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In nome del Popolo italiano La prima Corte di Assise di Firenze


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LE STRAGI DI ROMA DEL 28.7.1993

A)

L’epoca del primo trasporto di esplosivo compiuto su incarico di Barranca è stata individuata da Carra circa 20 giorni dopo quello, tra il 18 e il 20 aprile, dell’hashish, e prima del viaggio a Prato del 25 - 27 maggio.



I tabulati del cellulare che aveva in uso, disattivato il 28.5.1993, dimostrano che l’apparecchio funzionò tra il 10 maggio e il 12 maggio sotto i ponti radio della Sicilia, di Catanzaro (0961), di Roma, della Toscana, di Genova, e infine, alle 16,20 del 12 maggio, di nuovo della Sicilia.
Carra, poi, si è detto convinto che uno dei trasporti di esplosivo coincise con un carico di sabbia presso la ditta Sabital di Massarosa, avvenuto, secondo la testimonianza Recchia sulla contabilità della ditta Sabato Gioacchina (effettivo titolare Carra), in data 11.5.1993, proprio quando il cellulare di cui si è parlato era in Toscana.
Il giorno prima di partire, di tenersi pronto era stato avvisato da Barranca, Carra vide arrivare nel piazzale della Coprora lo stesso Barranca, Giuliano e Lo Nigro, il quale con la sua Ape trasportò tre balle avvolte in scotch marrone che vennero sistemate nella solita intercapedine, un semirimorchio sovrapposto a un altro.

B)

Le balle, giunto a Roma e condotto nel cortile di Emanuele Di Natale in via Ostiense (il camion entrando urtò il cancello danneggiandolo), furono scaricate presenti Di Natale, Scarano, Giuliano, Lo Nigro e Spatuzza.


Scarano ricorda che c’era anche Benigno e, come Di Natale, che le balle erano quattro. Di Natale ha aggiunto che sembravano forme di parmigiano, che vennero riposte in un magazzino adiacente al cortile e che, in seguito, furono di nuovo portate in cortile e ricoperte con uno strato di brecciolino. Ancora, ha precisato che, al termine dell’operazione, condusse a un ristorante sulla Casilina quattro persone, con la sua Volvo che ebbe un guasto alla frizione.

C)

Dall’esame di Alfredo Bizzoni è venuta la conferma che Scarano, verso i primi di maggio del 1993, gli chiese di disporre, per ospitare dei suoi nipoti, di un appartamento che lui aveva in affitto in via Dire Daua n. 2, II piano, nei pressi di viale Libia, nel quartiere africano di Roma.


Scarano aveva avuto l’incarico di reperire una casa da Luigi Giacalone, poco tempo dopo la strage di via Fauro; stabilì con Bizzoni il prezzo di due (o tre) mensilità anticipate per un importo di £ 1.800.000, fece ripulire l’appartamento e vi sistemò due divani letto. Le chiavi furono consegnate ai palermitani che frequentarono la casa fino a settembre 1993. Erano Lo Nigro, Giuliano, Benigno e Spatuzza.
A giugno Scarano accompagnò Lo Nigro e Giuliano a Trastevere (era in corso una festa rionale) e in centro, nella zona di via dei Cerchi e del Velabro: osservavano strade e edifici, misuravano i tempi dei tragitti; Lo Nigro a Trastevere indicò a Giuliano una villa antica e gli disse: “qui andrebbe bene”, e ancora, quando transitarono davanti a San Giovanni: “qui pure è buono”.

D)

Secondo Scarano, ma la sua versione sul punto diverge nei particolari da quelle di Di Natale, Pietro Siclari e Umberto Maniscalco, le autobombe furono preparate, dopo aver rubato tre Fiat Uno allo scopo (ne sarebbe servita una da appoggio; un’altra era stata rubata da lui insieme a Lo Nigro nella zona di San Giovanni), nel cortile di Di Natale presenti quest’ultimo, Lo Nigro, Benigno, Spatuzza, e approntate da Lo Nigro e Benigno i quali inserirono i detonatori e collegarono le micce. Da tutte le vetture rubate vennero tolti gli oggetti che si trovavano nell’abitacolo e nel bagagliaio.


Di Natale ha riferito che, prima di lasciare via Ostiense, Scarano distribuì delle armi agli altri e che a lui affidò due fucili e una lupara.
Uscirono dal cortile: Scarano, cui i quattro spiegarono la destinazione, per primo, seguivano Lo Nigro con un’autobomba, Benigno con la vettura d’appoggio, Spatuzza e Giuliano con la seconda autobomba.

Lo Nigro parcheggiò l’autobomba al Velabro e prese posto sulla macchina guidata da Benigno. A loro si aggiunsero Spatuzza e Giuliano dopo aver piazzato l’altra vettura con l’esplosivo a San Giovanni (nella piazza vi era stato un raduno di camperisti e molti caravan ancora vi sostavano), mentre Scarano li aspettava più avanti vicino a una cabina telefonica.

