Egli si teneva su una cima che guardava a cime più alte.
I nostri primi approcci all'Infinito
sono fulgori d'aurora su un margine meraviglioso
mentre il sole glorioso, ancora invisibile, indugia.
Quel che vediamo ora è un'ombra di ciò che deve venire.
Lo sguardo della terra levato a un Ignoto distante
non è che un preludio dell'epica ascesa
dell'anima umana dalla piattitudine del suo stato terrestre
alla scoperta di un sé superiore,
(10) e il remoto riflesso d'una Luce eterna.
Questo mondo è un inizio e una base
ove la Vita e la Mente erigono i loro sogni strutturati;
un Potere non nato deve costruire il reale.
Non siamo solo una piccolezza legata alla morte:immortali, le nostre
vastità dimenticate
aspettan la scoperta nel nostro sé culminante;
illimitate ampiezze e profondità d'essere son nostre.
Affini al Segreto ineffabile,
mistiche, eterne nel Tempo irrealizzato,
(20) vicine del Cielo sono le altitudini della Natura.
A questi domini di sublimi vette inaccessibili alla nostra ricerca,
troppo lontani dalle rotte postali della Natura di superficie,
troppo elevati per il respiro delle nostre vite mortali,
mira, in fondo a noi, una parentela dimenticata
e una debole voce d'estasi e preghiera
chiama quelle radiose immensità perdute.
Anche quando non riusciamo a guardarci nell'anima
o restiamo affondati nella coscienza terrestre,
alcune parti di noi crescono tuttavia verso la luce,
(30) ed esistono regioni luminose e cieli sereni,
Eldoradi di splendore e d'estasi
e templi alla divinità che nessuno può vedere. Un ricordo confuso persiste
ancora in noi e a volte, quando la nostra visione si volge all'interno, il velo
ignorante della terra ci viene sollevato dagli occhi; una breve, miracolosa
evasione si produce. Questa stretta frangia d'esperienza bloccata assegnata a
noi come vita, ce la lasciamo dietro, come le nostre brevi marce, la nostra
insufficiente portata.
(40) Le anime nostre, nelle grandi ore solitarie, posson visitare tacite regioni
di Luce imperitura, vette d'aquila di Potere silente su orizzonti totali, oceani
ardenti di luna, d'una Felicità pronta e insondabile e immensità tranquille di
spazio spirituale. Nel processo di svelamento del Sé, a volte il Mistero
inesprimibile elegge un involucro umano di discesa. Un soffio scende dall'aere
supremo, una Presenza nasce, una Luce che guida si risveglia,
(50) un'immobilità si abbatte sugli strumenti: fermo, immoto come un monumento di
marmo, il corpo, d'una calma di pietra, è un piedistallo che sostiene un aspetto
della Pace eterna. Oppure l'incendio d'una Forza rivelante dilaga dentro; da
qualche vasto continente superiore, la Conoscenza irrompe, col suo strascico di
mari radiosi, e la Natura trema del potere e la fiamma. Una Personalità più
grande a volte ci possiede, che tuttavia sappiamo appartenerci:
(60) o adoriamo il Maestro della nostra anima. Allora il piccolo ego corporeo si
assottiglia e cade; non insistendo più sul suo sé separato, perdendo il
formalismo della sua nascita separata, ci lascia uno con la Natura e con Dio.
Nei momenti in cui le lampade interiori sono accese e gli ospiti cari della vita
lasciati fuori, il nostro spirito sta solo e parla ai suoi abissi.
Una coscienza più larga apre allora le sue porte;J
pervadente, da spirituali silenzi
(70) un raggio della Gloria intemporale si china per un poco
per comunicare con la nostra argilla conquisa e illuminata,
lasciando la sua vasta impronta bianca sulla nostra vita.
Nel campo d'oblio della mente mortale,
rivelati ai profetici occhi chiusi della trance
o, in qualche profonda, intima solitudine
osservati da una strana percezione immateriale,
appaiono i segnali dell'eterno.
Il vero che la mente non poteva conoscere svela il suo volto,
udiamo ciò che le orecchie mortali mai hanno udito,
(80) sentiamo ciò che i sensi terrestri mai han sentito,
amiamo ciò che i cuori ordinari respingono e temono;
la nostra mente tace davanti a un luminoso Onnisciente;
una Voce chiama dalle stanze dell'anima;
incontriamo l'estasi del tocco del Divino
nelle intimità dorate del fuoco immortale.
Tali segni son naturali a un se più grande
che vive in noi, a noi invisibile;
solo talvolta arriva una più sacra influenza,
una marea d'onde più forti porta le nostre vite,
(90) e una Presenza più divina muove l'anima;
o attraverso i rivestimenti terrestri qualcosa passa,
una grazia, una bellezza di luce spirituale,
la lingua mormorante d'un fuoco celeste.
Percepito a un tempo come noi stessi ed estraneo di riguardo,
questo sé più grande è ed agisce invisibile come non esistesse;
segue la linea della nascita perpetua,
eppure sembra perire con la sua struttura mortale.
Certo dell'Apocalisse a venire, (I)
non conta i momenti e le ore;
(100) grande, paziente, calmo, vede passare i secoli,
aspettando il lento miracolo del nostro cambiamento
nel sicuro, deliberato processo della forza universale
e della lunga marcia del Tempo che tutto rivela.
Esso è l'origine, il filo conduttore, sovrastante silenzio, una voce interiore,
una vivente immagine insediata nel cuore, una vastità senza barriere ed un punto
insondabile, la verità di tutte queste enigmatiche parvenze nello Spazio, il
Reale verso cui si dirigono i nostri sforzi,
(110) il segreto, grandioso significato delle nostre vite. Tesoro di miele nei
favi di Dio, Splendore che brucia sotto un manto di tenebra, è la nostra gloria
della fiamma di Dio, la nostra aurea fonte della delizia del mondo,
un'immortalità avvolta nella cappa della morte, la forma della nostra divinità
non nata. Esso ci custodisce il destino nei fondali interiori ove dorme il seme
eterno delle cose caduche. Sempre portiamo in noi una magica chiave
(120) celata nell'involucro ermetico della vita. Un Testimone ardente nel
santuario guarda attraverso il Tempo e i muri ciechi della Forma; nei suoi occhi
nascosti è una Luce intemporale; egli vede le cose segrete che nessuna voce può
dire e conosce la meta del mondo incosciente e il cuore del mistero degli anni
che passano.
Ma tutto è schermato, subliminale, mistico; occorre il cuore intuitivo,
l'orientamento interiore, occorre il potere di uno sguardo spirituale.
