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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Canto Secondo
La Posta in Gioco

Per un poco, ritirata nei campi segreti del pensiero, la Sua mente si mosse nel

multiplo riflesso d'un passato (I) che riviveva e vedeva la sua fine

appressarsi: morente, viveva in lei imperituro; dileguandosi, effimero, sotto

occhi effimeri, invisibile, ombra fatidica d'un sé, portava il futuro sul suo

petto fantasma. Risalendo indietro, lontano, la traccia dell'evento fuggevole,

la corrente delle ore pressanti regrediva,

(10) e sulla riva del flusso misterioso popolato di beneamate forme ora

scomparse e di sottili immagini di cose che furono, il Suo spirito stava

testimone rivisitando il Tempo. Tutto quel che sperato e sognato lei aveva una

volta, quel ch'era stata, le passava accanto a volo d'aquila, attraverso i cieli

della memoria. Come in una variopinta, ardente aurora interiore, le ampie strade

della Sua vita coi dolci sentieri solitari si dispiegavan solcando la chiarezza

solare della Sua visione, dalla campagna luminosa dei giorni della Sua infanzia,

(20) le montagne azzurre della Sua giovinezza che in alto libravasi, i boschetti

paradisiaci e l'ali di pavone dell'Amore, fino alla gioia afferrata all'ombra

silenziosa del destino ad un'ultima svolta, dove il cielo correva a gara con

l'inferno. Dodici mesi di passione portarono a un giorno fatale. Un'assoluta,

soprannaturale tenebra cade a volte sull'uomo quand'egli s'avvicina a Dio:

giunge un momento in cui vengon meno tutte le risorse della Natura; strappato

alla protezione dell'Ignoranza e rigettato nel suo nudo bisogno primitivo, egli

deve alla fine liberarsi dell'anima di superficie e divenire la svelata entità

interiore:

quel momento s'era adesso abbattuto su Savitri.

Era arrivata a un punto in cui o la vita doveva essere vana,

oppure, desta nel Suo elemento non nato,

il Suo volere doveva annullare il destino del Suo corpo.

Ché solo il potere atemporale dello Spirito non nato

può sollevare il giogo imposto dalla nascita nel Tempo.

Soltanto il grande Sé che costruisce quest'aspetto ch'è il sé,

può cancellare la linea fissa, interminabile

(40) che unisce questi nomi mutevoli, queste innumerevoli vite,

queste nuove personalità immemori,

la linea che tiene ancora celata nei nostri atti coscienti

la traccia di antichi pensieri, di antiche azioni dimenticate;

solo lui può ripudiare il lascito dei nostri sé sepolti,

la gravosa condizione d'erede delle nostre forme svanite

ciecamente accettata dal corpo e dall'anima.

Episodio d'un racconto obliato,

l'inizio perduto, il tema e la trama nascosti,

una storia che un tempo fu viva ha preparato e creato



(50) il nostro presente destino, figlio di trascorse energie.

La fissità delle sequenze cosmiche

legate da misteriose connessioni inevitabili

lei doveva spezzare, rimuovere con la forza dell'anima

il Suo passato, ostacolo sulla strada dell'Immortale,

fare tabula rasa e foggiare di nuovo il Suo destino.

Colloquio fra gli Dei delle origini

incontrantisi ai confini dell'ignoto,

la disputa fra la Sua anima ed il Niente incarnato

doveva svolgersi su uno sfondo oscuro e pericoloso:



(60) il Suo essere doveva affrontare la sua Causa senza forma,

far valere contro il peso dell'universo il suo singolo sé.

Sulla nuda cima dove il Sé è solo col Nulla

e la vita non ha senso e nessun posto ha l'amore,

lei doveva perorare la Sua causa all'orlo dell'estinzione,

sostenere nella caverna di morte del mondo la richiesta impotente della vita

e far valere il Suo diritto a esistere e ad amare.

Da cambiare era l'impietosa economia della Natura;

lei doveva ottenere remissione dal vincolo del Suo passato,

esaurire un vecchio conto di sofferenza,



(70) radiare dal Tempo il lungo, complesso debito dell'anima

e le pesanti servitù agli Dei del karma,

la vendetta lenta della legge implacabile,

la profonda necessità dell'universo dolore,

del duro sacrificio e la tragica conseguenza.

