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[98] Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, I, 1, in: Acta Apostolicae Sedis 1988, 80, p. 79.

[99] Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, I, 1, in: Acta Apostolicae Sedis 1988, 80, p. 79; citata in: Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 60, in: Acta Apostolicae Sedis 1995, 87, p. 469.

ANTONIO SPAGNOLO
COMITATI DI ETICA PER LA RICERCA: 
PROCEDURE E QUALITÀ DELLA REVISIONE ETICA


LO SVILUPPO DELLA REVISIONE ETICA FORMALIZZATA DELLA RICERCA BIOMEDICA

 

I Comitati Etici per la Ricerca biomedica (d’ora in avanti CER) possono essere definiti come organismi indipendenti composti da persone con diverse competenze, medico-scientifiche e non, che hanno la responsabilità di assicurare che i progetti di ricerca biomedica che coinvolgono soggetti umani siano conformi ai principi dell’etica biomedica.[1]



Questa esigenza della revisione etica formalizzata della ricerca biomedica deriva dal fatto che proprio la sperimentazione ha rappresentato una di quelle esperienze morali che hanno turbato profondamente le coscienze nella seconda metà del XX secolo e che possiamo collocare, insieme con la tecnologizzazione della medicina e l’uso ideologico della stessa, fra le condizioni storico-culturali che sono all’origine della bioetica come movimento e come disciplina.[2]

All’indomani del Processo di Norimberga, infatti, emerse con sconcertante evidenza che la ricerca medica poteva essere utilizzata, oltre che per curare, anche per commettere delitti, delitti oggi conosciuti e raccolti dagli atti del Processo che rimangono come una testimonianza in negativo di quanto possa essere fatto dal potere assoluto svincolato dalla morale o presunto detentore della morale stessa, anche con la collaborazione di medici e ricercatori che si lasciarono strumentalizzare dal potere politico, ritenendosi giustificati perché “costretti”[3]. Così, nonostante che da sempre la ricerca biomedica fosse stata condotta in modo più o meno controllato – anche in ossequio alle esigenze del metodo sperimentale - la preoccupazione specifica degli aspetti etici implicati nella conduzione della ricerca si manifestò concretamente proprio dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la documentazione delle atrocità commesse dai medici nazisti in nome di questa ricerca. E il Codice di Norimberga (1947), con il richiamo alla irrinunciabilità del consenso informato dei soggetti di sperimentazione e alla protezione “oggettiva” di essi da parte dello sperimentatore rappresentò uno dei primi documenti di bioetica ante litteram.

Due linee di normative si svilupparono a partire da quel momento tragico: la dottrina dei “diritti dell'uomo”, culminata nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948, e l'approvazione via via aggiornata di linee-guida specifiche per l’etica della sperimentazione emanati da organismi internazionali, come l'Associazione Medica Mondiale cui si deve la famosa Dichiarazione di Helsinki, emanata nel 1964 e successivamente rivista più volte (l’ultima ad Edimburgo nell’ottobre del 2000). Questa normativa sovranazionale necessariamente veniva ad implicare e richiedere una fondazione teoretica e giustificativa dell’etica della ricerca biomedica, facendo confluire di fatto tale fondazione fra gli ambiti di riflessione della bioetica, la nuova disciplina, appunto, che stava per sorgere.

Ci volle un certo tempo prima che il Codice di Norimberga venisse implementato in termini di sorveglianza formale della ricerca sull’uomo. E così anche dopo Norimberga la società nord-americana degli anni ‘50-‘60, dovette confrontarsi con la realtà di alcune ricerche che non avevano nulla da invidiare a quelle compiute dai medici nazisti, abusi sistematicamente organizzati di sperimentazione selvaggia sull'uomo che generarono profonda sofferenza morale. Nel 1963, ad esempio, al Jewish Chronic Disease Hospital di Brooklyn erano state iniettate, nel corso di una sperimentazione, cellule tumorali in pazienti anziani, senza il loro consenso, al fine di studiare le modalità di diffusione del tumore. L’età dei soggetti e la prospettiva che gli eventuali effetti negativi di tale esperimento probabilmente non avrebbero fatto in tempo a manifestarsi in loro, permettendo invece lo studio dei meccanismi di metastatizzazione delle neoplasie, furono le ragioni addotte dai medici chiamati a risponderne in tribunale. O, ancora, nel periodo 1965-1971 al Willowbrook State Hospital di New York vennero condotti una serie di studi sull'immunizzazione contro l’epatite virale, inoculando il virus in alcuni bambini orfani, psichicamente handicappati, ricoverati nell'ospedale.

Henry Beecher, professore di anestesiologia alla Facoltà di medicina dell’Università di Harvard pubblicò circa venti anni dopo il Codice di Norimberga un famoso articolo nel quale riportava alcune decine di esempi di ricercatori che avevano messo a rischio la vita e la salute di soggetti umani senza informarli dei pericoli che la ricerca comportava e senza ottenere previamente il loro consenso.[4] E l’anno dopo M.H. Pappworth[5] denunciò centinaia di sperimentazioni non etiche molte delle quali pubblicate su prestigiose riviste scientifiche.

