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In nome del Popolo italiano La prima Corte di Assise di Firenze


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L’analisi dei prelievi rilevati nel capannone di corso dei Mille 1419/D, mediante metodo EGIS, ha dimostrato, nell’esauriente illustrazione dei risultati esposta dai cc.tt. Egidi e Vadalà, che il locale era contaminato da TNT e PETN e che il tritolo vi si era diffuso in polvere tanto si presentava generalizzata la dispersione.

L’esame del materiale sequestrato a Le Piane e in via Braccianese, assai simile, ha rivelato che si trattava di polvere finissima di TNT che il c.t. Vadalà ha ricondotto all’effetto di una macinazione per mezzo di una molazza, anche per la presenza di tracce di ferro, silicio e calcio, elementi non contenuti di norma nel tritolo e che residuano invece nelle lavorazioni edili . Nulla di più coerente rispetto alle informazioni fornite da Grigoli, il quale, si ricorderà, ha anche detto che per l’ordigno destinato alla strage dell’Olimpico era stato tagliato del tondino di ferro.


Il c.t. Massari ha accertato, su prelievi e tamponi compiuti nella mansarda di Largo Giulio Capitolino, con indagine EGIS, tracce di EGDN, NG, DNT, TNT.

Vi è da aggiungere che Giacalone, prima che i risultati di quest’indagine fossero conosciuti, ha dichiarato al P.M. di aver dormito insieme a Lo Nigro, ospiti di Scarano, in un appartamento vicino Cinecittà.


Dal teste col. Pancrazi si è appreso che un furgone arancione con la scritta ACEA, tg. Roma Y38754 era intestato a Frabetti, ma che era certamente nella disponibilità di Scarano, e inoltre che, in sede di sopralluogo nel piazzale della Rustica, si verificò che vi si trovava in parcheggio una Fiat 1100.
In via dei Gladiatori, secondo i testi Massimi e Papetti nonché documentazione acquisita presso i competenti uffici del Comune di Roma, erano poste, in epoca fine 1993-inizio 1994, transennature per l’esecuzione di lavori di scavo.
Il cellulare intestato a Spatuzza funzionò sotto il ponte radio 06 nei giorni 29 e 30.7.1993, e 3, 20 e 24.8.1993; quello intestato a Auto G. e G. di Giacalone Luigi s.n.c. sotto lo stesso ponte radio il 24.12.1993 e nei distretti RM3, RM4 e RM1 il 4.1.1994 e il 9.1.1994. Il cellulare intestato alla moglie di Scarano chiamò l’utenza della Pat Service alla Rustica nei giorni 24.11.1993, 2.12.1993 e 21.12.1993.
Dalle prodotte liste della “Tirrenia” risulta l’imbarco con auto al seguito di due passeggeri, uno dei quali a nome Giuliano, da Palermo a Napoli il 10.6.1994 e a ritroso il giorno dopo. Il 3 precedente erano stati arrestati Giacalone e Scarano.
Romeo, come da testimonianza del commissario Grassi, fece ritrovare la notte sul 16.11.1995 in località Le Piane due pacchi che, successivamente esaminati dal c.t. del P.M. Vadalà, rivelarono contenere tritolo, in composizione identica per entrambi, e essere avvolti da nastro adesivo marrone sotto il quale vi era un cordino bianco che stringeva un sacchetto per la nettezza. Il nastro e il cordino, comparati dalla c.t. Bellomo con i pezzi di scotch e di corda rinvenuti nel giardino di Capena (che si è accertato contaminati da EGDN, NG e TNT), hanno evidenziato le stesse caratteristiche fisiche, chimiche e merceologiche.

11
LA STRAGE DI FORMELLO

A)

La Corte ritiene che la decisione di uccidere Salvatore Contorno, in termini di concreta e attuale possibilità di raggiungere un obiettivo “storicamente” perseguito da cosa nostra, sia derivata dall’acquisizione di precise notizie in ordine al domicilio protetto del collaboratore.