Proseguirono fino allo Scalo di San Lorenzo e abbandonarono, vicino la Dogana, il veicolo di appoggio con gli sportelli aperti, le frecce e le luci accese. Ripararono in via Dire Daua, due accompagnati da Scarano e due per proprio conto così da non destare sospetti nell’eventualità che fossero stati fermati per un controllo.
Trascorso qualche giorno partirono per imbarcarsi a Napoli alla volta di Palermo: due di loro accompagnati da Scarano e gli altri da un amico del figlio di questi, Giuseppe Santamaria detto “Melanzone”, cui Scarano aveva chiesto il favore.

E)

La ricostruzione dei fatti nelle dichiarazioni dei soggetti che, esaminati ai sensi dell’art. 210 c.p.p. , ne hanno illustrato lo svolgimento ciascuno per la parte vissuta in prima persona, si rivela, all’analisi incrociata dei contenuti delle deposizioni in questione, non del tutto lineare e coerente.


Si tratta di Carra, Scarano, Bizzoni, Di Natale, Pietro Siclari (figlio di Di Natale), Umberto Maniscalco (nipote di Di Natale).
In proposito si deve osservare che:

- Scarano assume che quando Giacalone gli richiese un appartamento su Roma era presente Bizzoni che subito si propose; Bizzoni non ne fa cenno;

- Carra sostiene d’aver trasportato tre balle, Scarano e “i” Di Natale ne rammentano quattro;

- Di Natale afferma che fu Scarano a convincerlo, a seguito dell’episodio dell’hashish, a mettere il cortile di via Ostiense a disposizione di certi suoi amici palermitani, Scarano che intervennero al riguardo accordi diretti tra Di Natale e Lo Nigro;

- le circostanze dell’arrivo a Roma del camion guidato da Carra non sono descritte in modo conforme da Carra medesimo e da Scarano, e, contrariamente a quest’ultimo, Di Natale ricorda che l’esplosivo, nel periodo intercorso tra lo scarico e il 27.7.1993, venne movimentato da un magazzino al cortile e viceversa;

- la fase della preparazione delle autobombe, specie con riferimento alla successione della comparsa in via Ostiense delle persone che vi parteciparono e alla presenza di Frabetti, presenta, come rispettivamente ricostruita da Scarano e da “i” Di Natale, alcune discordanze.

F)

Tuttavia rilevano, in ordine a ogni passaggio della vicenda, riscontri esterni, sia fattuali che apprezzabili sulla base della disamina delle dichiarazioni sul punto di altre persone informate, di inequivoco significato, che non ammettono dubbi sulla sostanziale attendibilità delle versioni di Carra e Scarano e autorizzano conclusioni del tutto tranquillanti.


Quanto alla preparazione e al trasporto dell’esplosivo, le verificate indicazioni di Grigoli sul rudere di Mangano e la precisa individuazione temporale degli spostamenti di Carra tra il 10 e il 12 maggio, resa possibile dagli accertamenti sui tabulati del suo cellulare e sui rapporti commerciali con la Sabital di Massarosa, costituiscono appena l’introduzione, in termini logici e cronologici, di un discorso che riguarda elementi di enorme significato.
L’appartamento di via Dire Daua,

certamente affittato e parzialmente arredato da Bizzoni secondo le sue stesse dichiarazioni e quelle dei testi Cantale (un’amica di Scarano che si occupò di pulire la casa e conobbe una persona che si accompagnava con lui da ritenere fosse con ogni probabilità Spatuzza), Ruiz, Casini, Liberati e Greco,



