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Parole di guerra


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122 Nel senso che lo sviluppo del pensiero filosofico, passando attraverso la critica antidogmatica e la rinuncia alla metafisica dei pensatori della tendenza empirista, era giunto a negare anche il principio intuitivamente più saldo e posto anche a fondamento del nascente pensiero scientifico, quando con Hume aveva abbattuto la possibilità del rapporto causa-effetto tra due fenomeni. La filosofia aveva dunque abbassato la testa (l’orgoglio di poter spiegare l’origine delle cose finite da un principio infinito) e le braccia (un metodo per procedere all’analisi della realtà).

123 L’attesa qui definita è quella per la rifondazione di un sistema filosofico che senza tornare all’affermazione astratta e dogmatica della metafisica e senza rinunciare alle acquisizioni del pensiero scientifico, ristabilisca la possibilità dell’indagine filosofica. Se dunque la conclusione “didattica” della conferenza consiste nella introduzione del pensiero di Immanuel Kant, il senso della conferenza per i prigionieri del campo è denso di riferimenti alla loro posizione intellettuale ed umana, mentre la distruzione violenta di una concezione della società e dell’etica sta ponendo l’urgente necessità di rifondare sistematicamente la convivenza civile.

124 Immanuel Kant (Koenigsberg, 1724 – 1804), uno dei pensatori fondamentali della storia della filosofia, importante per l’impressionante sistematicità ed ampiezza della sua riflessione.

125 Si noti come dalle parole di Bardotti traspaiano, da un lato, il desiderio di comprendere e storicizzare le motivazioni che hanno condotto l’italia verso il disastro e, dall’altro, la speranza che un confronto costruttivo con le idee degli altri possa servire a individuare le nuove fondamenta su cui avrebbe dovuto sorreggersi il nuovo paese. L’impressione che se ne ricava è che la prigionia, per quanto momento fatto di coercizione e privazioni, sia vissuta dall’Autore come “stato destinato ad essere inevitabilmente superato”, nonché come momento di riflessione in positivo e mai di abbattimento o di rimpianto per il passato.

126 L’ode carducciana (33 strofe saffiche) è del 1890 e appartiene alla tarda raccolta Rime e Ritmi (1898). Vi si celebrano prima i luoghi e le città piemontesi per poi finire con la celebrazione risorgimentale e l’esaltazione savoiarda.

127 E’ comprensibile che gli internati nel campo siano costretti a operare le loro scelte culturali sulla base delle competenze di alcuni di loro e della disponibilità di testi. Si tratta per lo più di una raccolta di volumi composta dai piccoli possessi facenti parte del bagaglio personale privato che gli ufficiali avevano potuto salvare dal momento dell’inizio della loro prigionia. Non è assurdo pensare che uno dei criteri obiettivi di selezione della massa degli autori del novecento sia stato costituito non tanto dalla censura più o meno esplicita dei regimi, quanto dal filtro anomalo e per certi versi casuale della clandestinità dei luoghi di diffusione del dibattito culturale. Si pensi alle carceri, alle zone di guerra e di prigionia, ai luoghi di confino e di esilio o di clandestinità in cui gran parte degli uomini che costruiranno il dopoguerra hanno maturato fasi importanti della loro formazione.

128 L’accenno ad uno dei temi fondamentali della produzione pirandelliana è nel diario troppo generico per poter ricostruire l’intento dell’articolo. Si tratta probabilmente di considerazioni generali sull’autore. A questo proposito è da notare come il ms., mentre offre approfondite relazioni su alcune delle conversazioni culturali, sia sbrigativo su altre e come, all’interno di quest’ultime, talvolta soffra di qualche carattere di superficialità o genericità. Al di là delle valutazioni soggettive di Bardotti, sussiste una obiettiva diversità nella qualità delle relazioni, dovuta in primo luogo alla disponibilità improvvisata del materiale librario e d’altra parte alla capacità individuale dei relatori di procedere per certi argomenti esclusivamente a memoria.

129 Dopo le conversazioni sullo svolgimento del pensiero riconducibile all’empirismo, si riprende il discorso da Cartesio per esaminare l’altra anima della filosofia dei secoli XVII e XVIII, quella indicata col termine di razionalismo.

130 Baruch Spinoza (Amsterdam, 1632 – L’Aja, 1677).

131 Incertezza grafica per Leibniz. Gotfried Wilhelm Leibniz (Lipsia, 1646 – Hannover, 1716), filosofo, matematico, storiografo.

