorni, quindi le discipline che attraversa per ragioni linguistiche, concettuali, è profondo e necessitato. Abbiamo già assistito ormai da tempo che lo sviluppo dei mass media e dei net-work ha quasi escluso la fotografia dal compito dell’informazione, lasciando spazio all’analisi delle problematiche della foto espressiva e creativa. In periodi diversi importanti Autori con linguaggi differenti hanno contribuito ad arricchire l’autonomia espressiva della fotografia e si sono portati alla ricerca di soluzioni linguistiche che hanno privilegiato lo spazio- il tempo esistenziale, l’immaginario privato e collettivo, i meandri della struttura sociale e delle sue nevrosi. Abbiamo sostenuto le ricerche dentro la stessa natura della fotografia, che ci hanno condotto dentro la stessa natura dell’individuo.

Premesso ed appurato che la fotografia è occasione di emozioni estetiche, di indagini, di trasformazioni, ci interessa approfondire, le vie intraprese nella direzione delle arti visive e lo stato della ricerca. La fotografia è nel suo caso, un“mezzo compatibile” per l’accesso all’esplorazione di un apparato di segni interiori, che tramano con il visibile, l’ermeneutica dei sentimenti e delle emozioni.
La fotografia si presenta sia come “boite a faire” , con il suo linguaggio tecnico che è universale e quindi alla portata dell’umanità, sia come “boite à penser”, che è capacità, e talento individuale. Autori e movimenti di avanguardia hanno posto innegabilmente la” questione fotografia”.
Nella seconda parte del XX secolo si possono individuare le matrici di una fotografia, nomade e laica che opera una scelta a tutto campo e che, di conseguenza, raffinerà la ricerca del linguaggio e della raffigurazione che porterà, gradualmente, alla perdita di nitidezza.
Ripercorrendo velocemente le tappe più salienti della storia recente della cultura fotografica, ricordiamo, tra i tanti importanti Autori e “maitre a penser”, Alfred Stieglitz per l’impianto teorico sull’autonomia creativa della fotografia e la sua photo secession; Paul Strand, Edward Weston e Ansel Adams per la ricerca tonale; la nuova oggettività tedesca di August Sander o di Ranger Patzsch; gli storici momenti della Film und Foto di Stoccarda, così come la lirica di Laslo Moholy- Nagy o di Aleksander Rodcenko, di El Lissitzky, con il loro costruttivismo; Anton Giulio Bragaglia con la foto dinamica o Man Ray con le invenzioni ; l’indagine sociologica della F.S.A. con Walzer Evans, Dorothea Lange, Ben Shahn, Arthur Rothstein per arrivare alla weltanschauung, una vera e propria rivoluzione sul ruolo dei fotografi dell’agenzia Magnum, con Robert Capa, David Seymour; dai reportage-inchiesta di Eugene Smith o poi di Sebastiano Salgano; dall’universalità della “Family of man” di Edward Steichen alla centralità della “Subjektive fotografie” di Otto Steinert; dal momento decisivo di Henri Cartier Bresson; al manifesto della Bussola con Giuseppe Cavalli, all’espressionismo fotografico, middle-europeo di Paolo Monti, alle verifiche di Ugo Mulas o ai reportage sociali di Gianni Berengo Gardin e tanti altri, fino alla fotografia concettuale e oltre come le proposte visive di Tak Fushimoto.

La fotografia media tra le varie tendenze e prende in considerazione non solo l’uomo ma per esempio i segni che lascia, le tracce del suo passaggio o indaga sulle sociologia urbana o portare alla luce la parte oscura della città (Brassai) o cogliere scene di vita quotidiana,(da Robert Frank a Diane Arbus) ingannevole per la sua apparente casualità;un’istantanea che conferisce all’immagine un messaggio a volte ironico di autenticità e di appartenenza. William Klein ricerca con le immagini la nevrosi urbana; immagini che scavano nei meandri di una struttura sociale anonima e isolata, o immagini che ci restituiscono (Harry Callahan) figure impersonali di passanti sovrastati e immobilizzati nella giungla del paesaggio urbano. Eugene Smith propone immagini che riflettono atmosfere strane, inquietanti in un proscenio dove si stanno consumando drammi invisibili. Altre fotografie rivendicano l’estetica del cattivo gusto e del consumo di massa (C. Perez Siquier).Chi usa la fotografia per proporre una pungente critica alla società post-industriale con immagini deliberatamente rese a sovvertire schemi tradizionali di lettura o isolano i propri segni del contesto urbano ( da Lee Friedlander a Luigi Ghirri, da Ralph Gibson, a Leslie Krims a Paolo Gioli). Mentre poesia e spiritualità guidano Minor White, Edouard Boubat, Robert Doisneau,vincere la solitudine identificarsi con la massa anonima ma pulsante della folla o a perdersi a neutralizzarsi in un occhio dilatata, è uno dei pretesti dell’immagine di Andy Warhol.


