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WILLIAM MAY
DIGNITÀ UMANA E RICERCA BIOMEDICA: 
LE RISPETTIVE POSIZIONI DELL'OGGETTO 
DELLA RICERCA E DEL RICERCATORE


INTRODUZIONE

 

Dopo alcune riflessioni iniziali sul significato della dignità umana, prenderò in considerazione il significato della ricerca biomedica su soggetti umani, la sua necessità, la natura e la tipologia di tale ricerca.



Successivamente, prenderò in esame i criteri scientifici di tale ricerca e quindi mi occuperò più in dettaglio di principi e di norme etiche o morali di base, che regolano ricerche di questo tipo, tentando di correlare tali principi e norme alle rispettive posizioni del soggetto della ricerca e del ricercatore.

In conclusione, focalizzerò l'attenzione sulla legittimità del "consenso per delega" in situazioni non terapeutiche, soggetto di un impegnativo dibattito.

 

 DIGNITÀ UMANA



 

La tradizione Cattolica, 1 riconosce, per quanto riguarda la persona umana, una dignità di tre tipi: la prima è intrinseca, naturale, inalienabile, ed è una donazione o dono; la seconda èugualmente intrinseca, ma è una conquista, non un dono; una conquista resa possibile, data la realtà del peccato originale e i suoi effetti, soltanto dall'inesauribile grazia di Dio; la terza è ancora una dignità intrinseca, ma è allo stesso tempo un dono, non una conquista, ma un dono, che di gran lunga trascendela natura umana e che, letteralmente, la rende divina; inoltre, gli è concesso come fosse un bene molto prezioso, che deve saper custodire e coltivare e che egli può perdere, qualora scelga in piena libertà di commettere peccati gravi.

Il primo tipo di dignità, proprio degli esseri umani, è quella dignità che appartiene ad essi semplicemente in virtù del fatto che fanno parte della specie umana , che Dio ha chiamato alla vita quando, in principio, Egli "creòl'uomo a sua immagine e somiglianza…maschio e femmina li creò" (Genesi 1,27). Ogni essere umano è un'immagine vivente di Dio santissimo e, quindi, può essere giustamente definito come una "parola creata" di Dio, la "parola creata" in cui si è trasformato il suo Mondo non Creato ed esiste proprio per rivelarci quanto Dio ci ama.

La prima, inalienabile dignità della persona umana, è importante sia per il soggetto della ricerca che per il ricercatore, ma è della massima importanza per il soggetto della ricerca. È, come vedremo, il fondamento essenziale che sottende i principi morali di base della ricerca biomedica sulle persone umane.

D'ora innanzi, io chiamerò questa nostra dignità proprio in quanto persone.

Quando entriamo nell’esistenza noi siamo, in virtù di tale dignità intrinseca, persone che superano in dignità e valore l'intero creato. La persona umana è in verità la " sola creatura che Dio abbia voluto fortemente proprio per se stesso" (Gaudium et Spes, 24).

In quanto persone, siamo dotati della capacità di conoscere la verità e di decidere della nostra vita scegliendo liberamente di conformare la nostra esistenza e le nostre azioni alla verità.

Tuttavia, al momento della nascita noi non siamo ancora del tutto gli esseri che Dio desidera che noi diventiamo.

Ciò porta a considerare il secondo tipo di dignità propria delle persone umane, una dignità intrinseca ma che è una conquista (resa possibile soltanto in virtù dell'inesauribile grazia di Dio) e non un dono.

Questo secondo tipo di dignità è quella alla quale siamo chiamati in quanto persone intelligenti e libere, capaci di decidere delle nostre vite, con le proprie libere scelte. Questa è la dignità che siamo invitati a dare a noi stessi, scegliendo liberamente di attuare le nostre scelte e le nostre azioni secondo la verità, ossia in accordo con la legge eterna di Dio, alla quale noi prendiamo parte attraverso la legge naturale. Come ha affermato il Concilio Vaticano II, "l'uomo scopre nel suo cuore una legge scritta da Dio [la legge naturale]; la sua dignità sta nell'obbedire a questa legge e secondo questa egli sarà giudicato". (Gaudium et Spes, 16).