(130) Per la breve occhiata momentanea della nostra mente di veglia, la nostra
incerta rotta sembra altrimenti un viaggio senza meta deciso da qualche Caso o
rischiato da qualche Volere o una Necessità senza scopo né causa costretta, suo
malgrado, a emergere e ad esistere. In questo denso dominio ove nulla è semplice
o sicuro, il nostro stesso essere ci sembra dubbio, la nostra vita una vaga
esperienza, l'anima una tremula luce in uno strano mondo ignorante,
la terra un bruto accidente meccanico,
(140) una trama di morte in cui per caso viviamo.
Tutto ciò che abbiamo appreso pare congettura discutibile,
e la conquista fatta, un passaggio o una fase
il cui fine ulteriore è dissimulato alla nostra vista,
un evento occasionale o un fortuito destino.
Usciamo dall'ignoto per andare verso l'ignoto.
La nostra breve esistenza è sempre accerchiata quaggiù
dalle ombre grigie di domande senza risposta;
i misteri dell'oscuro Incosciente, senza indizi,
si sollevano irrisolti dietro la linea di partenza del Fato.
(150) Un'aspirazione nel profondo della Notte,
germe d'un corpo perituro e d'una mente semi-illuminata,
innalza la lingua solitaria del suo fuoco cosciente
verso una Luce immortale perduta per sempre;
unica eco al suo appello, essa non ode
che la risposta indistinta nel cuore ignorante dell'uomo
e incontra, senza capire il perché del proprio avvento
o per quale motivo sulla terra è il dolore,
la sanzione di Dio al paradosso della vita
e l'enigma della nascita dell'Immortale nel Tempo.
(160) Lungo un serpeggiante cammino di eoni,
nella tenebrosa spirale del suo tragitto nesciente,
la Dea-Terra procede a fatica attraverso le sabbie del Tempo.
Un essere è in lei ch'ella spera di conoscere,
al suo cuore parla una Parola ch'ella non può udire,
un Destino le si impone di cui non distingue la forma.
Nella sua orbita incosciente attraverso il Vuoto,
ella si sforza di emergere dai suoi immemori abissi,
una vita rischiosa il suo guadagno, una gioia sofferta;
un Pensiero che può concepire ma difficilmente conoscere
(170) sorge in lei lentamente e crea
l'idea, la parola che classifica più che illuminare;
una contentezza trepida, inferiore alla felicità,
l'invade, da tutta questa bellezza che deve morire.
Turbata dall'afflizione che si trascina ai suoi piedi
e consapevole delle cose sublimi non ancora conquise, ella nutre costantemente
nel suo petto insonne un impulso verso l'interiore che le toglie il riposo e la
pace. Ignorante, affaticata e invincibile, mediante la guerra dell'anima e la
sua pena fremente ella cerca
(180) la perfezione pura di cui la sua natura sfigurata ha bisogno, un soffio
della Divinità sulla sua pietra e il suo fango. Implora una fede che sopravviva
alla sconfitta, la dolcezza d'un amore che non conosca la morte, il fulgore
d'una verità per sempre certa. Una luce in lei cresce, ed ella prende voce,
impara a decifrare il proprio stato e l'atto ch'ha compiuto, ma l'unica verità
che le manca elude la sua presa se stessa, e tutto ciò di cui lei è il segno. Un
sussurro inarticolato dirige i suoi passi,
(190) di cui percepisce la forza, ma non il senso; alcuni rari cenni giungono a
guidarla, immensi lampi di divinazione solcano il suo cervello, e a volte, nelle
ore di sogno e contemplazione, la verità mancata si affaccia su di lei, come
lontana eppur dentro l'anima. Un cambiamento s'avvicina che sfugge alle sue
previsioni e, sempre differito, induce a tentare e a sperare, ma sembra troppo
grande perché la speme umana l'osi. Le appare una visione di Poteri superni (200)
che l'attirano come possenti genitori perduti, accostandosi con un grande
sguardo luminoso estraniato. Ella è spinta allora verso tutto quel che lei non è
e tende le braccia a ciò che mai fu suo. Le braccia protese verso il Vuoto
incosciente, prega con passione le invisibili forme degli Dei sollecitando dal
tacito Destino e il Tempo laborioso ciò di cui più ha bisogno, che più supera la
sua portata, una Mente non visitata dai bagliori dell'illusione, una Volontà che
esprima la divinità dell'anima,
(210) una Forza non costretta a inciampare dalla propria velocità,
una Gioia che non trascini l'ombra della tristezza.
A tutto questo anela e lo sente destinato a appartenerle:
reclama il privilegio del Cielo come proprio diritto.
Giusta è la sua richiesta, approvata dagli Dei, testimoni universali,
chiara sotto una luce più intensa di quella della ragione:
le nostre intuizioni ne sono i titoli di proprietà;
le nostre anime accettano quel che i pensieri ciechi rifiutano.
Le chimere alate della Terra sono nel Cielo i corsieri del Vero,
l'impossibile è il segno di Dio delle cose a venire.
(220) Ma pochi riescono a guardare oltre lo stato presente
o a saltare oltre questa siepe intricata dei sensi.
Tutto ciò che traspira sulla terra e tutto ciò che è al di là
fa parte d'un disegno illimitato
che l'Uno serba in cuore ed è il solo a conoscere.
I nostri avvenimenti esteriori contengono in sé il proprio seme,
ed anche questo Destino fortuito che imita il Caso,
questa massa di risultati inintelligibili,
sono il grafico muto di verità che operano invisibili:
le leggi dell'Ignoto creano il noto.
(230) Gli eventi che modellano l'aspetto delle nostre vite
sono un cifrario di fremiti subliminali
che di rado cogliamo, o percepiamo vagamente,
un risultato di realtà represse
che a stento affiorano nel giorno materiale:
nascono dal sole dei poteri nascosti dello spirito
scavando un tunnel attraverso l'emergenza.
Ma chi penetrerà l'occulto abisso
e apprenderà qual bisogno profondo dell'anima
determinò l'azione casuale e la conseguenza?
(240) Assorbiti nella routine degli atti quotidiani,
i nostri occhi si fissano su una scena esteriore;
udiamo il fracasso delle ruote della Circostanza
e c'interroghiamo sulla causa misteriosa delle cose.
Eppure una Conoscenza preveggente potrebbe essere nostra,
se riuscissimo a stabilirci ov'è il nostro spirito, dentro,
se riuscissimo a udire la voce velata del genio interiore.