si è accertato, con strumentazione EGIS e altre indagini tecniche, essere stato oggetto di contaminazione secondaria, cioè abitato, frequentato e usato da persone a contatto con esplosivi, da EGDN, NG, PETN, TNT, T4, materiali i cui residui sono stati individuati al Velabro e a San Giovanni; allo stesso modo si è pervenuti ad analoghe conclusioni circa il cortile di via Ostiense (EGDN,NG,DNT,TNT) e le automobili Volvo di Di Natale (TNT, NG, PETN), Audi 80 di Scarano (TNT, PETN, T4) e Seat di Frabetti (DNT, TNT).
Di Natale fece ritrovare alla DIA di Roma, il 13.5.1994, un fucile e una lupara nascosti nel suo cortile.
L’intervento di un fabbro fu richiesto da Di Natale per riparare il cancello di entrata al cortile. In tal senso ha deposto tale Berto, precisando che il danno al cancello da lui aggiustato, all’altezza di un metro da terra, non poteva che essere stato provocato da un camion.
La frizione della Volvo di Di Natale fu riparata, secondo quanto riferito sul punto dal teste Giuttari, da un meccanico identificato per certo Gino Bianchi.
La quantità di esplosivo collocata in ciascuna macchina, stimata da Scarano in 100 kg., corrisponde a quella indicata dai cc.tt. (80-100 kg.).
La notte sul 28 luglio, a piazza San Giovanni, vi era in effetti un raduno di camperisti (testi esaminati alle udienze 27.1.1997 e 21.2.1997 nel processo 12/96).
I testimoni Bastianelli, Simeone e Lancianese, anch’essi nel processo 12/96, hanno descritto la fase del parcheggio dell’autobomba a San Giovanni esattamente negli stessi termini riferiti da Scarano.
Molti agenti di p.g. in servizio la notte sul 28 luglio allo scalo e alla Dogana di San Lorenzo hanno dichiarato (udienza 28.1.1997, processo 12/96) di aver notato quella sera ignoti abbandonare allo scalo di San Lorenzo una Fiat Uno con le portiere aperte, le luci e le frecce accese, senza chiavi nel quadro.
Le automobili usate per gli attentati furono rubate tra le 21,15 del 26 e la tarda serata del 27, e alcuni oggetti che, secondo i proprietari, erano in esse contenuti sono gli stessi che, a dire di Di Natale e Siclari, furono tolti dalle macchine al momento di preparare le autobombe e in seguito gettati via da Siclari.
Il cellulare di Spatuzza funzionava il 22.7.1993 (alle ore 15,06 chiamò quello di Lo Nigro) e il 27.7.1993 sotto il ponte radio 06. I tabulati delle stesse utenze dimostrano che il 28 gli apparecchi erano attivi sotto il ponte 081 di Napoli e che quel giorno, alle ore 20,01 entrarono in contatto.
Grigoli, da coloro con i quali partecipò all’esecuzione delle stragi dell’Olimpico e di Formello, Pasquale Di Filippo, da Carra, e Romeo, da Giuliano, hanno detto d’aver saputo che l’esplosivo per le autobombe alle chiese era stato trasportato a Roma da Carra; Grigoli ha aggiunto che, quando si trovava a Capena per l’attentato a Contorno, Giuliano gli disse che Frabetti lo aveva accompagnato a rubare una macchina proprio vicino alla Questura di Roma.
Santamaria ha confermato che Scarano gli chiese di condurre a Napoli due o tre suoi amici.
Grigoli, Pasquale Di Filippo e Romeo hanno parlato di notizie apprese soprattutto da Giuliano sul ruolo svolto da Di Natale.

Sia Scarano che Giuliano avrebbero voluto ucciderlo, ma Grigoli si oppose perché nessun ordine specifico avevano ricevuto in merito.

Vi fu, poi, seria preoccupazione quando Di Natale decise di collaborare, e per le indagini conseguenti. A questo riguardo, però, Di Filippo ha specificato che in un’occasione Mangano disse a Giuliano che non c’era da temere perché Di Natale era stato giudicato inattendibile. Ciò trova riscontro nel fatto che il Tribunale del Riesame di Roma annullò nel luglio del 1994 misure coercitive applicate, tra gli altri, a Frabetti e Scarano all’epoca indagati per le rivelazioni de “i” Di Natale.

G)

Un elemento di grande importanza, non solo e non tanto sul piano della conferma della versione di Scarano ma specie perché serve a spiegare l’evoluzione, anzi la progressione, dell’opzione stragista e a rendere evidente la terribile portata del programma criminoso che la ispirò, è rappresentato dalle lettere che Scarano vide in possesso di Spatuzza tra fine giugno e inizio luglio 1993 e che gli fu detto dovevano essere spedite ai giornali.


Ora, uno dei dati pacificamente acquisiti nel processo 12/96 (testi Mirri, Sforzi, Radaelli, Lannutti e Calabrese) riguarda le circostanze che il 30.7.1993 e il 3.8.1993 furono ricevute al “Messaggero” di Roma e al “Corriere della Sera” di Milano, rispettivamente spedite da Roma e da Milano tra il 27 e il 28 luglio, due lettere anonime, dattilografate con la stessa macchina da scrivere (teste isp. Gismondi) e di identico contenuto:
Tutto quello che è accaduto è soltanto il prologo, dopo queste ultime bombe, informiamo la Nazione che le prossime a venire andranno collocate soltanto di giorno ed in luoghi pubblici, poiché saranno esclusivamente alla ricerca di vite umane.