Non è tanto importante, per i profili che in questa sede interessano, stabilire come l’ informazione fu ottenuta, quanto segnare un aspetto di discontinuità, meglio, di diversione, dal disegno ispiratore del programma che era andato sviluppandosi dalle stragi di Firenze, Roma e Milano fino a quella, preannunciata dalle lettere spedite da Spatuzza, dell’Olimpico, e, al contempo, un elemento che si potrebbe definire di occasionale analogia in relazione ai mezzi e alle modalità di esecuzione che nello specifico furono adottate.
Questo snodo è decisivo perché possa essere compreso il percorso motivazionale seguito dal collegio in ordine alla valutazione dei limiti del concorso di Riina, al quale può e deve essere attribuita, sul piano dell’ideazione e determinazione dei delitti conseguenti, la responsabilità dell’opzione stragista strategicamente intesa, accantonata per effetto della sospensione (il “fermo” nell’estate del 1992 e dopo l’introduzione del 41 bis) in funzione della scelta tattica di privilegiare in quel momento le trattative che considerava ben avviate.

Altrettanto, però, non può dirsi di una “opportunità” non prevedibile da Riina, il quale si trovava in regime penitenziario di strettissima vigilanza e non vi è prova fosse in qualche modo in grado di comunicare con l’esterno, da lui non governabile o anche solo suscettibile di essere condivisa in termini di adesione e/o rafforzamento dell’altrui proposito criminoso.

Né, in merito, potrebbero essere valorizzate, a meno di un’improponibile assimilazione di indistinte “dichiarazioni di intenti”, per quanto sintomatiche di totale e intensissima avversione, a comportamenti apprezzabili e rilevanti in tema di concorso di persone nel reato, i commenti e le espressioni di Riina sui cd. “pentiti” riportate da Cancemi e richiamate sub 2. Tanto più che, come si dirà, la strage di Formello fu perpetrata anche per motivi “privati” e di regolamento di conti, estranei all’ “interesse generale” dell’organizzazione e alla logica di sterminio dei collaboratori di giustizia.
Il convincimento si fonda sulla valutazione dei contributi di Grigoli, Carra, Calvaruso e Romeo (il quale ha esplicitamente affermato, riportando confidenze fattegli da Giuliano: “ ... cioè, hanno fermato gli attentati che avevano fatto per farci poi l’attentato a Contorno. Per questo si sono fermati a fare attentati nei monumenti ... “) in ordine alla provenienza delle informazioni su Contorno, nonché di quello di Brusca il quale venne

“ ... a sapere da Bagarella e poi da altri, da Fifetto Cannella, da Giorgio Pizzo, che Contorno si trovava a Roma. Cioè, ormai lo sapevamo che si trovava a Roma, però non sapevamo l’ubicazione, cioè il sito preciso dove lui abitava. A quanto pare il Giuseppe Graviano, o chi per lui, sono riusciti ad individuare dove il Contorno abitava”.


L’informazione, secondo i collaboratori dianzi menzionati, era di Scarano. Questi l’aveva saputo da un costruttore che abitava nella stessa zona di Contorno, che trafficava con lui in affari di droga e che possedeva una Ferrari.
Scarano, benché esplicitamente richiesto dal P.M. nel corso dell’esame nel processo 12/96, ha decisamente negato la circostanza, ricollegando piuttosto l’ ”attenzione” su Contorno del gruppo che alloggiava a Torvajanica a un momento immediatamente successivo a un incontro tra Graviano (lo avevano condotto a Torvajanica lui e Spatuzza a seguito di un appuntamento in via Veneto) subito dopo il quale Spatuzza gli domandò se sapeva dov’era Formello e fu iniziata un’attività di “inchiesta” con sopralluogo e pedinamenti.
Certamente Claudio Daguanno, sentito come teste nel processo 12/96, si occupava di edilizia, abitava in via Monti di Malvagliata a Formello, nella stessa strada di Contorno, aveva una Thema Ferrari, e si è accertato (teste Pancrazi) che il 16.6.1994 fu arrestato nella flagrante detenzione di 50 grammi di cocaina.
E’ verosimile che Scarano abbia negato sul punto nell’intento, del resto chiaramente emerso anche riguardo alla posizione di Frabetti, di non compromettere suoi amici.
Ma, si diceva, non merita soffermarsi più di tanto sulla questione. E’ importante, invece, rendere il concetto della “casualità” dell’acquisizione dell’informazione, che fu ottenuta nel contesto dell’attuazione di tutt’altro programma e che venne utilizzata adeguando le modalità esecutive del progetto di soppressione di Contorno, che in base al nuovo dato di conoscenza si sarebbe perseguito, a quelle applicate per l’esecuzione della campagna stragista. Come se, in un cantiere aperto per la costruzione, sarebbe meglio dire la demolizione, di un grande edificio, si presentasse l’occasione di un’utile variante in corso d’opera.