Doveva erompere da una barriera intemporale,

penetrare con le Sue profondità pensanti il mostruoso silenzio del Vuoto,

guardare dentro agli occhi solitari della Morte immortale

e misurare col Suo spirito nudo la notte dell'Infinito.

Il grande, penoso momento era vicino, adesso.



(80) Schiera corazzata in marcia verso la disfatta,

gli ultimi lunghi giorni sfilarono con calpestio pesante,

lunghi ma troppo brevi a passare, troppo vicini alla fine.

Sola in mezzo a tanti volti amati,

consapevole fra ignari cuori felici,

il Suo spirito in armi vegliava sulle ore,

in ascolto d'un passo presentito e terribile

nell'impenetrabile bellezza delle solitudini inumane.

Combattente in un campo di spaventoso silenzio,

all'insaputa del mondo, difendeva la causa del mondo:



(90) nessuno in Suo aiuto, salvo la Forza interiore;

nessun testimone dagli occhi terrestri presente;

gli Dei in alto e, in basso, la sola Natura

eran gli spettatori di quel grandioso conflitto.

Attorno a lei le austere montagne che puntavano al cielo

e le vaste foreste verdi mormoranti, immerse nei pensieri,

sussurravano incessanti il loro incantesimo felpato.

Una vita densa, assorbita in sé, splendida di colori,

drappeggiata nel vivo smeraldo uniforme delle foglie,

cosparsa di raggi di sole e un'allegria di fiori



(100) rinchiudeva la scena appartata del Suo destino.

Lì si era elevata alla statura del Suo spirito:

il genio dei silenzi titanici,

tuffandole l'anima nel vasto suo isolamento,

le aveva rivelato la nuda realtà del Suo sé140

e l'aveva sposata al Suo ambiente.

La sua solitudine ingrandiva le ore umane di lei

con uno sfondo dell'eterno ed unico.

La forza d'una necessità sobria e diretta

riduceva la pesante impalcatura dei giorni dell'uomo



(110) e la massa straripante dei suoi bisogni esteriori

a un'esile base iniziale di semplici esigenze animali,

e la possente selvatichezza della terra primeva,

la moltitudine assorta degli alberi pazienti,

il riposo meditabondo del cielo di zaffiro

e il peso solenne dei mesi lenti a passare

avean lasciato in lei uno spazio profondo per il pensiero e Dio.

Lì fu vissuto il prologo radioso del Suo dramma.

Un luogo per il passo dell'eterno sulla terra,

incastonato nell'ardore claustrale dei boschi



(120) e vigilato dall'aspirazione delle cime,

apparve attraverso un'apertura d'oro nel Tempo,

dove l'immobilità in ascolto percepiva la parola non detta

e le ore dimenticavan di scorrere verso la pena e il mutamento.

Qui, con la repentinità degli eventi divini,

rinnovando la meraviglia della prima discesa,

cambiando in estasi la triste ronda terrestre,

L'Amore le giunse celando l'ombra, la Morte.

Poteva ben trovare in lei il suo tempio perfetto.

Da quando iniziò la crescita dell'essere terreno verso il cielo,



(130) attraverso tutto il lungo travaglio della razza,

mai creatura più rara ne sostenne il dardo,

questa prova di fuoco del divino nelle nostre regioni,

lampo dalle altezze sul nostro abisso.

Tutto in lei annunciava una specie più nobile.

Prossimo alla vastità della terra, intimo con il cielo,

sublime ed agile, il Suo giovane spirito dall'ampia visione,

attraversando mondi di splendore e di calma

volava oltre i cammini del Pensiero, verso ciò ch'è non nato.

