Come chi, entro pareti oscure e sfuggenti, verso il barlume lontano della bocca
d'un tunnel, sperando la luce, cammini ormai a passi più sciolti e senta
avvicinarsi il soffio di un'aria più aperta, così egli evase da quella grigia
anarchia. Giunse in un mondo d'inconcludenza, regione senza scopi d'una nascita
ininterrotta ove l'essere fuggiva il non essere e osava vivere ma senza la forza
di sussistere a lungo.
(10) Al di sopra, brillava la fronte meditabonda d'un cielo tormentato,
traversato dalle ali di un'incerta foschia che con la voce di venti erranti
s'avventuravano reclamando una direzione nel vuoto come anime cieche in cerca
del sé che han perduto, vaganti attraverso mondi sconosciuti; le ali di una vaga
domanda s'imbattevano nell'interrogativo dello Spazio. Dopo il diniego, si levò
una dubbia speranza, speranza d'un sé, d'una forma, d'un permesso di vivere, di
veder nascere quello che mai ancora era riuscito ad essere,
(20) della gioia che viene dall'azzardo della mente, dalla scelta del cuore,
dalla grazia dell'ignoto e le mani dell'improvvisa sorpresa e un tocco di sicura
delizia nelle cose precarie: il suo viaggio pervenne a una strana, incerta
distesa, dove la coscienza giocava col sé non cosciente e la nascita era un
tentativo o un episodio. Un incantesimo s'avvicinò, ch'era incapace di
conservare la sua malia, un Potere ardente che non riusciva a trovare la sua
strada, un Caso che sceglieva una bizzarra aritmetica senza però saper legare ad
essa le forme che generava,
(30) una moltitudine che non poteva mantenere il suo totale che ammontava a meno
di zero e a più di uno.
Arrivando ad un senso largo e indistinto che non si curava di definire la sua
corrente fuggevole, la vita lavorava in uno strano e mitico aere, spogliata dei
suoi dolci e magnifici soli. In mondi immaginati, ancora mai resi veri, barlume
attardantesi alla soglia della creazione, ci si smarriva e si sognava senza
fermarsi mai per realizzare: realizzare avrebbe distrutto questo magico Spazio.
(40) Le meraviglie d'un paese incantato crepuscolare pieno d'una bellezza di
strana e vana fattura, ondate di realtà fantasiose, fievoli segni d'un ermetico
Splendore al di sopra, svegliavano il desio appassionato degli occhi, imponevan
la fede al pensiero innamorato e attiravano il cuore senza condurlo ad alcun
fine. Fluiva una magia come di scene mobili che per un momento conservavano la
delicatezza effimera del loro disegno tracciato da un'arte astratta
(50) in una luce rara e insufficiente, con un leggero pennello di sogno, su uno
sfondo d'argento d'incertezza. Un lucore nascente di cieli vicini al mattino,
fuoco intenso concepito ma mai acceso, -carezzava l'aria di allusioni ardenti
del giorno. Gli esseri perfetti che anelavano al fascino dell'imperfezione, gli
illuminati presi al laccio dall'Ignoranza, creature eteree attirate dalla
lusinga del corpo, a questa regione di promessa, battendo ali invisibili,
giungevano affamati della gioia della vita finita,
(60) ma troppo divini per calpestare un suolo creato e condividere il destino di
ciò ch'è perituro. I Figli del Bagliore non incarnato nati da un pensiero senza
forma dell'anima e inseguiti da un desiderio imperituro, traversavano il campo
dello sguardo che li seguiva. Operava lì una Volontà che, non persistendo,
falliva: la vita era una ricerca, ma la scoperta non veniva mai.
Nulla soddisfaceva li, ma tutto seduceva, sembravano esistere cose che mai sono
interamente,
(70) vedevansi immagini che parean atti viventi, dei simboli nascondevano il
senso che pretendean rivelare, e pallidi sogni diventavan reali agli occhi del
sognatore. Lì giungevan le anime che invano si sforzan di nascere, e gli spiriti
intrappolati potean vagare attraverso il tempo, senza mai trovare però la verità
di cui vivono. Tutti correvano come speranze a caccia di un'occasione in
agguato; niente era solido, niente si sentiva completo: tutto era insicuro,
miracoloso e a metà vero. Sembrava un regno di vite senza una base.
(80) Si fece giorno allora una ricerca più grande, un cielo allargato, un
percorso sotto le ali della Forza incombente. Venne per primo il regno della
stella del mattino: una beltà di primo albore vibrò sotto la sua lancia e la
promessa fremente d'una Vita più vasta. Si levò poi lentamente un grande sole
incerto e alla sua luce la Vita faceva di sé un mondo. Era li uno spirito che
cercava il suo sé profondo pur contentandosi di frammenti spinti in avanti e di
parti d'esistenza che smentivano il tutto
(90) ma che, ricongiunte, potrebbero un giorno esser vere. Qualcosa, tuttavia,
parve alla fine essere attinto. Un volume crescente della volontà-d'essere, un
testo di vita e il grafico d'una forza, un manoscritto d'azioni, un canto di
forme coscienti carico di sensi che sfuggivano alla presa del pensiero e
popolato dei toni sommessi del ritmico grido della vita, poteva iscriversi nei
cuori delle cose viventi. In un'eruzione della potenza dello Spirito segreto,
nella risposta di delizia della Vita e la Materia,
(100) si poteva afferrare un volto di bellezza imperitura che dava immortalità
alla gioia d'un momento, una parola in grado d'incarnare la Verità suprema
scaturiva da una tensione fortuita dell'anima,
qualche colore assoluto poteva proiettarsi sulla vita,
qualche splendore di conoscenza e di visione intuitiva,
qualche passione del cuore rapito dell'Amore.
Ierofante del Segreto incorporale
tenuto all'interno d'un invisibile involucro spirituale,
il Volere che spinge la sensazione oltre il suo orizzonte
(110) a percepire la luce e la gioia intangibili,
trovava a metà il suo cammino nella pace dell'Ineffabile,
captava a metà la sigillata dolcezza d'un desiderio
che agognava in un petto di Felicità misteriosa,
manifestava a metà la Realtà velata.
Un'anima non avviluppata nel manto della sua mente
poteva intravedere il vero senso d'un mondo di forme;
illuminata da una visione nel pensiero,
sostenuta dalla fiamma penetrante del cuore,
poteva mantenere nell'etere cosciente dello spirito
(120) la divinità d'un universo simbolico.
Questo regno ci ispira le nostre più vaste speranze;
le sue forze sono approdate sul nostro globo,
i suoi segni han tracciato la loro trama nelle nostre vite:
esso presta al nostro destino un movimento sovrano,
l'onde sue erranti provocano il grande flutto della nostra vita.
Tutto quello che cerchiamo è li, prefigurato,
e quel che non abbiamo conosciuto o mai cercato
e che pure un giorno deve nascere nei cuori umani
affinché l'Intemporale possa realizzarsi nelle cose.
(130) Incarnata nel mistero dei giorni,
eterna in un aperto Infinito,
una possibilità ascensionale senza fine
s'arrampica su una vertiginosa scala di sogno,
eternamente, nella trance cosciente dell'Essere.
