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[1] The ethics of research related to healthcare in developing countries. Nuffield Council on Bioethics publication. London, 2002.

 [2] VASSILI LEONTIS – Ethical challenges posed by trials of biomedical intervention on human subjects conducted in developing countries. Information paper presented at the European Conference of National Ethics Committee. Porto (Portugal) 1998. CDBI/INF (98)2.



EUGENE DIAMOND
Il conflitto di interessi nell’etica medica

La medicina è una libera professione dotata di una sua etica intrinseca, per la quale il fine della medicina è ordinato ad un bene, cioè alla salute. Tecnica e condotta medica non sono quindi neutrali rispetto ai valori, ma sono ordinate al bene generale rappresentato dalla salute, che è il fine datole per natura. La medicina è una professione precisamente perchéprofessa questo fine. Essere professionisti è più che essere tecnici. La professione pubblica della medicina come modo di vita rappresenta un’affermazione della natura morale dell’operato medico. La medicina come professione equivale a dichiarare pubblicamente la volontà di dedicarsi agli altri e di servire un bene superiore. Il medico è pertanto un soggetto morale che professa e afferma la natura morale della sua attività.

Negli ultimi anni abbiamo assistito al tentativo di convertire la nostra professione in un’attività volta ad uccidere. I medici abortisti uccidono bambini non nati; altri medici si assumono la responsabilità di uccidere pazienti senza il loro consenso, come in Olanda, o di entrare nei meccanismi del suicidio medicalmente assistito, come nello Stato dell’Oregon in America. Il medico fedele alla sua chiamata, al contrario, non viola la proibizione di uccidere né per amore né per soldi.

Ecco perché la medicina deve essere una professione e non un mero business. Il medico che è mosso principalmente dalla motivazione del profitto, infatti, ha rinunciato all’idea che il miglior interesse del paziente coincide con la ricerca della sua salute.

C’è stata recentemente l’erosione di alcuni fra i baluardi che si erano andati formando a difesa del paziente e della società.

Prima di tutto, consideriamo l’informazione pubblicata sulle riviste mediche. Tale informazione ci aiuta a delineare meglio le decisioni diagnostiche e terapeutiche. Perché una rivista medica sia valida, occorre che pubblichi informazioni autorevoli, aggiornate e libere da condizionamenti commerciali. Ciò comporta che le associazioni finanziarie degli autori vengano allo scoperto e che non influenzino la pubblicazione degli articoli: solo così si possono evitare pregiudizi, reali o apparenti, basati sul conflitto di interessi. Oltre che agli autori, la libertà dal conflitto di interessi si deve estendere al processo direvisione da parte dei colleghi di pari grado (peer review). Se coloro che assistono l’editore nella selezione degli articoli adatti alla pubblicazione non sono a loro volta liberi rispetto a simili associazioni finanziarie, le possibilità di discriminazione aumentano[1]. La connessione fra aziende biomediche e ricerca sta crescendo rapidamente. Oltre al supporto finanziario direttamente volto alla ricerca o alla sperimentazione terapeutica, gli autori possono ricevere compensi per consulenza, far parte di consigli consultivi (advisory board), possedere capitali azionari, avere diritti di brevetto, ricevere onorari per conferenze o per deposizione ai processi in qualità di esperti.

Di recente il New England Journal of Medicine[2] e, per illazione, il Journal of the American Medical Association[3], hanno modificato le loro politiche editoriali in modo che gli autori sia di articoli originali che di rassegne e di editoriali non abbiano interessi finanziari “significativi” all’interno di una società (o dei suoi concorrenti) che causa la discussione di un prodotto all’interno di un articolo. Il NIH (National Institute of Health)[4] e la Association of American Medical Colleges[5] hanno parimenti ammorbidito i requisiti relativi alle associazioni finanziarie, con i possibili pregiudizi da ciò derivanti. Tale tentativo ha lo scopo di quantificare in quale misura le associazioni possono produrre pregiudizi. Il provvedimento chiave sarebbe quello stabilire il limite superiore della somma annuale percepita dagli autori, oltre il quale si può valutare un rapporto finanziario come “significativo”. Attualmente il livello è di 10.000 $. Al di sopra di questo tetto, ogni patrimonio finanziario in cui il potenziale profitto non è limitato, come nel caso di azioni, opzioni e possesso di brevetti, risulterebbe probabilmente un elemento squalificante.