Ardente era la Sua volontà, ferma e sicura;



(140) la Sua mente, un mare bianco di sincerità, non un'onda torbida

nell'appassionata corrente. Come, in una danza mistica e dinamica, una

sacerdotessa d'estasi immacolate, ispirata e guidata dalla rivelante volta di

Verità, si muove in qualche profetica caverna degli dei, un cuore di silenzio

nelle mani della gioia abitava con ricchi battiti creativi un corpo simile a una

parabola d'aurora che sembrava una nicchia di deità velata



(150) o porta d'un tempio d'oro su cose aldilà. Nei Suoi passi nati nel tempo

ondeggiavano ritmi immortali; il Suo sguardo, il Suo sorriso risvegliavano un

senso celeste fin nella sostanza terrena, e la loro intensa delizia diffondeva

una superna bellezza sulle esistenze umane. Un vasto dono di sé era il Suo atto

innato; una magnanimità quasi di mare o cielo avvolgeva di grandezza tutto ciò

che a lei veniva, dando la sensazione d'un mondo magnificato: la Sua premura

benevola era un dolce sole temperato,

(160) la Sua sublime passione, L'equilibrio d'un cielo azzurro. Come un'anima in

volo, uccello cacciato che fugga, le ali stanche, da un mondo di tempeste e

raggiunga la quiete come ritrovando un seno mai dimenticato, in un porto di

sicurezza e di dolce, splendido riposo si poteva ribere la vita a fiumi di fuoco

soave, riprendere l'abitudine perduta della felicità, riconoscere l'atmosfera

gloriosa della Sua natura di luce, e lisciarsi di gioia le piume nel Suo calore

e il dominio del Suo colore. Profondità di compassione, tacito santuario, il Suo

aiuto interiore sbloccava una porta nel cielo; l'Amore in lei era più vasto

dell'universo, il mondo intero poteva rifugiarsi nel Suo singolo cuore. Qui

abitare poteva il grande dio insoddisfatto: libera dell'aria imprigionata del sé

nano, la Sua attitudine era in grado d'albergarne il più sublime respiro

spirituale che può rendere tutto divino.

Ché perfino i Suoi abissi erano arcani di luce.

Era ad un tempo l'immobilità muta e la parola,

un continente di pace dilagante,

(180) un oceano di fuoco verginale che non vacilla;

possedeva la forza e il silenzio degli dei.

In lei egli trovava una vastità simile alla sua,

ritrovava il suo etere, elevato, caldo e sottile,

e si muoveva come nella sua naturale dimora.

In lei incontrava la sua stessa eternità.

Fin allora nessuna desolante frontiera aveva ostacolato tale raggio.

Sul debole petto di questa terra precaria,

da quando la Sua visione globale, nel suo soggiorno legato al respiro,

aprendosi in simpatia con più felici stelle



(190) dove la vita non è esposta al penoso mutamento,

ricordava la bellezza che non sanno le palpebre reclamate dalla morte

e si stupiva di questo mondo di fragili forme

dipinte sulle tele del Tempo che riluce,

Sua era l'impunità delle Potenze non nate.

Benché lei si chinasse a portare il peso umano,

il Suo passo manteneva i ritmi degli dei.

L'alito della terra non aveva potuto appannare quel limpido cristallo:

non contaminato dalla polvere della nostra atmosfera mortale,

esso rifletteva ancora la gioia spirituale del cielo.



(200) Chi viveva nella Sua luce quasi vedeva

il Suo compagno di gioco nelle sfere sempiterne

disceso dai suoi regni inaccessibili

nella scia luminosa del Suo avvento irresistibile,

L'uccello-drago bianco-fiamma di beatitudine infinita

flottare con ali ardenti sopra i Suoi giorni:

il tranquillo scudo del Cielo proteggeva la figlia in missione.

La Sua prima fase fu un'orbita incandescente,

anni come la veste d'oro degli dei che passano;

la Sua giovinezza troneggiò in una calma felicità.



