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Parole di guerra


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182 Il tono e il lessico prosastico danno ai versi di Gozzano un ritmo particolare, insolito per il gusto tradizionale della grande poesia italiana e che può causare qualche difficoltà nella lettura in pubblico. Difficile infatti produrre il giusto effetto nel pronunciare termini dal sapore mediocre e quotidiano.

183 Il secondo titolo mostra un’imprecisione grafica, visto che Speranza è nome proprio della nonna del poeta: vedendo una vecchia foto con dedica dell’amica Carlotta, al tempo della loro gioventù, il poeta rievoca l’ambiente borghese di metà ottocento. Il primo componimento si ispira invece ad un tenue ricordo della sua infanzia, quando, villeggiante in riviera, ebbe un affettuoso sorriso da parte di una vicina che però i genitori bollarono con quello strano termine parigino. Il terzo poemetto si riferisce ad un amore non sbocciato, con versi e situazioni tipici dell’idillio e ampie descrizioni degli ambienti, che sono quelli ovvi e banali di una realtà piccola e insignificante. I tre titoli fanno parte della seconda edizione (1911) della raccolta I Colloqui.

184 Questo termine fu coniato da G.A. Borgese in riferimento ai toni da crepuscolo usati da tre poeti di età giolittiana (Marino Moretti, Maria Martini e Carlo Chiaves) nel riprendere temi pascoliani e dannunziani. La definizione fi poi usata per la poetica di quegli autori (Sergio Corrazzini, Corrado Govoni e soprattutto Guido Gozzano) che, narrando in toni quotidiani e prosastici la vita di persone comuni in ambienti sciatti e borghesi, non formarono una vera e propria corrente, ma una tendenza che si oppose con toni anche ironici ai temi e allo stile dannunziani e alla impegnativa poetica pascoliana.

185 Pseudonimo di René-François-Armand Prudhomme (Parigi, 1839 – Châtenay-Malabry, 1907), premio Nobel del 1901, ebbe tra i suoi temi il progresso scientifico.

186 Edmond (1822 – 1896) e Jules (1830 – 1870) de Goncourt, fratelli, scrittori di scritti storici e di romanzi, delinearono, nella prefazione al romanzo Germinie Lacerteux del 1865, i criteri fondamentali del naturalismo francese.

187 Emile Zola (Parigi, 1840 – 1902), uno dei più celebri romanzieri del naturalismo francese. Noto giornalista (si pensi al suo J’accuse nell’”affaire Dreyfus”).

188 Henri Barbusse (Asnières, 1873 – Mosca, 1935), scrittore francese, trasferitosi in Unione Sovietica per la sua adesione al marxismo.

189 Guy de Maupassant (Miromesnil, 1850 – Parigi, 1893), uno dei più significativi autori del naturalismo, con i suoi romanzi ed i personaggi tratteggiati nelle centinaia di novelle.

190 Gustave Flaubert (Rouen, 1821 – Croisset, 1880), noto per diversi romanzi, ma soprattutto per il successo di Madame Bovary, la cui protagonista diverrà una delle più celebri e discusse figure della letteratura mondiale.

191 Bardotti aveva avvertito sul carattere approssimativo della conferenza. Questo passaggio al verismo italiano solo come cambio di denominazione non tiene conto del diverso ambiente sociale da cui vengono scelti i soggetti, del cambiamento di stile e di altri particolari che già la critica letteraria aveva individuato. In effetti (vedi note successive) la critica impiegherà anni per definire le particolarità del verismo italiano e di Verga in particolare, ma lo stesso apprezzamento commerciale e la precoce diffusione nei programmi scolastici testimoniano la percezione di un fenomeno letterario di cui il relatore non sta dando conto.