La giustificazione di tali mutamenti nella politica editoriale pare essere l’incapacità di eleggere un numero di autori e/o di revisori adeguato a portare avanti le funzioni delle riviste, dal momento che moltissimi accademici e clinici sono coinvolti in complicate relazioni finanziarie con case farmaceutiche[6].

Inevitabilmente il risultato della politica sarà l’accresciuta possibilità di ricorrenza del conflitto di interessi, nonché una ridotta sicurezza nell’affidabilità dei dati pubblicati. Ciò si estenderà non solo al processo decisionale dei medici e dei ricercatori, ma anche al grande pubblico. Quasi tutti i principali mezzi di comunicazione degli Stati Uniti hanno un editore scientifico e uno staff che si occupa della letteratura medica corrente, spesso basandosi su sommari e annunci pubblicati dalle riviste stesse al fine di promuoverle. Fornire un simile servizio rappresenta una cospicua fonte di reddito, ad esempio, per l’Associazione Medica Mondiale.

Un solo caso: un articolo del New England Journal sull’RU 486 (Silvestre L. et Al. New Eng J Med 322: 645, 1990) concludeva che l’RU 486 è “efficace e sicura”. Coloro che ritenevano i dati forniti eccessivamente fiduciosi e rassicuranti poterono rinforzare le loro preoccupazioni grazie alla rivelazione, effettuata in una sede autorevole, che tutti i sei autori erano dipendenti della Roussel-Uclef, che produceva l’RU 486 e contava su ingenti profitti dalla vendita del prodotto. Venire a conoscenza del fatto che il sedicente articolo “scientifico” fosse in realtà un pezzo promozionale camuffato poteva dare origine ad un salutare cinismo da parte del lettore. E tuttavia l’infondato entusiasmo per il prodotto fu incoraggiato come dato di fatto non solo dal produttore, ma anche dall’intero apparato pubblicitario delle lobby abortiste e dai suoi collaboratori nei mezzi di comunicazione.

Una nostra delegazione della Catholic Medical Association incontrò il direttore esecutivo e il comitato di redazione dello JAMA per manifestare perplessità sul fatto che nel corso dei precedenti tre anni erano stati pubblicati circa quindici articoli pro-aborto e nemmeno uno contro. Il pregiudizio editoriale venne negato con veemenza. Tuttavia, successivamente, entrammo in possesso di un memorandum interno[7], fornitoci da un impiegato dello JAMA, che informava il comitato editoriale dello JAMA come, di fatto, la loro politica fosse quella dimostrata, cioè di non pubblicare studi contrari all’aborto o studi statistici sfavorevoli all’aborto.

Se questo pregiudizio ideologico ora venisse accresciuto dal potenziale discriminatorio fondato sul rendiconto economico, la professione medica e l’opinione pubblica verrebbero completamente compromesse.

Il presidente Bush è stato di recente chiamato a prendere decisioni salomoniche riguardo alla ricerca sulle cellule staminali. Fu certamente una decisione perfetta quella che lo portò a compiere l’importante distinzione fra cellule staminali embrionali (prodotte da embrioni creati con lo scopo di ucciderli per procacciarsi cellule staminali) e cellule staminali derivanti da adulto (da fonti come il sangue del cordone ombelicale, il midollo osseo, ecc.), come pure quella di vietare i fondi federali per la creazione di nuove linee di cellule staminali embrionali; tuttavia, il presidente ritenne ammissibile, nella sua linea di condotta, la conservazione delle linee cellulari embrionali già esistenti. Ma quando un albero è avvelenato lo sono anche i frutti; infatti, poiché le cellule staminali derivanti da adulto avevano oramai soppiantato le cellule staminali embrionali sia nella pratica clinica che nei laboratori, risultava difficile comprendere l’insistenza dogmatica da parte della comunità scientifica sulla superiorità e sulla necessità di linee cellulari embrionali.