Troppo di rado l'ombra di ciò che deve venire è proiettata un istante sulla
percezione segreta che sente l'impatto
(250) dell'invisibile, e raramente, nei pochi che rispondono, il possente
processo del Volere cosmico comunica la sua immagine alla nostra visione,
identificando la mente del mondo alla nostra. Il nostro orizzonte è rinchiuso
nell'arco affollato di ciò che osserviamo e tocchiamo e che il pensiero indovina
e non sovente la luce dell'Ignoto si leva destando in noi il profeta e il
veggente.
(260) L'esteriore e l'immediato costituiscono il nostro dominio, e il passato
defunto è il nostro sfondo e supporto; la mente tien l'anima prigioniera,
schiavi siamo dei nostri atti; incapaci di affrancare lo sguardo per attingere
il sole della saggezza Erede della sommaria mente animale, l'uomo, ancora un
infante nelle potenti mani della Natura, vive nella successione dei momenti; i
suoi diritti si riducono a un presente mutevole; la sua memoria guarda fissa
indietro a un passato fantasma il futuro gli fugge davanti, com'egli avanza;
vede rivestimenti immaginati, non un volto. Armato d'una energia limitata e
precaria,
(270) protegge dalla sorte avversa i frutti del suo lavoro. Un'ignoranza in
lotta è la compagna della sua saggezza: egli attende di vedere la conseguenza
dei suoi atti, attende di soppesare la certezza dei suoi pensieri, non sa che
cosa raggiungerà, né quando; non sa se alla fine sopravvivrà, o finirà come il
mastodonte e il bradipo, scomparendo dalla terra ov'era il re. Ignora il senso
della sua vita, ignora il suo alto e stupendo destino.
(280) Solo gl'Immortali, sulle loro cime imperiture, dimorando oltre i muri del
Tempo e dello Spazio, padroni della vita, liberi dai ceppi del Pensiero,
loro che sono i registi del Fato, del Caso e della Volontà,
gli esperti del teorema del bisogno universale,
posson vedere l'Idea e la Potenza che cambiano il corso del Tempo
arrivare, con criniere di luce, da mondi inesplorati,
e, mentre il mondo continua a tribolare col suo cieco cuore profondo,
udire vicini gli zoccoli dell'evento imprevisto
che portano al galoppo il Cavaliere sovrumano,
(290) e, insensibili al chiasso e al grido spaventato della terra,
ritornare al silenzio delle altezze di Dio;
come saettano i lampi, come scoppiano di tuoni, essi passano
e lascian l'impronta sul petto calpestato della Vita.
Al di sopra del mondo stanno i creatori dei mondi,
nel fenomeno riconoscono la sua origine mistica.
Questi non badano all'inganno del gioco esteriore,
non si volgono al calpestio eccitato del momento,
ma con l'immobile pazienza dei Non-nati prestano ascolto
ai passi lenti del Destino lontano
(300) che si avvicinano attraverso enormi distanze di Tempo,
inosservati dall'occhio che vede l'effetto e la causa,
non uditi in mezzo al clamore del piano umano.
Attenti a una Verità sconosciuta, afferrano
un suono come d'invisibili ali augurali,
voci d'un significato insondato,
sussurri che covan nel segreto del sonno della Materia.
Nella profonda audizione del cuore posson captare
i mormorii perduti all'orecchio distratto della Vita,
una parola profetica nella trance onnisciente del Pensiero.
(310) Al di sopra dell'illusione delle speranze fugaci,
dietro l'apparenza dell'atto manifesto,
dietro questo meccanismo a orologeria del Caso e questa vaga ipotesi,
in mezzo all'assalto di lotta della forza, al rumore dei passi,
attraverso gli urli d'angoscia e di gioia,
attraverso il trionfo, la battaglia e la disperazione,
essi vegliano la Beatitudine che il cuor della Terra ha implorato
sulla lunga strada che non può veder la sua fine
e inavvertita si snoda lungo lo scetticismo dei giorni,
e ad incontrarla guidano il mondo ch'avanza disattento.
(320) Così il Trascendente mascherato salirà sul suo trono. Quando l'oscurità si
farà più profonda soffocando il petto della terra e la mente corporea dell'uomo
sarà l'unica lampada accesa, come quello d'un ladro nella notte sarà il passo
felpato di colui ch'entra non visto nella propria casa Una Voce parlerà, appena
udibile, l'anima obbedirà, un Potere s'introdurrà di soppiatto nella camera
interiore della mente, un incanto e una dolcezza apriranno le chiuse porte della
vita e la bellezza conquisterà la resistenza del mondo, la Luce-di-Verità
catturerà la Natura di sorpresa,
(330) un'azione furtiva di Dio costringerà il cuore alla beatitudine e la terra
diventerà inaspettatamente divina. Nella Materia s'illuminerà il bagliore dello
spirito, di corpo in corpo si accenderà la nascita sacra; la notte di desterà
all'inno delle stelle, i giorni diverranno la felice marcia d'un pellegrino, la
nostra volontà, una forza del potere dell'Eterno, e il pensiero, i raggi d'un
sole spirituale. Alcuni vedranno ciò che nessuno ancora comprende; Dio crescerà
mentre i saggi parlano e dormono;
(340) ché l'uomo non saprà della venuta prima dell'ora, né ci sarà fede prima che
il lavoro sia compiuto.
Una Coscienza che non conosce la propria verità, cacciatrice errante di
fuorvianti aurore, fra gli estremi oscuro e luminoso dell'essere si muove
quaggiù in un crepuscolo che sembra piena luce: un interregno nella Realtà
tronca il pensiero integrale, il totale Potere; essa gira in tondo o si tiene in
un vago intervallo, incerta del suo inizio e del suo termine,
(350) o corre su una strada senza fine; lungi dall'Ombra originale e dalla Fiamma
ultima, vive in qualche enorme e vuota Incoscienza, come un pensiero che
persista in un'immensa vacuità.
Quasi formula inintelligibile
che suggerisca innumerevoli versioni alla Mente,
essa presta un senso a un mondo casuale.
Una congettura fondata su prove dubbiose,
un messaggio frainteso, un pensiero confuso
che manca il suo scopo è tutto ciò ch'essa può dire,
(360) o un frammento della parola universale.
Essa lascia due lettere giganti vuote di significato
mentre senza sanzione ruota il segno intermedio
che porta un universo enigmatico,
come se un presente senza futuro né passato,
ripetendo lo stesso movimento di rivoluzione,
girasse sul suo asse nella sua propria Inanità.
Così resta velato il senso della creazione;
ché la pagina cosmica è letta fuori del contesto:
i suoi segni ci fissano come uno scritto ignoto,
(370) come se apparisse, schermata da una lingua straniera
o un codice di simboli radiosi senza chiave,
un brano d'una parabola sublime.