Tutto su quella scala sale verso un fine invisibile.
Un'Energia di perpetua impermanenza
compie il viaggio da cui nessun ritorno è sicuro,
il pellegrinaggio della Natura verso l'Ignoto.
Come se, nell'ascesa alla sua fonte perduta,
(140) sperasse di sviluppare tutto ciò che potrebbe un giorno esistere, la sua
alta processione va da una tappa all'altra, progressione a salti da visione a
visione più grande, processo in marcia da forma a forma più ampia, carovana
delle inesauribili formazioni d'un Pensiero e una Forza illimitati. Il suo
Potere intemporale che una volta giaceva nel grembo d'una Calma senza inizio né
fine, separato ora dalla felicità immortale dello Spirito, erige il modello di
tutte le gioie ch'essa ha perduto; (150) costringendo la sostanza transitoria a
entrare nella forma, essa spera, con la liberazione dell'atto creatore, di
superare talvolta d'un balzo l'abisso che non può colmare, di guarire un istante
la ferita della separazione, evadere dalla prigione di piccolezza del momento e
incontrare le vaste sublimità dell'Eterno nell'incerto campo temporale qui
diviso. Quasi sfiora ciò che non può mai esser raggiunto; essa rinchiude
l'eternità dentro un'ora e riempie d'Infinito una piccola anima;
(160) l'Immobile si china verso la magia del suo richiamo; essa si tiene su una
riva nell'Illimitabile, percepisce Colui che senza forma dimora in tutte le
forme, e sente attorno a sé l'abbraccio dell'infinità. Il suo lavoro non conosce
fine; essa non se Ne alcuno scopo ma a fatica avanza, guidata da un Volere senza
nome venuto da qualche inconoscibile, amorfa Vastità. Tale è la sua segreta,
impossibile impresa: prendere il senza-limite nella rete della nascita, colare
lo spirito nella forma fisica,
(170) prestare la parola e il pensiero all'Ineffabile; essa è spinta a rivelare
l'eternamente Immanifesto. Eppure la sua abilità ha compiuto l'impossibile: essa
segue il suo piano sublime e irrazionale, inventa gli stratagemmi della sua arte
magica
per scoprire nuovi corpi per l'Infinito
ed immagini dell'Inimmaginabile;
ha attratto l'Eterno nelle braccia del Tempo.
Ancora adesso essa stessa ignora ciò che ha fatto.
Ché tutto si opera sotto una maschera sconcertante:
(180) un sembiante diverso dalla sua verità nascosta
prende l'aspetto d'un inganno illusorio,
di un'irrealtà contraffatta sospinta dal tempo,
di creazione incompiuta di un'anima mutevole
in un corpo che muta con l'abitante.
Insignificanti i suoi mezzi, infinito il suo lavoro;
su una gran distesa di coscienza priva di forma,
a piccoli, limitati tocchi mentali e sensoriali,
essa dispiega all'infinito una Verità senza fine;
un mistero intemporale si elabora nel Tempo.
(190) La grandezza ch'essa ha sognato è stata mancata dai suoi atti,
il suo lavoro è una passione e sofferenza,
rapimento ed angoscia, sua gloria e maledizione;
ma non ha altra scelta che perseguirlo;
il suo cuore possente le vieta di desistere.
Fintanto che il mondo dura, la sua sconfitta vive
stupendo e confondendo lo sguardo della Ragione,
follia e bellezza indicibili,
superba demenza della volontà di vivere,
audacia, frenesia di delizia.
(200) Tale è la legge del suo essere, la sua sola risorsa;
benché mai arrivi la soddisfazione, essa sazia
la sua volontà affamata di prodigare ovunque
le sue multi-immaginate finzioni del Sé
e mille modi dell'unica Realtà.
Essa ha creato un mondo lambito dall'orlo fuggente del vero,
un mondo proiettato nel sogno della sua stessa ricerca,
l'icona d'una verità, la forma d'un mistero cosciente.
Questo mondo non s'attardava, come la mente terrestre 1I rinchiusa,
nelle solide barriere del fatto apparente;
(210) osava fidarsi della mente di sogno e dell'anima.
Cacciatore di verità spirituali fin allora soltanto pensate, o indovinate, o
detenute dalla fede, esso afferrava nell'immaginazione e confinava in una gabbia
il ritratto d'un uccello del paradiso. Questa vita più grande è innamorata
dell'Invisibile; invoca qualche luce eccelsa oltre la sua portata, può udire il
Silenzio che assolve l'anima; percepisce un tocco liberatore, un raggio divino:
la bellezza, il bene e la verità sono i suoi iddii.
(220) È vicina a cieli più celesti di quelli visti dagli occhi della terra, e a
un'ombra più terribile di quanto la vita umana può sopportare: è imparentata al
demone ed al dio. Uno strano entusiasmo ha fatto vibrare il suo cuore; essa ha
fame d'altezze, brama ciò ch'è supremo. Agogna il mondo perfetto, la forma
perfetta. Si slancia verso il pensiero sommo, la luce delle cime. Perché è la
forma a rendere vicino il Senza-Forma ed ogni perfezione rasenta l'Assoluto.
Figlia del cielo che non ha mai visto la sua dimora,
(230) l'impeto suo incontra in un punto l'eterno: essa può solo appressarsi e
toccare, non trattenere; non può che sforzarsi verso qualche estremo luminoso:
la sua grandezza è di cercare e creare.
Su ogni piano, questa Grandezza deve creare. Sulla terra, in cielo e
nell'inferno essa è la stessa; prende una parte enorme in ogni destino. Custode
del fuoco che accende i soli, trionfa nella sua gloria e potenza; contrastata,
oppressa, porta il desiderio di nascere di Dio:
(240) lo spirito perdura sul terreno del non-essere, la forza cosmica sopravvive
all'urto della disillusione cosmica: muta, essa è ancora il Verbo, inerte, il
Potere. Quaggiù caduta, schiava della morte e l'ignoranza, è spinta ad aspirare
a ciò che è immortale e indotta a conoscere anche l'Inconoscibile. Pur
nesciente, nullo, il suo sonno crea un mondo.
Quando meno è visibile, più potentemente lavora;
rifugiata nell'atomo, sepolta nella zolla d'argilla,
la sua viva passione creatrice non può cessare.
(250) L'incoscienza è la sua lunga pausa gigantesca,
il suo svenimento cosmico è una fase immensa:
nata nel tempo, essa cela la sua immortalità;
nella morte, suo letto, attende l'ora di levarsi.
Pur vedendosi negata la Luce che l'ha emanata,
pur morta la speranza necessaria alla sua impresa,
anche quando son spente nella Notte le sue stelle più lucenti,
alimentata dalla prova e la calamità,
la sofferenza come serva, massaggiatrice e nutrice del suo corpo,
il suo spirito torturato e invisibile continua nondimeno
(260) a penare anche se nell'ombra, a creare anche se nelle doglie;
essa porta Dio crocifisso sul suo seno.
