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In nome del Popolo italiano La prima Corte di Assise di Firenze


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IL VIAGGIO E LA PERMANENZA A ROMA NEL FEBBRAIO 1992


Rilevano le dichiarazioni di Vincenzo Sinacori, Francesco Geraci e Antonio Scarano in quanto protagonisti diretti, e quelle dello stesso Sinacori nonché di Giovanni Brusca, Salvatore Cancemi e Giuseppe Ferro sui motivi dell’ “operazione”.


A)

Il ruolo di Riina fu determinante sia nell’ideazione che nell’organizzazione.


Brusca ha dichiarato che, intorno alla fine del 1991, sollecitò un’iniziativa contro Costanzo facendosi portatore di un diffuso malcontento esistente in cosa nostra a causa di alcune trasmissioni del giornalista (le videocassette di tre di queste trasmissioni sono acquisite agli atti); Riina rispose: “già ci stavo pensando”.
Dei programmi televisivi e delle reazioni suscitate in ambiente mafioso hanno parlato anche Sinacori, Cancemi e G. Ferro: Costanzo aveva bruciato in video una maglietta con la scritta “viva la mafia”, aveva ospitato in una trasmissione una donna dei Madonia, aveva denunciato i cd “ricoveri facili” dei mafiosi affermando in proposito che sperava fossero colpiti davvero da un male incurabile.
E’ del tutto irrilevante disquisire sulla serietà o l’efficacia della “campagna antimafiosità”, per usare la parole di Brusca, che Costanzo portava avanti. Cosa nostra non fa ideologia né si occupa di cultura o qualità dell’informazione; colpisce in modo spietato e implacabile, senza sottili distinzioni e raffinate analisi, tutto ciò che ritiene contrario ai propri interessi. Inoltre, per l’orgoglio d’appartenenza, per l’innato senso della vendetta e dell’immediata ritorsione, in una parola, per la loro mentalità ignobile, gli “uomini d’onore” non potevano tollerare quelle trasmissioni.
Riina, in riunioni preparatorie di cui la prima tenutasi a Castelvetrano nel settembre-ottobre 1991 e le successive in Palermo, in tutte presente anche Giuseppe Graviano, assegnò i compiti che avrebbero dovuto svolgere Matteo Messina Denaro, incaricato di trovare l’esplosivo eventualmente rivolgendosi a Vincenzo Virga, e Sinacori, il quale si sarebbe occupato del trasporto a Roma.

Riina procurò pure l’incontro di Sinacori, in Bellolampo, con Ciro Nuvoletta e un tale Maurizio, della famiglia di Marano, per un possibile appoggio e aiuto nell’impresa. Nuvoletta e certo Armando si sarebbero in effetti portati a Roma su richiesta di Sinacori (sui rapporti, in generale, tra cosa nostra siciliana e il clan Nuvoletta hanno deposto Antonio Patti, Giuseppe Ferro, Brusca e Emanuele Di Filippo).

Messina Denaro aveva già preso contatto con Scarano per le attività di “basista” a Roma.

Si è già visto che il mandato riguardava come obiettivi primari Falcone e Martelli, in subordine Costanzo. Se si fosse ritenuto di agire con l’esplosivo, Riina aveva ordinato che sarebbe stata necessaria la sua approvazione.

Ancora, Riina dispose la consegna da parte di Mariano Agate a Sinacori delle chiavi dell’appartamento di viale Alessandrino n. 173. Ciò introduce il discorso sugli immobili utilizzati a Roma nel febbraio - marzo 1992.

B)

L’appartamento di viale Alessandrino era in disponibilità di Giuseppe Lamantia (testi Panunzi, Nati, Aquilini), di professione odontotecnico, pregiudicato, legato a cosa nostra (teste Pancrazi), nato a Mazara del Vallo. Il capomandamento di Mazara risulta essere stato fino al 1.2.1992, data del suo arresto, Mariano Agate.



L’immobile non fu giudicato idoneo, le chiavi vennero lasciate da Sinacori nella cassetta della posta, da cui in seguito, su incarico di Messina Denaro, le prelevò Scarano. Le stesse chiavi furono rinvenute nella disponibilità di Scarano durante una perquisizione in casa sua compiuta il 7.4.1992, per altri motivi, dagli ispettori della P. di S. Conte, Di Felice e Sezzi, i quali hanno testimoniato sul punto.
Scarano, dal 15 al 16.1.1992, aveva soggiornato con il figlio Cosimo all’Hotel Alceste di Selinunte (teste Cappottella), quando egli sostiene d’aver incontrato Messina Denaro che gli aveva chiesto di procurarsi un appartamento a Roma. La consegna di 20 milioni allo scopo era stata effettuata, su disposizione di Messina Denaro, da Geraci.

Scarano si era adoperato, ma senza riuscire a provvedere; successivamente, tuttavia, incontrato Messina Denaro a Roma, presso il centro commerciale “Le Torri” di via Parasacchi, previo appuntamento tramite Beppe Garamella (in rapporti con Messina Denaro come dimostrato da conversazioni telefoniche tra i due sulle quali ha deposto Bonanno) e Alfio Massimino, e rinnovatagli la richiesta, aveva ottenuto da Giacomino Gesù l’appartamento della madre di questi in via Martorelli n.41, località Torremaura.

