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In nome del Popolo italiano La prima Corte di Assise di Firenze


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IL TRASPORTO DA PALERMO

A ROMA DI UNA PARTITA DI HASHISH

A

Qualche giorno prima del 18.4.1993 Scarano fu convocato a Palermo da Cannella. Con questa persona si era già incontrato, a parte il soggiorno romano del febbraio 1992, a Palermo, verosimilmente nella prima settimana dello stesso mese, quando si erano visti con Messina Denaro cui aveva chiesto come avrebbe dovuto regolarsi per l’esplosivo che si trovava ancora nel suo scantinato. Per l’appunto, Messina Denaro si presentò con Cannella cui demandò la soluzione del problema. Inoltre disse a Scarano che avrebbe dovuto tenersi in contatto con Cannella per lo smercio di una partita di hashish, di non buona qualità, da vendere a Roma.


Scarano non ha mostrato buona memoria sull’individuazione dell’epoca di questi fatti che colloca in coincidenza con la strage di Capaci. Al contrario è pacifico che avvennero prima del 18 aprile. In tale data, infatti, risulta dai documenti di imbarco acquisiti che si recò via mare da Napoli a Palermo e che il giorno successivo il cellulare, intestato alla moglie Silvia Tusa e in sua disponibilità, si trovava in Sicilia.
Fu accolto al porto da Cannella che lo condusse al deposito della ditta di Carra, la Coprora srl, dove lo stesso Carra, Barranca e Cosimo Lo Nigro, il quale utilizzava la sua motoape nelle operazioni, stavano caricando la droga (20 quintali, secondo quanto Cannella disse a Scarano), nascosta in camere d’aria da camion (tra 33 e 37 per Carra, più di 10 per Scarano, in ciascuna 35 kg. di hashish) sistemate su un mezzo di Carra, in un vano ricavato con traverse da ferrovia in legno, tra rottami d’auto. Carra non si è detto certo della presenza di Gaspare Spatuzza. In attesa di completare il carico, Cannella lo aveva accompagnato all’autosalone di Luigi Giacalone (la persona con cui sarebbe stato arrestato il 3.6.1994 e che conobbe proprio in quell’occasione).

B)

Le versioni di Carra e Scarano sul viaggio e lo scarico coincidono nei minimi particolari e sono valorizzate da inequivoci elementi di riscontro.


Intorno alle ore 18 partirono dalla Coprora, Carra alla guida del camion e Scarano di conserva con la sua macchina. Carra aveva con sé il cellulare intestato alla ditta Autotrasporti Sabato Gioacchina. I tabulati delle utenze dimostrano che vi fu una telefonata tra i due alle 0,42 del 20 aprile sotto il ponte radio di Catanzaro, ed altre tre tra le 8,22 e le 8,55 dello stesso giorno sotto il ponte radio 06. Era accaduto che Carra e Scarano si fossero fermati in un’area di servizio in Calabria, dove Scarano incontrò casualmente Francesco De Masi, e che Carra si fosse perso nelle vicinanze di Roma.
De Masi, che ha deposto all’udienza del giorno 8.11.1999, ha confermato l’incontro avuto con Scarano.

I due si conoscevano per essere stati in carcere insieme. Scarano gli confidò il trasporto dell’hashish. De Masi riferì al m.llo Leone con cui quella notte si accompagnava, a suo dire, per ragioni di cortesia.

Il m.llo Leone ha testimoniato sul punto nel processo 12/96 e ha riportato negli stessi termini l’episodio, ma, contrariamente a De Masi il quale ha escluso la circostanza, ha precisato che l’uomo era un confidente del ROS CC. in ausilio quella notte al pedinamento, cui partecipavano anche il cap. Fischione e il m.llo Palmisano (pure sentiti nel processo 12/96 con esiti conformi alla deposizione di Leone), di tale Carmine Aquila sospettato di traffico di stupefacenti.
Le telefonate delle prime ore del mattino si spiegano per i motivi già detti.