132 Si vedano le note alle precedenti conversazioni su questo argomento.

133 Per gli occasionalisti (si veda una nota precedente) non è dato alcun rapporto tra spirito e corpo, poichè ogni evento non è causa di un altro, ma semplice occasione per il suo accadere; nessuno spirito finito può muovere nessun corpo nè tantomeno aver coscienza di quei movimenti. Siccome è chiaro anche che ogni corpo non può muovere se stesso, causa vera di ogni evento è dunque solo Dio.

134 Il pensiero di Spinoza si presenta in ogni suo scritto come trascinante sia per lo stile e le immagini che adopera, sia per la chiara volontà di giungere ad una omogeneità armonica nel descrivere la propria concezione del mondo e, in coerenza con essa, la sua personale parenesi morale. Ci si può dunque aspettare che tale visione del mondo, anche se presentata nella debita sintesi e senza la possibilità di consultare estesi materiali testuali, sviluppi un certo fascino intrinseco e, pur tolta dal contesto della Olanda riformata di metà seicento, venga apprezzata nel campo per l’indubbia carica etica.

135 Il nesso tra cultura e moralità, ben sintetizzato nella frase precedente, riguarda per Spinoza il passaggio dalla virtù come potenza istintiva alla nozione di virtù come affermazione di razionalità, che, come mèta finale, ha l’innalzamento a Dio. Fuori dal contesto della conversazione filosofica, questo nesso fa parte di un dibattito sviluppato nelle forme più tormentate nel ventennio precedente alla guerra. A fronte di ogni posizione aventinista e rinunciataria dell’intellettuale a disagio nei regimi dittatoriali, esistevano richiami alla responsabilità della cultura nel promuovere l’affrancamento da tali regimi e la ricostruzione, prima ancora etica che materiale della società distrutta dalle dittature e dalla guerra. Tale richiamo esisteva in varie forme sia nella cultura laica (di tipo liberale, si pensi a Gobetti, e marxista, si pensi a Gramsci) che in quella cattolica.

136 Moneta polacca.

137 Riproduzione quasi esatta della grafia tedesca del nome del drammaturgo russo Anton Pavlovic Cechov (Taganrog, 1860 – Badenweiler, 1904) che si segnalò nel mondo letterario, ancor prima che con i suoi celebri testi teatrali (Il Gabbiano, Zio Vanja, Il giardino del ciliegi), con raccolte di novelle di notevole pregio, proprio per quelle abilità narrative e descrittive rivolte ad ambienti di inettitudine a vivere e incapacità di riscatto, che Bardotti ben sintetizza.

138 Louis Dumont-Wilden (Gand, 1875 – Rueil-Malmaison, 1963), scrittore e giornalista belga di espressione francese, si occupò della biografia dello scrittore ed esponente del liberalismo moderato filonapoleonico Benjamin Constant (Losanna, 1767 – Parigi, 1830) pubblicando nel 1830 il saggio La vie de Benjamin Constant.

139 Vittorio Beonio Brocchieri (Lodi, 1902 – Milano, 1979), docente universitario e collaboratore del Corriere della Sera, fu noto soprattutto, fin dagli ultimi anni venti, per i suoi libri di viaggi e i resoconti della sua attività di aviatore. Quello letto da Bardotti, pubblicato da Mondadori nel 1938, si apre con un ampio Prologo in cielo (allusione al secondo prologo del Faust goethiano), dove l’autotre, tramite il resoconto di un avventuroso volo nella regione scandinava, cerca di trasmettere il fascino del volo e di particolari contatti improvvisi con varie realtà antropiche. I capitoli che seguono narrano avventure riferite o vissute direttamente, nel più vario scenario geografico e storico (dal ghetto di Varsavia alla Russia bolscevica, dalla miseria nella metropoli americana alle celle della morte a San Quentin, dall’Etiopia alla Polinesia, all’Australia, alla Tasmania). Vi dominano le nozioni antropologiche allora dominanti, evidenti soprattutto nella considerazione del popolo ebraico e delle popolazioni tribali. Interessante qualche stralcio si storia della colonizzazione immaginata come racconto degli indigeni. Anche l’epilogo dedicato a Marco Polo, iniziato con una interessante esaltazione di una operazione filologica sul testo del Milione, si esaurisce in una vacua esaltazione razziale. Di grande efficacia lo stile della narrazione e la caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti.