Agli occhi della creatura effimera, la creazione riveste
la grandezza d'un miracolo inutile;
sperperandosi per poter durare un momento,
fiume che mai può trovare il suo mare,
essa corre attraverso la vita e la morte su un filo del Tempo;
un fuoco nella Notte è lo scoppio della sua azione possente.
Tale è il nostro bisogno più profondo: unire ancora una volta
(380) quello che ora è separato, opposto e sdoppiato,
lontano in sfere sovrane che non s'incontrano mai
o faccia a faccia come i poli contratti della Notte e del Giorno.
Dobbiamo colmare l'immensa lacuna che abbiamo creato,
risposare la consonante isolata del chiuso finito
con le aperte vocali dell'Infinità,
un tratto d'unione deve collegare la Materia e la Mente,
l'istmo stretto dell'anima che ascende:
dobbiamo rinnovare il legame segreto nelle cose,
i nostri cuori devon richiamare la divina Idea perduta,
(390) ricostituire la parola perfetta, unire l'Alfa e l'Omega in un unico suono;
allora lo Spirito e la Natura saranno uniti. Due sono i fini del piano
misterioso. Nel vasto etere del Sé, privo di segni, nell'invariabile silenzio
bianco e nudo, in disparte, splendidi come soli d'oro abbagliati velati dal
raggio insostenibile per lo sguardo umano, le potenze pure e assolute dello
Spirito ardono nella solitudine dei pensieri di
(400) Rapimento, fulgore, silenzio, liberate dall'approccio di cuori feriti,
negate all'Idea che guarda al dolore, lungi dalla Forza che grida nella sua
sofferenza, esse vivono nella sua felicità inalienabile. Immacolate nella
conoscenza e il potere spontanei, calme riposano sull'eterna Volontà. Non conta
che la sua legge per esse ed a lui solo obbediscon non hanno mete da
raggiungere, né scopi da servire. Implacabili nella loro purezza intemporale,
(410) rifiutano ogni baratto o corruzione di culto; impassibili all'urlo di
rivolta e alla prece ignorante, non badano alla nostra virtù né al nostro
peccato; non si piegano alle voci che implorano, non trattano con l'errore e il
suo regno; sono le custodi del silenzio della Verità, le guardie del decreto
immutabile. Un profondo abbandono è la fonte della loro energia, una silenziosa
identità la loro maniera di conoscere, la loro azione è immota come un sogno.
(420) In pace, guardando il tumulto che s'agita sotto le stelle, imperiture,
osservando i meccanismi della Morte e del Caso, immobili, vedendo passare i
millenni, imperturbate mentre si srotola la lunga mappa del Destino, assistono
con occhi imparziali alla nostra lotta, eppure il cosmo non potrebbe esistere
senza di esse.
Inaccessibili al desiderio, alla sorte fatale e alla speranza,
la loro posizione di potenza inviolabile
sostiene immota l'enorme compito del mondo;
la sua ignoranza è illuminata dalla loro conoscenza,
(430) la sua aspirazione dura grazie alla loro indifferenza.
Come le altezze attirano il basso sempre a salire,
e le ampiezze invitano la piccolezza all'avventura nel vasto,
la loro distanza sollecita l'uomo a superare se stesso.
La nostra passione si solleva per sposare la calma dell'Eterno,
la nostra mente dalle ricerche nane per incontrare la luce dell'Onnisciente,
e i nostri cuori inermi, per custodire gelosi la forza dell'Onnipotente.
Accettando la saggezza che creò l'inferno
e la rude utilità della morte e le lacrime,
accettando i passi graduali del Tempo,
(440) incuranti esse sembran della pena che tormenta il cuore del mondo,
incuranti del dolore che ne lacera il corpo e la vita;
oltre la gioia e la tristezza è la marcia di questa grandezza;
esse non prendon parte al bene che muore,
mute, pure, non partecipano al male commesso;
la loro forza, altrimenti, si guasterebbe e non potrebbe salvare.
Attento alla verità che dimora negli estremi di Dio,
cosciente d'un movimento della Forza onniveggente,
del risultato lento degli anni lunghi e ambigui
e del bene inatteso che nasce da azioni nefande,
(450) l'immortale non vede vanamente come noi.
Egli osserva gli aspetti nascosti e i poteri velati,
conosce la legge delle cose e la loro linea naturale,
non spinto dalla volontà d'agire d'una breve vita,
né incitato dallo sprone della pietà e la paura,
non si affretta a sciogliere il nodo cosmico
o a riconciliare il cuore lacerato e discorde del mondo.
Nel Tempo egli attende l'ora dell'Eterno.
Ma c'è un segreto aiuto spirituale;
mentre si snodano le spire d'una pigra Evoluzione
(460) e la Natura s'apre un varco attraverso il diamante,
un divino intervento troneggia al di sopra.
Non giriamo quaggiù su di un globo accidentale, vivi in un morto universo
rotante, (II) abbandonati a un'impresa che supera la nostra forza; anche
attraverso l'intricata anarchia che chiamiamo Destino e l'amarezza della morte e
la caduta, una Mano tesa si avverte sopra le nostre vite. Ci è accanto in corpi
e nascite innumerevoli; nella sua presa che non s'allenta ci riserba intatto
(470) il risultato unico, ineluttabile e supremo che nessun volere può togliere,
nessun fato cambiare, la corona della cosciente Immortalità, la divinità
promessa alle nostre anime in lotta quando il cuor del primo uomo affrontò la
morte e soffrì la vita. Colui che ha formato questo mondo ne è per sempre il
signore: i nostri errori sono i suoi passi sul cammino; egli opera attraverso le
crude vicissitudini delle nostre vite, opera attraverso la soffocazione della
battaglia e dello sforzo, attraverso i nostri peccati, le nostre pene e le
lacrime;
(480) la sua conoscenza prevale sulla nostra nescienza; quale che sia l'apparenza
da sopportare, quali che siano i nostri gravi mali e il nostro attuale destino,
quando non vediamo altro che deriva e disastro, una Guida possente ci conduce
ancora attraverso tutto. Dopo aver servito questo grande mondo diviso, la
beatitudine e l'unità di Dio sono il nostro innato diritto. Una data è fissata
nel calendario dell'Ignoto, un anniversario della Nascita sublime: la nostra
anima giustificherà la propria marcia fortunosa,
(490) tutto ciò che ora è ritirato o lontano si avvicinerà. Agiranno infine,
queste calme e distanti Potenze. Irremovibilmente pronte al compito loro
assegnato, le Radiosità sempre sagge e compassionevoli attendono il suono della
voce dell'Incarnato per lanciarsi e gettare un ponte sui baratri dell'Ignoranza,
rimarginare le cavità vuote e anelanti della Vita e colmare l'abisso che è
l'universo.