Carra, raggiunto da Scarano nel punto dove aveva smarrito la strada, venne condotto da Scarano in un piazzale di un’autorottamatore, luogo che egli riconoscerà in sede di indagini preliminari.


Si trattava della sede della ditta di Nazzareno Brugoni, testimone che nel processo 12/96 ha reso dichiarazioni conformi a quelle di Carra e Scarano: avvertito dell’arrivo del camion da un suo operaio, aderì alla richiesta di Scarano, che in seguito si accorse essere pretestuosa tanto da indurlo ad allontanarsi sospettando traffici poco leciti, di scaricare il mezzo con una macchina operatrice in sua disponibilità, il cui azionamento danneggiò le sponde del rimorchio.

Fu necessario provvedere all’acquisto di olio per far funzionare la macchina che era in disuso (la fattura relativa, in data 20 aprile, è stata prodotta da Brugoni). Carra ripartì subito.


La droga venne trasferita su un furgone arancione che Scarano aveva acquistato da una dismissione dell’azienda dell’acquedotto romano ACEA e intestato all’amico Aldo Frabetti(il veicolo sarà nuovamente utilizzato in occasione dell’attentato allo stadio Olimpico), trasportata vicino casa di Frabetti e nascosta in una grotta dove la G. di F. l’avrebbe sequestrata in data 1.11.1994 (n.7 camere d’aria rinvenute in una stalla e n.31 in una “cavità in una parete argillosa”), arrestando Frabetti e la di lui moglie Domenica Santini.
Una parte dell’hashish, circa due quintali, fu venduta da Scarano che ne consegnò il ricavato (200 milioni) a Cannella. Altri tre o quattro quintali li dette a Emanuele Di Natale, vecchio sodale di traffici illeciti rivisto a Regina Coeli in occasione di un colloquio in carcere con il figlio (di Scarano) e il nipote (di Di Natale) detenuti, perché li “lavorasse”.
Di Natale, all’udienza del 23.6.1999, ha confermato che diverse camere d’aria piene di droga (confezionata in panetti da ½ kg. per un peso ciascuna di 35-36 kg. di hashish; “ ... il fumo doveva essere impastato perché era leggero, non era di qualità buono ... “) furono dapprima nascoste nel cortile di casa sua in via Ostiense sotto del brecciolino e poi portate via da Scarano e Frabetti con il furgone ACEA; Scarano gli lasciò tre o quattro quintali che egli trasferì a Pontecorvo.
Lo stesso cortile di via Ostiense sarebbe stato utilizzato per occultare, sempre sotto il brecciolino, l’esplosivo utilizzato per le stragi di Roma del 28.7.1993. Scarano aveva sondato la disponibilità di Di Natale e si era reso conto che il cortile di via Ostiense costituiva un’utile base logistica.

6
LA STRAGE DI VIA FAURO

A)

Scarano ha riferito tempi, modalità e circostanze dell’attentato a Maurizio Costanzo compiuto a Roma il 14.5.1993 mediante l’esplosione, provocata con un telecomando, di un’autobomba, e ne ha indicato gli esecutori materiali in Cristofaro Cannella, Salvatore Benigno, Cosimo Lo Nigro, Giuseppe Barranca, Gaspare Spatuzza e Francesco Giuliano, confessando la propria personale responsabilità.


Cannella aveva riscosso da Scarano, recandosi a Roma, i 200 milioni provento della vendita di parte dell’hashish, e in quella stessa occasione gli aveva detto che sarebbe servito un appartamento nella capitale e di attivarsi allo scopo.

Tuttavia, qualche tempo dopo, si presentarono a casa di Scarano, Cannella, Benigno e Lo Nigro; avevano una Fiat Uno celeste targata Roma. Il giorno successivo arrivarono in treno Giuliano, Barranca e Spatuzza. Furono tutti ospitati nell’appartamento del figlio di Scarano, che era detenuto, nello stesso immobile di via delle Alzavole.

B)

Cannella, Benigno, Lo Nigro e Scarano osservarono per alcuni giorni i luoghi intorno al teatro Parioli sede degli spettacoli di Costanzo e i percorsi solitamente seguiti in auto dal giornalista.