B)

Contorno doveva morire, è ancora Brusca che parla, “ ... in quanto era responsabile di omicidi ed era uno di quelli che faceva parte, come si suol dire, a Stefano Bontate, cioè ai perdenti ... era responsabile dell’omicidio di Michele Graviano, cioè il padre di Giuseppe ... a Spatuzza gli avevano ucciso magari il fratello, il padre, non mi ricordo. Comunque sempre a causa di Contorno”.


Numerose altre persone sentite ex art. 210 c.p.p. (Cucuzza ha anche specificato nei dettagli in che modo Contorno era riuscito a sorprendere Michele Graviano) hanno riportato come fatto “notorio”in cosa nostra che Contorno era considerato responsabile delle uccisioni di prossimi congiunti di Graviano e Spatuzza. Lo stesso Scarano ha riferito di conversazioni tra i componenti del gruppo presente a Capena, dopo l’arresto dei fratelli Graviano, quando dicevano che volevano ammazzarlo anche per fare un favore a “madre natura”.

C)

Bagarella pure nutriva profondo astio personale per Contorno di cui temeva le capacità criminali al punto che, secondo un commento di Lo Nigro di cui ha parlato Ciaramitaro, gli venivano i “brividi” solo a sentirne il nome. Un altro suo commento sulla pericolosità di Contorno è stato riferito da Calvaruso il quale ne raccolse una confidenza circa uno scambio di vedute con Mangano: il corleonese, replicando a quest’ultimo che gli garantiva che i ragazzi avrebbero fatto bene il “lavoro” e che non occorreva un suo intervento diretto, disse “ ... con Contorno è un’altra cosa, perché quello c’ha sette vite come i gatti”.


E Bagarella, nel rinnovato spirito di collaborazione con Brusca e in occasione di incontri agli inizi del 1994 nel fondo di un certo Giuseppe Patellaro a Borgo Molara, gli fece richiesta di esplosivo per colpire l’odiato nemico. Doveva trattarsi, a detta di Brusca, di materiale diverso da quello “... adoperato a cominciare da Borsellino per degli attentati al Nord. Cioè, nel senso che si cercava un esplosivo diverso per non ricollegare i fatti ... di strage avventuti, quella di Borsellino e quella delle stragi del Nord, cioè Roma, Firenze, Milano ... “.
Brusca lo procurò, da una parte, ottenendo della “gelatina” da Antonino De Caro, “capoprovincia dell’agrigentino”, che fece avere a Giorgio Pizzo, e, dall’altra, ordinando a Giuseppe Monticciolo, un suo uomo di San Giuseppe Jato cui aveva affidato la custodia di un vero e proprio arsenale in contrada Giambascio scoperto dagli inquirenti sulla base delle indicazioni fornite dallo stesso Monticciolo, di consegnare a Domenico Raccuglia, che a sua volta si occupò di farlo pervenire ancora a Pizzo, altro esplosivo. Monticciolo ha precisato che era del genere sale chimico, a pallini e biancastro, granulare, come “teste di cerino”.
Anche Sinacori ha detto di aver saputo da Messina Denaro di una fornitura di esplosivo da cava da questi, per tramite di uomini della sua provincia (Vincenzo Virga e Vito Mazara), a Mangano.
Infatti, Grigoli preparò, ha ricordato, tre diversi tipi di esplosivo, in pacchi come quelli dell’Olimpico, nel capannone di corso dei Mille insieme a Lo Nigro, Giuliano e Spatuzza. Non fu necessario macinarlo. Un tipo era polvere bianca che loro chiamavano “dash” e che Mangano aveva detto provenire da Brusca. Graviano aveva disposto che il materiale avrebbe dovuto essere diverso da quello usato nelle altre occasioni per evitare che fosse attribuita a cosa nostra la responsabilità delle stragi del 1993.