Nei gelidi abissi insensibili ove non è alcuna gioia,
murata oppressa dalla resistenza del Vuoto
in cui nulla si muove e nulla può divenire,
ancora ricorda, ancora invoca l'abilità
che l'operaio dei Prodigi le conferì alla nascita,
assegna una forma al sonnolento senza-forma,
rivela un mondo ove nulla prima, esisteva
In regni confinati in un prono cerchio di morte,
(270) in un'oscura eternità d'Ignoranza,
fremito in una massa inerte e incosciente,
o prigioniera di spire di Forza immobilizzate,
sorda e muta per la coercizione cieca della Materia,
essa rifiuta di dormire immota nella polvere.(I)
Allora, in punizione della sua veglia ribelle,
dotata solo della cruda Circostanza meccanica
quale congegno della sua arte magica,
essa modella nel fango meraviglie divine;
immette nel protoplasma la sua spinta muta e immortale,
(280) aiuta il tessuto vivente a pensare, i sensi ottusi a sentire,
fa balenare messaggi intensi attraverso i fragili nervi,
ama, miracolosamente, in un cuore di carne,
a corpi bruti dà un'anima, una volontà, una voce. Fa di continuo apparire, come
con una magica bacchetta, esseri, forme, scene innumerevoli, porta-fiaccole dei
suoi fasti attraverso il Tempo e lo Spazio. Questo mondo è il suo lungo viaggio
attraverso la notte, i soli e i pianeti, lampade a illuminarne la strada, la
nostra ragione, la confidente dei suoi pensieri,
(290) i nostri sensi, i suoi testimoni vibranti. Lì, traendo i suoi segni da cose
a metà vere, a metà false, essa si sforza di sostituire con sogni realizzati il
ricordo della sua perduta eternità.
Queste le Sue imprese in tale immensa ignoranza cosmica: (II) finché il volo non
si solleva, finché la notte non muore, nella luce o la tenebra lei persegue la
Sua ricerca instancabile, il Tempo è il Suo cammino di pellegrinaggio infinito.
Una passione unica e potente motiva tutte le Sue opere. Il Suo Amante eterno è
la causa della Sua azione;
(300) per lui si è lanciata dalle Vastità invisibili per venirsene qui, in un
mondo d'assoluta incoscienza. Gli atti ne sono il rapporto ch'ella tiene col Suo
Ospite nascosto del quale prende gli stati d'essere come stampi appassionati del
Suo cuore; nella bellezza ella tesaurizza la luce solare del suo sorriso.
Vergognosa della Sua ricca povertà cosmica, alletta la sua potenza coi Suoi
piccoli doni, mantiene con le Sue scene la fedeltà del suo sguardo e corteggia i
suoi vagabondi pensieri dai grand'occhi perché dimorano nelle forme ch'assume la
Sua Forza dai milioni d'impulsi.
(310) Attirare il Suo compagno velato e tenerlo contro il Suo seno nel Suo
mantello del mondo per tema ch'abbandoni le Sue braccia e si volga alla sua pace
senza forma è il solo compito del Suo cuore, la Sua preoccupazione tenace.
Eppure, quand'egli è più vicino, lei lo sente lontano. Ché la contraddizione è
la legge della Sua natura. Benché sia sempre in lui e lui in lei, come
inconsapevole del legame eterno, la Sua volontà è di rinchiudere Dio nelle Sue
opere
e tenerlo quale Suo diletto prigioniero
(320) perché non possan più separarsi nel Tempo.
Una camera sontuosa pe'l sonno dello spiato
lei creò dapprima, stanza interiore profonda,
dov'egli dorme come un ospite dimenticato.
Ma eccola cominciare a rompere l'incantesimo dell'oblio,
eccola risvegliare il dormiente sul letto scolpito;
lei riscopre la Presenza nella forma
e alla luce che si desta con lui ritrova
un senso nel cammino precipite e faticoso del Tempo,
e attraverso questa mente che una volta oscurava l'anima
(330) passa un bagliore dell'invisibile divinità.
Attraverso il sogno luminoso d'uno spazio dello spirito,
lei costruisce la creazione come un ponte d'arcobaleno
fra il Silenzio originale ed il Vuoto.
Del mobile universo fa una rete;
ordisce una trappola per l'Infinito cosciente.
Una conoscenza che dissimula i suoi passi l'accompagna
e pare un'Ignoranza muta e onnipotente.
L'accompagna un potere che rende veri i prodigi,
l'incredibile è il Suo materiale per la realtà ordinaria.
(340) I Suoi disegni, i Suoi funzionamenti si rivelano enigmi;
esaminati, diventano altri da quel che erano,
spiegati, sembrano ancora più inesplicabili.
Anche nel nostro mondo ha regnato un mistero
che l'ingegnoso schermo terrestre di futile evidenza nasconde;
i Suoi piani più vasti son fatti di magie.
Lì, l'enigma mostra il suo splendido prisma,
non esiste alcun travestimento opaco sotto forma di banalità;
occulta, profonda è ogni esperienza che viene,
sempre nuova la meraviglia, miracolo divino.
(350) C'è un'essenza schermata, un tocco misterioso,
una segretezza di senso riposto.
Benché nessuna maschera di terra pesi sul Suo volto,
lei fugge in se stessa per sottrarsi alla propria vista.
Tutte le forme son simboli di qualche idea velata
il cui fine recondito si cela alla ricerca della mente, pur essendo una matrice
di sovrana conseguenza. Lì ogni pensiero e sentimento è un atto, ed ogni atto un
simbolo e un segno, ed ogni simbolo racchiude un potere vivente. Lei costruisce
un universo partendo da verità e da miti, ma quello che più le mancava, non lo
può costruire; tutto il manifesto è una forma o copia della Verità, ma il Reale
copre davanti a lei il suo volto mistico. Tutto il resto ella trova, salvo
l'eternità; tutto è cercato, ma l'Infinito è perduto.
Una coscienza illuminata da una Verità al di sopra fu percepita; essa vedeva la
luce, ma non la Verità: afferrava l'Idea e ci costruiva un mondo; vi fabbricava
un'Immagine e la chiamava Dio. Eppure qualcosa di vero e d'interiore si ancorava
lì. Gli esseri di questo mondo della Grande Vita, abitanti d'un aere più vasto e
d'uno spazio più libero, non vivon mediante il corpo o nelle cose esteriori:
un'esistenza più profonda era la sede del loro sé. In questo dominio d'intensa
intimità gli oggetti dimorano come compagni dell'anima; le azioni del corpo sono
una scrittura minore, la rappresentazione in superficie d'una vita dentro. In
questo mondo tutte le forze sono la scorta della Vita e il pensiero ed il corpo
si muovono come suoi servitori. Le vastità universali le danno libero gioco: nei
loro atti tutti percepiscono il movimento cosmico e della sua cosmica potenza
son gli strumenti. O del proprio sé fanno il loro universo. In tutti quelli che
si sono elevati a una Vita più grande, una voce di cose non nate sussurra
all'orecchio, ai loro occhi visitati da qualche sublime luce solare
l'aspirazione mostra l'immagine d'una corona: per far spuntare un seme ch'essa
ha gettato dentro
(390) e realizzare in loro il suo potere vivono le sue creature. Ciascuna è una
grandezza che cresce verso le cime o, dal suo centro interno, dilaga come
oceano; in onde circolari di potere concentrico esse inghiottono a sazietà tutto
ciò che le circonda Anche quest'ampiezza molti riducono a cabina; rinchiusi in
una vastità più Astretta e più brevi orizzonti vivon contenti di qualche minuta
grandezza conquisa Governare il piccolo impero di se stessi, essere una figura
nel loro mondo privato,
(400) fare proprie le gioie e le pene dell'ambiente e soddisfare i loro motivi
vitali e i loro vitali bisogni è incarico e funzione sufficienti per
quest'energia, cambusiera della Persona e 'l suo destino. Questa era una linea
di transizione e un punto di partenza, una prima immigrazione nella
celestialità, per tutti quelli che passano in quella sfera brillante: son questi
i genitori della nostra razza terrestre; questa regione confina col nostro stato
umano.