(210) Ma la gioia non può durare fino in fondo:

c'è un'oscurità nelle cose terrestri che non riesce a sopportare a lungo una

nota troppo lieta. Anche su di lei si chiuse la Mano ineluttabile: L'Immortale

armato subì la trappola del Tempo. Colui che incontra i Grandi che portano il

Peso l'affrontò. Colui che assegna la prova e il cammino, che sceglie in

quest'olocausto dell'anima la morte, la caduta e l'afflizione come sproni dello

spirito, la divinità equivoca, con la sua torcia di dolore,

(220) accese la voragine del mondo incompiuto e la chiamò a colmare il baratro

col Suo vasto sé. Augusto e spietato nella sua calma visione, intensificando la

tremenda strategia dell'Eterno, proporziona la difficoltà alla potenza e più

profondo scavò l'abisso che tutti devono varcare. Assalendo i Suoi elementi più

divini, imparentò il Suo cuore al cuore umano in lotta e costrinse alla via

prescritta la Sua forza. Per questo lei aveva accettato il respiro mortale:



(230) per battersi contro l'Ombra era venuta e doveva far fronte all'assurdo

della nascita dell'uomo e del conflitto breve della vita nella notte muta della

Materia. Sopportare l'Ignoranza e la morte o aprire varchi all'Immortalità,

vincere o perdere per l'uomo la partita divina era la posta in gioco della Sua

anima gettata assieme ai dadi del Destino. Ma non era nata per rassegnarsi e

subire; guidare, liberare era il Suo ruolo glorioso. Non c'era in lei stoffa di

fattura terrestre

(240) buona all'uso d'un giorno pei Poteri indaffarati e incuranti. Immagine

palpitante sullo schermo del Fato, semi-animata per uno spettacolo effimero, o

naufrago sull'oceano del Desiderio scagliato nei gorghi d'un gioco spietato e

sbattuto nei vortici della Circostanza, creatura nata per piegarsi al giogo,

trastullo In mano ai signori del Tempo,

o pedina qualunque destinata a esser spinta lentamente in avanti

con un'unica mossa su una smisurata scacchiera

(250) nella partita dell'anima terrestre con il Fato,tale è la figura umana

disegnata dal Tempo.

Era qui una struttura cosciente, una Forza nata da sé.

In quest'enigma del crepuscolo di Dio,

in questo lento e strano, scomodo compromesso

fra la Natura che limita e un'Anima senza limiti,

ove tutto deve muoversi fra un ordinato Caso

e una cieca Necessità indifferente,

il fuoco spirituale ardere non osa troppo alto.

Se solo una volta incontrasse l'intensa Fiamma originaria,



(260) il contatto in risposta potrebbe far saltare tutte le misure stabilite

e la terra sprofondare sotto il peso dell'Infinito.

Una prigione è quest'immenso mondo materiale.

In mezzo a ogni strada s'erge una Legge armata dall'occhio di pietra,

a ogni porta marcian su e giù le enormi sentinelle oscure.

Un grigio tribunale dell'Ignoranza,

un'Inquisizione dei preti della Notte

passa in giudizio l'anima avventuriera,

e le duplici tavole e la regola karmica

frenano in noi il Titano ed il Dio:



(270) il dolore con la sua sferza, la gioia con la sua esca d'argento

salvaguardano la rotante immobilità della Ruota.

Un vincolo è posto alla scalata della mente,

un sigillo sul cuore troppo vasto e spalancato;

la Morte arresta questo scopritore in viaggio, la Vita.

Così il trono dell'Incosciente è salvo

mentre trascorrono pigre le spirali degli eoni

e l'Animale bruca nel recinto sacro

e il Falco d'oro non può più fendere i cieli.

Ma un essere s'alzò e accese la fiamma senza limite.



(280) Accusata dal cupo Potere che odia ogni felicità

nel tribunale atroce in cui la vita deve scontare la gioia,

condannata dal giustiziere meccanico

alla sofferenza che penalizza le speranze dell'uomo, lei non piegò il capo al

decreto inflessibile scoprendo un cuore indifeso al colpo del destino. Così

nell'uomo si china, senza scampo, la volontà nata dalla mente, obbediente alle

leggi fissate in antico, ammettendo senz'appello gli dei inferiori. In lei il

sovrumano avea gettato il suo seme. Incapace di ripiegare le possenti ali di

sogno, il Suo spirito rifiutava di rasentare il suolo comune, o, trovando

derubati tutti i sensi preziosi della vita, di transigere con la terra, radiato

dalla lista stellare, o di spegnere con nera disperazione la luce data da Dio.