140 Blaise Pascal (Clérmont-en-Auvergne, 1623 – Parigi, 1662), scienziato, polemista, autore dei Pensées e delle Provinciali, difensore e diffusore delle idee del giansenismo, il sistema di pensiero religioso, condannato dalla Chiesa come eretico, che, basandosi su una lettura estremizzata delle pagine di Sant’Agostino sulla grazia, svaluta il merito delle opere e del libero arbitrio. Le teorie di Giansenio erano esposte nel suo Augustinus (Lovanio, 1640) e furono duramente combattute dai Gesuiti.

141 Potrebbe trattarsi di François de la Mothe la Vayer (Parigi, 1588 – 1672), che praticò di filosofia ma con atteggiamenti scettici e libertini o di Antoine de La Motte Houdar (Parigi, 1672 – 1731), concidente nella grafia, ma non noto come filosofo, quanto come letterato.

142 Affermazione di per sè ingenua e poco consona al contenuto della pagina. E’ certo comunque che una presentazione sintetica dello stesso giansenismo delle opere pascaliane offre l’immagine di una reazione al razionalismo dai caratteri misticheggianti. Come le opere non servono da sole alla salvazione, così la ragione non appare in grado di avvicinare alla conoscenza di Dio, per certi versi absconditus all’uomo. Il senso del mistico può dunque essere indotto dalla rinuncia alla piena fiducia nella ragione umana per la ricerca del divino. Volendo estrapolare dal contesto storico-filosofico per ricontestualizzare la discussione nell’ambito umano degli internati, l’uomo che traspare dalle concezioni gianseniste può apparire alla modernità meno sicuro dei propri mezzi rispetto all’uomo dei Gesuiti.

143 Evidentemente il relatore ha esordito con un’ampia introduzione sulla reazione al razionalismo seicentesco, per poi passare alla trattazione dell’Illuminismo, termine di ampio significato, ma comunque diffuso come corrente di pensiero nel settecento. In particolare, l’Enciclopedia cominciò ad essere pubblicata alla metà del secolo.

144 F. Marie Arouet,detto Voltaire (1694 – 1778), Denis Diderot (1715 – 1784), Jean d’Alembert (1717 – 1783), Paul Henri d’Holbach (1723 – 1789), sono tra i protagonisti del pensiero illuminista.

145 L’ Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti, dei mestieri, fu pubblicata in 27 volumi dal 1751 al 1772, soprattutto ad opera di Diderot e d’Alembert, con lo scopo di ordinare e diffondere il sapere. Tale fine corrisponde ad un principio dell’illuminismo e ad una prassi degli autori che fanno capo a quella corrente di pensiero.

146 Voltaire si schiera per una religione senza altari e senza culto. La sua lotta alla superstizione e la sua visione del mondo di tipo materialista non lo conducono a negare l’esistenza di Dio, “gridata” da tutta la natura.

147 Jean Jacque Rousseau (Ginevra, 1712 – Erménonville, 1778).

148 Ephfraim Lessing (Kamenz, 1729 – Braunschweig, 1781).

149 In effetti tutto il pensiero illuminista è sotteso da una propensione anche pedagogica verso il destino presente e futuro della società e da un’attenzione entusiasta per le capacità di scoperta e di interpretazione del mondo da parte della ragione, che attenuano nei vari autori l’interesse per il passato. Il mondo antico non è più il garante tradizionale dei valori etici (tornerà semmai ad esserlo per quelli estetici, per il senso di razionalità nell’architettura che costituirà il fondamento dell’estetica neoclassica), anche perchè la filosofia aristotelica viene coinvolta nella critica ad ogni dogmatismo che distrugge ogni interesse per le espressioni del pensiero e dell’arte medievale. Occorre però distinguere la posizione dell’ultimo autore citato, il Lessing, che sviluppò un notevole interesse per la storia dell’umanità, interpretata come lo sviluppo e quasi la formazione di un individuo.

150 Un po’ forzato il senso di questa opposizione: Giambattista Vico (Napoli, 1668 – 1744) appartiene alla generazione precedente il diffondersi dell’Illuminismo europeo.

151 E’ questa la concezione che si rivelerà più in contrasto con il pensiero della generazione successiva, quella appunto degli Illuministi, fondata sul ruolo della ragione che ricerca nella natura gli aspetti universali e astratti. Il pensatore napoletano guarda invece gli aspetti concreti, che fanno della storia la creazione dello spirito umano e quindi l’oggetto possibile della conoscenza umana.