Tale dignità, come vedremo, è della massima importanza sia per il soggetto della ricerca che per il ricercatore, ma è, ritengo, di importanza ancora maggiore per il ricercatore.

D'ora in poi,io farò riferimento a questo tipo di dignità come alla nostra dignità proprio in quanto agenti morali.

Il terzo tipo di dignità, è nostra in quanto "figli di Dio", fratelli e sorelle di Gesù, membri della famiglia divina. Questo tipo di dignità è un dono puramente gratuito datoci dallo stesso Dio, che ce lo concede quando, per mezzo del battesimo, noi siamo "rigenerati" come veri e propri figli di Dio e ci viene data la vocazione per diventare santi, proprio come lo è il Padre celeste, e di diventare colleghi di Cristo, suoi collaboratori per la redenzione del mondo. Questa dignità, che possiamo definire la nostra dignità proprio in quanto figli di Dio, è un bene prezioso che ci viene affidato e che possiamo perdere scegliendo liberamente di compiere delle azioni molto gravi. Esiste uno stretto legame tra questo tipo di dignità e la nostra dignità proprio in quanto agenti morali. Nella parte che segue, tuttavia, focalizzerò l’attenzione sui primi due tipi di dignità, ossia, la nostra dignità propria in quanto persone e la nostra dignità in quanto agenti morali.

  

RICERCA BIOMEDICA SU SOGGETTI UMANI: LA SUA NECESSITÀ, LA SUA NATURA E LA TIPOLOGIA

 

La necessità della ricerca biomedica su soggetti umani, è ampiamente riconosciuta dalla comunità medica 2e dal Magistero.3



Tale ricerca è necessaria se la scienza medica deve acquisire ed ampliare la conoscenza e le tecniche necessarie e/o utili per la diagnosi, la prevenzione e la cura delle persone umane, che necessitano di assistenza sanitaria e hanno bisogno di alleviare la loro sofferenza.

La sperimentazione umana, nella pratica della medicina, è antica quanto la stessa pratica medica, anche se è stato soltanto nel secolo scorso o giù di lì, dai tempi di Louis Pasteur e di Claude Bernard, che i medici, nell’esercizio della attività professionale, sono diventati fortemente consapevoli della necessità di una sperimentazione e di una ricerca condotte con prudenza, scientificamente valide e programmate. 4L'Associazione Medica Mondiale, individua brevemente il fine di tale ricerca: essa " deve migliorare le procedure diagnostiche, terapeutiche o di profilassi e la comprensione dell'eziologia e della patogenesi della malattia ". 5

La ricerca può essere definita come " un'attività sistematica, intrapresa allo scopo di acquisire una nuova conoscenza e una comprensione o per confermare la conoscenza che già si possiede ".6

Nonostante alcuni Autori facciano una netta distinzione tra ricerca sperimentale su soggetti umani e terapia, in quanto l'obiettivo principale della ricerca non è quello di curare ma di imparare, 7 è diventata ormai una consuetudine classificare la ricerca come terapeutica o nonterapeutica.

La prima, studia gli effetti derivanti dall'impiego di metodi diagnostici, preventivi o terapeutici, che si discostano dalla prassi medica abituale, ma che hanno delle ragionevoli prospettive di successo, mentre la seconda non viene effettuata a vantaggio del soggetto della ricerca, ma allo scopo di acquisire una conoscenza o per sviluppare delle tecniche, dalle quali possano trarre beneficio altre persone. 8

 

 CRITERI SCIENTIFICI PER LA RICERCA BIOMEDICA SU SOGGETTI UMANI



 

Le domande alle quali la ricerca biomedica, su soggetti umani, cerca di dare una risposta devono essere poste in modo tale che possano essere accettate come sufficientemente fondate, dal punto di vista scientifico.