P.S. Garantiamo che saranno a centinaia.”
Spatuzza era, tra gli esecutori materiali, il capo del gruppo, designato, secondo Grigoli, direttamente da Graviano dopo che gli altri, segnatamente Lo Nigro e Giuliano, si erano lamentati del comportamento tenuto da Cannella in occasione dell’attentato a Costanzo.
Spatuzza, secondo le concordi dichiarazioni di Grigoli, Garofalo, Romeo, Cucuzza e Brusca, sarebbe subentrato a Mangano quale capomandamento di Brancaccio.
A lui Scarano ha attribuito un commento, espresso durante un sopralluogo compiuto in preparazione dell’attentato dell’Olimpico, che lascia inorriditi: uccidere 15 o 16 poliziotti a cavallo non presentava difficoltà “tecniche”, ma non era un numero sufficiente; attendendo invece il passaggio contemporaneo di due pulmann di carabinieri ne sarebbero morti “un centinaio”.
Quindi appare del tutto plausibile e rispondente sia alle funzioni che svolgeva “sul campo” che al ruolo che avrebbe assunto nell’organizzazione, che dovesse occuparsi di spedire quei messaggi. Le lettere preannunciavano in effetti l’esecuzione di stragi che la direzione di cosa nostra aveva programmato su più vasta scala nell’ipotesi che lo Stato non si fosse piegato al ricatto dopo gli attentati di Roma e Milano; esse rimandano, esplicitandola, alla deliberata progressione criminosa.
E, infatti, come si vedrà, un ordigno preparato con una rilevante quantità di esplosivo, di enorme potenzialità offensiva che sarebbe stata aumentata dalla predisposizione di pezzi di tondino di ferro sistemati in modo da ottenere un effetto di proiezione di schegge micidiali, sarebbe stato collocato, per fortuna senza esito, nei pressi dello stadio Olimpico per colpire un pullman di carabinieri e in condizioni tali da provocare comunque la morte di “centinaia” di persone.
Conviene riportare testualmente un passaggio dell’esame di Brusca (udienza del 18.9.1999, pagg.4032-33 della trascrizione) che, meglio di ogni commento, elaborazione concettuale o valutazione di sintesi, consente di cogliere il terrificante disegno di cosa nostra nelle criminali intenzioni di coloro che all’epoca erano al vertice dell’organizzazione:
P.M. : “...Torniamo allora a Spatuzza e alle confidenze che le fa in relazione a questo fatto: l’attentato all’Olimpico. Lei ha detto che il racconto di Spatuzza fu piuttosto, come dire, stringato, non è che si dilungò più di tanto. Ha detto anche che l’ordigno era confezionato con della ferraglia “.

Brusca: “Si”.

P.M. : “Ecco le disse Spatuzza, qual era l’obiettivo fisico era evidente, era chiaro, lei ha detto il pullman dei carabinieri, ma in quale logica si iscriveva questo attentato, questo fatto grave, eclatante, questo si può dire veramente.”

Brusca: “Sempre nella strategia di portare personaggi dello Stato a trattare con cosa nostra: vuoi la strada di Bellini, ma vuoi anche la strada che aveva Salvatore Riina.”

P.M. : “Cioè a trattare, cioè significa ...”

Brusca: “E’ sempre ...”

P.M. : “... per riprendere un’espressione che lei ha usato ieri, “per costringere lo Stato a farsi sotto ? “

Brusca: “Perfetto, sì, nelle stesse condizioni.”

P.M. : “Era questa sempre la logica in cui si iscriveva questo ...”

Brusca: “Si.”

P.M. : “... fatto ?”

Brusca: “Per quello che mi è stato ... che sapevo io, per quello che io ho chiesto a Bagarella e a Messina Denaro i fini erano sempre questi, cioè portare persone dello Stato a venire, a trattare con personaggi di cosa nostra”.



9
LA STRAGE DI VIA PALESTRO

A)

Scarano ha deposto d’aver assistito, nel pomeriggio del 27 luglio, a un colloquio tra Lo Nigro e Giuliano. Entrambi erano stati a Milano. Lo Nigro, che era rientrato a Roma il giorno prima, chiese se era tutto a posto, e l’altro rispose affermativamente, lamentandosi peraltro che aveva dormito in un “pulciaio” e che gli avevano dato da mangiare “pane e salame”. Lo Nigro aggiunse che stavano per succedere cose “eclatanti” in tutta Italia.


Di Natale ha ricordato una frase di Scarano la sera del 27 nel cortile di casa sua: “stasera se movono pure a Milano”.
Ancora, Scarano ha dichiarato che, nei commenti subito dopo l’esecuzione delle stragi al Velabro e a San Giovanni, sentì dire che le esplosioni a Roma e a Milano avrebbero dovuto verificarsi simultaneamente, a mezzanotte.

B)

Grigoli ha collocato a una data successiva al 22.5.1993 l’epoca in cui gli fu ordinato da Mangano di aiutare Lo Nigro, Giuliano e Spatuzza nella preparazione dell’esplosivo dentro un capannone al civico 1419/D di corso dei Mille.