Questo mondo più vasto produce i nostri più grandi movimenti,
(410) le sue potenti formazioni costruiscono i nostri sé in sviluppo; le sue
creature sono i nostri doppi più luminosi, completano i tipi che noi abbozziamo
soltanto e sono con piena sicurezza ciò che noi ci sforziamo di essere. Quasi
personaggi elaborati ed eterni, intere, non tirate come noi da correnti
contrarie, esse seguon la guida invisibile nel cuore, la loro vita obbedisce
alla legge della natura interiore. Lì è custodita la riserva di grandezza, lo
stampo dell'eroe; l'anima è l'artefice vigilante del suo destino;
(420) nessuno è uno spirato indifferente e inerte; essi scelgono il loro campo,
vedono il dio che adorano. Si partecipa a una battaglia fra il vero e il falso,
un pellegrinaggio s'avvia verso la Luce divina. Ché lì, perfino l'Ignoranza
aspira a conoscere e riluce dello splendore d'una stella lontana;
c'è una conoscenza nel cuore del sonno e la Natura viene ad essi come forza
cosciente. Un ideale è la loro guida e il loro re: aspirando alla monarchia del
sole
(430) invocan la Verità come loro alto governo, la mantengono incarnata nei loro
atti quotidiani e riempiono i propri pensieri della sua voce ispirata e foggiano
le proprie vite nella sua forma vivente, fino a condividere anch'essi la sua
deità d'oro solare. Oppure aderiscono alla verità delle Tenebre; che sia per il
Cielo o per l'Inferno, devono far guerra: guerrieri del Bene, servono una
fulgida causa o formano l'esercito del Male, al soldo del Peccato. Ché il male e
il bene hanno uguale diritto
(440) ovunque la Conoscenza è gemella dell'Ignoranza. Tutti i poteri della Vita
tendono verso la loro natura divina nella vastità e l'audacia di quell'aere,
ciascuno erige il suo tempio ed espande il suo culto, e lì, anche il Peccato è
una divinità. Affermando la bellezza e lo splendore della sua legge, esso
rivendica la vita quale suo feudo naturale, assume il trono del mondo o indossa
la veste papale: i suoi adoratori proclamano il suo sacro diritto. Essi
Averiscono una Menzogna dalla tiara rossa,
(450) venerano l'ombra d'un Dio tortuoso, ammettono l'Idea nera che travisa
l'intelligenza o giacciono col Potere, questa prostituta ch'uccide l'anima. Una
virtù dominatrice prende una posa scultorea, o una passione di Titano incita a
una fiera inquietudine: all'altare della Saggezza sono dei re e dei preti, o la
loro vita è un sacrificio a un idolo del Potere. Oppure la Bellezza brilla su di
loro come una stella errante; troppo remota per esser raggiunta, essi ne seguon
la luce: nell'Arte e la vita afferrano il raggio del Tutto-Meraviglioso
(460) e fan del mondo la loro splendida casa del tesoro: anche le forme ordinarie
son rivestite di prodigio;
un fascino, una grandezza rinchiusa in ogni ora
risveglia la gioia che dorme in tutte le cose create.
Vittoria formidabile o formidabile sconfitta,
trono nel cielo o fossa nell'inferno,
essi han giustificato l'Energia duale
e impresso il suo tremendo sigillo sulla propria anima:
tutto ciò che il Fato loro riserva, l'han meritato;
hanno fatto qualcosa, sono stati qualcosa, vivono.
(470) La Materia è lì il risultato e non la causa dell'anima.
In un'economia inversa alla verità delle cose sulla terra,
il grossolano ha men peso, il sottile conta di più;
da valore interiori dipende il piano esteriore.
Come la parola espressiva trema del pensiero,
come l'atto brucia della passione dell'anima,
il visibile e percettibile disegno di questo mondo
guarda in fondo, vibrante, a qualche potenza interiore.
Una mente non limitata dai sensi esteriore
dava delle forme agli imponderabili dello spirito,
(480) registrava senza canali gli impatti del mondo
e trasformava in un concreto palpito del corpo
le vive operazioni d'una Forza incorporea;
i poteri quaggiù subliminali che agiscono inosservati
o che stanno in agguato dietro il muro-
uscivano all'aperto scoprendo il loro volto.
L'occulto diveniva lì manifesto, l'evidente restava
al coperto e si addossava all'ignoto;
l'invisibile era percepito e contiguo alle forme visibili.
Nella comunione di due menti che s'incontravano
(490) il pensiero guardava il pensiero e non avea bisogno di parola;
l'emozione stringeva l'emozione in due cuori,
ciascuno sentiva l'altro vibrare nella sua carne e i suoi nervi
o si fondevano l'uno nell'altro divenendo immensi
come quando due case bruciano e il fuoco s'unisce al fuoco:
l'odio abbrancava l'odio e l'amore irrompeva nell'amore,
la volontà lottava contro la volontà sul terreno invisibile della mente;
le passioni altrui, attraversandola come onde,
lasciavano tremante la struttura del corpo sottile, la loro collera si
precipitava al galoppo in un attacco brutale,
(500) come una carica scalpitante di zoccoli che scuote il suolo; si sentiva il
petto invaso dall'altrui dolore, o fluire nel sangue, esultante, la gioia degli
altri: i cuori potevano incontrarsi a distanza, e voci avvicinarsi che parlavan
sulla riva di mari stranieri. Batteva lì la pulsazione d'uno scambio vivente:
l'essere sentiva l'essere anche se lontano e la coscienza rispondeva alla
coscienza. E tuttavia non c'era l'ultima unità. C'era, fra anima ed anima, uno
stato di separazione:
(510) un muro interno di silenzio poteva erigersi, un'armatura di forza cosciente
proteggere e far scudo; l'essere poteva trovarsi rinchiuso e solitario, si
poteva restare appartati in sé, da soli. L'identità non esisteva ancora, né la
pace dell'unione. Tutto era ancora imperfetto, conosciuto a metà, a metà fatto:
il miracolo dell'Incoscienza superato, ancora il miracolo del Sovracosciente,
ignoto, avvolto in sé, non sentito, inconoscibile, origine di tutto ciò che
erano, abbassava su di loro lo sguardo.