D)

Scarano ha dichiarato che, quando fu individuato il collaboratore, i componenti del gruppo che si trovava a Torvajanica (Spatuzza, Giacalone, Lo Nigro e Giuliano) cominciarono a viaggiare di frequente tra quella località e Formello per l’ ”inchiesta” su Contorno. Siccome la distanza era notevole, e per non perdere tempo nei trasferimenti, gli chiesero di trovare un alloggio più vicino. Così affittò una villa a Capena, località Pastinacci, da Giuseppe Alei, tramite l’agente immobiliare Roberto Petrucci, anticipando i soldi necessari che poi gli vennero restituiti da Giacalone. Attrezzò la villa e vi si trasferirono tutti ad eccezione di Spatuzza. Nel periodo di permanenza a Torvajanica, peraltro, vi era stato un continuo andirivieni dei “nipoti” da Roma alla Sicilia.



E)

Il 24.3.1994 venne effettuata la consegna a Scarano di un regalo da parte di Mangano per ricompensarlo dei servigi fino a allora prestati. Fu l’occasione del primo dei viaggi che Carra fece alla villa di Alei, del quale Giacalone approfittò per la cura di certi suoi “affari” personali.


Come risulta dagli accertamenti compiuti dal teste Dalle Mura sulla base di documenti forniti dalla ditta Vernengo di Palermo e presso la “Tirrenia” con acquisizione delle liste di imbarco, il 23 marzo venne effettuato su un rimorchio di Carra, destinatario Scarano, un carico di 7.000 tegole, e lo stesso giorno quel rimorchio, con il trattore Volvo di Carra, fu trasferito per mare a Napoli sulla motonave Vomero mentre sulla motonave Manzoni viaggiavano per la medesima destinazione Carra e il suo autista Luigi La Rocca. Motrice e rimorchio fecero il tragitto inverso il 28 marzo.
Carra ha riferito che si recò a Fiano Romano, accolto a Roma da Giacalone e Scarano, alla villa in costruzione di quest’ultimo e vi lasciò il camion per lo scarico delle tegole. Fu condotto alla villa di Capena dove si sistemò.
Andò poi a Milano insieme a Giacalone per prelevare una Peugeot rossa rubata che fu portata la notte stessa alla villa. Si trattenne qualche giorno a Capena, richiesto da Giacalone che si proponeva di concludere un affare e di organizzare un carico di macchine incidentate che però non concluse, e rientrò a Palermo trasportando solo la Peugeot e una barca che consegnò all’autosalone di Giacalone.

F)

Il 31 marzo Grigoli partì da Palermo per Roma, in treno, con Giuliano, Lo Nigro e Benigno. Egli ha detto che Giacalone viaggiò in nave o in aereo: sulle liste di imbarco della “Tirrenia” compare il 31.3.1994 sulla tratta Palermo-Napoli il nome di Giacalone Luigi, e il giorno prima lo stesso nominativo relativamente al tragitto da Napoli a Palermo; entrambi i trasferimenti con al seguito una macchina che si è accertato essere stata acquistata da Giacalone a Roma proprio il 30.3.1994.


Arrivati nella capitale, furono condotti da Scarano in una villa a Capena, da lui descritta in modo conforme a quella di Alei, e vi presero alloggio. Conoscevano i movimenti e le abitudini di Contorno che fu comunque ancora osservato e seguito, così come i suoi familiari; vennero esaminati i luoghi e iniziati i primi preparativi.

G)

Il 29.3.1994, secondo gli accertamenti svolti dal teste m.llo Cappottella sulle liste di imbarco della “Tirrenia” e informazioni assunte presso la stessa compagnia, un’autotreno di Carra, trattore con rimorchio, con alla guida il suo autista La Rocca, viaggiò via mare da Palermo a Genova.


La trascrizione delle intercettazioni telefoniche sull’utenza dell’abitazione di Carra, iniziate il 18.3.1994, dimostra che il 31 marzo vi fu un contatto tra La Rocca e Carra e un successivo appuntamento tra i due al porto di Napoli per il 2 aprile.
Il 1 aprile, infatti, Carra partì da Palermo verso Napoli, via mare (sul punto ha deposto sempre Cappottellla), trasportando sul ribaltabile, con il solito sistema, due pacchi di esplosivo che aveva caricato insieme a Spatuzza, Romeo e Vittorio Tutino, e recando con sé una lettera di Spatuzza per Lo Nigro.
Il racconto di Carra sul punto corrisponde ai trasferimenti verificati, e altri importanti riscontri esistono in ordine ai suoi successivi spostamenti.
Carra, dopo essersi trattenuto a Capena qualche giorno e aver scaricato poco prima di ripartire l’esplosivo per mezzo di una Jeep bianca (Scarano ha confermato che si trattava di un fuoristrada di sua proprietà richiestogli allo scopo), si portò con l’autotreno a Milano, in seguito a Brescia per caricare tondino di ferro quando la Polstrada gli fece una contravvenzione, ancora a Milano, poi a Genova per imbarcare il camion, infine di nuovo a Milano e, di qui, tornò in aereo a Palermo.
Durante la permanenza a Capena aveva:

aiutato a seppellire nel giardino della villa due balle di esplosivo;

partecipato insieme a Giacalone a un sopralluogo vicino casa di Contorno e dallo stesso Giacalone ricevuto informazioni sui preparativi della strage;

visto alla villa Grigoli, Giuliano, Benigno, e Lo Nigro, questi ultimi in particolare che si occupavano della predisposizione di un telecomando e che maneggiavano una batteria, fili elettrici e attrezzi vari.

Gli era stato proposto, ma lui si rifiutò, di guidare un camion in modo da costringere a fermarsi l’auto su cui viaggiava Contorno così che gli altri potessero sparare mentre il collaboratore era indifeso.
Dai tabulati del cellulare di Carra si ricava che il 2 aprile venne chiamato quello di Lo Nigro.
Numerose telefonate tra il 1 e l’8 aprile vi furono all’utenza milanese della cognata di Carra, Anna Maria La Bua. Presso quest’ultima si trovava la moglie, Liliana, perché il figlio Cristian aveva avuto un incidente stradale a Garbagnate e era stato ricoverato in ospedale (teste Messina e intercettazioni sull’utenza domestica di Carra da cui si rilevano conversazioni tra le due sorelle relative al suddetto incidente e al prossimo arrivo di Liliana a Milano).
Dal verbale di contravvenzione (acquisito al fascicolo per il dibattimento nel processo 12/96 su produzione del P.M.) contestata dalla Polstrada di Brescia a Carra, che nell’occasione era alla guida dell’autocarro tg. TO 52079D, per una rilevata irregolarità nel trasporto di un carico di tondino di ferro, risulta la sua presenza nella zona di Brescia il 7 aprile, e dalle liste “Tirrenia” (teste Cappottella) l’imbarco dello stesso mezzo da Genova per Palermo il 9 aprile.
Il trasferimento di Carra, della moglie e dei tre figli risulta dalle liste passeggeri del volo delle 16, 55 del 10 aprile da Milano a Palermo.
Conclusivamente è stabilita la piena attendibilità della versione di Carra e la collocazione temporale dei trasporti con il camion e degli altri suoi movimenti, per come da lui dettagliatamente riferiti, tra il 1 e il 10 aprile.

H)

Grigoli ha descritto le fasi, le modalità e la distribuzione dei compiti tra gli esecutori nello svolgimento dell’azione posta in essere per provocare un’esplosione nel momento in cui la macchina con alla guida Contorno fosse transitata in un tratto di strada che era stato in precedenza scelto per la miglior riuscita del mandato a uccidere; Scarano ha riferito de relato i commenti sull’azione stessa da parte coloro che vi avevano partecipato:



ricevuto da Carra l’esplosivo, pochi giorni dopo lo trasportarono con la Jeep di Scarano e lo sistemarono in una cunetta in corrispondenza di una curva, vicino a un cimitero. Presero posizione tra le 8,30 e le 9,00. Grigoli e Giacalone alla distanza di 50 metri dalla cunetta avrebbero dovuto avvertire a mezzo cellulare, il numero già memorizzato, Lo Nigro e Benigno, pronti con il telecomando su un’altura nei pressi, del sopraggiungere dell’auto di Contorno (“dare la battuta”); Giuliano si sarebbe occupato, alla guida di una Fiat Uno rubata, di condurre via Lo Nigro e Benigno dal luogo del delitto.
Contorno transitò nel punto previsto con una Fiat Punto rossa, fu “data la battuta” e azionato il telecomando, ma esplose solo il detonatore senza determinare l’innesco che, spiegò Lo Nigro, non era avvenuto perché la gelatina, in cui il detonatore era stato inserito, “non era buona”.
La sera ripresero la bomba dalla cunetta usando il fuoristrada, tornarono alla villa e commentarono l’accaduto alla presenza di Scarano. Siccome avevano notato che Contorno si era girato al momento dello scoppio del detonatore, si preoccuparono che ormai potesse essersi insospettito.
Dai tabulati del cellulare in uso a Giacalone risultano due telefonate, alle ore 8,41 e 8,42 del 5 aprile, entrambe dal distretto RM4, dirette all’apparecchio intestato a Lo Nigro, i cui tabulati rivelano che nello stesso momento era sotto il ponte radio di Roma. Questa data si inserisce perfettamente tra quella ricavabile, e riscontrata, dalle indicazioni di Carra sulla consegna dell’esplosivo, il 2 aprile, e quella, anch’essa come si vedrà riscontrata, del 7 aprile in cui Giuliano si recò a Palermo per reperire nuovi detonatori e esplosivo da impiegare in luogo della “gelatina”.

