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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Canto II: L'ADORAZIONE DELLA MADRE DIVINA



vv. 1-2: Un'immobilità assoluta, incomunicabile risponde alla pura scoperta di

sé dell'anima;

Benché inconoscibile per la mente, scrive Sri Aurobindo, possiamo avvicinarci tuttavia attraverso il nostro essere individuale (...) alla realizzazione del Sé supremo che è Brahman, e mediante la realizzazione del Sé arriviamo a una certa realizzazione anche di questo totale Assoluto di cui il nostro vero Sé è la forma essenziale nella nostra coscienza... (The Synthesis of Yoga, 20, pp. 282-83).


v. 15 e sgg.: O anima, è troppo presto per rallegrarsi !

ché solo a metà è realizzato il lavoro cosmico di Dio.

Ricordiamo una meditazione che Mère annotava già nel lontano 1913: Anche chi potrebbe essere arrivato a una contemplazione perfetta nel silenzio e la solitudine, non vi sarebbe arrivato che ritirandosi dal proprio corpo, astraendosene, e così la sostanza di cui il corpo è costituito rimarrebbe impura, imperfetta come prima, poiché egli l'avrebbe abbandonata a se stessa; e per un fuorviato misticismo, per la seduzione di splendori extrafisici, per il desiderio egoistico di unirsi a re per la propria soddisfazione personale, egli avrebbe volto le spalle alla ragione stessa della sua esistenza terrestre, avrebbe vilmente rifiutato di compiere la sua missione di redenzione, di purificazione della Materia. Sapere che una parte del nostro essere è perfettamente pura, comunicare con questa purezza, identificandovisi, può essere utile solo se si utilizza in seguito questa conoscenza per affrettare la trasfigurazione terrestre, per compiere la Tua Opera sublime. (Prières et Méditations, 15 juin, '13, p. 16). E nel' 51 osservava: L'universo non è stato fatto che per questo: unire questi due poli, [Spirito e Materia] i due estremi della coscienza. E quando li si unisce, ci si accorge che i due estremi sono esattamente la stessa cosa: un tutto unico e innumerevole ad un tempo. (Entretiens, 17.4.'51, p. 419).Sri Aurobindo, in The Life Divine, osserva come la maggior parte delle religioni hanno messo la loro maledizione sulla Materia e fatto del rifiuto o d'una rassegnata sopportazione temporanea della vita fisica il criterio della verità religiosa e spirituale. I più antichi credi, più pazienti, più meditativamente profondi, non ancora toccati dalla tortura e l'impazienza febbrile dell'anima sotto il peso dell'Età del Ferro [il kali-yuga, l'era attuale: n.d.l.], non facevano questa formidabile divisione: essi riconoscevano la Terra nostra Madre e il Cielo nostro Padre e accordavano loro uguale amore e rispetto; ma i loro antichi misteri sono oscuri e insondabili al nostro sguardo, noi che, sia la nostra visione materialistica o spirituale, ci contentiamo egualmente di tagliare il Nodo gordiano del problema dell'esistenza d'un sol colpo definitivo e di accettare la fuga in un'eterna beatitudine o la fine in un annientamento eterno o qualche pace eterna. (Op. cit., 18, p. 232).Cfr., in nota a I, 2, 359 e sgg., l'affermazione di Mère: Ma è qui che occorre lavorare, sulla Terra. (...) è qui il LUOGO del Lavoro. E con Sri Aurobindo che per la prima volta lo yoga ha come fine la trasformazione e la divinizzazione della vita fisica, invece di avere come fine l'evadere dalla vita fisica. (L'Agenda di Mère X, 26 apr. '69, p. 174). In Sav. III, 4, 505-07, il Poeta parlerà de "l'impero dell'anima" stabilito sulla Materia "come su un solido scoglio". Cfr. note a II, 5, 673-74; 6, 907-09; 10, 28-32; III, 2, 62-64 e 3, 476 e sgg.


v. 16: (...) il silenzio sconfinato del Sé,

Vd. nota a I, 3, 81-82. Come osserva R. Thépot (Op. cit., note a Sav. I, 10), il lettore deve ricordarsi che in Sri Aurobindo l'impersonalità, l'immutabilità non sono che un primo aspetto del Sé (...) se si va più lontano nell'ascensione, il Sé si rivela una realtà supremamente dinamica: vd. al v. 18: "la missione del Sé e il potere del Sé". Cfr. nota precedente e ai vv-. 66-72 più oltre. Vd. anche note a II, 13, 28 e 52 e sgg.


v. 26 e sgg.: Solo il perpetuo No si è avvicinato,

......

ma dov'è il perpetuo Sì dell'Amante, etc.

L'esperienza dell'eternità cellulare (vd. nota a II, 12, 53), come sottolinea Satprem, portava Mère a un altro strato di senso, più profondo, dove il Si, invece di affrontare il No, e la vita immortale invece d'affrontare la Morte, si cambierebbero, l'uno e l'altra, in un'altra cosa, un terzo stato, uno stato ch'egli definisce impossibile fra g1i uomini. (Mère - La Mutazione della Morte, p. 224). Cfr. nota a III, 4, 449-50.