Si scoprì poi che molte delle linee cellulari embrionali esistenti avevano avuto il permesso di essere conservate perché di fatto erano possedute da università e da altre imprese decisamente intenzionate a trarre profitto dalla diffusione e dalla distribuzione di cellule staminali embrionali per la ricerca.

Durante il dibattito sulla clonazione[8] al Congresso degli Stati Uniti, fu rivelato che esistevano tre brevetti di clonazione umana in attesa all’ufficio brevetti USA. Il promotore dell’atto di proibizione sulla clonazione umana (Human Cloning Prohibition Act), il senatore Brownback, precisò che l’idea di uccidere una persona per trovare un terapia a vantaggio di un’altra persona è una falsa compensazione, che trascura i progressi compiuti con altre fonti di cellule staminali non embrionali. Ancora più preoccupante è la prospettiva di coloro che, in seno alla società americana, possiedono, commerciano, comprano e vendono persone (clonate) come fossero di loro proprietà. Tale questione deve essere inclusa nel dibattito sulla clonazione. Quando il senatore Brownback propose l’emendamento sulla non brevettabilità umana per proscrivere i cloni umani in attesa di diritto di brevetto[9] fu sconfitto, e ciò accadde lo stesso giorno in cui un’equipe dell’Università del Minnesota riportò la versatilità delle cellule staminali da adulto e la loro capacità di convertirsi in centinaia di cellule specializzate del corpo, assumendone la forma[10].

Jonathan Swift diceva: “la falsità vola e la verità giunge lenta più tardi, così che quando per gli uomini arriva la disillusione, lo scherzo è finito e la finzione ha già ottenuto il suo effetto”. La cultura della morte, che ha chiaramente controllato negli ultimi trent’anni la stampa e i media, mostra ora una sinistra inclinazione verso il controllo della letteratura scientifica e perciò dei processi politici. Attraverso il potente incentivo del profitto si fa largo l’evidente conflitto di interessi fra l’investigazione scientifica obiettiva e la scienza difensiva in cerca di un tornaconto economico.

L’ultima perversione del commercio nella ricerca medica potrebbe diventare la vendita di parti del corpo per scopi di sperimentazione. La reale fattibilità di un business attivo riguardante le parti del corpo fetale è stata l’oggetto di numerose ricerche da parte delle agenzie investigative pro-life. Si è dimostrato che questa emanazione dell’industria abortista intende pubblicizzare la disponibilità di organi provenienti da bambini abortiti nelle riviste scientifiche. Non si tratta di semplici illazioni, ma di fatti innegabili, poiché sono stati presentati veri annunci pubblicitari che contengono listini dei prezzi di tessuti umani. Sono state scoperte offerte come “fegato fetale, reni fetali del secondo trimestre, tessuto dell’isola pancreatica ciascuna con lista dei prezzi allegata, predisposte dai cosiddetti “laboratori” che sono in affari con le fonti abortiste[11].

Esiste attualmente un movimento che opera affinché sia ammesso un compenso per i donatori d’organi da parte di potenziali beneficiari. Al momento l’Atto nazionale sui Trapianti d’organo (National Organ Transplant Act) dichiara che “chiunque consapevolmente acquisti, riceva o in altro modo trasferisca un organo umano per trapianto a scopo oneroso” commette un atto illegale. L’Associazione Medica Americana (AMA) ha richiesto uno studio che indaghi la possibilità di pagamento ai donatori per i loro organi[12]. Lo sfondo di un simile cambiamento totale di prospettiva politica è, come è ovvio, l’annuale diminuzione della disponibilità di donazioni d’organo. Il database della United Network for Organ Sharing indica che ci sono attualmente 75000 pazienti in attesa di un organo. Un terzo fra quelli che aspettano un trapianto di cuore o di fegato moriranno prima che l’organo sia disponibile.