Qui, intanto, al polo opposto dello Spirito,
nel mistero delle profondità costruite da Dio
(500) quale dimora al di qua della visione del Pensatore,
in questo compromesso d'una Verità nuda e assoluta
con la Luce che abita presso l'estremo oscuro delle cose,
in questa tragi-commedia del travestimento divino,
in questa lunga, lontana ricerca d'una gioia sempre vicina,
nel sogno grandioso di cui è fatto il mondo,-
questo palazzo d'oro che poggia su un dragone nero,
la Forza cosciente ch'agisce nel seno della Natura
e in vesti oscure lavora nello schema cosmico
trasportando le immagini d'argilla di dei non nati,
(510) esecutrice dell'Idea inevitabile
ostacolata e avvolta dai cerchi del Destino,
amministratrice paziente del Tempo lento ed eterno,
assolve d'ora in ora il suo incarico segreto.
Essa prevede tutto in profondità mascherate e imperiose;
l'intenzione muta degli abissi incoscienti
risponde a un volere che vede sulle cime,
e la prima sillaba del Verbo che si dipana,
ponderosa e di senso bruto, contiene la sua chiusa luminosa,
consapevole della vasta discesa d'una vittoria suprema
(520) e del prodigio dell'immensa ascesa dell'anima
Quaggiù, dove ogni cosa sembra un sé isolato,
tutte sono un aspetto dell'Uno solo e trascendente:
esistono unicamente grazie a lui, la loro vita è il suo respiro;
una Presenza invisibile modella l'argilla obliosa.
Compagno del gioco della Madre possente,
L'Uno è venuto sull'ambiguo globo rotante
per sottrarsi al Suo inseguimento nella forza e la forma. (III)
Spirito segreto nel sonno dell'Incosciente,
Energia amorfa, Parola senza voce,
(530) egli era qui prima che gli elementi potessero emergere,
prima che ci fosse la luce della mente o potesse respirare la vita.
Complice della Sua enorme finzione cosmica,
egli converte le proprie apparenze in forme reali ed uguaglia il simbolo alla
verità: ai propri pensieri intemporali dà una forma nel Tempo. Egli è la
sostanza e il sé delle cose; ispirata da lui ella ha foggiato le Sue opere
d'abilità e di forza: ella l'avvolge nella malia dei Suoi umori e fa delle sue
miriadi di verità i Suoi innumerevoli sogni.
(540) Il Padrone dell'essere è disceso fino a lei, fanciullo immortale nato negli
anni fugaci. Negli oggetti che forgia, nelle persone che concepisce, ella,
sognando, insegue la Sua idea di lui, e qua un aspetto, là un gesto afferra:
egli ripete sempre in essi le sue nascite incessanti. Egli è l'artefice e il
mondo ch'egli crea, egli è la visione e il Veggente; è lui stesso l'attore e
l'atto, lui stesso colui che sa e il conosciuto,
(550) lui stesso il sognatore e il sogno. Sono Due che son Uno e giocano in molti
mondi; si son parlati e incontrati nella Conoscenza e l'Ignoranza e la luce e la
tenebra sono il loro scambio di sguardi; il nostro piacere e dolore sono la loro
lotta e il loro amplesso, le nostre azioni e speranze, intima parte della loro
storia; essi son congiunti in segreto nel nostro pensiero L'universo è una
mascherata senza fine: nulla, quaggiù, è assolutamente ciò che sembra; è una
visione, effetto onirico, d'una verità
(560) che senza il sogno non sarebbe interamente vera; pieno di senso un fenomeno
si staglia sugli sfondi indistinti dell'eterno; ne accettiamo l'aspetto e
trascuriamo tutto ciò che vuol dire; una parte è visibile, e noi la prendiamo
per il tutto. Così essi han fatto la loro commedia con noi per personaggi:
autore e attore con se stesso come scena, lui vi si muove come l'Anima, lei come
Natura. Qui sulla terra dove dobbiamo sostenere i nostri ruoli,
non sappiamo come il dramma si svolgerà;
(570) le frasi che pronunciamo dissimulano il loro pensiero.
Ella tiene il Suo piano grandioso celato alla nostra vista:
ha occultato la Sua gloria e la Sua beatitudine
e mascherato l'Amore e la Saggezza nel Suo cuore;
di tutta la meraviglia e la bellezza che le appartengono,
non possiamo sentire che una particella oscurata.
Anche lui riveste quaggiù una divinità diminuita;
ha abbandonato la propria onnipotenza,
rinunciato alla propria calma e infinità.
Non conosce che lei, ha obliato se stesso;
(580) a lei tutto abbandona per farla grande.
Spera in lei di trovarsi in modo nuovo,
incarnato, sposando la pace della propria infinità
all'estasi della Sua passione creatrice.
Benché possieda la terra ed i cieli,
a lei lascia il governo cosmico
e su tutto veglia, Testimone del Suo spettacolo.
Come una comparsa sul Suo palcoscenico,
non dice nulla o si nasconde dietro le quinte.
Nasce nel Suo mondo, segue la Sua volontà,
(590) indovina il senso del Suo gesto enigmatico,
i cambiamenti fluttuanti e fortuiti del Suo umore,
decifra le Sue intenzioni, ch'ella sembra ignorare,
e serve il Suo scopo segreto lungo il Tempo.
La venera come un essere troppo grande per lui;
l'adora quale sovrana del suo desiderio,
le è sottomesso come a Colei ch'è il motore della sua volontà,
brucia l'incenso delle sue notti e dei suoi giorni
offrendo la sua vita, splendore d'un sacrificio.
Sollecitatore estasiato del Suo amore e la Sua grazia,
(600) tutto il suo universo è la felicità che ha in lei:
attraverso di lei egli cresce in tutti i poteri del suo essere;
alla Sua luce legge i fini di Dio nascosti nelle cose.
O, cortigiano del Suo seguito innumerevole,
contento d'esser con lei e di sentirla vicina,
sfrutta al massimo il poco ch'ella dona e riveste della propria delizia tutto
ciò ch'ella fa. Uno sguardo può rendergli meraviglioso tutto il giorno, una
parola dalle Sue labbra mette ali di felicità alle ore. A lei si appoggia, per
tutto ciò che fa ed è:
(610) sui Suoi larghi doni edifica i suoi splendidi giorni fortunati,
trascinandosi dietro le piume di pavone della sua gioia di vita e illuminandosi
al sole del Suo sorriso fugace. In mille modi egli serve i Suoi bisogni regali;
attorno alla Sua volontà fa ruotare le ore, e riflettere tutto i Suoi capricci;
tutto è loro gioco: tutto questo vasto mondo non è che lui e lei.