Poi i palermitani chiesero a Scarano di reperire un luogo idoneo alla preparazione dell’autobomba.

Scarano pensò di nuovo al centro commerciale di via Parasacchi, a Massimino, e si recò da lui con Lo Nigro ottenendo di poter utilizzare un ampio locale di cui ebbe le chiavi.


Quindi venne rubata una Fiat Uno e la A112 di Scarano parcheggiata, per evitare che il posto dove lasciare l’autobomba venisse occupato, nel punto in cui si era deciso di provocare la deflagrazione.
L’esplosivo fu trasportato dallo scantinato di Scarano a “Le Torri” nel locale concesso da Massimino, servendosi della Uno rubata; prepararono l’autobomba dietro un pannello di cartongesso che rinvennero sul posto e che usarono, poggiato a un pilastro, per impedire che la macchina potesse essere vista mentre “lavoravano”.
La Uno venne sistemata nel luogo previsto; si attese l’arrivo di Costanzo ma il congegno non funzionò.

C)

Il giorno successivo, e cioè il 14 maggio, Lo Nigro e Benigno tornarono in via Fauro e, verso le 21,30, fecero esplodere l’autobomba. Si rividero tutti a casa di Scarano e parlarono di quanto era successo; Barranca non c’era perché si era perso per Roma. Benigno e Lo Nigro spiegarono che Costanzo non era stato colpito per il fatto che si aspettavano che passasse con un’ Alfa 164 e invece transitò con una Mercedes, così che Benigno azionò il telecomando in ritardo. Quella stessa notte i palermitani rientrarono in Sicilia, ad eccezione di Cannella che chiese a Scarano di accompagnarlo al Nord.



D)

Grigoli ha riferito d’aver saputo da Giuliano e da qualche altro del gruppo che tra gli esecutori erano certamente presenti lo stesso Giuliano, Cannella e Benigno; Romeo, sempre da Giuliano, che parteciparono quest’ultimo, Lo Nigro e Benigno. Grigoli ha aggiunto d’aver saputo che Cannella (il capo del gruppo secondo Scarano) era stato criticato dagli altri perché si dimostrava poco affidabile e che fu sostituito da Graviano con Spatuzza; quanto a Giuliano ne ha raccontato una confidenza: egli aveva rischiato di essere scoperto da personale di vigilanza privata, insospettito della sua presenza, durante un sopralluogo al teatro e si era defilato fingendo di far parte di una comitiva.


G. Ferro ha dichiarato che Messina Denaro ebbe in un’occasione a raccontargli che Costanzo era stato fortunato, e Alfredo Bizzoni d’aver incontrato a Roma e conosciuto per tramite di Scarano, intorno al 10.5.1993, Giuliano, Spatuzza, Benigno e Lo Nigro.
Dalla testimonianza del col. Pancrazi si è appreso che in sede di indagini preliminari Scarano condusse gli investigatori al centro commerciale di via Parasacchi, in Torbellamonaca, dove furono rinvenuti, dietro un pilastro del locale da lui indicato e vicino a “una intelaiatura come di cartongesso”, una serie di oggetti molti dei quali riconosciuti come propri da Linda Corbani, la persona che aveva denunciato il furto della Uno esplosa in via Fauro.
Massimino ha ricordato che nel maggio 1993 si presentarono da lui al centro commerciale Scarano e un altro individuo. Risulta, del resto, dal tabulato del cellulare di Scarano che l’11.5.1993 vi fu una chiamata al numero de “Le Torri”. Dallo stesso tabulato risultano, la sera del 13.5.1993, tre chiamate al cellulare di Benigno.
Costanzo e i suoi autisti Peschi e Degni hanno confermato che la sera del 14 maggio fu usata, anziché la solita Alfa 164 guidata da Peschi e a causa di un’indisposizione di quest’ultimo, una Mercedes guidata da Degni.
II2
7
LA STRAGE DI VIA DEI GEORGOFILI

A)

Il viaggio di Vincenzo Ferro a Prato del 27.4.1993 (sub 4 I) se ne è specificato il motivo e lo scopo, il rientro avvenne lo stesso giorno con un volo Firenze-Palermo in partenza alle 18,45, non fu l’unico.