Questa è fondamentalmente una questione di buona scienza, ma è anche una questione etica o morale. 9

Diversi articoli del Codice di Norimberga, forniscono delle indicazioni sui criteri scientifici per la ricerca su soggetti umani. I principi enunciati nel Codice sono della seguente natura: L'esperimento dovrebbe essere tale da fornire dei risultati proficui per il bene della società, risultati che non si potrebbero ottenere con altri metodi di studio e che non siano, per la loro natura, casuali e superflui. 3. I risultati dovrebbero essere progettati e fondati sui dati ottenuti con la sperimentazione sugli animali e su una conoscenza della storia naturale della malattia o di altri problemi facenti parte dello studio, in modo tale che i risultati previsti giustifichino l’esecuzione dell'esperimento. L'esperimento dovrebbe essere condotto esclusivamente da persone qualificate, da un punto di vista scientifico. È necessario che vi sia, in tutte le varie fasi dell’esperimento, il massimo livello di abilità e di attenzione , da parte di tutti coloro che lo conducono o che vi sono in qualche modo coinvolti. 10

L'Associazione Medica Mondiale, ha formulato molti criteri analoghi nella Dichiarazione di Helsinki.

Tra i " Principi di base ", che regolano la ricerca su soggetti umani, enunciati nel 1975, nella edizione riveduta della Dichiarazione, vi sono i seguenti:

1. La ricerca biomedica, che coinvolge soggetti umani, deve attenersi ai principi scientifici generalmente accettati e dovrebbe essere basata su una sperimentazione di laboratorio e su animali, condotta in modo corretto e su una profonda conoscenza della letteratura scientifica.

2. Il progetto e l'esecuzione di ogni procedura sperimentale, che coinvolge soggetti umani, dovrebbero essere formulati con chiarezza in un protocollo sperimentale, che dovrebbe essere trasmesso ad un comitato indipendente, nominato appositamente a tale scopo per averne una valutazione, un commento ed un orientamento. 11

3. La ricerca biomedica, che coinvolge soggetti umani, dovrebbe essere condotta esclusivamente da persone qualificate, da un punto di vista scientifico e sotto la supervisione di un medico competente, dal punto di vista clinico. La responsabilità per i soggetti umani, deve sempre spettare ad una persona qualificata, dalpunto di vista medico e mai al soggetto della ricerca….

4. La ricerca biomedica che coinvolge soggetti umani non può essere portata avanti legittimamente se l'importanza attribuita all'obiettivo da raggiungere non è proporzionale al rischio intrinseco per il soggetto.

5. Ogni progetto di ricerca biomedica, che coinvolge soggetti umani dovrebbe essere preceduto da un'attenta valutazione dei rischi prevedibili rispetto ai benefici, sia per il soggetto che per le altre persone. La preoccupazione per gli interessidel soggetto deve sempre prevalere sugli interessi della scienza e della società. 12

Ho riportato in corsivo un passaggio del quinto principio di Helsinki che, per la sua natura, è principalmente etico o morale e non scientifico. Ma anche i criteri "scientifici" di questo documento e del Codice di Norimberga hanno delle implicazioni morali, nella misura in cui i medici e gli scienziati, coinvolti nella ricerca, sono moralmente obbligati ad osservare tali requisiti scientifici.

In questo documento stiamo prendendo in esame la ricerca su soggetti umani principalmente dal punto di vista del ricercatore.

È, inoltre, evidente che il tipo di dignità umana qui principalmente in gioco è la dignità proprio in quanto agente moraledel ricercatore.

