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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Varianti del Canto VI (I)

Segreti immortali e saggezze visionarie, perduti (II)

nella discesa verso il nostro destino mortale,

parlavano dalle figure della Sua mascherata (III)

in una lingua familiare e dimenticata,

o spuntavan dalla magnificenza astrusa

e il sottile splendore dei Suoi drappeggi.

Attraverso improvvisi scintillii dell'Ignoto,

bagliori dalle opache e strane translucidità,

apparenze ed oggetti cambiavano i loro poteri;

cose senza valore assumevan valori celesti,

suoni inespressivi divenivan veridici,

idee prive di senso balenavan di rivelazione:

simboli sapienti risultavano inintelligibili per l'ignorante,

e frasi che significavan tutto e niente,

avvolte di difese, corazzate, la visiera abbassata,

ed oracoli e profezie sibilline

si offrivano al bordo delle strade per un prezzo

che aumentava ogni volta che la mente lì rigettava;

voci che sembravan venire da mondi invisibili

pronunciavano le sillabe del Non-manifesto

e rivestivano il corpo del Verbo mistico;

i diagrammi stregati di una Forza occulta

fissavan per i magici processi del mondo la legge

del loro miracolo preciso, inesplicabile,

e il colore e la forma portavano le profondità insondate

del loro contesto non-mentale per ricostituire

nel meditabondo silenzio delle immobilità intuitive

il blasone araldico delle realtà segrete del Tempo.

In mezzo ai Suoi simboli della realtà (IV)

(ché tali sembravano a una visione troppo distante,

come noi, per un essere più grande, siamo simboli,)

era la marcia della sua vita e la sua nuova dimora spirituale: (V)

egli andava e viveva con essi come con forme reali,

e loro vite concrete quanto quelle degli uomini,

il loro contatto reale quanto quello dei nostri simili;

i loro corpi divini rendono vere le nostre fantasie

e ci danno, vivo e animato,

ciò che in noi è solo pensiero e sentimento.

Fremevano lì attorno a lui scene piene di grazia

ch'erano quasi simpatie incarnate;

il loro respiro di sogni e linguaggio senza parole

rispondean al pensiero e alla passione dell'anima.

Lì, forma e sentimento erano identici,

ed aspetto e pensiero un'unica armonia;

niente era il bruto e inanimato.

Queste scene eran segni del lungo gioco di miracoli della vita.

Nelle Sue verdi lande e i Suoi abissi celati,

nei Suoi boschetti di gioia dove il pericolo abbraccia la delizia,

egli intravide l'ali nascoste degli uccelli canori delle Sue speranze,

barlume di fuoco blu, oro e scarlatto.

Lungo i Suoi cammini sinuosi e imprevedibili sentieri

e presso i Suoi rivi precipiti e i Suoi calmi laghi,

egli colse i lucidi frutti del Suo spontaneo benessere

o condivise la Sua contentezza opulenta di mandrie brucanti,

lo svolazzamento leggero e mutevole delle Sue ore di farfalla

e i Suoi richiami d'amore nella voce degli uccelli,

e sentì la Sua dolcezza racchiusa nelle Sue valli,

i vasti seni dei Suoi monti accesi nella grandezza nel mattino

e i fianchi distesi del vasto sonno solare dei Suoi pascoli

e le Sue ebbrezze nascoste nei Suoi rifugi selvosi

e la beltà dei Suoi fiori di sogno incantati.

Spesso, nel radioso assopimento dei Suoi meriggi,

egli vide incarnati in uno sciame di bagliori

su superfici lucenti di fascino e letizia,

un sorriso di profondità, un grido di segreti nascosti,

la danza di libellule del pensiero sul fiume del mistero,

che ne sfiora, senz'osare tuffarvisi, il mormorio e la corrente;

o la leggerezza del Suo spirito immortale egli udì nel riso dei Suoi desideri

rosati che correvano ad attirare la beatitudine della sorpresa del cuore in un

mondo di fioritura, canto e luce e, per guidar l'inseguimento attraverso i

cammini profumati, facevan tintinnare melodiose le cavigliere della fantasia

Compagno del silenzio delle Sue vette accettato dal Suo grandioso isolamento,

egli stette con i sui picchi di meditazione dove la vita e l'essere sono un

sacramento offerto a una Realtà aldilà e rimase con lei sulla cresta del Tempo

scrutando l'ineffabile senza-forma,

o salì su una scala perigliosa nella Mente silente e da una torre d'osservazione

nelle solitudini del sé la vide liberare nell'infinità le aquile incappucciate

della Sua pregnanza di senso,

messaggere del Pensiero presso l'Inconoscibile Così, intimo a lei nel corpo e

nello spirito, identificato grazie alla visione d'anima e percezione d'anima e

unificato con tutto ciò che lei era o bramava essere pensò coi Suoi pensieri,

adeguò ai Suoi passi i propri passi,

visse col Suo respiro e vide coi Suoi occhi le cose, languì della Sua debolezza

e fu potente della Sua forza, alfine d'apprendere così il segreto della Sua

anima Ammirò la Sua splendida facciata di fasto e di gioco e le meraviglie della

Sua arte ricca e delicata, la Sua magia dell'ordine e il Suo repentino capriccio

e la Sua indomabile volontà d'essere, vibrò dell'insistenza del Suo grido e

sopportò come il pugno despotico e ardente d'una Madre la Sua forza che non

ammette altro modo che il proprio, le Sue mani che impastano il Destino nella

loro presa violenta, l'emozione del Suo tocco, i Suoi poteri ch'afferrano e

spingono. Era in lei una volontà d'oltrepassare le proprie forme, impaziente di

trasfigurare il mondo finito,

un desiderio immenso di sposare l'Infinito;