(520) Essi venivano come forme dell'Infinito senza forma, vivevano come nomi di
un'Eternità senza nome. L'inizio e la fine eran lì occulti; un termine medio
operava, inspiegato, abrupto: essi eran parole rivolte a una vasta Verità muta,
erano cifre a riempire una somma incompiuta. Nessuno si conosceva veramente né
conosceva il mondo né la Realtà che lì viveva come in un reliquiario: conoscevan
solo ciò che la Mente poteva costruire attingendo dall'immensa riserva della
Sopramente segreta.
(530) Un'oscurità sotto di loro, un Vuoto al di sopra, essi vivevano incerti in
un grande Spazio ascendente; con misteri spiegavano un Mistero, una risposta
enigmatica si offriva all'enigma delle cose.
Come avanzava in quest'etere di vita ambigua,
egli fu presto enigma a se stesso;
vedeva tutto come simbolo e ne cercava il senso.
Oltre le fluenti scaturigini della morte e della nascita
e attraverso le mobili frontiere del cambiamento dell'anima,
cacciatore sulla pista creativa dello spirito,
(540) egli seguiva le tracce fini e potenti della vita
incalzando la Sua inaccessibile e formidabile delizia(III)
d'una pericolosa avventura senza termine.
All'inizio nessuna meta apparve in quei grandi passi:
egli vide solo la vasta origine di tutto ciò che è quaggiù
volta a una più vasta origine al di là.
Ché a mano a mano che la vita si allontanava dai confini terrestri,
si faceva sentire dall'Ignoto una trazione più tesa,
e un contesto più alto di pensiero liberatore
la spingeva verso la meraviglia e la scoperta;
(550) interveniva un nobile affrancamento dalle cure più meschine,
un'immagine più potente del desiderio e la speranza,
una formula più ampia, una scena più larga.
La vita ruotava incessante verso una Luce remota:
i Suoi segni coprivano ancora, più che rivelare;
ma legati a una visione e a una volontà immediate,
perdevano il loro valore nella gioia dell'uso,
finché, spogliati del loro significato infinito, divenivano
una cifra balenante di senso irreale.
Armata d'un arco magico e stregato,
(560) essa mirava a un bersaglio mantenuto invisibile
e sempre creduto distante, benché sempre vicino.
Come qualcuno che interpreti dei caratteri illuminati,
il libro chiave d'un testo di magia illeggibile,
egli scruta il sottile groviglio dei Suoi strani disegni
e il velato, arduo teorema dei Suoi indizi,
nelle sabbie mostruose del deserto del Tempo scoprì il filo
tenue degli inizi dei Suoi lavori titanici,
osserva la sciarada della Sua azione per cogliere un cenno,
decifrò i gesti del teatro No dei Suoi profili,
(570) e si sforzò di captare nel loro movimento carico di senso la fantasia
danzante delle Sue sequenze che sfuggiva in forma di ritmico mistero, bagliore
di piedi fuggitivi su un suolo evanescente. Nella labirintica trama dei Suoi
pensieri e le Sue speranze e le vie traverse dei Suoi intimi desideri, nei
complessi nascondigli rigurgitanti dei Suoi sogni e i cerchi intersecati da un
intrico di cerchi aberranti, vagabondo smarrito in mezzo a scene fugaci, egli
perdeva i segni del testo inseguendo congetture tutte inadeguate.
(580) Incontrava sempre parole-chiave di cui ignorava la chiave. Un sole che
abbagliava l'occhio della propria visione, maschera lucente d'un luminoso
enigma, rischiarava la densa barriera purpurea del cielo del pensiero: un'oscura
e vasta trance rivelava alla notte le stelle della vita. Come seduto accanto al
varco d'una finestra aperta, alla luce di lampi crescenti egli lesse capitoli
del Suo romanzo metafisico della ricerca dell'anima per la Realtà perduta e le
Sue finzioni tratte dall'autentico fatto dello spirito;
(590) decifrò i Suoi capricci, le Sue stravaganze e i Suoi ermetici intenti, le
Sue inafferrabili bizzarrie impetuose e i voltafaccia mistero. Vide gli
splendidi manti della Sua segretezza avvolgere, sottraendolo allo sguardo, il
Suo desiderabile corpo, le strane forme significanti tessute sulla Sua veste, i
contorni eloquenti da lei dati all'anima delle cose, le false trasparenze delle
Sue sfumature di pensiero, i Suoi ricchi broccati di figure fantastiche, le Sue
mutevoli maschere e i ricami del Suo travestimento. Mille sconcertanti volti
della Verità
(600) lo guardavano dalle Sue forme con occhi sconosciuti e bocche senza parole,
irriconoscibili, parlavano dalle figure della Sua mascherata o spuntavan dalla
magnificenza astrusa e il sottile splendore dei Suoi drappeggi.
Attraverso improvvisi scintillii dell'Ignoto,
suoni inespressivi divenivan veridici,
idee che sembravan prive di senso folgoravano di verità;
voci provenienti da mondi invisibili in attesa
pronunciavano le sillabe del Non-manifesto
(610) per rivestire il corpo del Verbo mistico,
e i diagrammi stregati della Legge occulta
sigillavan qualche armonia precisa, indecifrabile,
o si servivano del colore e la forma per ricostituire
il blasone araldico delle realtà segrete del Tempo.
Nelle Sue verdi solitudini e le Sue profondità celate,
nei Suoi boschetti di gioia ove il pericolo abbraccia la delizia,
egli intravide l'ali nascoste degli uccelli canori delle Sue speranze,
barlume di fuoco blu, oro e scarlatto.
Nei Suoi riparati cammini, rasentando i Suoi imprevedibili sentieri campestri
(620) e lungo i Suoi rivi canori e i calmi laghi,
scoprì la rutilanza dei Suoi frutti dorati di beatitudine
e la beltà dei Suoi fiori di sogno incantati.
Come il miracolo d'un cuore trasmutato dalla gioia,
osservò nell'alchemica radianza dei Suoi soli
l'esplosione cremisi d'un unico fiore secolare
sull'albero-del-sacrificio dell'amore spirituale.
Nello splendore assonnato dei Suoi meriggi vide,
ripetizione perpetua attraverso le ore,
la danza di libellule del pensiero sul fiume del mistero,
(630) che ne sfiora, senza mai saggiare, il mormorio e la corrente,
e udì il riso dei Suoi desideri rosati
che correvano come per sfuggire a cupide mani,
facendo tintinnare melodiose le cavigliere della fantasia.
In mezzo ai simboli viventi del Suo potere occulto
egli andava, percependoli come vicine forme reali:
in quella vita più concreta delle vite degli uomini
palpitavano i battiti del cuore della realtà nascosta:
li era incarnato ciò che noi non possiamo che pensare e sentire,
e autostrutturato ciò che qui prende in prestito forme esteriori.