 

 PRINCIPI E NORME ETICHE PER LA RICERCA BIOMEDICA SU SOGGETTI UMANI



 

La dignità degli esseri umani proprio in quanto persone è il principio cardine che regola la ricerca biomedica su soggetti umani. Come ha affermato Papa Giovanni Paolo, " la norma etica, fondata sul rispetto della dignità della persona umana, dovrebbe illuminare e disciplinare sia la fase della ricerca che l'applicazione dei risultati ottenuti grazie ad essa ". 13

Prima di essere eletto Papa, Karol Wojtyla aveva formulato, nel suo libro "Amore e responsabilità", quello che egli definiva il "principio" o la "norma" personalistica che, " nel suo aspetto negativo afferma che la persona è quel tipo di bene che non ammette di essere usato, così come di essere trattato come ilmezzo per il raggiungimento di un fine " e " nel suo aspetto positivo…conferma questo: la persona è un bene verso il quale l'unico atteggiamento corretto e adeguato è l'amore ". 14

 

Il principio del consenso libero e informato

Il principio/norma fondamentale, che serve da fondamento per il più importante principio di base che regola la sperimentazione biomedica sulle persone umane, è il "principio del consenso libero e informato". Come ha sottolineato Gonzalo Herranz, questo principio è stato chiaramente riconosciuto ed affermato dagli autori cattolici nel diciannovesimo secolo molto prima che fosse espresso proprio nel primo articolo del Codice di Norimberga del 1949.

G. Herranz richiama l'attenzione sul lavoro del medico cattolico francese George Surbled, che ha espresso chiaramente questo principio, nella prima edizione (1891) del suo libro "La morale nei suoi rapporti con la medicina e l'igiene", e nella forte affermazione, del suo predecessore Max Simon, del principio della supremazia della persona umana sulla ricerca scientifica, nel suo volume del 1845, " Deontologia medica o dei doveri dei medici allo stato attuale della civiltà "15

Questo principio, come è stato notato, è stato chiaramente affermato nel primo articolo del Codice di Norimberga ed è importante ricordare che tale codice è stato formulato quando il ricordo delle atrocità compiute dal Terzo Reich, in nome della ricerca scientifica, era ancora vivissimo nelle menti degli uomini. Il magistero della Chiesa è molto chiaro riguardo alla necessità di un consenso libero ed

informato nel caso in cui la ricerca biomedica abbia bisogno di una giustificazione.

Papa Pio XII ha fatto numerose dichiarazioni sulla necessità del consenso libero ed informato. 16

Come ha affermato Papa Giovanni Paolo II, "il medico ha soltanto quel potere e quei diritti che lo stesso paziente gli concede ". 17

Il Codice di Norimberga enuncia le caratteristiche di questo principio, dichiarando quanto segue: " Ciò significa che la persona coinvolta dovrebbe avere la capacità legale di dare il consenso; se si trovasse nella condizione tale da poter esercitare il potere della libera scelta, senza l'intervento di alcuna componente di forza, frode, inganno, violenza, imbroglio o forme ulteriori di costrizione o coercizione, e che dovrebbe avere sufficiente conoscenza e comprensione degli elementi dell'argomento in questione tanto da consentirgli di prendere una decisione intelligente ed illuminata. Quest'ultimo elemento richiede che prima di prendere una decisione affermativa, il soggetto che si sottopone ad un esperimento dovrebbe essere informato della natura, della durata e dell’obiettivo dell'esperimento; del metodo e dei mezzi con cui dovrà essere condotto; di tutti gli inconvenienti e i rischi che si potrebbero ragionevolmente prevedere; e degli effetti sulla sua salute o persona, che potrebbero eventualmente derivare dalla sua partecipazione all'esperimento. Il dovere e la responsabilità di accertarsi della qualità del consenso dipendono da ogni individuo che avvia, dirige o si impegna in un esperimento. Si tratta di un dovere e una responsabilità personali, che nonpossono essere delegati impunemente ad un altro ". 18

Ho riportato in corsivo le ultime due frasi di questo articolo del Codice di Norimberga, in quantodimostrano che la responsabilità principale di un consenso libero ed informato è attribuibile al ricercatore ed è connessa direttamente alla sua dignità proprio in quanto agente morale ed al suo obbligo di rispettare la dignità del soggetto proprio in quanto persona.