Sarebbe un errore, tuttavia, pensare che prima della introduzione formalizzata di una revisione sistematica della ricerca non vi fosse alcuna attenzione alla sicurezza e agli interessi dei soggetti coinvolti nella sperimentazione. Walter Reed che ha studiato a lungo la febbre gialla, introdusse sin dal 1900 un vero e proprio consenso informato per i soggetti che partecipavano alla sperimentazione su questa malattia, con la informazione previa su rischi e la documentazione del consenso espresso.[6] E la Germania, forse primo paese al mondo, emanò nel 1931 delle linee guida ufficiali, rivolte ai centri di ricerca universitari, che i medici avrebbero dovuto seguire per l'uso di "nuove terapie" e per l'esecuzione di esperimenti scientifici. Fatto ancor più sorprendente, tali raccomandazioni riguardanti la sperimentazione avevano già un precedente in una direttiva emanata nel 1900 dal governo prussiano in seguito al dibattito acceso dal "caso Neisser". Nel 1898 il prof. Albert Neisser, scopritore del batterio che causa la gonorrea - che venne chiamato appunto Neisseria gonorreae - pubblicò i dati di una sperimentazione su pazienti sifilitici. Tale pubblicazione fu accompagnata da discussioni e polemiche poiché Neisser per raggiungere i suoi scopi scientifici aveva iniettato il siero proveniente da malati sifilitici a donne dedite alla prostituzione e ad altri pazienti ricoverati per altre patologie, inconsapevoli e ignari di tutto ciò.[7]

Nonostante le raccomandazioni contenute nelle Richtlinien possano essere considerate non meno avanzate e cogenti, e in alcuni elementi anche più dettagliate di quelle del Codice di Norimberga e della Dichiarazione di Helsinki, esse non ebbero la forza e l'incisività per impedire a diversi medici di macchiarsi di orribili crimini contro persone inermi, vittime dell'abominio nazista nei campi di concentramento.[8] Quello che era mancato in questi esperimenti era non solo il consenso informato dei soggetti, ma anche la correttezza delle procedure del disegno sperimentale, la protezione contro i rischi eccessivi a cui i soggetti erano esposti, la libertà di potersi ritirare in qualsiasi momento dalla sperimentazione, e altri ancora. Furono perciò questi aspetti che la comunità scientifica e sociale ritenne si dovessero valutare prima di dare inizio ad una sperimentazione clinica ed è da qui che nasce sostanzialmente l’esigenza di una revisione etica previa, sistematica e formale, di ogni progetto di ricerca da parte di una commissione indipendente.

La nascita e la diffusione dei CER deriva, cioè, dall'esigenza di impedire il verificarsi di abusi come quelli perpetrati in molte esperienze del passato attraverso sperimentazioni effettuate su soggetti umani, frequentemente appartenenti a categorie particolarmente vulnerabili. Ma sia il Codice di Norimberga sia la prima versione della Dichiarazione di Helsinki del 1964 non facevano alcuna menzione ai comitati di revisione; in questi documenti la responsabilità della tutela della salute e dei diritti dei soggetti coinvolti nella ricerca era fatta ricadere esclusivamente sul ricercatore.

 

 SISTEMA GIURIDICO VS. SISTEMA NON GIURIDICO DELLA REVISIONE ETICA DELLA RICERCA



 

La formalizzazione della revisione etica delle ricerca da parte di Commissioni etiche seguì sostanzialmente due diverse strade: quella del sistema giuridico che si sviluppò rapidamente negli Stati Uniti (USA) e che sostenne su un piano legislativo federale ben codificato la istituzione di queste commissioni indipendenti; e quella del sistema non giuridico, autoregolamentativo, che è stato prevalente fino a pochi anni fa in Europa e in particolare nel Regno Unito (UK), in cui linee-guida di organizzazioni scientifiche e non norme di legge davano indicazioni su come costituire e far funzionare tali commissioni ai fini della revisione etica della ricerca.

Negli USA, la Federal Food, Drug and Cosmetic Act del 1938 permetteva ai medici di sperimentare i nuovi farmaci senza che ci fosse una revisione etica del protocollo. Nel 1962 tale legislazione venne emendata a seguito dei drammatici danni che aveva causato sui feti la sperimentazione della talidomide nelle donne in gravidanza, e così per la prima volta al mondo venne esplicitamente introdotto in una legislazione l’obbligo del consenso informato dei soggetti a cui venisse somministrato un farmaco sperimentale (anche se questo non aveva impedito che si attuassero tutte quelle sperimentazioni non etiche degli anni ’60 che abbiamo prima richiamato).

Un primo documento federale che richiedeva la revisione etica della ricerca da parte di una Commissione indipendente fu emanato già nel 1953 (Group Consideration for Clinical Research Procedures Deviating from Accepted Medical Practice or Involving Unusual Hazard). Tali linee-guida, però, erano applicabili solo a ricerche condotte in centri clinici pubblici presso i National Institutes of Health (NIH)[9] che in quegli anni venivano ad essere istituiti e che erano finanziati con fondi federali. Il Direttore dei NIH istituì una Commissione che esaminasse il sistema più opportuno per una revisione etica.

Delle altre istituzioni di ricerca, come università e centri privati statunitensi si sa, invece, poco circa la presenza in quegli anni di organismi di revisione per la sperimentazione. Nel 1961-62, fu rilevato, attraverso questionari inviati a dipartimenti di medicina di università americane, che un terzo di quelli che avevano risposto avevano dei comitati, e un quarto di essi aveva avviato le procedure per istituirlo.

Nel 1966, il nuovo Direttore Generale Federale della Sanità degli Stati Uniti (Surgeon-General of the United States Public Health Service, USPHS), il dr. William H. Stewart, emanò una disposizione sulla responsabilità delle istituzioni riguardo alla attività di ricerca che si faceva all’interno di esse. Egli sostenne infatti che, accettando i fondi pubblici per la ricerca, le scuole di medicina, gli ospedali e le altre istituzioni di ricerca accettavano anche di condividere la responsabilità pubblica del loro uso. Pertanto egli chiedeva che le istituzioni assicurassero all’USPHS che tutte le proposte di ricerca che coinvolgessero soggetti umani fossero sistematicamente sottoposti ad una revisione etica indipendente, sottolineando anche la necessità che si trattasse di persone esterne qualificate sul piano scientifico[10]. Tale Commissione avrebbe dovuto esaminare i diritti ed il benessere degli individui coinvolti, l'appropriatezza dei metodi utilizzati per richiedere il consenso informato, i rischi ed i potenziali benefici medici della ricerca[11]. E negli NIH venne istituito un apposito Ufficio che avrebbe dovuto dare attuazione alle disposizioni del Direttore Generale Federale della Sanità (Office for Protection of Research Risk, OPRR).