(640) Compagno del Silenzio sulle Sue vette austere,
accettato dal Suo grandioso isolamento, egli rimase con lei sui picchi di
meditazione dove la vita e l'essere sono un sacramento offerto alla Realtà al di
là, e la vide liberare nell'infinità le aquile incappucciate della Sua pregnanza
di senso, messaggere del Pensiero presso l'Inconoscibile. Identificato nella
visione d'anima e percezione d'anima, entrando nelle Sue profondità come in una
casa,
(650) egli divenne tutto ciò che lei era o bramava essere, pensò coi Suoi
pensieri e viaggiò coi Suoi passi, visse col Suo respiro e scruta coi Suoi occhi
ogni cosa al fine d'apprendere così il segreto dell'anima Sua. Testimone
soggiogato dalla scena, ammira la Sua splendida facciata di fasto e di gioco, e
le meraviglie della Sua arte ricca e delicata, e trasalì all'insistenza del Suo
grido; sopporta, infervorato, le magie del Suo potere, sentì posarsi su di sé il
Suo volere abrupto e misterioso,
(660) le Sue mani che impastano il destino nella loro presa violenta, sentì
l'emozione del Suo tocco, i Suoi poteri ch'afferrano e spingono. Ma vide anche
questo: la Sua anima che piangeva dentro, le Sue vane ricerche ch'annaspano
dietro la verità sfuggente, le Sue speranze il cui sguardo cupo sposa la
disperazione, la passione che possedeva le Sue membra bramose, il turbamento e
l'ebbrezza dei Suoi seni ardenti, la Sua mente che tribola, insoddisfatta dei
propri frutti, il Suo cuore che non cattura l'unico Amato. Sempre egli
incontrava una Forza velata ed in cerca,
(670) una dea esiliata che costruiva imitazioni di cieli, una Sfinge dagli occhi
levati a un Sole nascosto.
Sempre sentiva vicino, nelle Sue forme, uno spirito la cui passiva presenza era
l'energia della Sua natura; questo solo è reale nelle cose apparenti, anche
sulla terra lo spirito è la chiave della vita,
ma i Suoi solidi aspetti esteriori nessuna traccia ne porto.
Introvabile è 1a sua impronta sui Suoi atti.
Un patos di altezze perdute è il suo appello
Solo talvolta si afferra un tratto indistinto
(680) che sembra suggerire una realtà velata.
La vita lo guardava fissamente con contorni vaghi e confusi (IV)
offrendo un quadro che gli occhi non potean ritenere,
una storia che ancora lì non era scritta.
Come in un disegno frammentario semicancellato,
i significati della vita sfuggivano all'occhio che li inseguiva
il volto della vita nasconde alla vista il sé reale della vita;
il senso segreto della vita è scritto dentro e al di sopra di essa
Molto al di là vive il pensiero che dà senso a quel volto;
e non appare nel suo disegno semicompiuto.
(690) Invano cerchiamo di leggere i segni sconcertanti
o di trovare la parola della sciarada giocata a metà
Solo in quella vita più grande un pensiero occulto
si trovano una parola interpretativa è suggerita
che cambia il mito terrestre in un racconto intellegibile.
Qualcosa apparve alla fine che somigliava alla verità.
Nell'atmosfera di penombra d'un mistero rischioso,
l'occhio rivolto alla metà oscura del vero
scorse un'immagine in mezzo a un luminoso offuscamento
ed affiorante attraverso una bruma di tinte sottili,
(700) egli vide un dio incatenato, semicieco,
disorientato dal mondo in cui si muoveva,
eppure cosciente d'una luce che gl'ispirava l'anima.
Attratto verso strani e remoti barlumi,
guidato dal flauto d'un Sonatore lontano,
questi cercava il suo cammino in mezzo al riso e al richiamo della vita
e al caos d'indicazioni della miriade dei Suoi passi,
verso qualche totale, profonda infinitudine.
Attorno, s'affollava la foresta dei Suoi segni:
ei decifrava a caso, grazie a frecciate del Pensiero (V)
(710) che colpivano il bersaglio per congettura o lampo di fortuna,
le Sue colorate e cangianti luci stradali dell'idea
e i segnali dei Suoi eventi incerti e repentini, i geroglifici delle Sue parate
simboliche e le Sue pietre miliari sui sentieri intricati del Tempo. Nel
labirinto dei Suoi approcci e le Sue ritirate, da ogni lato lei lo attira e lo
respinge, ma sfugge alla sua stretta quando è troppo vicino; lo conduce per
tutte le vie, ma nessuna è sicura. Affascinato dalla meraviglia del Suo canto a
più toni,
(720) attratto dalla malia dei Suoi umori e indotto alla gioia e alla pena dal
Suo contatto fortuito, egli si perde in lei, ma non la conquista. Un paradiso
fugace gli sorride dai Suoi occhi: egli sogna della bellezza di lei fatta per
sempre sua, sogna del dominio cui sottometterà le Sue membra, sogna della magia
dei Suoi seni di felicità. Nella Sua trascrizione illuminata, Sua fantasiosa
traduzione del testo puro, originale di Dio, egli crede di leggere la Scrittura
Meravigliosa,
(730) chiave ieratica di sconosciute beatitudini. Ma la Parola della Vita è
nascosta nella sua trascrizione, il canto della Vita ha perso la sua nota
divina. Invisibile, prigioniero in una casa del suono, lo spirito perduto nello
splendore d'un sogno ascolta l'ode di un'illusione dalle mille voci. Una
delicata trama stregonesca cattura il cuore o un'ardente magia colora i Suoi
toni e le Sue tinte, ma esse non risveglian che un fremito di grazia passeggera;
marcia errante intrapresa dal Tempo vagabondo,
(740) esse invitano a una delizia breve e insoddisfatta o sguazzano nei rapimenti
della mente e dei sensi, ma perdon la risposta luminosa dell'anima. Un cieco
palpito del cuore che attinge la gioia attraverso le lacrime, un'aspirazione
verso cime mai raggiunte, un'estasi di desiderio inappagato inseguono gli ultimi
slanci della Sua voce verso il cielo. Trasmutati sono i ricordi della passata
sofferenza
nella dolce traccia dileguantesi di un'antica tristezza:
le Sue lacrime son mutate in gemme di pena adamantina,
(750) il Suo dolore nel magico coronamento d'un canto.
Brevi sono i Suoi frammenti di letizia
che toccan la superficie, poi fuggono o muoiono:
una rimembranza perduta fa eco nelle Sue profondità,
una nostalgia imperitura è Sua, il richiamo d'un sé velato;
progioniero nel mondo limitante dei mortali,
uno spirito ferito dalla vita singhiozza nel Suo petto;
un culto della sofferenza è il Suo grido più profondo.
Vagabonda su rotte abbandonate e disperanti,
lungo i percorsi del suono una voce di frustrazione
(760) implora, desolata, una felicità dimenticata.
Smarrita nelle caverne del Desiderio piene d'echi,
essa custodisce i fantasmi delle morte speranze di un'anima
e mantiene in vita la voce di cose perite
o indugia su note soavi ed erranti
cercando il piacere nel cuore del dolore.
Una mano fatidica ha sfiorato le corde cosmiche,
e l'intrusione di un accento turbato
copre la chiave nascosta della musica interiore
che guida, inascoltata, le cadenze di superficie.
(770) Eppure è una gioia vivere e creare,
una gioia amare e penare anche se tutto fallisce,
una gioia cercare anche se tutto ciò che troviamo delude
e tutto ciò su cui contiamo tradisce la nostra fiducia;
c'era tuttavia qualcosa di valido negli abissi della sofferenza:
una memoria appassionata tormenta col fuoco dell'estasi.
