Funzionamento e produttività
degli ecosistemi marini
II fattore fondamentale che collega le diverse componenti di un ecosistema marino è il costante scambio di materia fra di esse. L'ecosistema marino, inoltre, è un tipico sistema aperto e scambia sia energia sia materia con il mondo esterno (atmosfera e litosfera) dissipando la prima in calore. La biosfera marina dal punto di vista energetico è caratterizzata da due processi essenziali: la fotosintesi e la respirazione. La prima viene svolta solo da una parte degli organismi, gli autotrofi (alcuni batteri, i protofiti, le piante), la seconda è comune a tutti gli esseri viventi, sia autotrofi che eterotrofi.
Alcuni batteri ottengono l'energia chimica richiesta per i processi di sintesi effettuando preliminarmente l'ossidazione di molecole inorganiche semplici e utilizzando, successivamente, tale energia per la riduzione della CO
2 e la formazione di composti organici più complessi. Questo processo, probabilmente relitto dei primi processi vitali è chiamato
chemiosintesi e gli organismi che lo producono sono i batteri autotrofi chemiosintetici. La loro presenza nell'ecosistema marino è molto modesta e generalmente limitata alle aree costiere dove è più fondante la materia organica e alle profondità oceaniche dove sono attive le sorgenti termali. Sono inoltre presenti nelle zone di transizione della colonna d'acqua fra strati ossigenati ed anossici come accade nel Mar Nero (Sorokin, 1964) e nel lago salmastro meromittico di Faro (Genovese, 1962, 1963). Le sostanze utilizzate come donatori di elettroni sono: S, H
2S, S
2O
3= per i
batteri autotrofi dello zolfo, per quelli dell'azoto NH
4+ e NO
2─ e per i batteri del ferro, Fe
2+ che viene ossidato a Fe
3+. La produzione imputabile ai batteri chemiosintetici è molto modesta nel bilancio dell'ecosistema marino dal momento che la loro attività è fortemente condizionata dalla scarsa disponibilità delle molecole inorganiche necessarie al loro sviluppo.
La produzione primaria
Il termine comunemente utilizzato dai biologi marini per indicare il complesso dei processi attraverso i quali il carbonio inorganico viene trasformato in materiale organico cellulare è la produzione primaria. La sua definizione può essere ricondotta essenzialmente a due impostazioni concettuali. La prima, preferita soprattutto da fisiologi vegetali, biochimici ed ecologi teorici, si basa sul flusso di energia e definisce la produzione come input biochimico di energia nell'ecosistema acquatico. La seconda sostenuta da biologi marini, ecologi applicati e modellisti, si basa sul flusso di materia (in particolare il carbonio) e sugli organismi protagonisti della produzione autotrofa all'interno della catena alimentare marina. E indubbio che sul piano operativo tale dualismo influisca su cosa sia corretto misurare come produzione primaria del plancton e che le tecniche di misura impiegate abbiano inevitabilmente esercitato una certa influenza, anche a livello concettuale, sulla sua definizione.
Ad ogni modo, poiché fra i processi responsabili della produzione primaria (chemiosintesi e fotosintesi) la fotosintesi clorofilliana è quello di gran lunga più rilevante negli ecosistemi marini, essa si può convenientemente definire come "la quantità di materiale organico particellato prodotto nell'unità di tempo dagli organismi autotrofi". Operativamente viene espressa in unità di massa (grammi, moli) di C fissato dai produttori primari presenti nell'unità di volume (dm3, m3) per unità di tempo (ora, giorno)(PTC ).
La produzione primaria è dunque un tasso che indica la velocità coi quale il carbonio inorganico viene trasformato in prodotto cellulare sostanzialmente attraverso la fotosintesi operata dagli organismi vegetali.
La scelta del flusso di carbonio come base per la definizione della produzione primaria presenta alcuni svantaggi a causa della varietà di composti chimici e di stato fisico di questo elemento nel processo produttivo che, peraltro, interessa una pluralità di compartimenti ecologici. Presenta però molti vantaggi, come la maggiore aderenza alla tecnologia di misura oggi universalmente accettata e la possibilità di utilizzare il C, elemento di base nei processi biologici, a tutti i livelli della catena trofica marina.