egli sentì in lei la Sua speranza e la Sua disperazione,

il turbamento e I ebbrezza dei Suoi seni palpitanti,

la passione che possedeva le Sue membra ardenti,

la Sua mente che tribolava, insoddisfatta dei propri frutti,

il Suo cuore che non catturava l'unico Amato

Ma tutto ciò ch'egli poté vedere o lei svelare

lasciava ancora l'ultimo segreto non rivelato;

ella era qualcosa d'ignoto a lui o a se stessa

Sempre egli incontrava una Forza velata ed in cerca,

una Dea esiliata che costruiva imitazioni di cieli,

una Sfinge dagli occhi levati verso un Sole invisibile

Spesso era vicino a uno Spirito nelle Sue forme

la cui passiva presenza era l'energia della Sua natura;

ma da nessuna parte se ne poteva trovare la traccia esteriore,

oppure la sua impronta sui Suoi atti era indecifrabile

Solo talvolta, come in un'illustrazione indistinta,

l'occhio che considera il lato oscuro delle cose

scorgeva nella macchia l'immagine d'una forma.

Tra un capriccioso nevischio di luce abbagliante

si vide un dio incatenato semicieco

disorientato dal mondo in cui si muoveva:

cosciente tuttavia della luce che gl'ispirava l'anima

egli cercò la sua via fra il riso e richiamo di lei

e il caos d'indicazioni della miriade dei Suoi passi,

guidato dal flauto d'un sonatore lontano

verso una profonda, totale infinitudine.

Attorno a lui era la foresta dei Suoi segni:

in un'incoerente, serrata sequenza, vennero

le colorate e cangianti luci stradali dell'idea

e il geroglifico delle Sue parate simboliche

e, come strane stelle punteggianti la mappa cosmica,

le Sue pietre miliari sui sentieri intricati del Tempo.

Nel labirinto dei Suoi inseguimenti e le Sue ritirate

lo conduce per tutte le vie, ma nessuna è sicura

Da ogni lato lo attira e lo rigetta

Affascinato dalla meraviglia del Suo canto a più toni,

attratto dalla malia dei Suoi umori

e indotto alla gioia e alla pena dal Suo contatto fortuito,

egli si perde in lei, ma non la conquista.

Un paradiso fugace gli sorride dai Suoi occhi;

egli sogna della Sua bellezza che sarà la sua gioia,

sogna del dominio cui sottometterà le Sue membra,

sogna della magia dei Suoi seni di felicità.

Nella Sua trascrizione illuminata, Sua fantasiosa

traduzione del testo puro, originale di Dio,

egli spera di trovare la Scrittura Meravigliosa,

chiave ieratica di sconosciute beatitudini.

Ma la parola della Vita è nascosta nella sua trascrizione,

il canto della Vita ha perso la sua nota divina.

Fuoco e colore tingono le Sue armonie,

ma esse non portano che un fremito di grazia passeggera

e una breve delizia insoddisfatta, presto esaurita

che sguazza nei rapimenti della vita e dei sensi

e perde la risposta luminosa dell'anima.

Un'estasi di desiderio inappagato

è ora il culmine d'oro del Suo canto;

un patos di altezze perdute è il Suo appello,

un cieco palpito del cuore che attinge la gioia attraverso le lacrime:

il dolore le è caro come il Suo grido più profondo.

Vagabonda su rotte abbandonate e disperanti,

lungo i percorsi del suono una voce di frustrazione

implora, desolata, una felicità dimenticata.

Nelle caverne del desiderio, piene d'echi,

mormora basso un debole lamento in sordina,

o indugia su note soavi ed erranti

cercando il piacere nel cuore del dolore:

i suoi toni più felici sono frammenti di un'ora.

(Cfr. vv. 602-(765)

Perché l'essere è eterno, senza fine è la vita.

E qualunque la nostra volontà, di resistere o finire,

dalla vita fuggiamo solo mediante una vita più grande.

Dopo la morte del corpo, quando tutto sembra finito,

i nostri atti ci spingono e dobbiamo ancora per forza

continuare nell'orbita che abbiamo creato:

portato di nascita in nascita, di mondo in mondo,

esiste un muto comando dal Supremo,

c'è da servire un bisogno occulto della creazione:

se la terra perisse, un'altra terra verrebbe,

un antico, profondo impulso continua a operare;

tutto e in travaglio con nascita incessante;

non esistono cime silenziose ove il Tempo riposi.

Questo era riflesso in quella scena più vasta;

fluiva lì una magica corrente che non poteva cessare

(Cfr. vv. 859-(871)

NOTE SPECIALI

I Vedi, per queste varianti, la nota relativa in fine di volume. Il testo originale si trova nel Supplement to the Revised Edition of 'Savitri', Pondicherry 1994.

II Questo verso doveva seguire il v. 601 ("e bocche senza parole. Irriconoscibili") che, in questa versione, finiva con un punto anziché con una virgola.

III Sua": vd. nota a II, 6, 541.

IV Suoi simboli": i simboli della Grande Vita.

V "sua vita", "sua dimora": la vita e la dimora del Viaggiatore dei mondi.




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