Tale è il nodo che lega assieme le stelle: i Due che son uno sono il segreto
d'ogni potere, i Due che son uno sono la forza e il giusto nelle cose.
(620) L'anima di lui, silenziosa, sostiene il mondo e lei, gli atti di lui sono i
registri del Suo comandamento. Felice, inerte, egli è disteso sotto i Suoi
piedi: offre il petto alla Sua danza cosmica che ha le nostre vite per teatro
vibrante e che nessuno potrebbe sopportare se non ci fosse, dentro, la sua
forza, ma che nessuno, per la sua delizia, vorrebbe abbandonare. Le sue opere, i
suoi pensieri, sono stati inventati da lei, il suo essere è un vasto specchio
del Suo: attivo, egli parla e si muove da lei ispirato;
(630) i suoi atti obbediscono alle domande inespresse del Suo cuore: passivo,
subisce gli urti del mondo quali Suoi colpi leggeri a modellargli l'anima e la
vita: il suo viaggio attraverso i giorni è la Sua marcia solare; egli corre
sulle Sue strade; la sua rotta è quella di lei. Testimone e studioso della Sua
gioia e del Suo dolore, compagno nel Suo male e nel Suo bene, lui ha
acconsentito ai Suoi modi appassionati, è sospinto dalla Sua forza dolce e
terribile. La sanzione del suo nome sigla tutte le Sue opere;
(640) il suo silenzio è la firma apposta alle Sue azioni;
nell'esecuzione del piano del Suo dramma,
nelle Sue fantasie del momento e della sua vena,
nella marcia di questo manifesto mondo ordinario
ove tutto è profondo e strano agli occhi che vedono
e le comuni forme della Natura tessute di miracolo,
attraverso la sua vista di testimone e il suo moto di potenza
ella dispiega il materiale del proprio Atto cosmico,
i Suoi avvenimenti ch'esaltano e colpiscono l'anima,
la Sua forza che smuove, i Suoi poteri che salvano e uccidono,
(650) la Sua Parola che nel silenzio parla ai nostri cuori,
il Suo silenzio che trascende il Verbo culminante,
le Sue altezze e i Suoi abissi verso cui il nostro spirito muove,
i Suoi eventi che ordiscono la trama delle nostre vite
e tutto ciò che ci fa ritrovare o perdere,
cose dolci ed amare, magnifiche e meschine,
cose terribili, belle e divine.
Nel cosmo ella ha costruito il proprio impero,
lui è governato dalle Sue leggi sottili e potenti,
la sua coscienza è un bimbo sulle Sue ginocchia,
(660) il suo essere, un campo del Suo vasto esperimento,
l'infinito spazio di lei è l'arena dei suoi pensieri;
alla conoscenza delle forme del Tempo,
all'errore creativo-della mente limitante,
al caso che riveste il rigido aspetto del fato
e al Suo gioco di morte, di dolore e Nescienza,
ella lega l'immortalità di lui trasformata ed in lotta.
La sua anima è un atomo sottile in una massa,
la sua sostanza, materiale di lavoro per lei.
In mezzo alla morte delle cose sopravvive il suo spirito,
(670) verso l'eternità egli sale attraverso le brecce dell'essere,
da lei portato dalla Notte alla Luce che non muore.
Quest'abdicazione grandiosa è il suo libero dono,
la sua forza pura e trascendente si sottomette alla Sua.
Nel mistero della Sua ignoranza cosmica,
nell'insolubile enigma del Suo gioco,
creatura fatta di stoffa peritura, egli si muove nel disegno da lei
preparatogli, pensa coi Suoi pensieri, della Sua ansietà palpita il suo egli
sembra la cosa ch'ella vuole che sembri
(680) ed è tutto ciò che la Sua volontà d'artista può eseguire. Benché sulle
strade lo spinga della Sua fantasia, con lui giocando come col Suo figlio o il
Suo schiavo, verso la libertà e il dominio dell'Eterno e la posizione
d'immortalità al di sopra del mondo ella fa avanzare la Sua apparente marionetta
d'un istante. Anche durante la sua sessione umana nella dimora del corpo,
viaggiatore senza meta fra la nascita e la morte, sognatore effimero
dell'immortalità, lei lo sprona a regnare. Lui assume i Suoi poteri;
(690) l'ha attaccata al giogo della Sua stessa legge. Il suo volto di pensiero
umano assume una corona. Tenuto al laccio da lei, legato al Suo capriccio
velato, egli ne studia i modi, se così può avere la meglio non fosse che per
un'ora, e lei il suo volere eseguire; l'asservisce alla sua passione d'un
momento: lei finge d'obbedire, si lascia condurre dalla Sua creatura: è stata
fatta per lui, vive solo perch'egli se ne serva. Ma, conquistandola, è di più
Suo schiavo; è il Suo subordinato, tutti i suoi mezzi le appartengono;
(700) senza di lei non può nulla, ché lo governa ancora. Egli si desta infine a
un ricordo del Sé; vede dentro il volto della deità, il Divino erompe attraverso
la sagoma umana: ella smaschera le Sue cime più alte e si fa Sua compagna Fino
allora egli è un balocco nel Suo gioco; in apparenza Suo reggente, di fatto
trastullo della Sua fantasia, robot vivente azionato dalle molle della Sua
energia, egli agisce come nei movimenti d'un sogno; automa che posa i passi nei
solchi del Destino,
(710)procede inciampando, spinto dalla frusta della Sua Forza: il suo pensiero
lavora, bove nei campi del Tempo;
la sua volontà ch'egli crede propria, è formata nella Sua forgia.
Obbediente al controllo muto della Natura del Mondo,
guidato dal proprio Potere formidabile,
partner d'elezione in un gioco titanico,
egli ha reso la volontà di lei padrona del suo Destino,
e il Suo capriccio, dispensatore di piacere e sofferenza;
si è venduto al Suo potere regale
per qualsiasi colpo o favore di Sua scelta:
(720) anche in ciò ch'è dolore ai nostri sensi,
avverte la dolcezza del Suo tocco sovrano,
in ogni esperienza incontra le Sue mani di beatitudine;
porta sul cuore la felicita del Suo passo
e la sorpresa della gioia del Suo arrivo
nell'occasione d'ogni evento e momento.