Ma nonostante queste indicazioni per la ricerca pubblica, ancora nel 1972 un nuovo shock sconvolse l’opinione pubblica, quando venne alla luce il tristemente famoso “Taskegee Study”, la ricerca – iniziata alcuni decenni prima - che aveva lasciato senza trattamento antibiotico circa 300 braccianti negri dell’Alabama affetti da sifilide, per valutare l’evoluzione naturale della malattia.

Come reazione pubblica a questo studio, nel 1974 il Presidente Nixon firmò la legge sulla ricerca[12] nella quale, alla sezione 474, si chiedeva l’istituzione degli Institutional Review Boards (IRBs) in tutte le sedi dove si faceva ricerca con fondi pubblici di carattere biomedico e comportamentale che coinvolgeva soggetti umani, affinché venissero protetti i diritti di questi ultimi nel corso della ricerca. Tali commissioni dovevano essere presente nello stesso istituto dove si conduceva la sperimentazione. Fu regolamentata, così, una realtà già molto diffusa in molti istituti di ricerca negli Stati Uniti[13]. La stessa legge istitutiva anche una “Commissione Nazionale per la protezione dei soggetti umani nella ricerca biomedica e comportamentale” che avrebbe avuto il compito di fornire linee-guida etiche per la ricerca (in particolare su soggetti vulnerabili come prigionieri, bambini, malati mentali, ecc.), come pure indicazioni per il funzionamento degli IRBs incaricati della revisione dei protocolli di sperimentazione e la formulazione di alcuni princìpi etici fondamentali che avrebbero dovuto guidare la sperimentazione sull’uomo. La Commissione lavorò dal 1974 al 1978, producendo il famoso Rapporto Belmont che venne pubblicato nel Registro Federale il 18 aprile 1979[14] nel quale vennero riportati i principi fondamentali a cui i ricercatori dovevano ispirarsi: principio del rispetto delle persone, principio di beneficità, principio di giustizia, e alla luce dei quali gli IRBs dovevano valutare i protocolli presentati per l’approvazione.[15]

A fronte di questo sistema statunitense di revisione etica della ricerca rigidamente controllato dalla legislazione federale, oltre oceano, in particolare nel Regno Unito, la costituzione dei Comitati Etici per la ricerca (Research Ethics Committees,RECsfu il risultato di una iniziativa promossa dalle società professionali e non di disposizioni da parte delle autorità: il Ministro della sanità, anzi, si astenne dall'intervenire ritenendo che si trattasse di materia di natura squisitamente etico-professionale.

Nell’ambito di questo sistema non giuridico, il Royal College of Physicians (RCOP) già nel 1967 aveva raccomandato che tutte le sperimentazioni cliniche fossero previamente approvate da un gruppo di medici comprendente persone esperte nella sperimentazione clinica: "all projects were approved by a group of doctors including those experienced in clinical investigation. This group should satisfy itself of the ethics of all proposed investigations"[16]. Negli anni successivi, pur con una notevole variabilità nella composizione e nelle modalità di funzionamento, si costituirono comitati per l'etica della sperimentazione ovunque nel Regno Unito. Perciò, il RCOP nel 1984 ritenne opportuno pubblicare delle linee guida che suggerissero una certa uniformità di obiettivi, strutture e procedure per un miglior funzionamento dei RECs.[17]

Anche sul piano degli organismi internazionali, lo sviluppo dei CER avvenne inizialmente nel senso di un sistema non giuridico. E la prima menzione di un comitato con funzioni di revisione della ricerca in un documento internazionale inerente la ricerca clinica, risale alla Dichiarazione di Helsinki dell’Assemblea Medica Mondiale, nella revisione di Tokyo del 1975 (non vi era invece traccia del riferimento a un comitato di revisione per la sperimentazione clinica nella dichiarazione originaria del 1964). In tale revisione fu stabilito che “il progetto e l’esecuzione di ogni fase della sperimentazione riguardante l’uomo debbono essere chiaramente definiti in un protocollo sperimentale che deve essere sottoposto ad un Comitato indipendente nominato appositamente a tale scopo (I, 2).

Come si vede tale comitato non era ancora connotato con il termine “etico”, ma nella maggior parte delle nazioni dove via via andavano costituendosi, questi comitati vennero denominati Comitati Etici per la Ricerca (CER) o più semplicemente Comitati etici (CE).

Negli Stati Uniti, dove la denominazione "comitato etico" (o, meglio, comitato di eticaEthics Committee) viene utilizzata generalmente per i comitati afferenti ad un ospedale e che hanno funzioni di consulenza etica per la prassi clinica - e quindi sono di supporto alle decisioni cliniche al letto del malato - la legge federale con cui sono stati istituiti li ha denominati, come abbiamo visto, richiamando la loro esclusiva autorità e responsabilità nell'autorizzare la conduzione di sperimentazioni in cui sono coinvolti soggetti umani[18].

Successivamente i CER si diffusero in tutte le nazioni dove si svolgeva ricerca clinica, con diversa denominazione ma con il compito preciso di revisione della ricerca: in Canada, alcuni anni dopo gli USA fu istituito il Comité Deontologique de la Recherche (1978), con responsabilità simili circa l'autorizzazione delle sperimentazioni, ma anche per offrire "una valutazione, un commento e una guida"[19]; in altre nazioni comparvero con vari nomi: Commissions Facultaires d'Ėthique in Belgio (1984); Ethik Kommissionen in Germania (1984); Comité Consultatif de Protection des Personnes dans la Recherche Biomédicale in Francia (1988)[20].