192 Il relatore si esprime in maniera assolutamente conseguente ad una formazione crociana. Per Croce la poesia è intuizione soggettiva, espressione diretta dello spirito e non può trovare il suo contenuto nell’oggetto delle scienze naturali o sociali. Si tratta di una impostazione che produsse fecondi risultati critici se applicata ad alcuni generi letterari, ma che impedì la comprensione della originalità di altri. Così del naturalismo francese non si apprezzarono in Italia, nella prima metà del novecento, neppure le pagine più toccanti e affascinanti nel delineare reazioni umane o paesaggi urbani nè la solida e funzionale struttura narrativa. Incomprensione dovuta non solo alla avversione del fascismo per i temi del riscatto sociale e per la letteratura d’oltralpe, ma anche alla formazione idealista che si riceveva nei licei e nelle università.

193 Aleardo Aleardi (Verona, 1812 – 1878) in effetti fonda il suo comporre poetico su una mistione di retorica professoralmente classica e su una puntigliosa precisione nomenclatoria, fino a toccare estremi di indubbia prosasticità.

194 Giacomo Zanella (Vicenza, 1820 – 1888), autore abbastanza fecondo e di qualche originalità, fu celebre soprattutto per la poesia Sopra una conchiglia fossile, in cui il suo stile classicheggiante affronta un argomento scientifico. Ricavare versi descrittivi e specialmente celebrativi da osservazioni o scoperte scientifiche apparteneva già alla tradizione poetica italiana (si pensi a Parini e Monti) fin dal contesto culturale di fine settecento (anch’esso misto di fiducia postilluminista nelle scoperte della mente umana e di stilemi neoclassici). Non a caso contro l’Aleardi e lo Zanella si concentra la polemica di Croce volta a colpire la non poesia, quella lontana dal dato spirituale dell’intuizione lirica.

195 Lorenzo Stecchetti è in realtà il nome fittizio con cui Olindo Guerrini (Forlì, 1845 – Bologna, 1916) pubblicò la maggior parte delle sue raccolte poetiche. Nella conferenza è citato senz’altro per quei suoi versi in cui il realismo sconfina nel prosastico o nel macabro, senza rinunciare ad intellettualistici classicismi.

196 Giudizio davvero strano se si pensa ai toni obiettivi ed estranianti del Verga. Evidentemente il relatore è fuorviato dalla mancanza proprio di quelle forme di giudizio sociale e di speranza di riscatto che il romanziere siciliano si adopera di tener fuori dalla sua narrazione, in misura più estrema e ricercata rispetto agli autori del naturalismo francese. Se nei francesi, nonostante il tono oggettivo, la posizione dell’autore risultava comunque chiara, nella produzione matura di Verga il narratore riesce a scomparire del tutto e a far parlare direttamente la mentalità e la sensibilità primitiva e immediata dei personaggi. Solo però negli ultimi decenni la critica e la narratologia ha individuato i mezzi con cui l’autore riesce in questo intento. Per quanto le prime reazioni del mondo letterario fossero state restie a riconoscere l’originalità di Verga e a staccarlo da una già di per sè esagerata sottovalutazione della corrente verista, i saggi del 1919 e del 1933 di Luigi Russo avrebbero dovuto ormai produrre una valutazione più attenta dell’originalità verghiana. Mancando di questa coscienza critica, il relatore è portato a scambiare per pietismo l’abilità del narratore di ridurre ai minimi termini la propria mediazione di persona colta per far sentire l’umile e degradata visione del mondo dei personaggi.

197 Si allude probabilmente a Terra Vergine e a San Pantaleone, racconti giovanili.

198 Salvatore di Giacomo (Napoli, 1860 – 1934), novelliere, scrittore per il teatro e poeta.

199 Matilde Serao (Patrasso, 1856 – Napoli, 1927), giornalista e scrittrice verista.

200 E’ ormai assodato che gli argomenti scientifici e tecnici interessano meno Bardotti.

201 L’Autore compiva 22 anni.

202 Nella Critica del giudizio, Kant individua a lato dei giudizi che determinano un fenomeno nella sua connessione con altri fenomeni (processo della conoscenza), altri giudizi che considerano un fenomeno per la sua finalità: quando il fine del giudizio è soggettivo ed è costituito dalla bellezza, Kant parla di giudizio estetico. La bellezza non è quindi una proprietà delle cose, ma un carattere che attribuiamo loro mettendole in rapporto al sentimento di piacere che suscitano in noi.