Tutto ciò ch'ella può fare è portentoso ai suoi occhi:
in lei s'inebria, nuota nel Suo mare;
amante infaticabile della Sua cosmica delizia,
si diletta d'ognuno dei Suoi pensieri ed atti
(730) ed acconsente ad ogni Suo possibile desio;
vuol essere qualunque cosa ella aneli:
lui che è lo Spirito, l'innumerevole Uno,
si è lasciata dietro la propria eternità solitaria
ed è nascita infinita nel Tempo senza fine,
la molteplicità del Suo finito in uno Spazio infinito.
Il signore dell'esistenza si dissimula in noi
e gioca a nascondino con la propria Forza;
un Dio segreto s'attarda nello strumento della Natura.
L'Immanente vive nell'uomo come nella propria casa;
(740) ha fatto dell'universo il suo campo di svaghi,
una vasta palestra dei suoi prodigi.
Onnisciente, egli accetta il nostro stato confuso;
divino, assume forme animali od umane;
eterno, accetta il Destino ed il Tempo;
immortale, si trastulla con lo stato mortale.
L'Onni-Cosciente si è avventurato nell'Ignoranza,
l'Onni-Beato sopporta d'essere insensibile. Incarnato in un mondo di conflitto e
sofferenza, indossa la gioia e il dolore come una veste
(750) e beve l'esperienza come un vino corroborante. Lui, la cui trascendenza
regge le Vastità feconde,
dimora adesso, presciente, nelle nostre profondità,
luminoso Potere individuale, solitario.
L'Assoluto, il Perfetto, il Solo ha chiamato la sua Forza muta fuori dal
Silenzio ove giaceva nella quiete senza volto e amorfa proteggendo dal Tempo,
grazie al Suo sonno immoto, la potenza ineffabile della sua solitudine.
L'Assoluto, il Perfetto, il Solo
(760) è entrato col suo silenzio nello spazio: ha modellato queste innumeri
persone dell'unico sé; ha costruito una miriade di forme del suo potere; vive in
tutto, lui che viveva solo nel suo Vasto; lo Spazio è lui stesso e il Tempo non
è che lui. L'Assoluto, il Perfetto, l'Immune, uno che è in noi come il nostro sé
segreto, ha assunto la nostra maschera d'imperfezione, ha fatto propria questa
sede di carne, ha gettato la sua immagine nella dimensione umana
(770) affinché possiamo elevarci alla sua dimensione divina; poi in una forma di
divinità il Creatore ci rifonderà e imporrà un piano divino allo stampo umano
sollevando la nostra mente finita al suo infinito, mettendo in contatto il
momento con l'eterno. Tale trasfigurazione è ciò che la terra deve al cielo: un
debito reciproco lega l'uomo al Supremo: dobbiamo assumere la sua natura,
com'egli assume la nostra; siamo figli di Dio e dobbiamo esser simili a lui:
(780) la sua porzione umana, noi dobbiamo renderla divina. La nostra vita è un
paradosso di cui Dio è la chiave.
Ma tutto, intanto, è un'ombra proiettata da un sogno
e, per lo spirito che contempla immobile,
la vita e Dio stesso prendon l'aspetto d'un mito, il tenore d'una lunga
storia insensata
Ché la chiave è nascosta e tenuta dall'Incosciente;
il Dio segreto abita sotto la soglia (III)
In un corpo che ottenebra lo spirito immortale,
Abitante anonimo che veste poteri invisibili
(790) con le forme della Materia e motivi al di là del pensiero
e con il caso d'una conseguenza imprevista,
Influenza onnipotente e indiscernibile,
egli risiede, non percepito dalla forma in cui vive
e vela d'una mente brancolante la propria conoscenza.
Vagabondo in un mondo creato dai suoi pensieri,
gira in un chiaroscuro di errore e verità
per trovare una saggezza che, in alto, gli appartiene.
Come chi non ricordi, va in cerca di se stesso;
come avesse perduto una luce interiore, egli cerca:
(800) quale un itinerante che indugi fra scene straniere,
egli è in viaggio verso una casa che più non conosce.
Cerca la verità del proprio sé, lui ch'è la Verità;
è il Giocatore che divenne il gioco,
il Pensatore che divenne il Pensiero;
il molteplice, lui che fu l'Uno silenzioso.
Nelle forme-simbolo della Forza cosmica
e nei suoi Segni viventi e inanimati,
nella Sua complessa trama di avvenimenti
egli esplora il miracolo incessante di se stesso,
(810) finché l'enigma incalcolabile non sia stato risolto
nell'unica luce di un'Anima testimone di tutto.
Tale fu il suo patto con la potente compagna:
per amore di lei e a lei unito per sempre,
seguire il corso dell'eternità del Tempo
fra i magici drammi dei Suoi umori improvvisi,
le sorprese della Sua Idea mascherata
e le vicissitudini del Suo vasto capriccio.
Due sembran le sue mete, ma son sempre una sola e si contemplan l'un l'altra al
di sopra del Tempo illimitato
(820) lo Spirito e la Materia ne sono il fine e la causa. Ricercatore di
significati nascosti nelle forme della vita, del vasto voler della gran Madre
non segnato sulle mappe e dell'enigma bruto dei Suoi modi terrestri egli è
l'esploratore e il navigante su un oceano interiore segreto e sconfinato: è
l'avventuriero e il cosmologo della geografia oscura d'una magica terra. Nel
disegno fisso del Suo ordine materiale ove tutto sembra sicuro e identico anche
una volta cambiato,
(830) pur se l'intento resta sempre ignoto e sempre instabile è il flusso
cangiante della vita, il fato silenzioso trova per lui le rotte; stazioni nel
mare tumultuoso delle età, sorgon terreferme che tentano e trattengono un
momento, poi orizzonti nuovi invitano la mente ad avanzare. Nessuna chiusa
appare all'immensità del finito, né ultima certezza in cui il pensiero possa
fermarsi e nessun termine all'esperienza dell'anima. Limite, lontananza mai
raggiunta interamente,
(840) una perfezione non attinta lo chiama da frontiere perse nell'Invisibile:
solo un lungo esordio è stato fatto.
Questi è il marinaio sul fiume del Tempo, il lento scopritore della Materia del
Mondo, che, lanciato in questa piccola nascita corporea, ha appreso la sua arte
nelle minuscole baie del sé ma alla fine sfida infinitudini insondate,
viaggiatore sui mari dell'eternità. All'acerba partenza iniziale della sua
cosmica avventura,
(850) eccolo, ignorante della forza della propria divinità, timido iniziato del
suo vasto disegno. Esperto capitano d'un fragile naviglio,
trafficante d'umili merci impermanenti,
egli serra dapprima la costa ed evita il largo,
non osa affrontare l'altomare, distante e periglioso.