In Spagna i comitati che si occupavano di etica della sperimentazione clinica incominciarono a sorgere dopo l'emanazione della legge 3 agosto 1982 che obbligava ogni ospedale ad istituire un proprio comitato per la sperimentazione con ben definite caratteristiche e funzioni[21].

In Italia l’obbligo di sottoporre alla valutazione di un CER i protocolli di sperimentazione clinica è venuto dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto del Ministro della Sanità del 27 aprile 1992 che ha recepito la Direttiva della Comunità Europea 91/507 relativa alle "norme di buona pratica clinica" (GCP), finalizzate a stabilire i principi standard nella conduzione dei trials per la sperimentazione su soggetti umani di nuovi prodotti farmaceutici. Così, a seguito di tale Direttiva, i CER hanno cominciato a diffondersi nei vari luoghi di ricerca anche se non era ancora prevista una regolamentazione della istituzione e del funzionamento di tali organismi i quali hanno, perciò, continuato a sorgere in modo spontaneo ed improvvisato, senza coordinazione fra loro fino alla emanazione, nel 1997-1998, di nuovi Decreti che hanno in qualche modo regolamentato l’attività dei CER[22].

Oggi, come vedremo, il loro ruolo di revisione della ricerca venne previsto da tutte le linee-guida internazionali riguardanti la sperimentazione sull’uomo e considerato irrinunciabile ai fini dell’attuazione della sperimentazione stessa.

 

 LA QUALITÀ DEI CER: DALLO STATUTO ALLE PROCEDURE OPERATIVE DI REVISIONE ETICA



 

Storicamente, dunque, l'oggetto fondamentale della valutazione del CER è stato quello della tutela dei diritti e del benessere dei soggetti umani inclusi nelle sperimentazioni, attraverso la richiesta del loro consenso informato, affinché la partecipazione fosse consapevole, libera e volontaria, e l'analisi dei rischi e dei benefici. Nel 1978 la National Commissionaggiunse come ulteriore requisito l'equità nella selezione dei soggetti di ricerca[23]. La National Commission era particolarmente preoccupata della tutela dei soggetti più vulnerabili rispetto all'eventualità di un loro utilitaristico coinvolgimento nelle sperimentazioni. Successivamente, allorché la partecipazione ad alcuni tipi di sperimentazioni vennero percepite come un possibile beneficio (ad es., nel caso del rischio di patologie cardiovascolari nelle donne in età menopausale o delle terapie anti-AIDS) ai CER fu richiesto di assicurare un equo accesso a tali benefici alle categorie di persone più svantaggiate e bisognose di maggiore protezione sociale[24].

L'attività dei CER è quindi da sempre primariamente e spesso esclusivamente dedicata a cercare di assicurare che la ricerca clinica e scientifica, che costituisce di per sé un valore positivo e da promuovere per le ricadute benefiche che può dare nel progresso biomedico e sociale, non si rivolga contro l'uomo stesso che ne è direttamente coinvolto e che vi contribuisce in modo fondamentale, sia conforme ad una serie di requisiti rilevanti ai fini del giudizio di eticità.

Un carattere simile avevano, fino al 1973[25], i comitati che stabilivano il rischio di vita per la madre in vista della richiesta di praticare l'aborto. La finalità ristretta e il carattere vincolante della decisione di questi comitati non hanno avuto seguito nei comitati di etica ospedalieri istituiti negli Stati Uniti negli anni '80, dopo un pronunciamento dellaPresident's Commission for the Study of Ethical Problems in Medicine and Biomedical and Behavioral Research che raccomandava la costituzione in tutti gli ospedali di comitati di etica che svolgessero tre attività fondamentali: la consulenza etica di casi clinici, la redazione di linee-guida e raccomandazioni e la formazione sugli aspetti etici della prassi clinica[26].

Per il compito di salvaguardia della sicurezza, dell'integrità e dei diritti delle persone coinvolte nella sperimentazione e per evitare il ripetersi di abusi e prevaricazioni di carattere scientifico ed economico, il CER rappresenta un organo di garanzia etica ma anche deontologica e legale, essendo riconosciuta la sua attività di revisione nelle normative e regolamenti nazionali e internazionali. Tale espressione di garanzia, in effetti, ha un valore fondamentale ed una ricaduta positiva e foriera di benefici anche per la qualità della ricerca clinica in generale e delle singole sperimentazioni.

Nel 1996 l'Unione Europea, insieme a Stati Uniti e Giappone con l’emanazione delle International Conference on Harmonisation – Good Clinical Practice (ICH-GCP)[27], poi recepite dalle singole nazioni, intendevano conseguire proprio questo duplice obiettivo: promuovere lo sviluppo e la qualità della ricerca clinica utilizzando al meglio le risorse disponibili, e garantire la sicurezza e la tutela dei diritti dei soggetti partecipanti. Il principale e determinante strumento applicativo di queste nuove linee guida veniva riaffermato, con più forza, essere il CER (definito in quel documento Comitato Etico Indipendente), dopo le precedenti linee guida europee del 1991.

I CER sono chiamati, dunque, ad assolvere un compito fondamentale per il bene, prima di tutto, delle persone coinvolte, poi della società e del progresso biomedico, attraverso un'efficacia operativa ancora maggiore, che va oltre la necessaria legittimazione ufficiale e i rigori formali. È importante, allora, che il CER acquisisca il riconoscimento del valore della sua attività di revisione e delle sue decisioni in forza della dimostrazione della sua indipendenza ed autonomia, della sua competenza e del perseguimento del principale e fondamentale obiettivo della tutela della vita e della dignità dei soggetti di sperimentazione, prima che del progresso della ricerca clinica.

Le disposizioni normative vigenti, oltre ai documenti internazionali di riferimento etico-deontologico, implicano per i CER alcuni impegni irrinunciabili: la conformazione del proprio statuto ai principi fondamentali contenuti nelle linee guida e l'organizzazione operativa necessaria ad un adeguato funzionamento del CER stesso.