E’, in definitiva, il giorno e l’ora della “battuta” di Grigoli e Giacalone a Benigno e Lo Nigro.

I)

Il 7 aprile, si è accennato, Giuliano era sul volo delle 13,30 da Fiumicino a Palermo, e il giorno successivo (un venerdi) sulla nave “Manzoni” della “Tirrenia” da Palermo a Napoli con al seguito l’autovettura tg. Roma/3G0803. Le liste di imbarco e gli accertamenti compiuti dal teste Frangioni dimostrano le circostanze. Peraltro il nome che risulta dai documenti di viaggio è Luciano, ma si tratta, come affermato da Romeo, del nome falso usato da Giuliano per viaggiare.


La ragione del rientro a Palermo di Giuliano è stata spiegata da Grigoli:

era necessario procurarsi detonatori e esplosivo. Per i primi Benigno disse di rivolgersi a un macellaio, Giovanni Tubato, di Misilmeri (lo stesso paese dove, nel settembre 1993, Brusca ha detto di aver consegnato a Bagarella, presenti Messina Denaro e Graviano, dei detonatori; cfr. verbale d’udienza 18.9.1999 pag. 4004 della trascrizione), per l’altro Giuliano fu mandato da Mangano.


Giuliano tornò dopo pochi giorni, con una Fiat Uno tg. Roma del fratello di Grigoli, Francesco, insieme a Romeo, portando due detonatori.
Romeo ha confermato il viaggio a Capena e altri particolari della versione di Grigoli (il fatto per esempio di aver partecipato all’osservazione dei movimenti di Contorno e di essere all’epoca sottoposto all’obbligo di presentazione alla p.g. nei giorni dispari della settimana, e quindi dell’impossibilità di trattenersi a lungo a Capena), ma se ne è discostato, dando luogo a un contrasto insanabile che tuttavia non pregiudica la complessiva tenuta dell’impianto accusatorio sul punto, in quanto ha sostenuto di aver accompagnato Giacalone e non Giuliano.
Le rispettive dichiarazioni convergono invece sul mezzo utilizzato per il viaggio, che, al ritorno, fu riportato a Palermo da Romeo. Il teste Frangioni ha deposto, e dalla relativa lista passeggeri risulta, che un “Romeo”, con al seguito una macchina tg. Roma, era imbarcato il 10 aprile sulla linea marittima Napoli-Palermo gestita dalla “Tirrenia”, e inoltre che la Fiat Uno tg Roma/3G0803 fu acquistata da Francesco Grigoli presso l’autosalone di Giacalone.
Della “missione” di Giuliano e dell’intervento di Romeo si è, poi, detto a conoscenza Scarano.
Pure Ciaramitaro ha riferito di confidenze di Romeo sul viaggio a Capena con partenza un venerdì, subito dopo aver assolto all’obbligo di firma, usando la macchina del fratello di Grigoli, sulla permanenza in quel luogo, sulle notizie ricevute circa un attentato fallito per un difetto dell’ordigno preparato e a proposito dell’ordine di uccidere Contorno in modo “eclatante” pur essendovi stata la concreta possibilità di eseguire l’omicidio con armi tradizionali.