La fonte primaria di organi provenienti da donatori sarebbe la cosiddetta donazione da Cadavere a Cuore Battente. Si tratta di pazienti che hanno subito la cessazione irreversibile e totale delle funzioni cerebrali e che sono tenuti sotto ventilazione meccanica nelle unità di terapia intensiva. Essi rappresenterebbero una risorsa pari a 10-12 mila potenziali donatori l’anno, ma, nonostante l’intensa campagna di sensibilizzazione pubblica, la proporzione di potenziali donatori non è cresciuta a sufficienza[13]. Fra le motivazioni ci sono state il maggior affidamento riposto nei donatori viventi (di reni), i trapianti parziali(di fegato e polmoni) e quelle fonti di reperimento di carattere eticamente discutibile, come i neonati anencefalici e gli animali[14].

Un’altra potenziale sorgente di organi trapiantabili sono i pazienti dichiarati morti secondo i tradizionali criteri cardio-polmonari, e non sulla morte cerebrale. Il successo dei trapianti che utilizzano gli organi provenienti da quest’ultima fonte sono limitati a causa dei problemi causati dall’ischemia a caldo. Questi cadaveri a cuore non battente rientrano generalmente in due categorie: 1) morte cardio-polmonare non controllata (normalmente nelle sale del pronto soccorso) e 2) morte controllata per tempo e luogo. Questa seconda categoria segue un metodo comunemente conosciuto come protocollo di Pittsburgh[15].

Secondo tale protocollo, le famiglie che hanno deciso di rinunciare ai mezzi di sostentamento vitale vengono convocati per proporre loro la donazione d’organi. Il tempo dell’ischemia a caldo è reso minimo portando il paziente in sala operatoria, ivi sospendendo il supporto vitale e rimuovendo gli organi immediatamente o poco dopo la dichiarazione di morte. Le questioni etiche sollevate dall’utilizzo di cadaveri a cuore non battente in qualità di donatori hanno a che fare con il processo di ottenimento del consenso, con la questione dell’irreversibilità e con quella della dichiarazione precoce di morte. Si presentano inoltre intuitivi problemi legati al fatto che la procedura pare attuarsi e risolversi dichiarando morto il paziente solo dopo averlo allontanato dai parenti stretti e averlo condotto in una sala operatoria.

Le forze di mercato hanno iniziato ad indebolire il principio della donazione disinteressata da parte dei donatori viventi attraverso la possibilità di reperire organi fuori dagli Stati Uniti. Gli americani comprano organi dalla Cina, dal Perù e dalle Filippine, poi ritornano negli Stati Uniti per effettuare la terapia dei trapianti[16].

Un’altra sfida ai principi altruistici che sottendono l’Atto è l’aumentata frequenza delle donazioni di rene da parte di pazienti non legati ai beneficiari, dal momento che non è più necessaria l’affinità genetica. Si danno perciò possibilità di acquisto illegale e di profitto illegale che vanno al di là del controllo dei centri per i trapianti[17].

Il movimento per la liberalizzazione della normativa che regola il libero mercato nella compravendita di organi accresce lo spettro di una guerra dell’offerta, nella quale candidati facoltosi ma meno bisognosi di trapianto acquisiscono la priorità su candidati poveri che non hanno la possibilità di comprare organi. Un economista afferma che gli individui meno abbienti potrebbero comunque accedere a prestiti per acquistare organi, come fanno oggi per acquistare la macchina o la casa. Tuttavia, cosa accadrebbe se l’acquirente fosse incapace di restituire il debito? Abbiamo qualche sistema per confiscare o riavere un rene?

L’attuale sistema per conferire incentivi etici o umanitari alle donazioni dovrebbe tutela la distribuzione non discriminatoria degli organi in base al criterio della maggior necessità[18].