Ci si ricordi dei vv. 1008-09 del Canto VI del Libro II: "Un Si zoppicante cammina ancora attraverso gli eoni / accompagnato da un eterno No", e vd. nota al v 17 e sgg. del Canto seguente.
v. 31:l'emblematico OM, ()

OM (vd. Glossario), il suono di tutto l'universo che si rivolge al Supremo e Lo implora. (L'Agenda di Mère XI, 9 sett. '70. p. 341). Ricordiamo in proposito l'esperienza di Mère: Come se tenessi tutte queste cose fra le mie braccia - ma in modo così concreto - e le sollevassi verso la Luce con quell'OM che saliva e saliva dal fondo del fondo, OM! - E portavo tutte quelle persone, (...) FISICAMENTE; e portavo la terra, l'universo intero, ma in modo così tangibile, così concreto (...), verso il Signore supremo.

E non era un potere invisibile: ma concreto, tangibile, MATERIALE (Ibid. I, 21 mag. '60, p. 388).
vv. 62-64: Una sublime e vuota negazione non è tutto un'immensa estinzione non è

la parola finale di Dio, etc.

Quando siamo attirati verso l'Esistenza suprema e l'Ananda infinito, l'estrema forma di quest'attrazione è la condanna dell'inferiore e del finito come un'illusione e un'aspirazione al Nirvana nell'aldilà, - la passione per la dissoluzione, l'immersione, l'estinzione nello spirito. Ma la vera dissoluzione, il vero nirvana, scrive Sri Aurobindo, è la liberazione di tutto ciò che è imperativamente caratteristico dell'interiore nel più vasto essere del Superiore, il possesso cosciente del simbolo vivente da parte del Reale vivente. Scopriamo alla fine che non solo quella Realtà superiore e la causa di tutto il resto, non solo essa abbraccia ed esiste in tutto il resto, ma quanto più la possediamo, tutto il resto, nella nostra esperienza d'anima, è trasformato in un valore superiore e diventa il mezzo di una più ricca espressione del Reale, una comunione più multiforme con l'infinito, una più vasta ascesa al Supremo (...) È solo con la perdita della passione esclusiva che l'anima vincolata ha per la propria libertà che può venire un'assoluta liberazione della nostra natura (The Synthesis of Yoga, 20, p. 486).

Per Sri Aurobindo il Nirvana assume un senso più vasto e più profondo della semplice 'estinzione': sulla linea della Bhagavad-Gita infatti, esistere nel Nirvana e avere la conoscenza e il possesso del sé, e in questo senso esso è chiaramente compatibile con la coscienza del mondo e con l'azione nel mondo. (Essays on the Gita, 13, p. 226): Nel nostro yoga il Nirvana è l'inizio della Verità superiore, in quanto è il passaggio dall'ignoranza alla Verità superiore. L'ignoranza dev'essere estinta perché' la Verità possa manifestarsi. (Letters on Yoga, 22, p. 59).

È interessante notare che Mère, a proposito del nirvana, aveva osservato: C'è un nirvana dietro al piano vitale, ce n'è uno dietro a quello psichico e uno dietro a quello mentale; dappertutto c'è un nirvana, anche dietro al piano fisico: ed Ë la morte. E quelli che si ritirano, che vogliono raggiungere il Nirvana, non se ne vanno MAI nello psichico - lo psichico è un piano essenzialmente collegato alla manifestazione divina, non all'astensione divina, e perciò non al Nirvana... (L'Agenda di Mère IV, 13 ag. '63, pp. 297-98). E ancora (Ibid V, 16 sett. '64. pp. 217-18): Ma se il Signore volesse solo il Nirvana non ci sarebbe che il Nirvana! Mentre invece è evidente che Lui concepisce il coesistere di tutti i contrari: per Lui, questo dev'essere l'inizio di una totalità. Evidentemente allora uno può, se si sente portato per una cosa del genere, scegliere uno solo dei Suoi modi di manifestarsi ciò è l'assenza di manifestazione. Ma si tratta ancora di un limite. Ne' questa è l'unica via per trovarLo, ci mancherebbe! (...) Aspirando a non fare più errori, uno elimina qualsiasi occasione di farne - ma non vuol dire guarire dall'errore.L'altra strada però è molto, molto più difficile: il cammino del yoga integrale, il cui oggetto, come nota Sri Aurobindo, è l'autoperfezione, non l'autoannullamento. ("The Web of Yoga", 17, p. 49). Cfr. nota al v. 15 e sgg. di questo Canto.


vv. 66-72: Nell'assoluto silenzio dorme un Potere assoluto. Destandosi, può

risvegliare l'anima ... etc.