Gli strumenti che servivano erano stati presi da lui e Mangano nel rudere di vicolo Guarnaschelli, unitamente a materiale esplosivo che era residuato dalle precedenti preparazioni opera degli altri tre: era come di pietra e occorreva “macinarlo”. Analogo materiale, della stessa forma e colore, venne portato da Lo Nigro, con la sua Ape, nel capannone, e era bagnato.
Questo rilievo, nonché la circostanza che Lo Nigro facesse di mestiere il pescatore e avesse un motopeschereccio (ne hanno parlato Giovanni Ciaramitaro, Agostino Trombetta e, per confidenze ricevute da Giacalone durante un comune periodo di detenzione, Antonio Calvaruso), avvalora l’ipotesi del c.t. del P.M. Vadalà che ha prospettato l’elevata probabilità, riguardo all’esplosivo utilizzato per l’attentato all’Olimpico, anch’esso lavorato da Grigoli con le stesse modalità e con il medesimo procedimento, della provenienza dallo svuotamento di ordigni bellici rinvenuti in mare. Lo stesso Grigoli si è detto convinto che l’esplosivo veniva dal mare.
Le “triturazioni” avvennero anche in un deposito della “EdilVaccaro”, ditta del cognato di Mangano, Giacomino Vaccaro, situato nelle vicinanze del capannone; da quello stesso deposito, secondo Grigoli, fu prelevata una molazza che venne usata, per rendere più agevole la “macinatura”, in luogo degli arnesi di cui in un primo momento disponevano. A lavorazione ultimata i pacchi, del peso di circa 60-70 kg ciascuno, si presentavano come delle forme di parmigiano.
La data del 22.5.1993, si diceva, è stata indicata da Grigoli non per sé stessa ma in riferimento a un’intimidazione mediante incendio di un’auto da lui compiuta in danno di certo Ventura, e sul punto, nel processo 12/96, è stata assunta a conferma la testimonianza Firinu.
L’esplosivo, una volta macinato e compattato dentro sacchetti per la spazzatura serrati con corda, pronto per inserirvi il detonatore, veniva avvolto in nastro adesivo marrone da imballaggio e ai pacchi venivano applicate delle maniglie in cordoncino bianco.
Ebbene, le caratteristiche degli involucri di cui ha parlato Grigoli corrispondono a quelle descritte da Carra e dai testi oculari che osservarono prima che esplodesse la bomba piazzata nel bagagliaio della macchina (una Fiat Uno sottratta tra le ore 18 e le ore 24 del 23.7.1993 a Milano) usata per la strage di via Palestro. Così come corrispondono le caratteristiche delle micce a lenta combustione catramate al filo “rivestito di scotch telato nero”che Carra vide in possesso di Lo Nigro durante il viaggio di cui tra breve si dirà, l’accensione delle quali produce l’effetto e l’odore - illustrato dal c.t. Egidi - rimasti impressi nella memoria dei testi oculari suddetti.

C)

Carra ha spiegato le ragioni e i particolari del viaggio da lui compiuto da Palermo a Arluno, insieme a Lo Nigro, per trasportare l’esplosivo che sarebbe servito a via Palestro.


Egli, una quindicina di giorni dopo aver compiuto il viaggio che definisce “veloce” (cioè nell’arco della stessa giornata in cui si vide con Scarano e Spatuzza a un deposito di acque minerali a Roma: si vedrà che si tratta della consegna dell’esplosivo usato all’Olimpico), si trovava un pomeriggio alla guida di una Golf verso Villabate quando una macchina gli lampeggiò. Erano Lo Nigro e Giuliano i quali gli dissero che occorreva andare a Arluno, nella zona di Milano, vicino allo svincolo autostradale per Torino.
Si ritrovarono la stessa sera nel piazzale della Coprora, presente anche Barranca, e caricarono con il solito accorgimento i pacchi. Fu caricato, inoltre, un involucro che Carra ha descritto come un “salsicciotto”. Tempo prima ne aveva avuti 14-16 presso una casa in campagna a Castelvetrano, da una persona che non conosceva e, a sua volta, li aveva consegnati a Lo Nigro.
Ultimato il carico alla Coprora, prese appuntamento con Lo Nigro che lo raggiunse nel luogo fissato e salì sul camion. Aveva una borsa, quel filo arrotolato a matassa e delle pinze.
Viaggiarono via terra e, arrivati a destinazione, trasbordarono i due pacchi sull’auto di uno sconosciuto che si era fatto trovare, avvertito per telefono da Lo Nigro, in una piazzetta di Arluno. Lo scarico avvenne in uno stradello isolato.
Lo Nigro rimase a Milano, mentre egli ripartì per Genova dove lasciò il semirimorchio al porto, imbarcò la motrice per Termini Imerese e prese un aereo per Palermo.
Tutto ciò avvenne, si è accertato, tra la sera del 21 e la mattina del 23.7.1993.

Infatti, il teste Giuttari, riferendo nel processo 12/96 sulle informazioni ottenute dalle compagnie di navigazione del capoluogo ligure, ha dichiarato che il trattore di Carra venne imbarcato a Genova per Termini Imerese il 23 luglio e che il 30 successivo, sempre via mare, fu trasportato verso la Sicilia il semirimorchio.