Tra quel 27 aprile e il successivo 23 maggio egli si recò nella città toscana altre quattro volte. Le sue dichiarazioni sul punto sono state riscontrate dagli accertamenti compiuti dal teste ispettore Gesuino Puggioni e comprovate dai documenti di trasporto prodotti.
In particolare:

- il 7 maggio, quando si spostò dalla Sicilia a Roma con la sua Audi 80 insieme a Calabrò incontrandosi il giorno successivo alla stazione Termini con Giorgio Pizzo e proseguendo in treno per Firenze dove furono ricevuti da Antonino Messana che li condusse a Prato, risulta il traghettamento della Audi da Messina a Villa S.Giovanni; sul volo Palermo - Fiumicino in arrivo alle 7,55 dell’8 maggio risulta la presenza di Pizzo G. Mister; dal tabulato del cellulare di Calabrò risulta che l’8 maggio venne chiamato sotto il ponte radio 06 il numero della carrozzeria di Calabrò a Castellamare del Golfo;

- il 13 maggio, quando raggiunse Prato dopo essere stato in Cassazione per ritirare la copia di un atto di un processo definito nei confronti del padre, risulta la sua presenza sul volo Palermo - Fiumicino in partenza alle 6,45 nonchè negli uffici della Cassazione (è acquisita la copia della carta d’identità servita per il rilascio del provvedimento); risulta dal tabulato del suo cellulare una chiamata all’utenza dello zio il quale evidentemente veniva avvisato del suo imminente arrivo a Prato, proponendosi V. Ferro di reperire un garage diverso dai locali adiacenti all’abitazione di Messana che, in occasione della trasferta insieme a Calabrò e Pizzo, i due avevano giudicato idonei alle esigenze da soddisfare; risulta dallo stesso tabulato che nei giorni 13 e 14 maggio l’apparecchio era attivo dal distretto 055; risulta che egli era sul volo Pisa - Palermo in partenza alle ore 15,55;

- il 19 maggio, quando si recò nuovamente a Prato per intervenire su ordine di Calabrò presso lo zio il quale aveva allontanato in malo modo da casa sua alcune persone che si erano presentate per alloggiarvi dicendo che erano mandate da Calabrò, risulta che, insieme alla madre Grazia Messana, era sul volo Palermo-Firenze delle ore 20,50 e che rientrò il 21 con il volo in partenza da Firenze alle ore 18,45;

- il 23 maggio, quando fu convocato da Messana perché erano giunte delle persone e lo zio pretendeva che anche lui fosse presente durante il loro soggiorno a Prato, risulta che viaggiò in aereo da Palermo a Roma con il volo delle 20,45.

B)

Tutti questi viaggi di V. Ferro a Prato, frazione Capezzana via Sotto l’Organo n. 12 dove abitava la famiglia Messana, furono necessari per convincere lo zio ad acconsentire alle richieste di “appoggio” di Calabrò; egli cercò anche di procurare in zona una sistemazione diversa ma non vi riuscì.


Calabrò agiva su irrinunciabile mandato di Messina Denaro e Bagarella.

Sia V. Ferro che il padre, esaminati entrambi ex art. 210 c.p.p. all’udienza del 5.5.1999, hanno chiarito esattamente quali fossero i termini del problema.

Calabrò insisteva con il primo, fin dall’iniziale rifiuto di Messana, affermando che altrimenti sarebbero stati “mali discorsi”, e in seguito facendogli presente che “questa brutta figura con Matteo non la posso fare”.