Il soggetto dell'esperimento ha, inoltre, la responsabilità, ben radicata nella dignità proprio in quanto agente morale, di formare la propria coscienza in modo adeguato e di rifiutare di prendere parte ad esperimenti di natura immorale o progettati per raggiungere ulteriori fini immorali.

La dignità del soggetto in quanto agente morale gli richiede questo. In quanto agente morale, il soggetto deve rifiutare la sperimentazione nel caso in cui, come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, "questa esponga la vita o l'integrità fisica o biologica del soggetto a rischi eccessivi o evitabili". (n. 2295).

Molte autorità, tra cui Henry K. Beecher, 19 famoso per i suoi studi sulla ricerca medica, hanno notato che è molto difficile, a volte quasi impossibile, garantire un consenso interamente libero ed informato. Ciò che il principio richiede è un consenso "ragionevolmente" libero e "adeguatamente" informato. Fondamentalmente, qui la posta in gioco è la fiduciatra il ricercatore ed il soggetto, la certezza che il ricercatore non proporrà alcun esperimento senza comunicare al soggetto informazioni sufficienti, per consentirgli di prendere una decisione informata e consapevole. 20 Tale requisito è assolutamente fondamentale, in quanto è radicato nella dignità del soggetto proprio in quanto persona, ed è in relazione direttamente con la dignità del ricercatorein quanto agente morale.

Il principio del consenso libero ed informato è necessario in ogni tipo di ricerca biomedica, terapeutica e non terapeutica, che sia effettuata su soggetti capaci (in grado di dare un consenso libero ed informato per se stessi), su soggetti non capaci quali i bambini, nati o non ancora nati o su pazienti "senza voce". Parlerò più approfonditamente del consenso "per delega" più avanti. Prima di farlo, tuttavia, è importante notare un'"eccezione" relativa al requisito di consenso libero ed informato e quindi altre norme di base che regolano la ricerca biomedica su soggetti umani.

 

Una "eccezione" al principio del consenso libero ed informato

Se prendiamo in considerazione le trattamenti terapeutici medici, notiamo che esiste una chiara eccezione alla richiesta del consenso espresso; una eccezione, tuttavia, che in nessun modo indebolisce l'esigenza normativa, che richiede il consenso personale del paziente alle cure mediche. Questo è il tipo di situazione in cui il consenso è ragionevolmente presunto o implicito, quando una persona si trova in una situazione di estremo pericolo e non può dare il proprio consenso esplicitamente o implicitamente, né quando vi è l'opportunità di un consenso "per delega". Come sostiene la Carta degli operatori sanitari, in casi estremi di questo tipo, "se vi è una perdita temporanea di conoscenza e volontà, l'operatore sanitario può agire in virtù del principio della fiducia terapeutica… Nel caso in cui dovesse verificarsi una perdita permanente di conoscenza e volontà, l'operatore sanitario può agire in virtù del principio di responsabilità sanitaria, che obbliga l'operatore sanitario ad assumersi la responsabilità, nell'interesse del paziente ". 21Ritornerò a quello che la Cartadefinisce il "principio di responsabilità sanitaria" più avanti, quando prenderò in considerazione i problemi del "consenso per delega".

La dignità qui principalmente in gioco è la dignitàdel ricercatoreproprio in quanto agente morale, che ha il dovere di prendersi cura della vita e della salute del soggetto, la cui dignità proprio in quanto persona gli dà il diritto di ricevere le cure necessarie per tutelare la sua vita e la sua salute, qualora esse siano in pericolo.