Quest'ego dev'essere estinto, altrimenti non è possibile una liberazione completa, ma il sé o anima individuale non e quest'ego scrive Sri Aurobindo. L'anima individuale è l'essere spirituale descritto a volte come un'eterna porzione del Divino, ma può essere descritto anche come il Divino stesso che sostiene la propria manifestazione come il Molteplice. Questo è il vero individuo spirituale che appare nella sua completa verità quanto ci sbarazziamo dell'ego e del nostro falso senso separativo dell'individuallità, quando realizziamo la nostra unità col Divino trascendente e cosmico e con tutti gli esseri. È questo che rende possibile la Vita divina. Il Nirvana e un passo verso di essa; la scomparsa della falsa individualità separativa è una condizione necessaria per realizzarsi e vivere nel nostro vero essere eterno, vivere divinamente nel Divino. Ma questo, possiamo farlo nel mondo e nella vita. (Letters on Yoga, 22. pp. 46-47). Cfr. nota al v. 16 di questo Canto.


vv. 76: la Presenza cui egli anelava si fece d'un tratto vicina.

La Presenza della Madre divina, indispensabile per l'espressione del Divino nella Materia (cfr. nota a II, 13, 13S e sgg. e vd. il v. 153 più oltre: "solo le Sue mani posson cambiare la base di dragone del Tempo.). v. 98: Una Natura che palpitava con un Cuore divinoCfr. note a I, 4, 33 e II, 13, 135 e sgg.


v. 101:Un amore che portava con gioia la croce del dolore

È l'olocausto della Madre divina: cfr. nota a II, 1, 167-71. v. 153:solo le Sue mani posson cambiare la base di dragone del Tempo.

Vd. anche III, 4, 93: "Il Dragone delle oscure fondamenta..." e cfr. note a I, 4, 506 e 961; III, 4, 449-50 e al v. 205 e sgg. di questo Canto.
v. 182:(...) nella Sua fiamma intollerante.

Per il significato di 'intollerante', vd. nota a I, 1, 222-24.


v. 197:Ma il suo essere, adesso, era troppo vasto per i1 sé;

Il "sé" in questione è il "se umano" di Aswapati: cfr. nota a I, 3, 14-15.


v. 205 e sgg.: Questa Luce non viene grazie alla lotta o al pensiero;

Un vasto abbandono era la sua unica forza.

Ricordiamo una lettera a un discepolo in cui Sri Aurobindo sottolinea il solo modo per riuscire nello Yoga sopramentale: abbandonarvi liberamente e semplicemente nelle mani della Madre divina. Perché l'oggetto è la trasformazione e questa può essere fatta solo da una forza infinitamente più grande della vostra - può esser fatta solo se si diventa veramente come un bambino nelle mani della Madre divina. ("Letters on the Mother", 25, p. 129).


vv. 209-11: Un Potere che vive sulle cime deve agire portare nella stanza chiusa

della vita l'aria dell'Immortale etc.

Per questo Potere (trascendente e sopramentale), vd. note a I, 4, 13 e III, 3, 470. Ricordiamo l'esperienza di Mère, legata alla manifestazione sopramentale del 1956, de "LA MATERIA CHE DIVENTA IL DIVINO": È il risultato della discesa della sostanza sopramentale nella Materia. Solo quella sostanza - quanto essa ha infuso nella Materia fisica - lo ha reso possibile. È un fermento nuovo. Dal punto di vista materiale tira fuori la Materia fisica dal suo tamas dalla sua pesantezza incosciente; dal punto di vista psicologico, la tira fuori dalla sua ignoranza e dalla sua menzogna. La Materia viene affinata. (L'Agenda di Mere I, 6 giu. '58, pp. 184-85). Quel "Potere che vive sulle cime" è, come si è visto, lo stesso Potere nascosto nel fondo del Mateda, nelle cellule del nostro corpo (vd. anche nota a III, 3, 97-98, secondo paragrafo). Il Potere della vibrazione dell'Amore puro. Cfr. note a I, 4, 13 e 961 (secondo paragrafo)- Il, 5, 673-74 e 12, 53.

La "stanza chiusa della vita" fa pensare a quell"'imprigionamento della Corrente"di cui parla Satprem ("quella corrente che dirige in modo perfetto il volo degli uccelli e la traiettoria delle stelle"), avvenuto dal momento in cui s'è prodotta una 'forma', a cominciare dall'atomo: Un'aspirazione 'personale' si potrebbe dire, come quando un bambino stringe al cuore il suo pupazzo: "E mio!". Di qui una volontà o un riflesso di serbare quella particella di 'sé' per se stessi: ed ecco il volto dell'inerzia, brutta copia o caricatura dell'immortalità. Ecco l'inizio della morte (...) Allora bisogna ogni volta rompere la forma per passare in una forma superiore o a un'aspirazione superiore... (Mère - La Mutazione della Morte, pp. 220-22). Cf;. nota al v. 17 e sgg. del Canto seguente.


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