152 Si tratta dell’aspetto più noto del pensiero vichiano, ma in realtà è la conclusione di un percorso speculativo e metodologico molto complesso. Occorre qui sottolineare, per dare un senso alla nozione di sviluppo appena citata nel manoscritto, che la teoria vichiana del ricorso, come inizio di un nuovo ciclo, non implica la mera ripetizione di uno stadio già vissuto dall’umanità, ma il ripetersi di aspetti che mostrano “meravigliosa acconcezza” con tempi precedenti, pur in una situazione di progresso spirituale in cui avviene il nuovo ciclo.

153 Si noti qui come l’Autore sia costretto ad ammettere che la mancanza di una decente alimentazione condizioni anche le sue capacità intellettive, oltre che quelle fisiche.

154 Composta nel settembre 1916, quando il poeta ha perduto un occhio e sta dedicandosi al Notturno, la prosa lirica della Preghiera evoca in toni duri, toccanti e senz’altro efficaci l’arrivo dei feriti e dei moribondi dalle trincee in una chiesa della località del Carso adibita a improvvisato ospedale da campo.

155 Aleksandr Tichonovic Grecianinov (Mosca, 1864 – New York, 1956), musicista russo, naturalizzato statunitense.

156 Robert Alexander Schumann (Zwickau, 1810 – Bonn, 1856), celeberrimo compositore tedesco.

157 Antonio Rodriguez de Hita (Castiglia, 1724 – Madrid, 1787), compositore di zarzuele, opere burlesche in musica di tradizione spagnola.

158 Franz Peter Schubert (Vienna, 1797 – 1828), celeberrimo compositore austriaco.

159 Fritz Kreisler (Vienna, 1875 – New York, 1962), violinista e compositore austriaco.

160 Quale era la proposta fatta dal comandante del campo?

161 Santa Cecilia, tradizionalmente patrona dei musicisti, non ha nella propria agiografia alcuna evidenza biografica che spieghi tale patronato. La tradizione sorse probabilmente dalla errata ripetizione del termine canticus in un manoscritto. E’ comunque una delle Sante patrone più sentite dalla categoria patrocinata. Anche nel nostro diario gli internati onorano la Sua festa con attività dedicate alla musica.

162 Basilica posta su una collina che domina parte della cittadina di Poggibonsi.

163 Evidentemente errata grafia per Franck, César-Auguste, organista e compositore francese, ma di origine belga (Liegi, 1822 – Parigi, 1890), autore anche di musica sacra (l’oratorio Les Béatitudes).

164 Evidente svista: se il coro è quello citato, si tratta ovviamente del Nabucco. Se l’opera verdiana citata è invece quella giusta, il coro non potrebbe che essere quello del quarto atto O Signore, dal tetto natio.

165 «La voce della Patria» era un foglio destinato ai nostri internati militari, edito a cura dell’Ambasciata fascista di Berlino e diretto da Guido Tonella Ad esso di aggiunse, a partire dall’agosto 1944 un periodico bisettimanale, «Il Camerata». Tali giornali propagandistici, in mancanza di altre notizie, erano abbastanza diffusi e letti tra gli I.M.I., e contribuivano a creare fra essi un senso di grande insicurezza. Cfr. G. HAMMERMANN, Gli internati militari italiani in Germania, cit., pp. 243-244.


166 Al di là del gioco di parole con cui il diario in qualche modo evidenzia l’importanza della nozione di criticismo, è importante che qui si sottolinei il ruolo di Kant rispetto al razionalismo del seicento e del settecento, con l’allusione alla posizione di limiti che escludono una visione dogmatica della ragione stessa. Evidentemente, la nuova conversazione filosofica, nell’affrontare il difficile sistema kantiano, cerca di porsi coerentemente nella traccia che aveva guidato le precedenti.

167 E’ un’affermazione fondamentale nel pensiero kantiano e costituisce uno degli sviluppi più importanti rispetto alle teorie della conoscenza di razionalisti ed empiristi delle generazioni precedenti. I giudizi sintetici (cioè quelle affermazioni che arricchiscono la conoscenza del soggetto fornendo altri attributi non connaturati ad esso) erano ritenuti validi solo a posteriori (cioè ricavati dall’esperienza). Kant invece elabora una teoria della conoscenza secondo cui sono possibili giudizi sintetici a priori, cioè non legati necessariamente all’esperienza, ma di validità universale. Su di essi si fonda il sapere scientifico.

168 La sintesi a priori è possibile secondo Kant quando la conoscenza non si ferma all’apprendimento analitico dei singoli dati dell’esperienza, ma fa intervenire delle categorie generali, delle forme a priori, che ordinano e sintetizzano i dati. Questa attività dell’intelletto non è dunque immanente all’esperienza nè trascendente rispetto ad essa: Kant la definirà trascendentale.

