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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Culto XV: I REGNI DELLA GRANDE CONOSCENZA

Il titolo: È solo quando cessiamo di ragionare ed entriamo profondamente dentro noi stessi in quella segretezza dove l'attività della mente s'immobilizza, che quest'altra coscienza diventa per noi realmente manifesta - per quanto imperfettamente a causa della nostra lunga abitudine di reazione mentale e limitazione mentale. Allora possiamo conoscere sicuramente in un'illuminazione crescente ciò che avevamo incertamente concepito con la pallida e vacillante luce della Ragione. La Conoscenza aspetta oltre la mente e il ragionamento intellettuale, troneggiante in una vastità luminosa d'illimitabile visione-in-se. (The Life Divine, 18, pp. 120-21).

La transizione dal se mentale al se'-di-conoscenza, scrive altrove il Poeta, Ë la grande decisiva transizione nello Yoga. È il disfarsi dell'ultima presa che l'ignoranza cosmica ha su di noi ed è il nostro saldo fondamento nella Verità delle cose, in una coscienza infinita ed eterna che l'oscurità, la menzogna, la sofferenza o l'errore non possono violare. (The Synthesis of Yoga, 20, p. 456).
v. 31: la Conoscenza per cui il conoscitore è il conosciuto,

La Conoscenza può venire solo per identità cosciente, scrive Sri Aurobindo. Per vedere che cos'è la conoscenza per identità nella sua purezza e in che modo e in quale misura essa origina, ammette o utilizza gli altri poteri di conoscenza, dobbiamo andare oltre la mente e la vita interiori e il fisico sottile (...) e contattare o entrare nel sovracosciente. (The Life Divine, 18, pp. 213 e 544). Cfr. nota a II, 3, 200.


vv. 49-52: la comprensione indivisa (...) della sua visione d'un solo e medesimo

Tutto formidabile, etc.

Conscio della sua auto-esistenza intemporale, lo Spirito, l'Essere e cosciente, scrive Sri Aurobindo, - intrinsecamente, assolutamente, totalmente, senza alcun bisogno di uno sguardo o di un atto di conoscenza perché e tutto, - dell'Esistenza temporale e di tutto ciò che e nel Tempo. Questa i l'essenziale consapevolezza per identità... (Ibid., p. 545).


v. 101:(...) i mari balenanti della Mente cosmica

L'immagine è vedica: "un oceano di lampi stabili" si legge nel Veda (cfr. Sri Aurobindo, The Life Divine, 19, p. 948 e Satprem, Sri Aurobindo ou l'aventure de la consciente, p. 244).


v. 102:e traversò l'oceano del suono originale;

Cfr. nota a I, 4, 391 -92.


v. 136:Una Panergia che armonizzava la vita intera

La Panergia suggerita, spiega il Poeta in una lettera del'48, è un potere totale auto-esistente che può essere portatore delle energie cosmiche e ne è la causa, ma non e costituito da esse. (Letters on 'Savitri', pp. 782-83).



LIBRO TERZO
Il Libro della Madre Divina

Riassunto dei Canti I-IV: (...) Alla fine [Aswapati] non aspira più per sé ma per tutti, scrive Sri Aurobindo, per una realizzazione universale e una nuova creazione (Letters on 'Savitri', 29, p. 774). È questo il Libro del surrender (sottomissione) alla Madre divina, che corona lo Yoga e l'aspirazione del Re. Egli ottiene la visione dei mondi del Verità, del futuro volto della Terra e del precursori della nuova razza sopramentale. Aswapati, che rappresenta l'aspirazione umana a scoprire il segreto della Terra al di là di tutte le conoscenze spirituali già esplorate (in: L'Agenda di Mere IV, 13 mar. '63, p. 96, nota di Satprem), otterrà la grazia del discesa del Madre divina sulla Terra nell'incarnazione umana di Savitri, che riuscirà a "spezzare la ferrea Legge" dell'incoscienza e "col solo potere dello spirito cambierà il fato avverso del Natura".

Canto I: LA RICERCA DELL'INCONOSCIBILE

Il titolo: L'inconoscibile - non assolutamente inconoscibile, ma al di là della conoscenza mentale, - scrive Sri Aurobindo, non può che essere un grado superiore d'intensità dell'essere di questo Qualcosa [quel Qualcosa, che è Satcitananda, la cui conoscenza ci permette del conoscere tutto, secondo la formula upanisbadica: n.d.l.] un grado al di là del più elevato vertice raggiungibile dagli esseri mentali, e, se fosse noto come dev'esser noto a se stesso, questa scoperta non distruggerebbe interamente ciò che ci e dato dalla nostra massima conoscenza possibile, ma la porterebbe piuttosto a un superiore compimento e a una verità più vasta di quella ch'essa ha già ottenuto dalla visione del se ed esperienza del se. E allora questo Qualcosa, un Assoluto che può essere conosciuto in nodo che tutte le verità possono stare in esso e per esso e trovarvi la loro riconciliazione, che dobbiamo scoprire come nostro punto di partenza e mantenere quale base costante del pensiero e della visione e con esso trovare una soluzione del problema; perché è solo questo che può portare in sé una chiave ai paradossi dell'universo. (The Life Divine, 18, p. 570).