Risulterebbe impossibile controllare criteri di brocheraggio negli Stati Uniti. Se l’attuale proibizione del commercio d’organi fosse annullata, non ci sarebbero giustificazioni legali per impedire alle persone di aggirare il sistema regolativo e entrare in concorrenza all’interno di un mercato senza controllo. Portare l’attenzione sulla potenziale iniquità di un simile mercato e sulla preferibilità di rafforzare gli incentivi etici (riconoscimenti pubblici, restituzione delle spese funerarie o delle tasse) sarebbe il modo migliore per sostenere l’interesse generale della società[19].

Occorre anche spendere qualche parola sul bioterrorismo, un conflitto d’interessi fondamentale sorto dalla questione se un biologo debba pubblicare un lavoro che può essere usato per il male. L’Accademia Nazionale delle Scienze ha riunito un gruppo di esperti per studiare come prevenire le applicazioni distruttive delle biotecnologie avanzate[20]. Studi recenti sull’epidemia di virus influenzale del 1918, svolti dall’Istituto di Patologia delle Forze Armate, hanno indicato quali risorse potenziali occorrano per ricostruire il virus del 1918 rendendolo più resistente al sistema immunitario[21]. Sono stati pubblicati studi analoghi che dimostrano come manipolare i microrganismi perché si diffondano più rapidamente, resistano ad antibiotici e vaccini, e possano rappresentare perciò armi più efficaci per il bioterrorismo. Il problema se tali informazioni debbano essere disponibili nelle riviste è certamente grave. Fra gli esperti di armi biologiche del governo e la Società Americana di Microbiologia è sorto un conflitto di interessi sulla questione se in questi casi vi debba essere una speciale peer review. Neanche a dirlo, gli scienziati sono assai restii ad accettare l’idea che il loro lavoro o dei dati importanti debbano essere sottoposti a censura per ragioni politiche.

Sebbene i conflitti di interessi non siano evidenziabili all’interno del sistema medico tanto quanto lo sono nel sistema capitalista, essi sono tuttavia inevitabili in un sistema basato sul privato, sia nella forma del pagamento a servizio (fee for service) che in quella della assistenza sanitaria managerizzata (managed care). La principale difesa contro l’intrusione di questioni politiche o economiche nell’assistenza medica è il ritorno al sistema ippocratico dell’etica medica, che resta attuabile in tutte le culture e in tutte le forme di risarcimento.

Infine, un’altra opportunità di conflitto di interessi consiste nella cosiddetta “scienza difensiva”. Essa consiste nell’avanzare pretese di supposta “scientificità” o nel rifiutare le pretese contrarie, basandosi non sulla qualità dei dati implicati, ma su un intenzioni politiche nascoste o sulla ricerca della correttezza politica.

Troviamo la principale occasione di impiego della scienza difensiva nella ricerca sull’eziologia e sul trattamento dell’omosessualità o dei disordini attrattivi verso lo stesso sesso. I media hanno promosso l’idea che sia stato già scoperto un “gene del gay”, e vi sono state alcune organizzazioni professionali che non hanno disconosciuto tale assunzione. Se l’attrazione verso lo stesso sesso fosse determinata geneticamente, allora ci si potrebbe aspettare che i gemelli identici siano identici anche nell’attrazione sessuale. Invece, molti studi mostrano come gemelli identici abbiano tendenze sessuali differenti[22-23-24].

Tuttavia, assistiamo a crescenti tentativi per convincere il grande pubblico che l’attrazione verso lo stesso sesso è geneticamente fondata. Tali tentativi sono motivati politicamente da un presupposto, e cioè che l’opinione pubblica risponda in modo verosimilmente più favorevole a mutamenti di legge e di insegnamento religioso se crede che l’attrazione verso lo stesso sesso sia geneticamente determinata e immutabile.