203 Bardotti conserva ancora la missiva indirizzata l’8 dicembre 1943 al padre Emilio a Poggibonsi. “Carissimi – scriveva l’Autore - è il giorno del mio compleanno trascorso nel conforto spirituale che la Santa Vergine ci ha concesso, col pensiero a voi tutti. Non ho ricevuto ancora nessuna notizia da voi malgrado abbia scritto diverse volte. Avete fatto pacchi? State contenti e non pensate a me che sto benissimo materialmente e spiritualmente. Dovreste riscuotere un terzo dello stupendio. Interesssateneve. Avvertite tutti, amici e parenti, e date loro il mio indirizzo. Quando mandate pacchi non vi private per voi, mi raccomando. Potete mandarrmi ciò che potete: fagioli, riso, conserva, pasta, ma sempre prima per voi e poi me. Confidate e pregate. Un abbraccio a tutti. Martino.” Sottotenete Martino Bardotti, n. XII A. 55519, Kriegsgefangenenlager M.- Stammlager 307, Deblin, Deutschland.

204 Fin dal 1923, all’interno della stessa critica idealista, il filosofo Giovanni Gentile aveva affermato il valore dei Promessi Sposi come “libro di poesia e di verità, di cultura e di riforma morale” con una considerazione dell’unità dell’ispirazione manzoniana che era sfuggita al Croce. Questi, in un suo saggio del 1921, aveva invece indugiato proprio sulla figura di Don Abbondio e sulla presentazione comica del personaggio (“che egli perseguita dal principio alla fine del romanzo”) come frutto della “cultura e formazione spirituale del Manzoni, enciclopedista e illuminista dapprima e poi cattolico non senza tracce di giansenismo”. Tra la metà degli anni trenta e negli anni della guerra stava invece maturando (soprattutto ad opera dei Luigi Russo) un metodo critico che scandagliava l’originalità del romanzo manzoniano e la genesi dei suoi personaggi tenendo conto del momento creativo, di quello storicamente illustrativo e di quello oratorio, dove l’analisi dei singoli aspetti andava di pari passo con una valutazione del carattere generale dell’opera. Ne risultò, dal dopoguerra, una generazione di studi volti a comprendere “un’opera composita, dove poesia, meditazione morale e oratoria risultano composte e armonizzate insieme da un’arte finissima” (Caretti). Pare proprio che la lettura manzoniana improvvisata tra gli internati si ponga in questo senso, superando la nozione di comicità per la presentazione di Don Abbondio e soffermandosi sul valore strutturale e morale e non solo meramente espressivo della similitudine.

205 Gli argomenti cui si fa cenno costituirebbero la gran parte della teoria musicale. Il diario non dà la possibilità di capire se si sia trattato di una conversazione molto generica (come la successiva sul teatro moderno) sui temi fondamentali del linguaggio musicale, oppure di un discorso intorno allo svolgimento della musica moderna e contemporanea come abbandono delle regole tradizionali dell’armonia e passaggio alla politonalità (o pluritonalismo). Se infatti la musica tradizionale italiana si era affermata come combinazione di suoni diversi secondo regole affermatisi a partire dall’epoca rinascimentale che combinano quei suoni tenendo conto delle loro caratteristiche fisiche (armonia), e non solo come successione di suoni con un senso compiuto (melodia), all’inizio del novecento si cominciarono a sperimentare principi diversi dalla tonalità (l’ordinamento gerarchico e ordinato che prevede relazioni reciproche precise tra le note che si susseguono in una composizione). La atonalità e il pluritonalismo divengono così un nuovo metodo di comporre musica senza tener conto delle regole sistematiche dell’armonia tradizionale.

206 Si noti qui l’ironia con cui l’Autore commenta l’alzabandiera dei “fascisti repubblicani”.

207 Bardotti appare quanto mai deciso a seguire coerentemente la sua scelta di non cooperare ed è disposto ad andare fino in fondo, qualunque sia il prezzo da pagare.