Lo stesso teste ha deposto sulla ispezione compiuta il 7.7.1995 da Carra, il quale riconobbe i luoghi nei pressi di Arluno dove era stato con Lo Nigro per scaricare l’esplosivo (una piazzetta con una panchina e una cabina telefonica, una fabbrica con delle telecamere e dei binari che vi accedevano, due ponti sul tragitto percorso per raggiungere lo stradello).
Un ulteriore elemento di riscontro è costituito dall’esame del tabulato del cellulare intestato a Spatuzza. Il telefono era sotto il ponte 02 il 23 luglio e con quel telefono, come emerge dalla c.t. Staiano, fu chiamata dal centro di Milano, alle 16,19 e alle 17,08, l’utenza di Lo Nigro.
Infine sia Grigoli, dalle confidenze ricevute dagli altri di Brancaccio mentre si trovava con loro a Torvajanica e a Capena per eseguire le stragi dell’Olimpico e di Formello, che Romeo, da Giuliano, hanno dichiarato d’aver saputo che la strage di Milano era stata opera dello stesso gruppo.

10
LA STRAGE DELL’OLIMPICO

A)

L’ordine di piazzare un’autobomba nelle vicinanze dell’Olimpico in occasione di una partita di calcio, per uccidere poliziotti e carabinieri in servizio d’ordine pubblico allo stadio, fu dato da Graviano in un villino a Misilmeri dove conduceva la latitanza. Questo episodio è stato introdotto da Grigoli.


Probabilmente si tratta dello stesso luogo in cui Scarano ha detto di essere stato accompagnato, convocato in Sicilia circa quindici giorni dopo la strage di via Fauro, da Spatuzza e Cannella, quando vide quel Graviano, detto “madre natura”, che avrebbe poi riconosciuto, si vedrà in che situazione, a Torvajanica nel settembre-ottobre 1993.
Scarano ha riferito che aveva accompagnato Spatuzza all’Olimpico, fin dal giugno 1993, per osservare le zone circostanti.
Dalla deposizione di Grigoli sul punto, è possibile datare l’epoca dell’incontro di Misilmeri a ridosso del viaggio da lui compiuto a Roma per eseguire l’ordine, trasferta che colloca un paio di mesi prima della cattura di Graviano, che è del gennaio 1994, e dopo aver commesso l’omicidio di padre Puglisi, che è del settembre 1993.

Ha dichiarato, cioè, che, condotto all’appuntamento, insieme a Giacalone, da Mangano, e ritrovatisi nel centro del paese con Cannella, giunsero al villino e si tenne una riunione cui parteciparono lui stesso, Giacalone, Giuliano e Spatuzza (non Mangano né Cannella) nel corso della quale Graviano comunicò ai presenti la decisione dell’attentato allo stadio.

B)

Nei giorni successivi egli partì in treno con Giuliano e Lo Nigro, nel periodo in cui era in programma il derby Roma-Lazio d’andata in inverno (si è accertato che la partita venne disputata il 24.10.1993), e ha collegato questo ricordo alla circostanza che quando rivide Graviano a Roma questi indossava un cappotto elegante nonché al fatto che, durante il soggiorno nella villa di Torvajanica, si divertivano a scherzare con chi era sotto la doccia facendogli prendere freddo.


A Roma si incontrarono con Scarano, soprannominato “saddam” e già conosciuto da Grigoli all’autosalone di Giacalone, e si recarono in un appartamento all’ultimo piano dove trovarono Benigno e Spatuzza. Vi fu una discussione con la portiera che si lamentava dell’eccessivo movimento di persone nell’appartamento. Intervenne un certo Alfredo, amico di Scarano, il quale aveva procurato quell’alloggio; si preoccupò di reperire una diversa soluzione e li fece andare in una villa sul litorale laziale dove si sistemarono.
In questa villa arrivò in seguito anche Graviano (accompagnato, secondo quanto appreso da Spatuzza, da Vittorio Tutino che lo aspettava alla stazione) e dispose, valutando che non era necessaria la presenza di tutti, che Grigoli e Giuliano rientrassero a Palermo. Si trovava alla villa pure Scarano. Tuttavia, prima di partire, forse lo stesso giorno, Grigoli si recò con Scarano in un deposito di bibite dove Spatuzza, Benigno, Lo Nigro e Giacalone armeggiavano intorno a una Lancia Thema. Giacalone rinforzava gli ammortizzatori e Benigno provava il telecomando; notò all’interno della vettura i “parmigiani”.
Si trattava della stessa macchina che aveva visto a Palermo nell’officina di Giacalone mentre questi la “preparava”: era stata rubata su commissione, erano stati abrasi i numeri del telaio e del motore e sostituiti con quelli di un’altra dello stesso modello, era stata munita delle targhe e dei documenti di quest’ultima; inoltre Giacalone aveva predisposto degli “spessori” cioè un sistema capace di evitare che gli ammortizzatori flettessero troppo, così da indurre a sospetto, sotto il peso dell’esplosivo.

Spatuzza si accorse che sul parabrezza era stato applicato, per evidente disattenzione di Giacalone, un “portabollo” con stampigliata la dicitura dell’agenzia di assicurazione di Mangano, e provvide, vantandosi della propria accortezza, a eliminarlo.

C)

Grigoli tornò a Palermo e qui, successivamente, seppe da Giacalone che l’ordigno non era detonato perché il telecomando, benchè azionato da Benigno, non aveva funzionato.