Una controversia analoga si ritrova nella questione se la condizione omosessuale sia curabile e reversibile. All’interno del dibattito fra essenzialismo e costruttivismo sociale, chi crede nella legge naturale sosterrà che l’essere umano ha una natura essenziale – maschio o femmina – e che inclinazioni peccaminose come il desiderio di coinvolgersi in atti omosessuali sono costruite, e pertanto possono essere demolite. Alcuni membri dell’American Psychiatric Association, invece, sono giuntiad asserire che tali tentativi di cambiare gli omosessuali non sono solo senza successo, ma anche non etici. Tuttavia, un certo numero di terapeuti ha scritto diffusamente che la terapia riparativa ha successo nel 30% circa delle persone che sperimentano attrazione per lo stesso sesso, mentre un altro 30% nota un miglioramento[25-26-27-28]. Il dottor Robert Spitzer, il noto ricercatore psichiatrico della Columbia University che fu in gran parte responsabile della rimozione dell’omosessualità dalla lista APA dei disturbi mentali, ha ora rivelato che le sue ricerche più recenti mostrano come il cambiamento prolungato possa davvero essere raggiunto[29].

Altri esempi di Scienza Difensiva sono il rifiuto della American Cancer Society di accettare la relazione fra aborto e cancro della mammella[30], nonostante schiaccianti evidenze in proposito, e l’insistenza del NIH sull’efficacia del preservativo nella prevenzione dell’AIDS. Quando, nel corso di un importante convegno internazionale che radunava i principali esperti di AIDS, si pose la questione di quanti avrebbero voluto avere un rapporto sessuale con un sieropositivo, pur dotato di preservativo, nessuno[31] nell’assemblea alzò la mano.

I fatti suggeriscono con forza che i burocrati di numerose organizzazioni professionali come l’AMA e l’American College of Obstetrics and Gynecology devono evadere una fitta agenda di richieste di scuse per avere sostenuto l’aborto o per aver supportato le lobby dei diritti omosessuali, nonostante evidenze contrarie e nonostante la diversa opinione di molti fra i membri di base.



[1] PARRISH D., BRUNS D., Legal Principles and Confidentiality in Peer Review, JAMA 2002, 287: 2839.

[2] DRAZEN J., CURFMAN G., Financial Associations of Authors, New Eng J Med 2002, 346: 1901.

[3] RENNIE D. ET AL, Conflicts of Interest in the Publication of Science, JAMA1991, 266: 266.

[4] Public Health CFR42, May 21, 2002.

[5] ASSOC. OF AMERICAN MEDICAL COLLEGES, Task Force on Financial Conflicts of Interest in Clinical Research,December 2001.

[6] ANGELL M., WOOD A., Authors Conflicts of Interest, New Eng J Med 1999, 341: 1618.

[7] LUNDBERG G., Memorandum regarding topics for publication, non pubblicato.

[8] BROWNBACK S., LANDRIEN M., ENSIGN J., Human Cloning Prevention Act, U.S. Senate.

[9] BROWNBACK S., Human Un-patentability Amendment.

[10] VERFAILLE C., Adult Stem Cells, Nature 2002, 6: 15.

[11] DENTON T.X., Life Dynamics, dati non pubblicati.

[12] AMA, Study Paying for Organ Donations, Chicago Tribune 2002, 6: 10.

[13] DIAMOND E.F., Ethical Issues in the Use of Asystolic Donors, Linacre Quarterly 2002, 69: 33.

[14] ID., Anencephalic Donors, Chicago Medicine 1994, 97: 15.

[15] UNIVERSITY OF PITTSBURGH, Policy for Management of Terminally Ill Patients, (4.2.19992).

[16] SCHEPER-HUGHES N., The Global Traffic in Organs, Current Anthropology 2001, 41: 191.

[17] FRIEDLANDER M., The Right to Sell or Buy a Kidney, Lancet 2002, 359: 971.

[18] DELMONICO T. ET AL., Ethical Incentives for Organ Donation, N. Eng J. Med 2002, 346: 2002.

[19] LEVINE D., Yes or No?, Am. J. Kidney Dis 2000, 35: 1002,.

[20] Speak no evil, U.S. News and World Report, (6.24.2002), p. 60.

[21] TAUBENBERGER J. ET AL., Proceedings of the National Academy of Sciences, ( 8.5.2002).

[22] BAILEY J., PILLARD R., A Genetic Study of Male SexualOrentation, Archives of General Psychiatry 1996, 48: 1089.
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