Rimane determinante e centrale, però, il recupero e la promozione del ruolo "etico", rispetto all'attività di revisione ma anche a quella di formazione, del CER disgiungendolo da quello burocratico-amministrativo, che le stesse disposizioni di legge prevedono e forse enfatizzano. Infatti, l'attribuzione di un potere decisionale a carattere vincolante ha reso plausibile il rischio di trasformare questo organismo in un comitato di controllo amministrativo piuttosto che in un luogo di revisione e di riflessione scientifica ed etica sulla sperimentazione e di supporto per i ricercatori[28].

Diventano, dunque, fondamentali nell'attività del CER l'atto istitutivo, con il riferimento ai principi e finalità predefiniti nello statuto, e le modalità di funzionamento preventivamente organizzate ed eventualmente perfezionabili secondo le singole esperienze e necessità. Anche la World Health Organization attraverso l'emanazione nel 2000 delle Operational Guidelines for Ethics Committees That Review Biomedical Research (d’ora in avanti WHO Operational Guidelines)richiama la necessità di stabilire per i CER procedure che "assicurino coerenza e facilitino la cooperazione" (n. 3)[29].

L'atto costitutivo di un CER, da parte di un'istituzione sanitaria e di ricerca (ospedale, azienda sanitaria, università, …), potrebbe essere preceduto e facilitato da una commissione promotrice di esperti (che non faranno parte del CER), in parte interni alla stessa struttura e in buona parte esterni (per salvaguardare l'indipendenza), con il compito di emanare lo statuto (in concordanza con le norme vigenti e con i principi dell'istituzione) e di individuare le persone competenti a svolgere il ruolo di componente rispetto alla professionalità richiesta.

L'indicazione a procedere innanzitutto con l'elaborazione dello statuto deriva da un'esigenza di trasparenza e visibilità dell'attività, di coerenza e lealtà rispetto ai criteri di riferimento dell'ente promotore e del CER stesso. La dichiarazione pubblica dei principi ispiratori, dei criteri e delle linee guida di riferimento, delle priorità da perseguire, qualificano la natura non solo ideologica ma anche operativa del CER; perciò sarebbe opportuno che l'emanazione di tale documento preceda la costituzione del CER, pur rimanendo la possibilità di verifica successiva dell'idoneità delle modalità costitutive e l'eventuale proposta di elementi correttivi e migliorativi.

I riferimenti, oltre a quelli ovvi alla normativa nazionale vigente, ai principali Documenti internazionali come la Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo (ONU, 1948) e soprattutto a quelli relativi alla sperimentazione sull'uomo, come la Dichiarazione di Helsinki nella versione più recente, le ICH-GCP dell'Unione Europea, le International Guidelines del CIOMS (2002), la Convenzione europea sui diritti dell'uomo e la biomedicina del Consiglio d'Europa (1996), i Codici di deontologia medica, i documenti dei Comitati Nazionale per la Bioetica, costituiscono un elemento imprenscindibile al perseguimento delle finalità proprie del CER. Inoltre, nel caso di un'istituzione sanitaria di ispirazione religiosa o che intende caratterizzarsi per il rispetto di determinati valori e principi morali, lo statuto dovrebbe contenere il riferimento a tali principi (ad esempio, in una istituzione sanitaria cattolica potrebbe essere opportuno il riferimento alle indicazioni del Magistero cattolico[30]); tale sottolineatura non rappresenta una mera formalità ma un elemento fondamentale che contraddistingue quella particolare istituzione sanitaria e l'attività dello stesso CER, un elemento dirimente e da far valere soprattutto in eventuali contenziosi fra la legge civile e i suddetti principi (vedi più avanti).

Oltre a principi ispiratori e finalità, lo statuto dovrebbe indicare la composizione e tutti quegli elementi necessari all'operatività dei membri che non possono essere stabiliti dagli stessi nel regolamento interno: gli aspetti economici, l'autorità che approverà e istituirà il CER. Per l'Italia, il Decreto Ministeriale del 15 luglio 1997 stabilisce che i comitati etici per la valutazione delle sperimentazioni cliniche sono istituiti dall'organo di amministrazione delle strutture sanitarie che intendono eseguire sperimentazioni cliniche (art. 3)[31]. Insieme al requisito della multidisciplinarietà e della composizione multisettoriale, dovrebbe essere ribadita nello statuto l'esigenza fondamentale dell'indipendenza del CER da ogni influenza, interna ed esterna all'istituzione, per cui anche la composizione dovrebbe riflettere tale volontà. A questo proposito, l'European Forum for Good Clinical Practice (EFGCP) nelle Guidelines and Recommendations for European Ethics Committees (una proposta di linee guida e raccomandazioni per i comitati etici europei coinvolti nella valutazione della ricerca biomedica) raccomanda che i comitati etici non siano nominati da persone o istituzioni che possano avere interessi specifici nella sperimentazione, come sponsor o sperimentatori (2.A)[32], mentre, più realisticamente, le WHO Operational Guidelines richiedono, laddove tale conflitto di interessi sia inevitabile, che vi sia trasparenza e siano resi noti tali interessi (4.1.3). Entrambi i documenti raccomandano comunque di prevedere una procedura per la nomina che includa oltre al nome della struttura o del responsabile della nomina, anche la procedura per selezionare i candidati e il metodo per la scelta del candidato (ad esempio, se per consenso, per voto di maggioranza, per scelta diretta). Le modalità della nomina dovrebbero includere, al minimo, oltre alla durata e alla condotta per il rinnovo, anche le procedure per le dimissioni, per la ricusazione, per la sostituzione. Insieme ai componenti effettivi del CER, un importante contributo alla revisione dei protocolli di sperimentazione può venire da consulenti esterni e indipendenti che possono essere invitati ad hoc o, come suggeriscono le WHO Operational Guidelines, essere scelti e inclusi in una lista permanente: tali consulenti, che possono anche fornire solo un commento scritto (6.1.5) possono essere esperti di specifici aspetti del protocollo o di patologie o di metodologie, o anche rappresentanti di associazioni o di particolari gruppi di pazienti, e le modalità di consultazione dovrebbero essere precedentemente definite (4.6). Naturalmente, anche i consulenti esterni invitati a collaborare con il CER sono esplicitamente vincolati, come i componenti del CER, all’obbligo della segretezza sulle informazioni che verranno a conoscere nello svolgimento del proprio incarico.