G. Ferro ha aggiunto che, uscito dal carcere a fine aprile 1993, fu informato dal figlio delle iniziative di Calabrò. Dopo un ricovero in ospedale dal 10 al 15 maggio, apprese da Vincenzo che Calabrò era su tutte le furie per il comportamento di Messana. Allora ebbe un colloquio con lui cercando di spiegargli che il cognato “non era nessuno”, che non c’era da fidarsi, dicendosi persino disposto a affittare a proprie spese l’immobile che serviva a Prato. Calabrò rispose in tono perentorio che la cosa interessava a Bagarella e a Messina Denaro e, lasciando chiaramente intendere in che misura si sarebbe esposto, che era con loro che eventualmente avrebbe dovuto spiegarsi.

C)

Il 23 maggio, dunque, V. Ferro arrivò a casa dello zio e vide che in una stanza al piano superiore avevano preso alloggio Barranca, Spatuzza, Giuliano e Lo Nigro.


Trascorse con loro i giorni successivi durante i quali, con Giuliano e Lo Nigro, usando la Fiat Uno di Messana, si recò nel centro di Firenze, nei pressi della stazione e di piazza della Signoria; nel piazzale degli Uffizi gli altri due gli raccomandarono di affrettare il passo.

In quel lasso di tempo Ferro, su richiesta di Barranca, dette incarico allo zio, consegnandogli il denaro necessario, di comprare un televisore.

La sera del 25, intorno alle 23, Barranca gli disse di accompagnarlo con la Uno a una chiesa dei Testimoni di Geova. Dal tabulato del cellulare in uso a Carra si rileva che alle ore 22.58 del 25.5.1993 venne chiamato il numero di Messana.

D)

Carra aveva avuto quel numero da Barranca, segnato su un biglietto unitamente al nome di un paese a breve distanza da Prato. Ciò era avvenuto a Palermo, il 24 maggio, nel deposito della Coprora. Lo Nigro e Barranca lo avevano avvertito che occorreva provvedere a un altro trasporto, e allo scopo si erano accordati con lui per il carico sul camion.



Si recarono al deposito insieme a Giuliano; Lo Nigro li lasciò per poco e fece ritorno alla guida di un Ape con quattro pacchi, avvolti in nastro adesivo, nascosti sotto una rete da pesca. Si trattava di esplosivo che, come dirà Grigoli mostrando alla polizia l’ubicazione del luogo, era stato preparato da Lo Nigro, Giuliano e Spatuzza in un immobile, poi ristrutturato, nella disponibilità di Mangano, posto in una traversa, vicolo Guarnaschelli, di corso dei Mille.
A Lo Nigro, su indicazione di Pietro Romeo (teste Dalle Mura), sarebbe stata sequestrata il 15.12.1995 l’Ape Piaggio tg. PA 118238, in un box in via S. Cappello n. 26 a Palermo (del quale hanno parlato pure Grigoli e Carra), al cui interno fu rinvenuto anche uno stradario di Roma del 1993.
L’Ape, sottoposta a verifica EGIS dai cc.tt. Masara e Vadalà, si è accertato essere contaminata da TNT nelle parti laterali del cassone, sotto le sponde e nell’abitacolo. TNT si è accertato essere tra i residui dell’esplosione di Firenze.
Barranca, Spatuzza, Lo Nigro, Giuliano e Carra collocarono i pacchi in un doppiofondo di un semirimorchio su cui ne fu sistemato un altro. Barranca dette appuntamento a Carra per le ore 20 del 25 maggio davanti alla chiesa dei Testimoni di Geova che si trovava nel paese indicato sul biglietto (in seguito individuato nella frazione di Prato, Galciana).

E)

Carra partì il 24 via mare per Livorno e il 25, sbarcato, proseguì verso Prato, ma alle 19,30 circa telefonò Barranca differendo l’appuntamento alle 23.