Fa la spola in un ristretto traffico costiero:
ricevendo da un porto all'altro un salario d'elemosina,
soddisfatto del corso immutabile della sua ronda prudente,
non azzarda il nuovo e il mai visto.
(860) Ma ode ormai il suono di mari più vasti.
Un mondo che si allarga lo chiama verso scene remote,
percorsi nell'arco d'una visione più ampia
e genti sconosciute e rive non ancora visitate.
Su una chiglia equipaggiata, il suo scafo mercantile
serve il commercio che il mondo fa delle ricchezze del Tempo
fendendo la schiuma di un gran mare cinto di terre
per raggiunger le luci di porti ignoti in regioni lontane
e aprire mercati alle arti opulente della vita,
colli preziosi, statuette cesellate, tele colorate,
(870) balocchi ingioiellati pe'l gioco d'un fanciullo,
prodotti deperibili d'un arduo lavoro
e splendori effimeri guadagnati e perduti dai giorni.
Oppure, attraversando una porta di pilastri di roccia,
senza arrischiarsi ancora a varcare oceani senza nome
e ad inoltrarsi in un sogno di distanze,
egli va costeggiando litorali stranieri
e scopre un nuovo porto in isole battute da tempeste,
o, guidato da un compasso sicuro nel suo pensiero,
s'immerge in una foschia luminosa che nasconde le stelle,
(880) nocchiere sulle rotte commerciali dell'Ignoranza.
La sua prua si spinge verso spiagge inesplorate,
egli scopre per caso continenti inimmaginabili:
cercatore delle Isole Felici,
lascia le ultime terre, traversa i mari estremi,920
volge la sua cerca simbolica a quel ch'è eterno;
la vita trasforma per lui le sue scene costruite dal tempo,
le sue immagini che nascondono l'infinito.
Le frontiere della terra indietreggiano e l'aria terrestre
non gli sospende più attorno il suo velo translucido. Egli ha oltrepassato il
limite del pensiero e la speme umani, ha raggiunto la fine del mondo e guarda
fisso al di là; gli occhi del corpo mortale tuffano lo sguardo in altri Occhi
che contemplan l'eternità. Il viaggiatore del Tempo deve esplorare un mondo più
grande. Ode infine un canto sulle cime, il lontano parla, l'ignoto s'avvicina:
egli attraversa le frontiere dell'invisibile e, superando le rive della visione
mortale, s'apre a una nuova prospettiva di sé e delle cose. Egli è uno spirito
in un mondo incompiuto che non lo conosce né può conoscer se stesso: il simbolo
di superficie della sua ricerca senza meta assume significati più profondi per
la sua visione interiore; la sua ricerca, è l'ombra che cerca la luce, la vita
mortale che cerca l'immortalità. Nel vasello di un'incarnazione umana, al di
sopra dell'esigua cinta dei sensi limitanti egli può mirare le onde magiche del
Tempo ove la mente, come una luna, rischiara la tenebra del mondo. Lì, sfuggendo
di continuo allo sguardo e come disegnata nelle brume d'una tenue luce di sogno,
si profila una sponda indistinta e misteriosa. Marinaio sul mare insondabile
dell'Incosciente, egli naviga attraverso un mondo stellato di pensiero, sulla
tolda della Materia, verso un sole spirituale. Oltre il frastuono e il grido
innumerevole, oltre i silenzi estatici e inconoscibili, attraverso uno strano
intermondo sotto cieli superni, al di là delle longitudini e latitudini
terrestri,
(920) la sua meta è fissata al di fuori d'ogni mappa esistente. Ma nessuno sa
verso dove fa vela nell'ignoto o quale segreta missione la gran Madre gli ha
dato. Nella forza nascosta della Sua Volontà onnipotente, guidato dal Suo soffio
pei flutti agitati della vita,
attraverso il rombo del tuono e attraverso la calma senza vento, attraverso la
nebbia e la foschia in cui più nulla si vede, egli porta i Suoi ordini sigillati
nel petto. Tardi saprà, aprendo il mistico scritto, se verso un porto vuoto
nell'Invisibile
(930) va o, armato del Suo decreto, a scoprire una mente e un corpo nuovi nella
città di Dio e mettere in trono l'Immortale nella sua dimora di gloria e rendere
il finito uno con l'Infinito. Attraverso il deserto marino degli anni
interminabili i Suoi venti oceanici spingono la sua nave errante, le acque
cosmiche sciabordanti al suo passaggio, e attorno a lui un rumore, un pericolo,
un appello. Egli segue sempre il solco della Sua forza. Naviga attraverso la
vita, la morte e ancora la vita,
(940) avanza attraverso la veglia ed attraverso il sonno. Su di lui è un potere
che viene dalla Sua forza occulta e lo lega al destino della sua propria
creazione; mai potrà fermarsi il Viaggiatore possente, mai potrà cessare il
mistico viaggio finché l'ombra nesciente non sia sollevata dall'anima dell'uomo
e l'aurora di Dio non abbia conquistato la sua notte. Fintanto che durerà la
Natura, anche lui ci sarà, ché questo è certo: lui e lei son uno; anche quando
egli dorme, la tiene sul suo petto:
(950) chiunque la abbandoni, lui non se ne andrà a riposare nell'Inconoscibile
senza di lei. C'è una Verità da conoscere, un lavoro da fare; il Suo dramma è
reale; lui recita un Mistero: c'è un piano nel profondo capriccio cosmico della
Madre, un disegno nel Suo immenso gioco alla cieca. Questo fu sempre il Suo
intento fin dalla prima alba della vita, questa volontà costante, ch'ella
mascherava col Suo svago, d'evocare una Persona nel Vuoto impersonale, colpire
con la Luce di Verità le massicce radici di trance della terra,
(960) svegliare un sé muto negli abissi incoscienti
e sollevare dal suo sonno di pitone un Potere perduto perché gli occhi
dell'Intemporale possan vedere attraverso il Tempo, e il mondo, manifestare il
Divino senza veli. Per questo egli lasciò la sua bianca infinità e pose sullo
spirito il peso della carne, perché fiorisca il seme del Divino nello Spazio
oblioso.
NOTE SPECIALI
I Vd. nota al v. 599 del Canto precedente.
II Inversione dei vv. 462 e 463 del testo originale.
III Utilizziamo la maiuscola, fino alla fine di questo Canto. per i pronomi e aggettivi possessivi riferentisi alla Madre.
IV "sotto la soglia": 'beneath the threshold' nel testo originale; ricordiamo l'etimologia del termine 'subliminale' (cfr. Glossario), dal latino sub limen, che significa "sotto la soglia" (cfr. il v. 752 di questo stesso Canto).
Fine del Canto Quarto
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