v. 14: (...) una vana lotta della Mente;

E, al v. 16, "un vano orgoglio del Volontà": cfr. note a II, 6, 907-09 e 7, 256 e sgg.


v. 15: ogni conoscenza finirà nell'Inconoscibile:

L'inconoscibile è per noi Qualcosa di supremo, meraviglioso e ineffabile che continuamente formula Se stesso per la nostra coscienza e continuamente sfugge alla formulazione ch'Esso ha creato. E fa questo, scrive Sri Aurobindo, non come uno spirito malizioso o un mago capriccioso che ci porta da una menzogna a un'altra più grande e così fino a una negazione finale di tutte le cose, ma, anche quaggiù, come il Saggio al di là della nostra saggezza [cfr. nota a II, 11, 349] che ci guida da una realtà a un'alera sempre più profonda e più vasta finché scopriamo la più profonda e la pi? vasta di cui siamo capaci. Una realtà onnipresente è il Brahawn, non una causa onnipresente di persistenti illusioni: (Ibid., p. 30).


v. 62: (...) qualche spoglia Realtà intollerante,

Per il significato di 'intollerante', vd. nota a I, 1, 222-24.


v. 66e la mente umana deve abdicare nella Luce

E quello cui il Poeta allude alla fine del Canto XI del Libro II. Cfr. note a II, 6, 907-09; I l, 166 e al titolo del Canto XV del Libro II.


vv. 68-70: Tutto ciò ch'egli era stato e tutto ciò verso cui cresceva etc.

Il v. 68 ci fa sentire e non semplicemente pensare l'evoluzione vivente nell'essere interiore di Aswapati, spiega Sri Aurobindo in una lettera del '46, l'evoluzione dell'essere interiore e la fine o il fallimento abrupti di tutto ciò che era stato fatto a meno che non possa improvvisamente trascendersi e divenire qualcosa di più grande. E i due versi che seguono gli conferiscono pieno significato e suggestione poetici (Letters on 'Savitri', 29, pp. 784 e 783).


vv. 85-86: il Sé separato doveva fondersi o rinascere etc.

Nel commento di Sri Aurobindo alla Kena Upanishad leggiamo: (...) anche il sé individuale deve attraverso l'aspirazione della mente verso l'alto, attraverso i sollevamenti di se al di là, attraverso il ricordo costante della Realtà suprema in cui durante questi momenti divini ha vissuto, ascendere alla fine in quella Beatitudine, in quel Potere e in quella Luce. (The Upanishads, 12, p. 230).


v. 97 e sgg: apparve, visibile da lungi, la Divinità del tutto, etc.

Si tratta del Divino trascendente, uno dei tre aspetti, assieme a quello cosmico e quello individuale, che ha per noi il Divino. Nella pratica dello yoga c'è una grande differenza fra le tre possibili realizzazioni: Se realizzo unicamente il Divino scrive Sri Aurobindo, come quello che, pur non essendo il mio sé personale muove tuttavia segretamente tutto il mio essere personale e che io posso manifestate fuori dal velo [il velo dell'ego, del desiderio e dell'incoscienza], o se rafforzo l'immagine di questa Divinità nelle mie membra, si tratta di una realizzazione, ma di una realizzazione limitata. Se è la Divinità cosmica che io realizzo, perdendo in essa tutto il sé personale, questa è una grandissima realizzazione, ma divengo un puro canale del Potere universale e per me non c'è alcun compimento personale o divinamente individuale. Se salgo direttamente alla realizzazione trascendentale soltanto, perdo sia me stesso sia il mondo nell'Assoluto trascendentale. Se, d'altro canto, il mio scopo non è alcuna di queste cose di per se', ma di realizzare ed anche manifestare il Divino nel mondo, facendo discendere a questo fine un Potere non ancora manifestato, - quale la sopramente, - [cfr. nota a I, 4, 13: "un Potere non nato deve costruire il Reale"] diventa imperativa un'armonizzazione di tutte queste tre [cfr. note a II, 13, 52 e sgg. e III, 3, 476 e sgg.]. (Letters on Yoga, 23, p. 511).


v. 105:niente di quel ch'è concepito dalla Mente cosmica restava.

Cfr. note a I, 3, 647 e II, 1, 40.


v. 137:L'intera persona periva nel suo anonimato.

La persona del Re, perduta nell'Assoluto trascendentale (cfr., più sopra, la nota al v. 97 e sgg.). I vv. che seguono hanno di nuovo per soggetto la "Realtà assoluta" del v. 124.




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