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Dott. Amedeo Ceniccola Tel/Fax 0824 976258 – 3477226170 Lettera aperta ad Antonio Galdo


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Dott. Amedeo Ceniccola
Tel/Fax 0824 976258 – 3477226170

Lettera aperta ad Antonio Galdo

Egregio dottor Galdo,

sono un medico di famiglia (entrato in convenzione nell’anno 1987 ai sensi della norma transitoria n.4 del DPR 289), 57 anni, sposato, moglie e tre figli da mantenere e circa 800 pazienti in carico. Laureato in Medicina nel minor tempo possibile e con il massimo dei voti e lode, specializzato in Ostetricia e Ginecologia con il massimo dei voti e lode ed una seconda specializzazione in Endocrinochirurgia conseguita con il massimo dei voti e lode. Ho dovuto rinunciare alla carriera universitaria perché non avevo Santi in paradiso ed a quella ospedaliera per aver contrastato i disegni egemonici di qualche presidente delle cosiddette U S L che, in buona sostanza, hanno sottratto la gestione della Sanità ai medici per affidarla alla peggiore partitocrazia. Scrivo a caldo dopo aver letto la Sua articolessa pubblicata, giovedì 25 settembre, sulla prima pagina del quotidiano IL MATTINO dal titolo “Medici di famiglia, la rendita intoccabile” con la quale, in buona sostanza, ha voluto indicare il sottoscritto e i 45mila medici di famiglia come la causa di tutti i mali che affliggono la sanità pubblica in Italia. Senza voler fare polemica, mi consenta semplicemente di dirLe che straparla di cose che non conosce e senza tirarla troppo per le lunghe, sono qui per chiederLe di far sapere ai nostri bravi governanti che…è arrivato il momento di ripensare il rapporto di lavoro del medici di Medicina Generale con il SSN e passare dalla parasubordinazione alla dipendenza come tutti gli altri operatori della sanità pubblica per affrancare, finalmente, il medico di famiglia da una vita di “precario” senza alcuna garanzia, obbligato ad assolvere tutta una serie di doveri, etici e non, pena la ricusazione (senza obbligo di motivazione) del paziente e retribuito con una “parcella” intorno ai 2 (due) euro netti al mese (tutto compreso!!!) per assistere il cittadino italiano. In altre parole, un “precario” senza nemmeno il diritto di ammalarsi né di andare in vacanza perché in tal caso è costretto a pagare di tasca propria il medico sostituto per non “compromettere” il rapporto con l’assistito.

Un “precario” che pur essendo considerato sulla carta un lavoratore autonomo, nella pratica, invece, è un dipendente a cui è impedita concretamente ogni attività libero professionale e ogni beneficio derivante dalla “dipendenza”. Senza ricordare che gran parte della retribuzione del medico di famiglia se ne va nelle molte spese necessarie allo svolgimento dell’attività medica: l’affitto o il mutuo dello studio, la segreteria, l’aggiornamento tecnologico e scientifico, i servizi assicurativi, le spese di gestione dello studio rappresentate dal costo dell’energia elettrica, gas, acqua, tassa sui rifiuti solidi e speciali e l’automobile con la quale ci si sposta per le visite a domicilio. Per non parlare delle penalizzazioni in materia pensionistica, di trattamento di fine rapporto e degli impropri oneri della subordinazione senza alcun corrispondente beneficio.In attesa di un cortese riscontro e, magari, di poterLa incontrare per un pubblico confronto, Le invio i miei più cordiali saluti.



Guardia Sanframondi 25 settembre 2014

Dott. Amedeo Ceniccola


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