Questa casa, dove alloggiarono Messina Denaro e Tinnirello nonché Sinacori e Geraci dopo il mancato gradimento di quella di viale Alessandrino (i personaggi erano presentati da Scarano come suoi nipoti; sull’aggiunta di due letti ed altri particolari hanno deposto Gesù, Continenza, Ruggero e Moresi), è stata concordemente descritta e riconosciuta in fotografia, così come viale Alessandrino, da Sinacori, Scarano e Geraci.

C)


Sulla preparazione delle armi e le modalità del trasporto a Roma, le indicazioni di Geraci circa l’esatta ubicazione della casa di Giovanbattista Consiglio, e di Scarano sulla targa TP del camion arrivato a Roma, sono confermate dalla testimonianza Sciarratta.
Le armi e l’esplosivo furono trasportati a Roma da Consiglio, che guidava il veicolo viaggiando con uno dei figli, occultate in un’intercapedine del camion realizzata da Gino Calabrò; il “materiale” venne riposto nello scantinato condominiale dell’appartamento di Scarano in via delle Alzavole n. 20.
L’esplosivo sarebbe stato utilizzato per l’autobomba di via Fauro. Le armi sarebbero state affidate da Scarano a Aldo Frabetti, nascoste in una grotta vicino casa sua e, a fine 1993, prelevate e riportate a Palermo da Gaspare Spatuzza e Pietro Carra, come quest’ultimo, confermando la versione di Scarano, ha riferito.
Nello scantinato di via delle Alzavole i cc.tt. del P.M. accertarono, il 28.5.1996, per mezzo di una strumentazione denominata EGIS, la presenza di DNT e T4.

DNT e T4 esplosero in via Fauro, dove ne furono rilevati i residui.
Scarano ha indicato con ottima approssimazione, rispetto alla quantità (90-120 kg) che il c.t. Delogu ha stimato essere stata usata in via Fauro, il peso dell’esplosivo (110 kg) trasportato a Roma da Consiglio.

D)


Partirono alla volta di Roma, per eseguire il mandato di Riina, Geraci e Sinacori in aereo, Messina Denaro e Renzo Tinnirello con una Fiat Uno azzurra a nafta, Graviano e Cristofaro Cannella in treno. Su questo punto hanno concordemente riferito Geraci e Sinacori, pure nei particolari delle modalità degli spostamenti, e inoltre su un ultima riunione organizzativa tenutasi a Palermo tra i sei a casa di Salvatore Biondino, nonché sul fatto che si ritrovarono con gli altri, come concordato nella riunione, alla fontana di Trevi.
Il teste Zito ha deposto su accertamenti circa i chek-in relativi ai nomi Rinacori e Geraci, alle ore 7,58 e 7,59 del 24.2.1992 con assegnazione di posti vicini, su un volo Palermo-Roma di quel giorno.
Geraci prese a nolo alla Hertz della stazione Termini una Y10, e fece degli acquisti a Roma con la sua carta di credito la stessa utilizzata per compere di analoga natura (abbigliamento) a Palermo (teste Zito).
In quel periodo Costanzo aveva abitudini e usava automobili esattamente nei termini indicati da Geraci e Sinacori (testi Costanzo, Peschi, De Palo, Re, Degni e Valente), e frequentava, secondo quanto i due hanno riferito per averne osservato i movimenti nei pressi di un palazzo di quella zona presidiato da personale di vigilanza, l’abitazione del ministro Luigi Scotti, in via Marianna Dionigi.
E)

Il 4.3.1992 Sinacori tornò in aereo a Palermo (teste Zito sulla verifica della lista passeggeri) per riferire a Riina che l’obiettivo possibile era Costanzo e che per ucciderlo occorreva usare l’esplosivo, ricorrendo alla tecnica dell’autobomba. L’incontro avvenne in casa di tale Gugliemini, cugino di Cancemi il quale pure era presente, dove Sinacori parlò con Riina subito dopo che questi aveva colloquiato con Brusca.


Brusca e Cancemi hanno confermato la circostanza; Brusca ha anche chiarito che era andato da Riina per discutere dell’attentato al giudice Falcone i cui preparativi erano in corso. Riina ordinò a Sinacori di sospendere l’operazione di Roma spiegandogli che “avevano trovato cose più grosse giù”.
Sinacori ripartì per la capitale dove riferì a Messina Denaro la decisione.

Il 5.3 successivo (teste Zito sul controllo delle liste di imbarco) rientrarono a Palermo Sinacori in aereo, e Cannella, in nave con auto Fiat Uno al seguito, via Napoli.

F)

I viaggi in Sicilia di Scarano, dopo che vi era stato il rientro da Roma degli uomini di cosa nostra senza che si fosse provveduto a trasferire armi e esplosivo dal suo scantinato, sono confermati, al di là del difetto di memoria mostrato da Scarano sulla precisa collocazione temporale degli stessi, dall’esame dei tabulati del cellulare della moglie Silvia Tusa in sua disponibilità (risulta la presenza del telefono dal ponte radio 06 a quello 081 il 13.3.1992, e fino al 15.3.1992 sotto quello 091 nonché, sempre sotto il ponte radio della Sicilia 091, dal 22.7.1992 al 2.9.1992), e dagli accertamenti di Cappottella sull’imbarco in nave di Scarano, con Audi 80 al seguito, il 23.5.1992 da Napoli a Palermo e sul soggiorno suo e della moglie all’Hotel Alceste di Marinella di Selinunte dal 24 al 27.5.1992.



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