Abituato all'eterno ed al vero, conscio delle sue fonti divine, il Suo essere

non chiedeva sollievo dal dolore dell'umana fragilità, non ricorreva ad alcun

mercato o compromesso con la sconfitta. Un lavoro ella aveva da compiere, una

parola da dire: scrivendo la storia incompiuta della Sua anima con pensieri ed

azioni incisi nel libro della Natura, non accettava di chiudere la pagina

luminosa, di cancellare il Suo rapporto con l'eterno, o di apporre per debolezza

una firma d'assenso al bilancio brutale della Borsa del mondo. Una forza che

tribolava in lei fin dalla creazione della terra, realizzando nella vita il

grande piano universale, inseguendo dopo la morte fini immortali, aborriva

ammettere il ruolo sterile della frustrazione, perdere il significato della Sua

nascita nel Tempo, obbedire al governo del fatto accidentale o cedere il Suo

alto destino al Caso del momento. Nel Suo proprio sé lei trovava la suprema

risorsa; misurò il Suo diritto sovrano con la legge spietata e la Sua volontà

solitaria s'oppose alla regola cosmica. Per fermare le ruote del Fato sorse tale

grandezza. Al bussare dell'Invisibile sulle Sue porte nascoste, la Sua forza,

ingrandita dal contatto del lampo,

si risvegliò dal sonno nel recesso del Suo cuore:



(320) sostenne il colpo di Quel che uccide e salva.

Attraverso la terribile marcia che nessun occhio può vedere,

sbarrandone la rotta spaventosa che nessuna volontà può cambiare,

lei affrontò i meccanismi dell'universo: (II)

un cuore bloccò il passaggio alle ruote motrici:

il gigantesco ingranaggio s'arrestò di fronte a una mente,

le convenzioni inflessibili s'imbatterono nella fiamma di un'anima.

Una magica leva è d'un tratto afferrata

che aziona il volere intemporale del velato Ineffabile:

una preghiera, un atto maestro, un'idea regina



(330) possono unire il potere dell'uomo a una Forza che lo trascende.

Allora il miracolo si fa norma comune,

un'unica impresa possente può mutare il corso delle cose;

un pensiero solitario diventa onnipotente.

Tutto ora sembra il macchinario compatto della Natura;

una schiavitù senza fine alla regola materiale

e alla lunga, rigida catena della determinazione,

le sue abitudini fisse e immutabili che scimmiottano la Legge,

L'impero del suo congegno abile e incosciente

annullano la rivendicazione umana d'un libero arbitrio dell'uomo.



(340) Anch'egli è una macchina in mezzo a macchine;

il pistone d'un cervello pompa forme di pensiero,

un cuore che batte ritaglia modi d'emozione;

un'energia insensibile fabbrica un'anima.

Oppure l'immagine del mondo svela i segni

d'un Caso vincolato che ripete i vecchi passi

in cerchio attorno ai pali cui è legata la Materia.

Una serie accidentale di eventi fatui

cui la ragione presta un senso illusorio si produce quaggiù,

o l'istintiva ricerca della Vita empirica,



(350) o il colossale lavoro d'una vasta mente ignorante.

Ma viene la saggezza, e la visione cresce dentro:

lo strumento della Natura s'incorona allora suo re;

sente il suo sé-testimone e il suo potere cosciente;

la sua anima un passo indietro e vede la Luce suprema.

Una Divinità sta dietro la macchina bruta. Questa verità irruppe in un trionfo

di fuoco; una vittoria per Dio fu riportata nell'uomo, la deità rivelò il suo

volto segreto. La gran Madre universale si levò allora in lei: una scelta

vivente invertì la curva fredda e morta del fato, affermò il passo dello Spirito

sulla Circostanza, respinse la Ruota che gira assurda e crudele e arrestò la

marcia silente della Necessità. Un guerriero fiammante giunto dalle eterne cime

col potere di forzare la porta negata e chiusa sbaraglia la muta assolutezza dal

volto della Morte e saltare fece i limiti della coscienza e del Tempo.

NOTE SPECIALI

I Vd. nota a I, 1, 197.

II "lei": Savitri.

Fine del Canto Secondo


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