208 Arthur Schopenhauer (Danzica, 1788 – Francoforte sul Meno, 1860) elaborò una filosofia di grande originalità rispetto alla sistematica visione dell’idealismo di Hegel, fondata sulla illusorietà del mondo fenomenico e sulla scoperta della volontà come aspetto fondamentale della ricerca filosofica. Nacque con lui una riflessione sulla posizione dell’individuo nel mondo, sulle angosce e sulla possibilità di liberarsi dal dolore, che ebbero una notevole fortuna fino all’esistenzialismo del novecento.

209 Spesso citata con l’abbreviazione Comintern (Internazionale comunista), fu fondata nel 1919 dai partiti e movimenti rivoluzionari, dopo il successo della rivoluzione di ottobre in Russia. Si originò dalla crisi della seconda internazionale, che aveva raccolto dal 1889 (seguendo l’esperienza della prima internazionale o associazione internaz. dei lavoratori degli anni 1864-1872) partiti socialisti, socialdemocratici e sindacati operai. Il Comintern vide l’adesione della gran parte dei partiti comunisti e rivoluzionari europei e rigettò l’impostazione socialdemocratica e riformista nella lotta per il rovesciamento del capitalismo. Cambiò sovente, nel periodo tra le due guerre, l’indirizzo di politica internazionale, cedendo spesso all’interesse sovietico e staliniano, tornando ad aprirsi a politiche di fronte comune con altre forze progressiste e antifasciste, come nel caso della guerra civile in Spagna e in generale di fronte all’ascesa dei regimi fascisti. Si sciolse, per opera di Stalin, durante la guerra, nel 1943.

210 Lo stesso Stalin annetteva alla questione degli emendamenti alla costituzione dell’Unione Sovietica notevole importanza. Un suo rapporto che enunciava questioni tecniche (pur estese in uno stile a tratti trionfalistico e celebrativo) era stato presentato all’VIII congresso dei Soviet nel 1936 e sarà tradotto da Palmiro Togliatti ad introduzione del testo della Costituzione pubblicato nel 1950. Per l’URSS si trattava da un lato di dare un assetto stabile alla estesa e disomogenea federazione di Stati, dall’altro di affermare i fondamenti di uno Stato socialista in mancanza di una teorizzazione sia dal punto di vista della filosofia del diritto che dal punto di vista sociale ed economico. I grandi contributi del pensiero rivoluzionario dell’ottocento e dei primi del novecento (a partire dal marxismo e dal leninismo) non concernevano infatti la teoria dello Stato (con poche eccezioni, come gli accenni nella marxiana Critica al programma di Gotha e quelli leniniani in Stato e Rivoluzione) quanto la critica all’economia e alla società capitalista e borghese e il suo superamento.

211 Titolo originale Guide to Philosophy, uscito in inglese nel 1936. Cyril Edwin MItchinson Joad (Durham, 1891 – Hampstead, 1953) svolgeva in quegli anni una intensa attività di divulgazione della filosofia, non solo con i libri, ma partecipando ad un programma radiofonico della BBC. Fu dunque tra i primi a sondare la potenzialità del nuovo medium per la trasmissione popolare della cultura. Acquistò così negli anni della guerra una notevole fama, che fu bruscamente compromessa da un banale scandalo per il mancato pagamento di un biglietto ferroviario nel 1948, proprio a causa di una esagerata risonanza sulla stampa.

212 Gaetano Mosca (Palermo, 1858 – Roma, 1941), studioso di storia delle dottrine politiche, pubblicò quest’opera da Laterza nel 1933 come “sunto” delle lezioni tenute all’Università di Roma sulla evoluzione di queste dottrine dall’antichità fino al novecento. Interessante la sua esaltazione dei “regimi misti”, quelli “nei quali non prevale in modo assoluto nè il sistema autocratico nè il liberale e la tendenza aristocratica viene temperata da un rinnovamento ma continuo della classe dirigente che riesce così ad assorbire quegli elementi di sano dominio che mano a mano si affermano nelle classi dirette”. Teorizza inoltre la nozione di “formula politica” come “constatazione che in tutti i paesi arrivati ad un grado anche mediocre di cultura la classe politica giustifica il suo potere appoggiandolo ad una credenza o ad un sentimento in quell’epoca ed in quel popolo generalmente accettati”.