 

Altri principi/norme etiche che regolano la ricerca biomedica su soggetti umani

Il consenso libero e informato, non è soltanto il principio morale specifico che giustifica la ricerca biomedica su soggetti umani. Un altro principio/norma chiave è noto come il "principio dell'ordine discendente". Il filosofo Hans Jonas, ha suggerito tale principio nel selezionare i soggetti della ricerca. Esso richiede, da parte dei ricercatori, una scelta dei soggetti tra le persone meno vulnerabili.22

L’obbligo primario, è quello di proteggere le persone vulnerabili e di impedire che si approfitti di loro nella "scelta" dei soggetti della sperimentazione. Tali soggetti, naturalmente, devono dare il proprio consenso libero e informato al progetto di ricerca per il quale sono stati "scelti" e per il quale essi si offrono spontaneamente. Ci sono due principali categorie di "persone vulnerabili"; la prima include le persone che non sono in grado di dare il consenso alla sperimentazione; i bambini, nati o non ancora nati, e gli anziani che sono mentalmente incapaci; il secondo gruppo include persone vulnerabili alla manipolazione o alla coercizione (magari di tipo sottile) da parte di altri, ad esempio prigionieri, persone residenti in istituti, poveri, studenti che frequentano istituti che svolgono delle ricerche, ecc.

Il criterio dell'ordine discendente, non significa che le persone vulnerabili non possano essere mai scelte a buon diritto o non possano mai offrirsi spontaneamente come soggetti della ricerca biomedica; richiede semplicemente che i soggetti della ricerca siano scelti sulla base di un principio di giustizia.

Benedict Ashley, O.P. e Kevin O’Rourke, O.P., propongono il seguente criterio generale, relativo a tale principio: " i soggetti dovrebbero essere scelti in modo tale che i rischi e i vantaggi non ricadano in maniera diseguale su uno stesso gruppo della società ". 23

Tale esigenza ricade sul ricercatore e, in quanto tale, è direttamente correlato alla sua dignità proprio in quanto agente morale.

Negli Articoli 9 e 10 del Codice di Norimberga, vengono formulati altri due validi principi.

Nell'Articolo 9, si afferma che: " nel corso dell'esperimento, il soggetto umano dovrebbe essere libero di portare a termine l'esperimento nel caso in cui questi abbia raggiunto quello stato fisico o mentale tale da fargli apparire impossibile la continuazione dell’esperimento ".

Nell'Articolo 10, si dichiara: " Nel corso dell'esperimento, lo scienziato che se ne sta occupando deve essere preparato a concludere l'esperimento stesso, in qualunque fase, se ha ragionevoli elementi per ritenere (nell'esercizio della buona fede, di capacità superiori e di un attento discernimento chegli è richiesto), che la continuazione dell'esperimento potrebbe avere come conseguenza delle lesioni, l'invalidità o la morte del soggetto implicato nell'esperimento".24

In questo caso sono importanti sia la dignità del soggetto proprio in quanto persona e la dignità del ricercatore proprio in quanto agente morale.

 

Consenso volontario in una situazione non terapeutica: potrà mai essere moralmente obbligatorio ?

Prima di passare a considerare il consenso "per delega" alla sperimentazione, sia terapeutica che non terapeutica, è necessario porsi la domanda se possa esistere un obbligo o una responsabilità morale per le personein grado di offrirsi spontaneamente come soggetti in tali esperimenti. Per anni ho pensato che non potesse sussistere tale obbligo morale e che l'offrirsi spontaneamente per partecipare a tale sperimentazione fosse un atto di pietà, come una specie di dono. Ma nel preparare questo scritto e dopo aver discusso la questione con altre persone, in particolare con Germain Grisez,sono ora dell'opinione che il principio della giustizia può a volte portare un adulto, nel pieno delle sue facoltà, a scegliere liberamente di partecipare ad esperimenti biomedici non terapeutici, con determinate condizioni.

Ad esempio, se il medico di base di una persona le ha chiesto, nel corso di analisi mediche di routine, di dare un campione di urina, per un programma finalizzato al confronto dell'urina di adulti sani con quella di persone che soffrono di una particolare malattia, in modo tale da verificare alcune ipotesi relative alla cura di tale malattia o dei suoi sintomi, si dimostra, che in tutta equità, una persona potrebbe averel’obbligo morale di offrire il proprio aiuto.