Anche l'afflizione ha la gioia celata sotto le sue radici,
ché nulla è veramente inutile di quel che l'Uno ha creato:
nei nostri cuori sconfitti sopravvive la forza di Dio
e la stella della vittoria illumina ancora la nostra strada disperata;
(780) la nostra morte diventa un passaggio verso mondi nuovi.
Questo dà il crescendo trionfale alla musica della Vita.
A tutto ella presta la gloria della Sua voce;
i rapimenti celesti sussurrano al Suo cuore e vanno oltre,
gli effimeri aneliti terrestri gridan sulle Sue labbra e si dissolvono. Solo
l'inno dato da Dio sfugge alla Sua arte che con lei venne dalla Sua dimora
spirituale ma si fermò a metà strada e si spense, parola silente che veglia in
una pausa profonda di mondi in attesa, murmure sospeso nella quiete dell'eterno:
(790) nessun respiro giunge però dalla pace superna; un sontuoso interludio
riempie l'orecchio e il cuore ascolta, e l'anima acconsente; esso ripete una
musica evanescente dissipando nell'impermanenza l'eternità del Tempo. Un tremolo
delle voci delle ore vela, oblioso, il tema di sublime intento che lo spirito
che s'incarna è venuto a suonare sul vasto clavicembalo della Forza della
Natura. Solo qui e lì un ampio mormorio
(800) del Verbo eterno, della Voce beata, o il tocco della Bellezza che
trasfigura il cuore ed i sensi, uno splendore errante e un grido mistico,
rievoca la potenza e dolcezza non più udite.
Qui è la lacuna, qui s'arresta o digrada la forza della vita; questo disavanzo
depaupera l'abilità del mago: questa mancanza fa sembrare tutto il resto magro e
nudo. Una semi-visione delimita l'orizzonte dei Suoi atti: le Sue profondità si
ricordano di ciò che lei è venuta a compiere, ma la mente ha scordato o il cuore
fraintende:
(810) il Dio è smarrito nelle interminabili linee della Natura. Riassumere
l'onniscienza nella conoscenza, fondare nell'azione l'Onnipotente, creare qui il
Suo Creatore era la presunzione del Suo cuore, invadere la scena cosmica col Dio
totale. Affannandosi per trasformare l'Assoluto ancora lontano in un'epifania
onnirealizzatrice, in un'articolata espressione dell'Ineffabile, ella vorrebbe
portare quaggiù la gloria dell'Assoluto,
cambiare la stabilità in movimento ritmato di creazione,
(820) unire a un cielo di calma una mare di beatitudine.
Fuoco destinato a chiamare l'eternità nel Tempo,
a rendere la gioia del corpo luminosa come quella dell'anima,
ella vorrebbe sollevar la terra fino ai confini del cielo,
s'affatica per rendere uguali la vita e il Supremo
e riconciliare l'Eterno e l'Abisso.
Il Suo pragmatismo della Verità trascendente
riempie il silenzio con le voci degli dei,
ma nel clamore la Voce unica si perde.
Ché la visione della Natura si eleva al di là dei Suoi atti.
(830) Al di sopra, ella vede una vita di dei in cielo;
un semi-dio ch'emerge da una scimmia
è tutto ciò ch'ella può nel nostro elemento mortale.
Il semi-dio, il semi-titano son quaggiù il Suo culmine:
questa grande vita fruttava fra la terra e il cielo.
Un paradosso acuto insegue i Suoi sogni:
la Sua energia incappucciata spinge un mondo ignorante
a cercare una gioia che la Sua stessa stretta violenta scoraggia:
nel Suo abbraccio esso non può volgersi alla sua fonte.
Immenso è il Suo potere, senza fine il vasto impulso della Sua azione,
(840) sviato e perduto ne è il senso.
Benché ella porti nel segreto del Suo seno
la legge e la curva orbitale di tutto ciò che nasce,
la Sua conoscenza sembra parziale, ristretti la Sua mira;
le Sue ore sontuose calpestano un suolo di struggimento.
Una Nescienza di piombo appesantisce le ali del Pensiero,
il suo potere opprime l'essere sotto i suoi rivestimenti,
le sue azioni ne imprigionano lo sguardo immortale.
Un senso del limite perseguita le Sue supremazie
e in nessun luogo è assicurata soddisfazione o pace:
(850) malgrado tutta la profondità e la bellezza del Suo lavoro,
manca una saggezza che affranchi lo spirito.
Il Suo volto ora aveva un fascino invecchiato e appassito
e la Sua scienza viva e curiosa impallidiva ai suoi occhi; (VI)
l'anima vasta di lui domandava una gioia più profonda della Sua
Egli cercava d'evadere dal dedalo delle Sue linee; ma né una porta di como né
una d'avorio trovava, né una porta secondaria di visione spirituale, non c'era
via d'uscita da quello spazio irreale. Il nostro essere deve avanzare
eternamente attraverso il Tempo;
(860) la morte non ci aiuta, vana è la speranza di finire; un Volere segreto ci
costringe a resistere. Il riposo della nostra vita è nell'Infinito; essa non può
terminare, il suo scopo è la Vita suprema. La morte è un passaggio, non la meta
del nostro cammino: una sorta d'impulso antico, profondo, continua a operare: le
anime nostre sono trascinate come da un laccio invisibile, portate di nascita in
nascita, di mondo in mondo, i nostri atti, dopo la caduta del corpo, prolungano
il vecchio, perpetuo tragitto senza pausa.
(870) Non esistono cime silenziose ove il Tempo riposi. C'era li una magica
corrente che non raggiungeva alcun mare. Per quanto lontano egli andasse,
ovunque si volgesse, (VII) la ruota delle opere girava con lui, oltrepassandolo;
sempre restava un'ulteriore impresa da compiere. Un battito d'azione, il grido
d'una ricerca andavan crescendo in quel mondo inquieto; un mormorio indaffarato
empiva il cuore del Tempo. Tutto era invenzione e rimestamento incessante. Cento
maniere di vivere erano invano tentate: un'uniformità che assumeva migliaia di
forme si sforzava d'evadere dalla sua lunga monotonia creando cose nuove che
presto eran come le antiche. Uno strano ornamento attirava lo sguardo e nuovi
valori lustravan vecchi temi per ingannare la mente con l'idea d'un cambiamento.
Un quadro diverso ch'era sempre lo stesso apparve sul vago sfondo cosmico.
Nient'altro che un'altra dimora-labirinto di creature coi loro atti ed eventi,
una città di commercio delle anime incatenate,
un mercato della creazione e i suoi prodotti
era offerto alla mente e al cuore in travaglio.
Un circuito che finisce dov'era iniziato
è battezzato l'eterna marcia in avanti
del progresso sulla strada ignota della perfezione.
Ciascuno schema finale ha per effetto un sistema ulteriore.
Eppure ogni nuova partenza sembra l'ultima,
un vangelo ispirato, il culmine estremo della teoria,
che proclama una panacea per tutti i mali del Tempo
(900) o porta il pensiero all'ultimo zenit del suo volo
e annuncia a suon di tromba la scoperta suprema;
ciascuna idea breve, struttura deperibile,
pubblica l'immortalità del suo regno,
la sua pretesa d'essere la forma perfetta delle cose,
l'epitome finale della Verità, il meglio prezioso del Tempo.