213 Si tratta di Giacomo Perticone, giurista e studioso di dottrine politiche. Il titolo esatto del saggio suona “Linee di storia delle dottrine politiche”.

214 Enrico Corradini (S.Miniatello di Montelupo, 1865 – Roma, 1931) uno dei più accesi sostenitori della guerra di espansione coloniale e dell’interventismo, con articoli che apparvero anche sul Regno nel rpimo decennio del secolo. La raccolta dei Discorsi politici raccoglie interventi del periodo 1902 – 1924.

215 Non è dato sapere dal rapido cenno di Bardotti a quale argomento si riferisca la celebre citazione della immagine con cui Manzoni si riferiva alla posizione umana del suo Don Abbondio tra le prevaricazioni della sua epoca.

216 Il romanzo del 1889 che narra la vicenda di Andrea Sperelli, personaggio dai tratti autobiografici che costituisce una delle incarnazioni dell’esteta dannunziano. Oltre all’aspetto narrativo e descrittivo, è anche la proposizione di una maniera di vita.

217 Il diario non ci dice quali brani. In note precedenti ci è capitato di citare il pensiero crociano come un dato essenziale della cultura italiana e della formazione dei giovani ufficiali internati. Benedetto Croce era nato a Pescasseroli nel 1866 e morirà a Napoli nel 1952. Dopo una prima approvazione del fascismo, in seguito all’assassinio di Matteotti, si oppose decisamente al regime antilibertario e divenne punto di riferimento dell’antifascismo liberale. Non insegnò nella scuola nè nelle Università, ma i suoi saggi su argomenti filosofici, storici e letterari svilupparono un’eccezionale influenza sulla formazione e sul dibattito culturale in Italia nei primi decenni del novecento.

218 Ecco un’ulteriore motivazione da parte degli internati per dedicarsi alle conferenze e alle letture. Una generazione di giovani intellettuali per i quali quella parte della personalità e dello spirito che negli anni della scuola era stata occupata e bloccata dalla elefantiasi di frasi propagandiste e proposizioni di roboante approssimazione culturale, si presenta ora come affinata dalle sofferenze della guerra e resa disponibile per nuove esperienze intellettuali e per un nuovo coinvolgimento spirituale.

219 Si noti qui la soddisfazione di Bardotti per le prime notizie ricevute da casa dopo un silenzio di oltre 3 mesi.

220 La struttura del romanzo (intreccio, affabulazione) tende a divenire un banale contenitore di alcune pagine dense di sentimento o di una prosa efficace ma non sorretta da una caratterizzazione verosimile e profonda dei personaggi.

221 Il dilemma tra scelte artisticamente coerenti (anche se con poca possibilità di successo popolare) e attenzione commerciale ai gusti del pubblico, si era presentato fin dalla seconda metà dell’ottocento. Uno dei primi narratori a doversi barcamenare tra richieste commerciali e scelte espressive autentiche e originali fu il Verga, i cui romanzi più significativi nella storia letteraria non potevano essere apprezzati dal grande pubblico e quindi dagli editori. L’arte (e non solo la letteratura) doveva ormai produrre reddito all’autore e profitto all’editore.