L)

L’analisi, operata con metodo di reciproco confronto dei dati emergenti, relativa alle dichiarazioni di Carra, Romeo e Trombetta, comparata alle risultanze delle indagini riferite dal m.llo Cappottella sulle intercettazioni dell’utenza cellulare intestata alla moglie di Carra (attivate dal 7.4.1994) e sui documenti di viaggio acquisiti dalla “Tirrenia”, consente di individuare, al di là delle imprecisioni nei ricordi di Carra e della confusione di questi tra i due diversi viaggi compiuti in quello stesso mese, la data della consegna dell’esplosivo, che era stato richiesto per tramite di Giuliano, nel giorno 13 aprile.


Quando ancora era a Milano per l’incidente del figlio, Carra fu chiamato il 9 aprile da Trombetta, che usava il cellulare del fratello Angelo, e gli venne preannunciata una telefonata di un amico. Vi furono altre tre conversazioni tra i due il 10 aprile, e il giorno successivo due telefonate tra Carra e Pietro, l’amico di cui aveva parlato Trombetta, ad oggetto un appuntamento che concordarono.
Sta di fatto che sia Carra che Romeo hanno deposto che al carico dell’esplosivo, due pacchi da 20/30 kg secondo Romeo, era presente Spatuzza (Romeo ha rammentato anche Tutino e descritto il sistema di occultamento del materiale nell’intercapedine sotto il ribaltabile che Carra ha detto di avere sempre adottato), e che Carra e La Rocca il 12 aprile erano imbarcati, con autoarticolato al seguito composto da motrice e due semirimorchi sovrapposti, su un traghetto in partenza alle 20,30 da Palermo per Napoli.
Sta di fatto, ancora, che il cellulare di La Bua, in disponibilità di Carra, fu attivo:

il 12 aprile a Palermo contattato due volte dall’apparecchio in uso a Giacalone il quale, da Roma, ne sollecitava l’arrivo; il 13 aprile a Roma quando chiamò quello di Lo Nigro; il 14 aprile a Genova, e proprio nel capoluogo ligure dove si era recato per ragioni di lavoro Carra ha detto di avere appreso della strage di Formello.



M)

Grigoli ha precisato che, ricevuto da Carra l’esplosivo, 20/30 kg del genere da lui definito “dash”, insieme a Lo Nigro lo predispose, in sostituzione della gelatina “non buona” (in seguito, a Palermo, Mangano gli avrebbe detto che non aveva funzionato perché l’aveva procurata Brusca), componendo con il “dash” e la polvere grigia che già avevano, una bomba che sembrava un “valigione” e che Lo Nigro pensò di dotare di maniglie per spostarla più agevolmente.