In un caso del genere, una persona potrebbe facilmente fare del bene all’umanità, senza costi o con costi minimi per se stesso. La situazione sembra essere analoga, a quella di un adulto sano che vede un anziano debole che cerca di trasportare una valigia dall’altra parte della strada; l’equità, radicata nella Regola d'Oro, come ha intuito la tradizione cristiana, richiederebbe normalmente che l'adulto sano venisse in aiuto della persona anziana e debole. Nonostante tale responsabilità non possa essere obbligatoria, da un punto di vista legale, è ragionevole pensare che per un adulto sano possa sussistere un obbligo morale a partecipare ad una sperimentazione biomedica non terapeutica, in situazioni di questo tipo. Se, tuttavia, la sperimentazione non terapeutica impone delle condizioni o degli inconvenienti più che onerosi, allora l'equità non esigerebbe che una persona si offrisse spontaneamente come soggetto di ricerca; la propria scelta libera ed informata a prendere parte alla ricerca, sarebbe effettivamente un atto di pietà, un "dono" di se stessi.

 

Il problema del consenso per delega o surrogato nelle situazioni terapeutiche

Non esiste un dibattito serio tra le diverse autorità - legale, medica o morale- nel trovare legittimo il consenso per delega o surrogato, quando la sperimentazione / ricerca / trattamento sia terapeutica, intesa come un beneficio, ad esempio, verso la salute o la vita di un soggetto incapace o "senza voce". 25

Parecchie volte, le responsabilità di coloro che delegano il loro consenso, per le procedure di tipo terapeutico, vengono descritte come scelte fatte in accordo alle preferenze dellapersona incapace, se sono conosciuti o moralmente onesti, oppure facendo tali scelte in accordo ai "migliori interessi" dell’individuo, se egli o ellanon ha mai espresso le sue preferenze, per esempio, se qualcuno funge da tutore di un neonato (nato o non ancora nato), di un bambino, o di un adulto che non è stato mai capace di agire in modo moralmente responsabile,a causa di qualche anomalia.

Di conseguenza i vescovi degli Stati Uniti dichiarano che le decisioni prese a nome di una persona, da parte di un delegato nominato appositamente o di unmembro responsabile della famiglia, dovrebbero "essere fedeli ai principi morali Cattolici e alle intenzioni e ai valori della persona rappresentata [in modo tale da essere in accordo con i principimorali Cattolici), o se le intenzioni della persona sono sconosciute, con i migliori interessi della persona stessa ". 26

Allora, quale sarebbe la giustificazione ultima per concedere il "consenso per delega", agliindividui le cui "intenzioni" siano sconosciute?

Io credo che il "consenso per delega", quando viene fatto a nome di coloro che non sono mai stati capaci di esprimere le loro preferenze, riguardo il tipo di procedure terapeutiche, sono disponibili ad accettare, non è tanto un consenso per "delega", ad esempio, un consenso fatto in nome di un’altra persona (come i genitori danno, nel battesimo, il consenso per il bambino), come é il consenso personale, richiesto alla persona(e) moralmente responsabili della cura degli esseri umani "senza voce".

Se la salute o la vita di una persona umana, in particolare, una persona per la quale abbiamo una particolare responsabilità (come i genitori nei confronti dei loro figli), é in pericolo o soffre per qualche malattia e ci sono strumenti che potrebbero proteggere e/o ottimizzare la vita e la salute della persona e/o migliorare la sua condizione,senza imporre gravi pesi alla persona, noi siamo moralmente obbligati, a ragione della nostra dignità proprio come agenti morali, ad autorizzare la ricerca/esperimento/trattamento, nella situazione terapeutica.

Mi sembra che la Carta degli Operatori Sanitari identifica correttamente il fondamento morale del così detto consenso "per delega", in tale situazione, quando abbiamo parlato del " principio di responsabilità nella cura della salute ". 27

  

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