Poiché, come già visto, gli ecosistemi marini costituiscono un sistema ciclico in cui sono contemporaneamente attivi i processi produttivi e la respirazione è utile, ai fini della comprensione del loro funzionamento, introdurre i concetti di produzione primaria lorda - espressa sempre come C - (PLC ) e produzione primaria netta (PNC ). La prima può essere definita come "il carbonio organico totale prodotto attraverso la fotoassimilazione autotrofa" e la seconda come "la produzione lorda meno le perdite in carbonio dovute alla respirazione autotrofa" (RaC ):
PNC = PLC - RaC
Dal momento che la maggior parte del C organico nell'idrosfera marina viene prodotta attraverso la fotosintesi clorofilliana, si riporta l'equazione generale:
hν
CO
2 + H
2O ───
►CHOH + O
2 + 120 Kcal/mol carboidrato
dove hν è il fotone (h la costante di Planck e ν la frequenza della radiazione).
La conversione della luce in energia chimica viene effettuata dalle piante fissando l'energia in molecole stabili che vengono accumulate nell'organismo fino a quando non siano richieste per il suo metabolismo. Il processo fotosintetico, pertanto, sta alla base della produzione primaria degli ecosistemi marini. In generale, nel processo fotosintetico è possibile distinguere fra una serie di reazioni interamente dipendenti dall'energia luminosa per la produzione di energia chimica (“reazione chiara") e una serie di altre reazioni attraverso le quali vengono formati una serie di composti stabili come i carboidrati. Questa seconda fase è nota come "reazione scura". Le due serie di reazioni sono intimamente connesse.
Nella fotosintesi algale la conversione dell'energia luminosa in energia chimica avviene ad opera della clorofilla, il pigmento fotosintetico più importante nella maggior parte degli organismi del fitoplancton. Essa è contenuta nei cloroplasti all'interno della cellula che possiede altri pigmenti carotene, xantofille e in alcune specie anche ficobiline.
In Fig. 14.1 sono riportate le formule di struttura dei principali pigmenti fotosintetici. Pigmenti simili alla clorofilla sono stati isolati in un gruppo di organismi fotosintetici, le proclorofite, scoperte solo di recente negli ecosistemi marini, particolarmente in profondità, al limite della zona eufotica e in quella disfotica, ma anche nelle acque superficiali, come ad esempio nel Mediterraneo nord-occidentale (Vaulot e Partensky, 1989).
Fig. 14.1. Formule di struttura dei principali pigmenti fotosintetici: (a) clorofilla a, presente in tutti i gruppi del fitoplancton. La struttura di base è costituita da quattro gruppi pirrolici formanti un anello porfirinico con un atomo di Mg al centro. Ad uno dei gruppi pirrolici è attaccata la lunga catena del fitolo.(b) Struttura del carotene costituito da una lunga catena idrocarburica con doppi legami e con alle due estremità strutture ad anello. Le xantofille sono O-derivati del carotene, (c) Struttura delle ficobiline (biliproteine) con quattro anelli pirrolici aperti. Le ficobiline comprendono le ficocianine e le flcoeritrine, pigmenti abbondantemente presenti nel picoplancton.
La sintesi degli aminoacidi è un'altra funzione della fotosintesi, tuttavia essa viene drasticamente ridotta a basse concentrazioni di N inorganico. La presenza di ioni NH4+ è importante nella polimerizzazione degli aminoacidi per la formazione delle proteine: l'acido fosfopiruvico reagisce con NH4+ in presenza di NADPH2, il dinucleotide nicotinammide-adenina ridotto e fornisce alanina.
In definitiva, l'aspetto più rilevante della produzione primaria è quello di trasformare molecole a bassa energia (principalmente CO2 e H2O) in composti stabili altamente energetici.