Giacalone gli riferì anche che avevano cercato di spostare l’autobomba (Lo Nigro, dopo averla piazzata, aveva gettato via le chiavi), prima da soli e poi con l’aiuto di un ladro di macchine chiamato da Scarano, ma senza riuscire nell’intento, che erano stati notati da un carabiniere in servizio nelle vicinanze allontanato con un pretesto, che la vettura era stata rimossa con un carroattrezzi da un amico di Scarano e infine demolita.
Scarano e Bizzoni (l’Alfredo di cui ha parlato Grigoli) hanno confermato sia il soggiorno nell’appartamento all’ultimo piano, una mansarda in Largo Giulio Capitolino n.9, nel quartiere Tuscolano, vicino Cinecittà, sia la discussione con la portiera, sia il trasferimento nella casa al mare, una villetta nel villaggio Tognazzi a Torvajanica, via Lago di Garda n.1 (testimonianza col Pancrazi). Bizzoni ha specificato che quelle persone gli erano state presentate da Scarano come suoi nipoti. Le rispettive dichiarazioni su questo passaggio differiscono, peraltro, ferme restando le dette circostanze, in ordine alla precisa indicazione del numero delle persone, dei giorni di permanenza a Torvajanica, del periodo esatto in cui si verificò l’episodio.

D)

Allo stesso modo si apprezza qualche divergenza nell’analisi delle versioni di Carra e Scarano sulla fase della consegna dell’esplosivo, ma esse coincidono sui dati fondamentali: il trasporto avvenne, con l’usuale sistema dei semirimorchi sovrapposti, in periodo invernale, tra fine 1993 e inizio 1994, e il carico venne trasferito su un furgone arancione, di notte e mentre pioveva, all’interno di un deposito di acque minerali.



Sul luogo, il piazzale della Pat Service in località La Rustica che Scarano aveva individuato come adatto allo scopo, Carra condusse gli inquirenti durante le indagini preliminari in data 8.9.1995.
A Scarano pare di ricordare che l’esplosivo venne trasbordato dal furgone a una Lancia Thema proprio il giorno dopo lo scarico. Si trattava di “rotoli” simili a quelli visti nel cortile di Di Natale, e di altri 4 o 5, da 1 kg ciascuno, che aveva richiesto per sè (anche Grigoli ha parlato della preparazione di pacchi più piccoli destinati a Scarano), e che avrebbe fatto ritrovare sotto una “baracchetta” nel terreno di Frabetti. La Thema, che Giacalone gli aveva detto essere stata rubata a Palermo, “taroccata” e rinforzata nel telaio posteriore, fu coperta con un telone e parcheggiata tra il furgone e una Fiat 1100.

E)

L’autobomba fu approntata nello stesso piazzale da lui, Benigno e Lo Nigro; Benigno si occupò del telecomando.


Giunsero allo stadio un’ora, un’ora e mezza prima che finisse la partita e parcheggiarono la Thema davanti alla “caserma dei carabinieri”, una “palazzina di marmo”. Sul posto si trovavano già Spatuzza e Giuliano. Era stato giudicato idoneo perché i pullmann dei carabinieri vi transitavano lentamente anche per la presenza di una transennatura. Il telecomando azionato da Benigno non funzionò e si allontanarono tutti.
La sera stessa partirono in treno, tranne Lo Nigro che andò a trovarlo a casa lamentandosi d’essere stato lasciato solo con l’incombenza di rimuovere la macchina. Tornarono all’Olimpico ma non riuscirono a portare via l’autobomba. Furono anche avvicinati da un carabiniere di guardia che chiedeva spiegazioni; Lo Nigro inventò una scusa. Su richiesta dello stesso Lo Nigro, chiamò un suo amico, Bruno Moroni, il quale trainò la Thema di nuovo alla Rustica. La macchina, dopo che l’esplosivo era stato scaricato e sotterrato (anche Grigoli e Carra ne hanno parlato) nel giardino della villa di Capena dove - come si dirà -fu preparato l’attentato a Contorno, venne portata da lui e Giacalone da un autodemolitore e distrutta.

F)

Nell’esposizione che precede sono evidenti le “convergenze del molteplice”, ma altre persone, sia esaminate ex art. 210 c.p.p. che in qualità di testimoni, hanno reso dichiarazioni tali da convincere dell’attendibilità di Carra, Scarano e Grigoli.


Romeo, da Giuliano, e Brusca, da Spatuzza, hanno riferito di aver saputo di un fallito attentato all’Olimpico in danno di carabinieri.
Romeo, inoltre, ha deposto su uno specifico episodio relativo alla movimentazione nella zona di Capena dell’esplosivo inutilizzato, episodio di cui si sono detti a conoscenza pure Grigoli e Carra.