La fotografia, da tempo, è uno strumento privilegiato che ci ha fatto conoscere il vedere nel sentimento e nell’espressione e l’uso personale della fotografia come strumento di indagine e filtro delle proprie convinzioni ed emozioni.

Il metodo fornisce le motivazioni dell’impegno; chi deve misurarsi con un tempo indifferente, usare il reale per rivisitarlo nel ricordo e riproporlo”interiorizzato” nell’immagine immaginaria carica di nuovi e trasgressivi rapporti di conoscenza, come lo “sfocato”, il “bruciato”, il ”mosso” o il “rallentato” nella velocità di ripresa, come si trattasse di una nuova lingua, l’idea-invenzione comprensibile solo all’Autore.


Fornire una diversa interpretazione aperta dell’immagine intervenendo per sua necessità, sulle caratteristiche morfologiche della struttura , provocando un distacco esplicito della visione formale e della percezione concreta del reale. Sono immagini in cui le riprese di realtà sono percepite con difficoltà per provocarne appunto il distacco: quindi foto cinetiche alterate in cui il recupero oggettivo del movimento dalla realtà non é totale e definito o foto cinetiche provocate in cui l’Autore “prova” e sperimenta il movimento fino a ricondurlo dall’ eccitazione della ridondanza, alla scoperta.

E’ il caso del negativo “negato” - ma pronto a rivelarsi - con cui alcuni si identificano perché è la parte più nascosta di tutto il processo che porterà poi alla rivelazione della stampa; il pensiero dello scatto molto sofferto, la forza di lasciare sedimentare l’immagine per non esserne travolto, la necessità di lasciarla”decantare” per cercare nello sviluppo del negativo, il deposito delle emozioni, il recupero del fotogramma.

Sono le caratteristiche del linguaggio che permettono al sogno di divenire sempre più manifesto, mentre il reale, sfocato, si allontana nell’ombra del sogno.

L’immagine così ottenuta, pensata, garantisce il controllo del movimento,l’ elaborazione temporale per meglio indagare nelle linee dell’orizzonte, nei mondi intersecanti delle idee, negli spazi interstiziali delle pause, nel recupero del silenzio..

A volte le istallazioni, utilizza la fotografia all’interno di altre proposizioni in ragione del ruolo che ha assunto e può svolgere criticamente nell’ambito del concetto più generale dell’arte.

Lo stesso utilizzo del bianco e nero può essere interpretato nell'ottica della scelta "minimale" e “originale" di un lessico espressivo che alla risoluzione sintetica. Il BIANCO è silenzio, ma non il silenzio definitivo di morte del NERO, bensì la pausa musicale, un istante di sospensione che precede un nuovo sviluppo della melodia.(V.Kandinskij)



E’ un operatore estetico, un animatore, un fabbricante di immagini. Dunque un fotografo di trasformazione perché in particolare, è colui che utilizza le possibilità note ed equivoche della fotografia, attraverso un’indagine personale dentro la sua stessa natura, privilegiando un mezzo semplicemente per mettere in luce le sue intenzioni. Può cercare l’autorivelazione, selezionando con grande rigore nell’immensa corrente delle immagini che gli si presentano. Può produrre immagini che non si limitano a dar forma estetica alle proposizioni di contenuto, ma che si rivolgono anche all’interno di altre espressioni, svolgendo una funzione critica. L’operatore estetico attraverso le fotografie di trasformazione, evidenzi più nessi comparandoli tra loro e assegna alla fotografia disposizioni operative che tramano i seguenti interventi espressivi: erratici e abbandonati della gestualità; controllati e tecnologici della razionalità; palpitanti e ritmici delle pulsioni; angoscianti e primitivi della passioni.
(Enzo Carli)

Liberamente tratto da:” Giorgio Cutini, Immagini dall’interno”, Ed. Il lavoro Editoriale 2009


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