La valutazione etica di un protocollo di sperimentazione implica un giudizio relativo al rispetto dei diritti dei soggetti per quanto concerne l’integrità fisica, psichica e morale, dei principi di giustizia e pari opportunità, dei diritti delle persone che accedono alla struttura per motivi assistenziali e che, pur non essendo direttamente coinvolti nel protocollo, possono risentire delle conseguenze, del diritto del medico partecipante a svolgere il proprio compito primario di terapeuta senza condizionamenti. Perciò il CER ha anche la funzione di verificare la compatibilità delle sperimentazioni non solo con le normative ed i regolamenti vigenti, ma anche con le caratteristiche culturali ed il background etico-morale e religioso della popolazione locale, con le condizioni operative della struttura dove si svolgerà la sperimentazione, con i diritti fondamentali della persona.

Le già menzionate Guidelines del 1997 dell’EFGCP contengono le indicazioni sulle disposizioni che dovrebbero essere prestabilite dal CER circa le competenze auspicabili per una idonea revisione del protocollo, oltre al quorum minimo dei componenti. L’EFGCP (come le ICH-GCP) raccomanda che un minimo di cinque persone costituisca il quorum e rileva, per quanto concerne il numero massimo, che non dovrebbe essere superiore a dodici, poiché con un grande numero di persone è più difficile pervenire alle decisioni. Nello stesso documento si raccomanda che nel quorum siano rappresentati soggetti di entrambi i sessi, un’ampia fascia di età, l’espressione culturale della comunità locale, ed inoltre siano presenti almeno i seguenti membri: due medici che abbiano esperienza e pratica corrente di ricerca clinica secondo le GCP, indipendenti dall’istituzione dove è condotta la sperimentazione, un componente “laico”, un giurista e un paramedico (2.E)[33].Oltre alla competenza ed esperienza professionale nell’area specificamente richiesta, le persone cui viene richiesto di collaborare nel CER dovrebbero essere, anche per ovvi motivi di credibilità esterna, di riconosciuto valore etico ed integrità professionale.

Una questione che è connessa con i membri del CER è la loro indipendenza nei confronti dell’istituzione: certamente una significativa presenza (e l’eventuale presidenza) di componenti non dipendenti dalla istituzione potrebbe rappresentare un elemento determinante nella salvaguardia del CER da influenze indebite[34]. Tale misura non dovrebbe essere sottovalutata, dato che l’interesse a condurre sperimentazioni cliniche non è solo animato da motivi scientifici o accademici ma anche e soprattutto di natura economica (gli introiti economici previsti dagli sponsor non sono solo per gli sperimentatori ma anche per l’istituzione) che potrebbero condizionare le decisioni in caso di presidenti professionalmente dipendenti (soprattutto se direttamente coinvolti nell’amministrazione) della stessa istituzione in cui opera il CER.

Un'altra misura da porre in essere per quanto concerne l’imparzialità della decisione è l’allontanamento dalla riunione e l’astensione dal partecipare alla discussione e alla decisione riguardante protocolli o questioni da parte del componente del CER che vi abbia un qualche interesse o condizionamento. Come si evince dalle raccomandazioni dell’EFGCP (2.C.i) e della WHO (7.1), nel caso di conflitto di interesse, tale procedura di esclusione (e prima ancora di comunicazione e registrazione per iscritto di tale condizione) dovrebbe essere stabilita nello statuto o nel regolamento del CER, e sottoscritta dai singoli componenti all’atto di accettazione della nomina. Occorre considerare, inoltre, che il conflitto di interesse può essere diretto o indiretto, come il coinvolgimento nella progettazione o nella conduzione della sperimentazione, i rapporti di cointeresse o di dipendenza con lo sperimentatore, i rapporti di consulenza con l’azienda produttrice del farmaco[35]. Complessa è in particolare la questione relativa al cointeresse economico rispetto soprattutto alle grandi aziende farmaceutiche internazionali, spesso quotate in borsa e coinvolte in investimenti economici, cui potrebbe partecipare, sotto forma di prodotto finanziario, un qualsiasi cittadino, quindi anche un componente del CER.

Nello statuto deve essere, infine, fatto riferimento al funzionamento del CER, rimandando alle procedure operative che dovranno essere in seguito definite nel regolamento interno.

Dopo l'approvazione dello statuto e la nomina dei componenti del CER da parte dell'autorità competente, è indispensabile, come indicato nelle WHO Operational Guidelines (4.4), per un adeguato funzionamento, l'istituzione di un ufficio di segreteria che abbia la responsabilità dell'organizzazione tecnica delle riunioni, della tempestiva distribuzione ai componenti dei documenti da esaminare, dell'archiviazione della documentazione, dei contatti con i componenti e con gli utenti esterni, da qui l'esigenza di pianificare anche la spesa, per dotare delle necessarie risorse tale ufficio. Perciò per contribuire a coprire tali costi viene generalmente prevista una tassa a carico dello sponsor per l'istruzione della pratica.

Un tema importante che dovrebbe essere sottolineato anche nello statuto del CER è quello dell'educazione continua e dell'aggiornamento dei membri. Nella dichiarazione di accettazione dell'incarico ogni componente del CER dovrebbe sottoscrivere anche questo particolare impegno a partecipare a occasioni di formazione e di aggiornamento. La disponibilità a ricevere uno specifico training introduttivo e ulteriori successivi aggiornamenti per contribuire a migliorare il lavoro del CER viene anzi indicata dalle WHO Operational Guidelines come una condizione da accettare al momento della nomina (4.7).