Sempre Grigoli ha aggiunto che l’ordigno, trasportato con la Jeep, venne sistemato, intorno alla mezzanotte, in una cunetta a lato di un tratto di uno svincolo autostradale che Contorno era solito transitare, e occultato con un fascio d’erba che lui stesso aveva tagliato in un terreno accanto alla villa di Capena.
Le posizioni per la “battuta”, compito anche questa volta affidato a Grigoli e Giacalone, e per l’impulso a mezzo del telecomando, che avrebbero dovuto inviare Benigno e Lo Nigro, furono prese, come in precedenza stabilito, su un cavalcavia sull’autostrada e su una collinetta nei pressi. Fu tutto inutile, perché Contorno non percorse quel tragitto. Ne ebbero la conferma recandosi, dopo aver atteso qualche tempo, presso la sua abitazione e osservando che la sua macchina non era parcheggiata vicino.
Provarono, ma ancora senza esito, pure in coincidenza degli abituali rientri di Contorno verso le 13-13,30 e la sera. Quindi decisero di tornare a prendere l’esplosivo, e si accorsero che la bomba era stata scoperta perché la zona era presidiata dalle forze dell’ordine la cui massiccia presenza si percepiva anche per il gran numero di lampeggianti dei mezzi di servizio che illuminavano a giorno il luogo. Benigno propose di andare a prendere il telecomando per far saltare tutti in aria. Invece decisero di rientrare velocemente e si allontanarono con una Mercedes che Scarano aveva procurato. Rimase solo Giacalone interessato a un giro di ragazze in cui Scarano lo aveva introdotto.
Vi è “convergenza del molteplice” in ordine a questa parte della versione dell’accaduto delineata da Grigoli, quanto cioè alla perpetrazione della seconda strage e alla occasionale scoperta dell’ordigno, con riguardo alle dichiarazioni sul punto di Scarano, Romeo, Pasquale Di Filippo, Ciaramitaro e Sinacori, per circostanze riferite all’episodio apprese, rispettivamente, da Lo Nigro, Giuliano, Grigoli, Romeo e Messina Denaro.
Ma, soprattutto, sono imponenti i riscontri costituiti dalle dichiarazioni di coloro che ebbero a osservare l’ordigno prima che fosse fatto brillare dall’artificiere antisabotaggio m.llo Panara intervenuto sul posto allo scopo.
Le testimonianze Rossetti (colui che scoprì casualmente la bomba insospettito dall’aver notato erba fresca gettata nella cunetta, da lui ripulita poco tempo prima, vicino al passo carrabile di casa sua), Costa, col. Piacentini e c.re Romano (sentiti alle udienze del 6.2 e 20.2.!997 nel processo 12/96), e lo stesso m.llo Panara (sentito all’udienza del 25.3.1997, sulla base della descrizione del quale è stato riprodotto dal CIS CC. di Roma un disegno dell’ordigno acqusito all’udienza del 15.5.1997), corrispondono perfettamente alle indicazioni che si ricavano dalle deposizioni di Grigoli e Carra.
Il “dash” di cui ha parlato Grigoli è stato individuato dal cap. Delogu del CIS e dal dr. Vadalà, i quali hanno testimoniato sui rilievi e i conseguenti accertamenti tecnici circa la composizione chimica dei residui dell’esplosione provocata da Panara (ud. 7.2.1997), in nitrato di ammonio, lo stesso genere di esplosivo rinvenuto, tra l’altro (e che altro!), nell’arsenale di contrada Giambascio da cui Monticciolo, su ordine di Brusca, lo aveva prelevato consegnandolo a sua volta per la specifica destinazione dell’attentato a Contorno. Gli stessi Delogu e Vadalà hanno riferito, a conferma della direttiva che i mandanti della strage avevano impartito di usare esplosivo diverso da quello impiegato per le altre stragi, che a Formello non vennero rilevate tracce di T4, PETN e TNT.
Altrettanto importante circa l’attendibilità delle dichiarazioni di Grigoli è il dato che il cellulare di Lo Nigro chiamò, sotto la stazione RM35 in cui è ricompresa Formello, quello in uso a Giacalone alle ore 0,01 e 7,08 del 14.4.1994, e, ancora, lo stesso giorno, sotto la stazione RM28 (vicina a Formello), sempre l’apparecchio di Giacalone alle ore 11,53, 11,59, 15,06 e 15,48.

N)

L’esame dei tabulati dei cellulari in uso a Giacalone e a Spatuzza dimostra che gli apparecchi funzionarono nella zona di Roma negli stessi periodi in cui Grigoli ha dichiarato che i due vi soggiornarono: quello di Giacalone dal 24.3 al 17.4.1994; quello di Spatuzza, invece, che rientrò a Palermo dopo la prima fase dell’ “inchiesta” su Contorno quando ancora il gruppo si trovava a Torvajanica, dal 18.1 al 21.1.1994. E ulteriori conferme della presenza a Roma di Spatuzza, Giacalone e Lo Nigro vengono dalle testimonianze di Simonetta Cantale, Anna Pagnozzi, Matilde Milan (appunti sui loro recapiti telefonici furono sequestrati a Giacalone all’atto del suo arresto), e Bizzoni.


I rapporti tra Giacalone, Lo Nigro, Grigoli, Scarano e Spatuzza sono, poi, provati in modo inconfutabile dalle numerose telefonate, relative al lasso di tempo che qui interessa, risultanti dai tabulati dei cellulari in loro disponibilità e dettagliatamente riportate alla nota 309, pag. 593, della sentenza emessa nel processo 12/96.

O)

Le informazioni fornite da Scarano, Grigoli, Carra e Romeo sulle automobili in uso a Contorno e ai suoi familiari, che furono osservate durante i pedinamenti preliminari, e su quelle impiegate per i preparativi e l’esecuzione della strage (della Fiat Uno grigia provento del furto in danno di Giuseppe Benedetti si dirà diffusamente trattando la posizione di Bizzoni), coincidono con gli accertamenti di p.g. compiuti sulla proprietà delle vetture e riferiti dal col. Pancrazi.

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