Ma niente di valore infinito è stato conseguito:
un mondo di continuo rinnovato, mai completo,
ha sempre accumulato tentativi a metà su sforzi sprecati
e visto un frammento come il Tutto eterno.
(910) Nel totale in aumento e senza scopo delle cose realizzate,
l'esistenza sembrava l'atto d'una vana necessità,
una lotta di eterni contrarî
presi nell'abbraccio d'un antagonismo serrato,
un dramma dall'intreccio mai risolto e senza idea,
una marcia affamata di vite senza meta,
o, scritta sulla nuda lavagna dello Spazio,
un'inutile e ricorrente somma d'anime,
una speranza che veniva meno, una luce che non brillava mai,
il lavoro d'una Forza incompiuta
(920) legata ai suoi atti in un'offuscata eternità.
Non c'è una fine, o nessuna ancora è visibile:
benché sconfitta, la vita deve continuare a battersi;
vede sempre una corona che non può afferrare;
i Suoi occhi son fissi oltre la Sua condizione caduta.
Nel Suo petto e nel nostro freme ancora
una gloria che fu un tempo e non è più,
o da qualche aldilà inadempiuto ci chiama una grandezza ancora irraggiunta dal
mondo claudicante. In una memoria dietro la nostra percezione umana
(930) persiste il sogno d'un aere più vasto e più felice spirante attorno a
liberi cuori di gioia e d'amore, dimenticato da noi, immortale nel Tempo
perduto. Un fantasma di beatitudine insegue le Sue profondità tormentate; ché
ella ricorda ancora, benché sì lontane adesso, la Sua sfera d'incomparabile
benessere e lieto desio e la bellezza, la forza, la contentezza che furono Sue
nella dolcezza del Suo paradiso radioso,
nel Suo regno d'estasi immortale
a metà strada fra il silenzio di Dio e l'Abisso.
(940) Noi conserviamo questa conoscenza nelle parti celate del nostro essere;
consci dell'appello d'un vago mistero,
incontriamo una Realtà profonda e invisibile
ben più vera del volto d'attuale verità del mondo:
siamo inseguiti da un sé che non possiamo ora richiamare
e mossi da uno Spirito che dobbiamo ancora divenire.
Come chi ha perduto il regno della sua anima,
guardiamo indietro verso qualche fase divina della nostra nascita,
diversa da questa imperfetta creatura quaggiù
e speriamo, in questo o in un mondo più divino,
(950) di riprendere ancora dalla guardia paziente del Cielo
ciò che perdemmo per smemoratezza della nostra mente,
la naturale felicità del nostro essere,
la delizia del nostro cuore che scambiammo con l'afflizione,
l'emozione vibrante del corpo che barattammo con nient'altro che 'l dolore,
la beatitudine cui anela la nostra natura mortale
come un'oscura falena aspira al bagliore della Luce.
La nostra vita è una marcia verso una vittoria mai conquisa.
Quest'onda d'essere nostalgica di gioia,
questo turbine ardente d'energie insoddisfatte,
(960) queste lunghe file remote di speranze che avanzano a stento
levano gli occhi adoranti all'azzurro che chiamiamo cielo
cercando la Mano dorata che non è mai venuta,
l'avvento che tutta la creazione attende,
il volto meraviglioso dell'Eternità
che apparirà sulle strade del Tempo.
Eppure ancora, riaccendendo la fede, ci diciamo:
"Oh, certo un giorno egli verrà al nostro appello,
un giorno egli ricreerà la nostra vita,
pronuncerà la magica formula di pace
(970) e porterà la perfezione all'ordine delle cose.
Un giorno, scenderà verso la vita e la terra,
lasciando il segreto delle porte eterne,
per entrare in un mondo che implora il suo aiuto,
e porterà la verità che affranca lo spirito,
la gioia che è il battesimo dell'anima,
la Forza che è il braccio teso dell'Amore.
Un giorno egli solleverà il velo terribile della sua bellezza,
imporrà la delizia al cuore palpitante del mondo
e rivelerà il suo corpo segreto di luce e beatitudine."
(980) Ma ora ci sforniamo di attingere una meta sconosciuta:
non c'è termine alla ricerca e alla nascita,
non c'è termine alla morte e al ritorno;
la vita che raggiunge il suo scopo chiede scopi più grandi,
la vita che fallisce e muore deve rivivere;
finché non ha trovato se stessa non può cessare.
Dev'esser compiuto tutto ciò per cui create furon la vita e la morte.
Ma chi dirà che anche allora è il riposo?
A meno che il riposo e l'azione non siano lo stesso
nel profondo seno della suprema delizia di Dio.
(990) In uno stato sublime ove più non è l'ignoranza,
ciascun movimento è un'onda di pace e beatitudine,
il riposo è la Forza creatrice, immobile, di Dio,
l'azione un'increspatura nell'Infinito
e la nascita un gesto dell'Eternità.
Un sole trasfigurante può ancora risplendere
e la Notte svelare il suo cuore di mistica luce;
il paradosso dell'annullamento di sé, dell'autoafflizione,
potrebbe trasformarsi nel mistero d'una luce innata,
l'imbroglio, in un miracolo gioioso.
1(000) Dio potrebbe allora quaggiù esser visibile, assumere una forma; scoperta
sarebbe l'identità dello spirito; la vita rivelerebbe il Suo vero volto
immortale. Ma ora il Suo destino è un lavoro infinito nella cui frazione
periodica di eventi nascita e morte sono le virgole decimali d'una ripetizione
incessante; il vecchio punto interrogativo è in margine a ogni pagina finita, a
ogni volume della storia del Suo sforzo. Un Si zoppicante cammina ancora
attraverso gli eoni accompagnato da un eterno No. Tutto sembra invano, eppure il
gioco è senza fine. Impassibile gira la Ruota eternamente in tondo, la vita non
ha alcun risultato, la morte non porta liberazione. L'essere vive prigioniero di
sé e conserva la sua futile immortalità; l'estinzione, suo unico scampo, gli è
negata. Un errore degli dei ha creato il mondo. O indifferente l'Eterno osserva
il Tempo.
NOTE SPECIALI
I Lettura alternativa proposta nel Supplement to the Revised Edition of 'Savitri': "essa riposa immota nella polvere del suo sonno."
II In tutto questo passaggio che concerne Lui e Lei (vv. 294-(365), utilizziamo la maiuscola per i pronomi e aggettivi possessivi riferentisi a Lei.
III Per evitare ambiguità, utilizziamo di nuovo la maiuscola per i pronomi e aggettivi possessivi riferentisi alla vita (che, secondo i casi e scritta dal Poeta con la maiuscola o no. Così, secondo i casi, si troverà tanto "essa" quanto "lei" o "della" a indicare la vita).
(IV) "lo guardava": guardava il Viaggiatore dei mondi, il re Aswapati.
(V) "ei": si tratta sempre del "dio" menzionato al v. 700.
(VI) "ai suoi occhi": gli occhi del re Aswapati.
(VII) "egli": il Aswapati.
Fine del Canto Sesto
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