222 Grazia Deledda (Nuoro, 1871 – Roma, 1936), premio Nobel nel 1926, scrisse una cinquantina di romanzi, di cui il più celebre, Canne al vento è del 1913. La scrittrice pone su un’ispirazione di essenziale naturalismo regionale, l’approfondimento e talvolta l’esasperazione di alcuni caratteri o tratti sentimentali. La sua penna è certo superiore, per tecnica narrativa, ispirazione e capacità di assumere suggestioni dai maestri della narrativa italiana ed europea, agli altri romanziari citati da Bardotti. Luciano Zuccoli (Calprino, 1868 – Parigi, 1929), si ispirò in effetti alla vita mondana degli ambienti dell’alta società e al loro particolare vero o atteggiato senso del lusso e della lussuria. I suoi titoli sono ormai pressochè dimenticati (Kif Tebbi romanzo africano, Le cose più grandi di lei, I lussuriosi). Guido da Verona (Saliceto Panaro, 1881 – Milano, 1939) gode di qualche occasione in più di esser ricordato forse per la parodia I promessi sposi: romanzo di A.Manzoni e Guido da Verona. Effimero successo ebbero altri suoi titoli di romanzi sentimentali (Mimi Bluette fiore del mio giardino, Mata Hari, L’amore che torna). Annie Vivanti (Londra, da padre garibaldino esule, 1868 – Torino, 1942), è invece nota per la relazione con Giosue Carducci e per alcuni romanzi sentimentali (Marion, Mea culpa, Vae victis).

223 Sfruttando esperienze innovative del secolo precedente, le avanguardie riescono, dopo la grande guerra, a dar vita ad una tendenza generale in cui la funzionalità di un edificio considerato non solo per la sua funzione, ma anche per come modifica l’ambiente in cui sorge, viene realizzata non secondo la tradizione architettonica degli stili storici, ma con soluzioni estetiche innovative permesse anche dalle possibilità offerte dall’uso di nuovi materiali e nuove tecnologie.

224 Lo sperimentalismo della pittura è del resto una reazione alla tendenza opposta di adeguamento ai gusti del pubblico: la ricerca di nuove ed originali soluzioni è da una parte legato all’esplodere del fenomeno delle avanguardie e dall’altra al tentativo di fuggire ad ogni costo dalla banalità e dall’aspetto commerciale del prodotto della fantasia.

225 E’ significativo come il forte sperimentalismo del periodo tra le due guerre venga interpretato tra gli internati come inizio di fenomeni destinati a svilupparsi in nuove mature espressioni e come non si consideri l’aspetto di smontaggio e destrutturazione della tradizione che porterà le arti figurative (e non solo), proprio nell’epoca che si stava aprendo con la fine della guerra, verso l’informale e la completa separazione dalle possibilità di comprensione da parte del pubblico.

226 Il termine ha uno dei significati più ampi nel lessico filosofico e indica in generale ogni tendenza del pensiero a considerare l’idea come principio della conoscenza e della stessa realtà, colta come sostanza spirituale. Qui si allude certamente alle forme dall’idealismo assunte in Europa con la diffusione del pensiero di Fichte, Schelling e soprattutto del sistema e del metodo di G.G.W.F. Hegel (Stoccarda, 1770 – Berlino, 1831). In Italia, soprattutto per effetto delle opere di Croce e Gentile, una corrente di pensiero di tipo idealista è ancora al centro del dibattito filosofico tra le due guerre.

227 Il noumeno kantiano (si vedano note precedenti) è postulato non come concetto, ma per l’evidenza del fenomeno. Se qualcosa si manifesta nella realtà sensibile (fenomeno), deve corrispondere a qualcosa di non sensibile ma solo pensabile (noumeno). L’argomento della conferenza potrebbe aver riguardato la questione delle entità metafisiche non verificabili, che la scienza non potrà mai arrivare a spiegare ma restano come principio inconoscibile dei fenomeni che studia la scienza stessa. Se tale impostazione aveva avuto un certo successo fino agli inizi del secolo (si indicava tale tendenza con il termine ignorabimus, che esprime l’impossibilità di giungere a quelle conoscenze ultime anche nel futuro progresso della scienza, proprio per la lontananza dalle possibilità della coscienza umana) negli anni trenta si era sviluppata una corrente di pensiero (talvolta indicata come neopositivista, che faceva capo al “circolo di Vienna”) che lottava accanitamente contro queste concezioni, sostenendo che lo scienziato debba porsi i problemi che mostrano possibili soluzioni.
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