Il 3.6.1994 furono arrestati Scarano e Giacalone. Mangano, temendo che potessero far ritrovare l’esplosivo sotterrato, lo mandò a Capena insieme a Giuliano perché nascondessero altrove i pacchi. L’ordine fu eseguito e l’esplosivo sotterrato di nuovo a 300 mt. di distanza vicino a una ferrovia, nel punto (località Le Piane) che, dopo il suo arresto, avrebbe indicato alla polizia. Avevano viaggiato con una Fiat Uno targata Roma procurata da Trombetta dopo aver rifiutato una Lancia Delta proposta da Ciaramitaro, cui in un primo momento si erano rivolti, perché targata PA. Ciaramitaro e Trombetta hanno confermato il particolare.


I testimoni Quaranta, proprietario dell’appartamento di Largo Giulio Capitolino, De Luca, affittuaria che ne cedette la disponibilità a Bizzoni, Marianelli, portiera dello stabile, Cantale, amica di Scarano che fece le pulizie nella mansarda, hanno confermato le versioni di Grigoli, Scarano e Bizzoni.
La teste Fiori, incaricata da Bizzoni a gennaio 1994 di ripulire la casa di Torvajanica, ha dichiarato che era stata abitata fino a poco prima. Nella villa furono sequestrate in data 11.5.1995 due biciclette mountain byke che Fiori, su disposizione di Bizzoni, vi aveva portato e che si è detta certa provenissero da un’altra casa di Bizzoni in viale Libia (ma è via Dire Daua, anch’essa nel quartiere africano di cui viale Libia è un riferimento più noto). Il teste col. Pancrazi ha dato conto di informazioni avute dal portiere di via Dire Daua secondo il quale le bici erano le stesse usate dagli inquilini dell’appartamento del II piano nell’estate 1993.
Il teste Cannone, bagarino, ha ricordato d’aver incontrato il conoscente Scarano fuori dall’Olimpico a maggio-giugno 1993 in occasione dell’ultima partita di campionato.
I testi Cantale e Liberati, marito e moglie amici di Scarano, hanno dichiarato che per tramite di questi conobbero e videro a Roma, nell’arco di tempo in cui si è accertato essere stata preparata ed eseguita la strage dell’Olimpico, persone loro presentate come Gaspare, Luigi, Peppe, Cosimo (la sola Cantale) i nomi (Giuliano viene chiamato anche Peppe o Peppuccio) e le descrizioni fisiche delle quali, secondo le indicazioni dei testi, corrispondono a Spatuzza, Giacalone, Giuliano e Lo Nigro.
Il teste Giarrizzo, carabiniere di guardia nel periodo fine 1993-marzo 1994 all’aula bunker di Roma situata vicino allo stadio, ha riferito di una conversazione tra colleghi ad oggetto la circostanza che era stata vista davanti all’aula, in quel periodo, una persona che aveva perso le chiavi della macchina e che diceva di voler chiamare un carro attrezzi.
Il m.llo Leggeri e il vicequestore Bernabei hanno riferito di dichiarazioni rese in loro presenza da Moroni, il titolare del carroattrezzi menzionato da Scarano, quando lo accompagnarono per un confronto con lo stesso Scarano al carcere di Prato. Moroni aveva negato nel corso del confronto (nel processo 12/96 si è avvalso della facoltà di non rispondere in quanto indagato per il delitto ex art. 371 bis c.p.), ma dopo, rimasto solo con gli ufficiali di p.g. , ammise di essere intervenuto, richiesto da Scarano, per trainare una Thema dall’Olimpico alla Rustica. Al riguardo non rilevano, difettandone in radice i presupposti di applicazione, né il divieto ex art. 62 (Moroni non era indagato) né le ipotesi di inutilizzabilità ex art. 63 c.p.p. .
Il teste Piluso, l’autodemolitore che a detta di Scarano aveva rottamato la Thema, non ha escluso la circostanza.

G)

Pacifica l’individuazione degli immobili indicati da Grigoli (capannone di corso dei Mille 1419/D e testimonianze in proposito di Piombino, Battaglia e isp Cusenza; deposito EdilVaccaro e testimonianze isp.ri Cusenza e Domanico), da Carra e Scarano (piazzale in località La Rustica e testimonianza col Pancrazi), da Scarano, Grigoli e Bizzoni (Largo Giulio Capitolino, villa di Torvajanica e testimonianze già richiamate), da Scarano (l’aula bunker in via dei Gladiatori, l’adiacente stabile rivestito in marmo sede del N.P.G. CC e testimonianza col Pancrazi), la quantità di riscontri oggettivi è imponente e riguarda:



le tracce di esplosivo rinvenute, il furgone arancione e la vecchia auto del piazzale della Rustica, le transennature in via dei Gladiatori, i tabulati del cellulare intestato a Spatuzza e di quelli in disponibilità di Giacalone e Scarano, il viaggio compiuto da Romeo e Giuliano, l’esplosivo ritrovato su indicazione di Romeo, gli oggetti repertati (pezzi di scotch e di corda) nel punto del giardino della villa di Capena indicato da Carra, i pacchi sequestrati su indicazione di Scarano vicino casa di Frabetti sulla via Braccianese.

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