Dopo aver visionato lo statuto e eletto le principali cariche (presidente e vicepresidente), occorre dunque procedere all'elaborazione delle procedure operative, definite in un regolamento che sarà vincolante per i membri del CER e per coloro che sottoporranno una richiesta di parere etico su una sperimentazione clinica. Queste procedure, che dovranno essere il più possibile funzionali, flessibili, trasparenti e standardizzate, costituiscono lo strumento che traduce in un certo senso tutta l'attività multidisciplinare di revisione del CER, dal momento della richiesta fino alla comunicazione del parere. L'applicazione standardizzata delle procedure operative contribuisce, inoltre, a garantire imparzialità e coerenza nella valutazione, continuità di riferimento e uniformità di lavoro sia per coloro che richiedono il parere sia per gli stessi componenti del CER sia per altri CER chiamati a valutare le stesse sperimentazioni.

L'aderenza alle procedure, come la continua revisione dell'efficacia di esse, permettono al CER di funzionare in modo regolare e idoneo, tenendo conto delle opportunità per aumentare la qualità della valutazione.

Di certo la prova della condotta appropriata ed equilibrata del CER è rappresentata proprio dalla risultante dell'attività di discussione e valutazione e cioè il parere scritto, motivato, sulle singole sperimentazioni. Per pervenire all'emanazione del parere il CER dovrà affidarsi ad una componente rigida o burocratica - i vincoli operativi fondamentali e le formalità, in genere richiesti dalle norme vigenti, per la validità delle riunioni, l'emissione dei pareri, l'istruttoria del protocollo, ecc. - ed una più interessante ed impegnativa componente dinamica delle procedure. Quest'ultima, che dovrà tenere conto di esigenze e caratteristiche locali, potrà trasformare indicazioni e raccomandazioni di ordine generale in una guida flessibile di lavoro e stimolare il CER ad un continuo confronto tra i criteri costitutivi e la realtà in cui opera. Questa particolare capacità di adattamento del CER potrà facilitare una evoluzione delle sue qualità e renderne più efficace il lavoro, aumentando, quindi, innanzitutto la garanzia di protezione dei pazienti (ad esempio, nell'evidenza di ripetute necessità di particolari competenze, potrebbe essere modificata la composizione), e svolgendo una funzione pedagogica per i ricercatori. Utili indicazioni potrebbero derivare anche per gli sponsor farmaceutici, oltre ad ottenere i pareri in tempi ragionevoli. È importante, perciò, che le procedure stesse prevedano una continua auto-valutazione.

Indispensabili indicazioni per l'elaborazione delle procedure operative vengono oltre che da leggi e regolamenti delle singole nazioni (che in genere derivano da recepimenti e adattamenti dalle linee guide internazionali), dalle già citateWHO Operational Guidelines Guidelines dell'European Forum for Good Clinical Practice, oltre che dalle ICH GCP, nel paragrafo relativo ai comitati di etica. Utili suggerimenti possono derivare anche da associazioni o altri organismi che si occupano di etica della sperimentazione.

I punti fondamentali considerati in questi documenti e che dovrebbero essere parte integrante delle procedure istitutive ed operative del CER possono confluire in uno schema generale che comprende le procedure per le riunioni, le cariche e l'avvicendamento dei membri, le procedure per presentare la richiesta e per la revisione del protocollo di sperimentazione, le procedure per la formulazione e la comunicazione del parere, le procedure per il monitoraggio della sperimentazione, le procedure per la documentazione e l'archiviazione e, infine, quelle per la revisione dell'attività dello stesso CER.[36]

Il momento centrale dell'attività del CER è costituito dall'esame del protocollo di sperimentazione, dall'analisi di tutte le sue parti, dalla discussione sui molteplici aspetti, e soprattutto quelli problematici, che lo caratterizzano, anche se la revisione non è limitata al solo protocollo ma include anche altri documenti allegati (ad esempio, i pareri eventualmente già emessi da altri CER).

Per quanto riguarda le procedure per la valutazione del protocollo, dopo la distribuzione della documentazione ai componenti prima della riunione, può essere utile eseguire, prima dell'analisi complessiva degli aspetti etici e scientifici del protocollo, una revisione contenutistico-strutturaleper accertare, da parte della segreteria, la completezza della documentazione. Quindi una valutazione di validità scientifica e fattibilità tecnica potrebbe essere preventivamente (rispetto alla riunione collegiale) condotta da un nucleo - un subcomitato tecnico-scientifico, eventualmente implementato da consulenti esterni - del CER ed infine, nell'ambito della riunione collegiale, disponendo già di dati tecnici se non di un giudizio sulla validità scientifica, può aver luogo la valutazione complessiva di eticità - con l'analisi degli aspetti scientifici ed etici, assicurativi, etc., attraverso la discussione ed i contributi individuali dei vari membri. Lo sperimentatore potrebbe anche essere invitato a presentare la ricerca o a chiarire particolari aspetti di essa.

Uno schema degli elementi da considerare ai fini della valutazione etica del protocollo di ricerca è riportato nella Tab. 1 e riprende integralmente il punto 6.2 delle WHO Operational Guidelines.

Il CER potrebbe anche prevedere delle procedure per revisioni "accelerate" (expedited review) dei progetti di ricerca, stabilendo le condizioni di applicabilità di tale modalità e il carattere della decisione presa in tale evenienza[37].