Carra, arrivato alla chiesa, non trovò parcheggio, arrestò l’autocarro davanti a un cimitero poco distante e telefonò ancora da Messana per informare del cambiamento di programma. Lo raggiunsero con una Uno bianca. Lo Nigro, Giuliano e Spatuzza; trasferirono l’esplosivo dall’intercapedine del semirimorchio alla Uno compiendo l’operazione in una strada a lato del cimitero.
Terminato il trasbordo, Lo Nigro disse a Carra di spostarsi altrove e questi parcheggiò in un’area di servizio sulla statale per Livorno dove ricevette una telefonata di Lo Nigro che gli comunicò di tornare alla chiesa. Qui fu avvicinato da un giovane con una Uno il quale lo informò che avrebbe dovuto trovarsi nello stesso posto alle ore 20 del giorno successivo.
Carra, dopo aver sostato fino all’ora dell’appuntamento nell’area di servizio della sera precedente e avervi lasciato il semirimorchio, tornò alla chiesa, ma lo stesso giovane, che questa volta guidava un’altra utilitaria (forse una Y10 o una Seat Ibiza), gli riferì che doveva attendere fino alle 23,30.
Venne poi raggiunto da Barranca, accompagnato dal ragazzo di prima, il quale prese posto nella cabina del camion. Recuperato il semirimorchio, viaggiò in autostrada fino a Livorno. Sulla A11 comprò un registratore e due musicassette. Barranca ascoltava i notiziari alla radio che annunciarono la strage di Firenze. Al porto di Livorno sganciò il semirimorchio e partì con la sola motrice per rientrare in Sicilia; fu fermato dalla polizia nei pressi di Roma; arrivò a Palermo al mattino del 28 maggio.

F)

V. Ferro aveva osservato i movimenti degli altri nella giornata del 26.


Alle 17-18 circa Spatuzza e Giuliano uscirono con la Uno dello zio. Tornarono dopo un’ora, Spatuzza alla guida di un Fiorino che venne introdotto nel garage al cui interno la sera prima era stata ricoverata la Uno raccomandandosi gli “ospiti” che nessuno avrebbe dovuto accedervi. Fu necessario, per consentire il ricovero del veicolo, smontare il portapacchi del furgone, e mentre lo facevano Ferro vide due involucri confezionati con scotch in un angolo.
Da ultimo, intorno a mezzanote, notò che Giuliano partì con la Uno e Lo Nigro, che gli chiese un sigaro, con il Fiorino; immediatamente dopo partirono con la macchina del cugino Barranca e Spatuzza, ma questi rientrò quasi subito da solo.
Lo Nigro e Giuliano restarono fuori per circa un’ora, tornando insieme con la Uno, senza il furgone.
L’innesco dell’ordigno esploso in via dei Georgofili (250-300 kg. di tritolo, T4 e pentrite collocati all’interno del piano di carico del FIAT Fiorino sottratto a Alvaro Rossi) si è accertato, come da c.t., essere costituito da timer allacciato a un solo detonatore elettrico collegato a detonatori a miccia mediante miccia detonante.
Al mattino del 27 Ferro condusse Spatuzza, Giuliano e Lo Nigro a Bologna; egli andò via nel pomeriggio facendosi accompagnare dal cugino a Pisa da dove viaggiò in aereo su Palermo con il nome Ferrau.

G)

Le versioni di Vincenzo Ferro e Carra, assolutamente coincidenti salvo alcuni dettagli, sono confermate da una serie impressionante di elementi di riscontro, oggettivi e soggettivi.


Si è detto dei viaggi di Ferro, di alcuni tabulati di cellulari (l’apparecchio di Ferro non fu attivo, significativamente, dal 23 al 27 maggio), dell’Ape di Lo Nigro.
Ma, ancora, risulta:

- il 24 maggio l’imbarco dell’autotreno di Carra, con due semirimorchi sovrapposti, a Palermo per Livorno, autista lo stesso Carra (teste Giuttari);

- le caratteristiche della strada di fianco al cimitero di Galciana, larga 6 metri e lunga 43, dove Carra condusse gli investigatori il 1.9.1995 riconoscendo i luoghi, sono compatibili con le operazioni di sollevamento del cassone e di scarico descritte dallo stesso (teste Cappottella sentito nel processo n. 12/96; il teste della difesa Fusco ha dichiarato all’udienza del 21.10.1999 che la strada permette il transito di betoniere, macchine agricole, escavatori);

- la casa abitata nel 1993 dalla famiglia Messana in frazione Capezzana di Prato, via Sotto l’Organo n.12, aveva due piani e un garage di pertinenza e si trovava a 1400 metri dalla chiesa di Geova e a 400 metri dal cimitero di Capezzana (teste Cappottella). Fu demolita per un intervento di sostituzione edilizia eseguito, previo rilascio di concessione in data 21.6.1995, tra il 26.6.1995 e il 22.6.1998 (teste della difesa Tognocchi esaminato all’udienza del 5.11.1999).