169 Kant ricava questo concetto “negativamete” da quello di fenomeno. Se fenomeno è ciò che si manifesta (il termine deriva dal participio di un verbo che in greco sugnifica “manifestarsi”), deve corrispondere a qualcosa che non si manifesta all’intuizione sensibile e che viene indicato con un termine (noumeno) che a sua volta deriva dal participio di un verbo che in greco significa “pensare”. Ma Kant, in contrasto con ogni metafisica del passato, ritiene che il processo della conoscenza non sia applicabile al noumeno, che rimane un’esigenza della nostra mente priva di contenuto conoscibile.

170 Si dice idealista il sistema filosofico che ritenga l’idea principio della realtà o della conoscenza.

171 Si dice realista il sistema filosofico che ritenga reale il mondo esteriore rispetto al soggetto. Nel caso del pensiero kantiano, il mondo noumenico, per quanto solo possibile oggetto di intuizione intellettuale, è comunque qualcosa che esiste in sè, indipendentemente dall’esistenza di ciò che appare (il fenomeno).

172 George Sand (Parigi, 1804 – Nohant, 1876) deve la sua fama, oltre che alle proprie posizioni di tipo femminista e socialista e alle battaglie in tal senso condotte, ai romanzi di ambientazione campestre e ispirazione romantica, tra cui quello qui citato del 1846. Il romanzo racconta del viaggio che per cercare moglie Germain (vedovo con tre figli) compie con Marie, una fanciulla del suo villaggio, della tempesta che li costringe a rifugiarsi nel luogo incantato della palude del Diavolo, degli strani destini che attendono i due al termine del viaggio, del loro ritorno e del loro innamoramento.

173 Si ha la sensazione che affrontare temi culturali non abbia solo l’effetto consolatorio o quello più nobile di conservare la propria dignità intellettuale anche nel campo di prigionia, ma risvegli nei giovani ufficiali la volontà di andare avanti, o quanto meno la tenga viva.

174 Si noti qui come emerga ancora la voglia di discutere circa il futuro del paese, anche se affiorano argomentazioni senz’altro utopistiche, che non tengono conto dei desiderata delle potenze vincitrici.

175 Segno di una preferenza per la cultura umanistica, sentita più consona alle finalità cui si accennava nelle due note precedenti ? Annuncio di qualche difficoltà di organizzazione della cultura scientifica nella intellettualità e nella scuola dell’Italia del dopoguerra ?

176 Raccolta di poesie pubblicata nel 1877. Carducci vi comprende 52 componimenti in cui si adoperano forme metriche che non appartengono alla tradizione italiana, ma tentano di far rivivere strutture della poesia greca e latina. La difficoltà dell’operazione sta nel fatto che la metrica italiana si fonda sulla lunghezza sillabica dei versi, sulla posizione degli accenti intensivi e sulle rime, mentre quella antica fondava il suo ritmo su un accento di tipo melodico (maggiore altezza nella pronuncia della vocale accentata) e sulla scansione di sillabe la cui vocale veniva pronunciata con maggiore o minore estensione nel tempo. Carducci gioca con tre significati possibili del termine barbaro: quello che in linguistica è sinonimo di straniero, quello più negativo che avrebbero usato i poeti antichi sentendo le sue odi; quello infine decisamente polemico che indica la sensazione che queste sue poesie avrebbero dato a molti italiani.

177 Raccolta di poesie pubblicata nel 1877, ma contenente componimenti scritti contemporaneamente a quelli della precedente raccolta. Si tratta di 105 poesie, meno sperimentali, di argomento vario e più determinate da vicende della vita del poeta.

178 La Critica della ragion pratica è il trattato in cui Kant sposta la sua ricerca verso i principi universali (a priori) della legge morale e in cui mette a punto la nozione di imperativo categorico, come precetto universale e necessario che prescinde da ogni contenuto sensibile o contingente.

179 Una presa di coscienza di come la corruzione del regime fascista abbia operato anche in ambito cinematografico.

180 L’Autore ribadisce ancora con convinzione il suo proposito di non collaborare in alcun modo con la Germania nazista.

181 Guido Gozzano (Torino, 1883 – 1916), poeta e autore di poche prose giornalistiche, morto giovane di tisi, incarnò con i suoi versi e la sua vita insignificante la poetica crepuscolare descritta nel resoconto della conferenza.
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