Imprescindibile dalla valutazione del CER non è solo la validità scientifica della sperimentazione, ma anche l'adeguatezza delle condizioni di protezione dei soggetti, la conformità alle GCP, alla Dichiarazione di Helsinki e alle norme vigenti, e la fattibilità nella struttura in oggetto. In particolare, la decisione sulla validità scientifica implica l'onere e la responsabilità del giudizio tecnico-scientifico di diverse e specifiche figure che devono necessariamente possedere adeguata competenza, per i riflessi determinanti che avrà il loro parere nel corso della valutazione e del parere complessivo.

 


Tab. 1 - Elementi di revisione etica di una ricerca (WHO, Operational Guidelines for Ethics Committees that review biomedical research, Geneva 2000, 6.2)


Disegno scientifico e conduzione dello studio

  • l’appropriatezza del disegno dello studio in relazione agli obiettivi, alla metodologia statistica (inclusa le dimensioni del campione) e la possibilità di raggiungere valide conclusioni con il più piccolo numero di soggetti di ricerca;

  • la giustificazione dei rischi e degli inconvenienti prevedibili soppesati in rapporto ai benefici attesi per i soggetti di ricerca e le comunità coinvolte;

  • la giustificazione dell’uso di un gruppo di controllo;

  • i criteri per il ritiro anticipato dei soggetti di ricerca;

  • i criteri per la sospensione o la conclusione di tutta la ricerca;

  • l’adeguatezza dei provvedimenti che saranno presi per monitorare e valutare la conduzione della ricerca, inclusa la costituzione di un comitato per il monitoraggio dei dati sulla sicurezza (CMDS);

  • l’adeguatezza della struttura, incluso lo staff di supporto, le risorse disponibili e le procedure di emergenza;

  • le modalità con cui i risultati della ricerca saranno comunicati e pubblicati;

 

Reclutamento dei soggetti di ricerca

  • le caratteristiche della popolazione da cui saranno presi i soggetti di ricerca (inclusi sesso, età, scolarità, aspetti culturali ed etnici, stato economico);

  • i mezzi mediante i quali sarà attuato il contatto inizialee il reclutamento dei soggetti;

  • i mezzi mediante i quali sarà fornita l’informazione ai potenziali soggetti di ricerca o ai loro rappresentanti;

  • i criteri di inclusione e di esclusione dei soggetti di ricerca;

 Cura e protezione dei soggetti di ricerca

  • l’adeguatezza della qualificazione ed esperienza del/i ricercatore/i nell’ambito dello studio proposto;

  • ogni previsione di sospensione o non inizio delle terapie standard a motivo della ricerca, e giustificazione di tale condotta;

  • le cure mediche che saranno fornite al soggetto di ricerca durante e dopo la ricerca stessa;

  • l’adeguatezza della supervisione medica e il supporto psico-sociale per i soggetti di ricerca;

  • le azioni che saranno intraprese se i soggetti di ricerca si ritirano volontariamente durante lo svolgimento della ricerca;

  • i criteri per un accesso esteso, per emergenza e/o per un uso compassionevole del prodotto in studio;

  • le modalità, se del caso, per informare il medico curante (medico di famiglia) del soggetto di ricerca incluse le procedure per acquisire il consenso dei soggetti di ricerca per fare ciò;

  • la descrizione di come si renderà disponibile ai soggetti di ricerca il prodotto in studio una volta conclusa la ricerca;

  • la descrizione di qualsiasi costo economico per i soggetti di ricerca;

  • i compensi e i rimborsi per i soggetti di ricerca (sia in denaro, sia in servizi e/o regali);

  • le modalità di indennizzo o trattamento medico in caso di danni, disabilità o morte del soggetto di ricerca attribuibile alla partecipazione alla ricerca;

  • l’assicurazione e le disposizioni per il risarcimento dei danni;

 

Protezione della riservatezza dei soggetti di ricerca

 


  • descrizione delle persone che avranno accesso ai dati personali dei soggetti di ricerca, inclusa la cartella clinica e i campioni biologici;

  • le misure intraprese per assicurare la riservatezza e la e la sicurezza delle informazioni personali riguardanti i soggetti di ricerca;

 

Procedure del consenso informato

  • completa descrizione delle procedure per ottenere il consenso informato, inclusa la identificazione di coloro che saranno responsabili di questo;

 

  • l’adeguatezza, completezza e comprensibilità della informazione scritta e verbale che sarà data ai soggetti di ricerca e, se del caso, ai loro legali rappresentanti;

  • una chiara giustificazione se si intende includere nella ricerca soggetti che non possono acconsentire e una completa descrizione delle modalità di ottenimento del consenso o l’autorizzazione per la partecipazione di tali soggetti;

  • la garanzia che i soggetti di ricerca riceveranno le informazioni che si renderanno disponibili nel corso della ricerca e che saranno rilevanti ai fini della loro partecipazione (incluse quelle relative ai loro diritti, alla sicurezza e al benessere);

  • le disposizioni per ricevere e rispondere alle domande e alle lamentele da parte dei soggetti di ricerca o dei loro rappresentanti durante lo svolgimento del protocollo di ricerca;

 

Considerazioni sul piano sociale

  • l’impatto e la rilevanza della ricerca sulla comunità locale come pure sulle comunità interessate da cui sono reclutati i soggetti di ricerca;

  • i passi che sono stati intrapresi per consultare le comunità interessate durante la fase della progettazione della ricerca;

  • l’influenza della comunità sul consenso dei singoli soggetti di ricerca;

  • le modalità di consultazione della comunità nel corso della ricerca;

  • l’ambito in cui la ricerca può contribuire alle sue possibilità costruttive, come il miglioramento della sanità locale, della ricerca e della capacità di rispondere ai bisogni di sanità pubblica;

  • la descrizione della disponibilità e possibilità di usufruire del prodotto sperimentato con successo da parte delle comunità interessate, alla fine della ricerca;

  • le modalità con cui i risultati della ricerca saranno resi disponibili ai partecipanti alla ricerca e alle comunità interessate.

 

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