La demolizione del vecchio fabbricato avvenne, dunque, prima delle collaborazioni di Carra (agosto 1995) e V. Ferro (marzo 1996) che permisero di collegare quello stabile alla strage di via Georgofili;

- la moglie di Messana, Tommasa Perricone, è intestataria di una Fiat Uno bianca.


Quest’auto, sottoposta a verifica EGIS, si è accertato essere contaminata da TNT nel bagagliaio e in alcune zone dell’abitacolo; allo stesso modo, la VW Golf - modello simile alla Seat Ibiza - intestata al figlio di Messana, Giampiero, ma solo nell’abitacolo e non nel bagagliaio, ciò che denota contaminazione secondaria e non utilizzazione diretta per trasporto di esplosivo;
- l’acquisto in contanti di un televisore da parte di Messana il 24.5.1993 (teste Puggioni, fattura e scontrino di cassa);

- il furto del Fiorino utilizzato per l’autobomba venne commesso, come si desume dalle testimonianze Rossi e Lo Conte oltre che dalla c.t. di Menichetti e Pampaloni, verso le 19,30 del 26 maggio;

- i testi Borgioli e Suglio videro in via dei Georgofili, intorno alle ore 0,40 del 27, il Fiorino in parcheggio davanti alla Torre dei Pulci; Suglio ricorda anche una Uno dietro il furgone;

- i tabulati del cellulare di Carra rivelano che l’apparecchio fu usato in Toscana (055) dalla tarda mattinata del 25 maggio (ore 11,35) alla notte del 26 (ore 22,38) per numerose telefonate tutte dirette in Sicilia, a parte quella delle 22,58 del 25;

- il cellulare di Spatuzza fu usato sotto il ponte radio 055, alle ore 1,04 del 26.5.1993, per chiamare quello di Carra, e vi rimase per tutto il 26 risultando l’ultima telefonata di quel giorno alle ore 19,06 e la prima del giorno successivo alle ore 21,14 sotto il ponte radio 010;

- sul volo Pisa-Palermo del 27.5.1993 (check in delle ore 13,37) era presente Ferrau E. Mister (teste Puggioni);

- il teste Russo, gestore di un negozio nell’area di servizio AGIP di Migliarino Nord, ha dichiarato di aver venduto nella notte tra il 26 e il 27 maggio un radioregistratore e due musicassette;

- una pattuglia della Polstrada di Fiano Romano effettuò il 27.5 un controllo, tramite interrogazione al CED, sulla targa relativa alla motrice di Carra;

- il semirimorchio sganciato da Carra a Livorno rientrò a Palermo, quello stesso mezzo che ne era partito il 24.5, da Genova il 5.6.1993 trainato da altra motrice;

- Grigoli, da Giuliano, e Romeo, da altri del gruppo di fuoco, hanno riferito d’aver saputo che l’esplosivo era stato trasportato da Carra; Giuliano confidò a Grigoli d’aver preso parte alla strage di Firenze;

- Romeo, da Giuliano, ha detto d’aver appreso che a Firenze erano presenti Giuliano stesso e Lo Nigro, che piazzarono l’autobomba, nonché Spatuzza, e Calvaruso, da Giacalone, che il genero di questi Lo Nigro aveva guidato sul luogo dell’attentato la macchina con l’esplosivo, agendo insieme a Spatuzza o Giuliano;

- Sinacori ha parlato di un incontro tra V. Ferro e Messina Denaro, cui ebbe ad assistere alla fine del 1995, in occasione del quale Ferro espresse timori per indagini in corso su telefonate pervenute a casa dello zio.


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