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In principio dio creò IL cielo e la terra leggere IL Libro della Genesi


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PER I RAGAZZI e i PREADOLESCENTI



Obiettivo: il gruppo è guidato a cogliere il progetto di Dio che è unità nella differenza

Svolgimento dell’incontro


  • Introdurre ricordando che i popoli della terra hanno usi e costumi diversi (eventualmente portare foto o un video fatto di spezzoni di documentari)

  • Domande: perché siamo così diversi? Perché abbiamo così paura degli altri? Cosa facciamo quando siamo con un ragazzo diverso da noi per origine? In cosa è uguale a noi? In cosa è diverso? Come ci troviamo con i ragazzi nati fuori dall’Italia con cui andiamo a scuola? Cosa abbiamo imparato da loro che non sapevamo?


CELEBRAZIONE PER I RAGAZZI “celebrazione del mappamondo”





  • Mettere al centro della cappella o della stanza un mappamondo

  • Canto

  • Leggere Gen 11,1-8; At 2

  • Sal 67, pregare a cori alterni

  • Testimonianza di un missionario, che racconta che cosa ha imparato dalle persone con cui è vissuto

  • Preghiere spontanee: vorrei pregare per il ….. (nome di un popolo, nazione), perché ……..

  • Canto finale


PER UN INCONTRO CON I GENITORI



Obiettivo: riflettere sui processi di omologazione culturale che si stanno diffondendo e sulla difficoltà di educare i ragazzi al senso critico e alla tolleranza

Svolgimento dell’incontro


  • Su un cartellone indicare le caratteristiche del giovane secondo lo stile ricercato dalla “McDonald” o dalla pubblicità imperante

  • Come educare i figli al senso critico e all’essere unici

  • Come educare le nuove generazioni a valorizzare ogni diversità


ATTIVITA’ PER I RAGAZZI E I LORO GENITORI

Proporre di andare insieme a veder Pinocchio (oppure leggere il libro). Discutere su quanto visto e letto evidenziando il fatto che Pinocchio vuole sempre fare di testa sua (come i costruttori della torre!)



Scheda 8
Gen 11,10-12,4: Abramo, “l’oltrebabele”



Segno


un germoglio

Obiettivo


L’incontro serve da conclusione di tutto il cammino: si ribadisce ancora una volta come il progetto di salvezza di Dio non si ferma di fronte al peccato dell’uomo.

Commento (per i catechisti)

La storia della Torre di Babele non è il punto finale di Gen. 1-11. Il capitolo undicesimo si conclude con una nuova genealogia, la storia dei discendenti di Noè, che arriva sino ad Abramo. Il racconto che si apre a questo punto (12, 1-4) ci introduce su un terreno nuovo. Dalla storia dell’umanità in generale, si passa alla storia di un singolo e dei suoi discendenti, Abramo appunto. L’umanità, dispersa dopo l’esperienza frantumante di Babele, si ritrova nel momento in cui un uomo, un solo uomo accoglie la chiamata di Dio, lascia la sua terra e parte.

Abbiamo già visto come in Gen. 1-11 siano importanti le genealogie: in questo caso il narratore intende riprendere il filo della storia interrotto, alla fine del capitolo X, dall’episodio della torre di Babele: la benedizione di Dio, nonostante tutto, prosegue attraverso i figli di Noè, sino alla figura di Abramo, discendente di Sem, il benedetto (Gen 9, 26). Di Abramo di dicono poche cose, ma di estrema importanza: che la moglie Sarai era sterile (v.30) e che Terach, suo padre, aveva già deciso di emigrare da Ur dei Caldei a Carran e, da qui, di dirigersi verso la terra di Caanan, la futura terra promessa.

La conclusione naturale di Gen 1-11 è quindi… Gen 12,1-4! Nel libro della Sapienza si legge (10,5):



Essa (la Sapienza), quando le genti furono confuse, concordi soltanto nella malvagità (Babele), riconobbe il giusto (Abramo) e lo conservò davanti a Dio senza macchia e lo mantenne forte nonostante la sua tenerezza per il figlio (Isacco).

Come si vede il libro della Sapienza lega tra se l’episodio di Babele e la chiamata di Abramo, rivelando come il secondo episodio sia lo sbocco naturale del primo:



  1. gli uomini vogliono emigrare nel paese di Sennaar (11,2) decidendo autonomamente del proprio destino e andando incontro alla dispersione (11,9). Abramo invece parte per andare dove Dio lo manda, senza aver deciso nulla di propria volontà (12,1);

  2. gli uomini di Babele vogliono “farsi un nome”, si considerano uomini importanti; ma non comprendono che solo Dio può rendere grande il nome dell’uomo, come avviene con Abramo (12, 2);

  3. Il risultato dell’arroganza degli uomini è la loro dispersione (11,9) mentre la risposta al progetto di Dio di Abramo è la benedizione per tutte le famiglie della terra (12,3). La benedizione non è solo per Abramo, ma attraverso di lui si estende a tutta l’umanità. Con Abramo inizia veramente una nuova storia.

L’inizio della storia di Abramo (v.1) è del tutto diverso da quello delle storie sinora osservate; la storia di Abramo non si apre con l’espressione “questa è la genealogia di…” (cf. 11,27), ma inizia con una parola diretta del Signore. Si ricomincia da capo, con Dio che parla, proprio come in Gen 1,3 all’inizio della creazione. Perché Dio parla proprio ad Abramo? E’ il mistero dell’azione di Dio; ma in precedenza il testo di Gen 11,30 ci ha messo sull’avviso: la moglie di Abramo, Sarai, è sterile; Dio si mette così dalla parte di quel discendente di Noè che più si trova in difficoltà.

La prima parola pronunciata da Dio è un invito a partire: “vattene!”; il senso del verbo ebraico è ancora più preciso: “vattene per conto tuo”, parti da solo. La storia di Abramo inizia con un invito a lasciare il presente per poi lasciare anche il futuro, il figlio Isacco che Dio avrà donato (cfr. Gen 22). Così, come commenta l’autore della lettera agli Ebrei, “Abramo partì senza sapere dove andava” (Eb 11,8).

Che cosa deve lasciare Abramo? Tre cose, in ordine di importanza: la sua terra, cioè la sua patria (Ur dei Caldei e adesso Carran), la sua famiglia, cioè la sua tribù, e la casa di suo padre; Abramo deve lasciare tutte le sue radici per fidarsi soltanto della parola di Dio; l’unica certezza è appunto questa: “verso la terra che io ti farò vedere”. Solo al vs 7, una volta arrivato a destinazione, Abramo si sentirà dire che il paese nel quale è giunto è quello giusto!

Dio fa ad Abramo una triplice promessa (vv. 2-3): una terra, una discendenza, la benedizione. Il termine chiave è proprio “benedire” / “benedizione” che compare nel testo per cinque volte, tante quante era comparso in Gen 1-11 il termine opposto, “maledire” (Gen 3,14; 3,17; 4,11; 8,21; 9,25). Se con la maledizione il mondo e l’uomo sono stati separati da Dio, con la benedizione concessa ad Abramo l’umanità ritrova la vita e la salvezza. Le cinque benedizioni accordate attraverso Abramo a tutte le famiglie della terra riprendono così la triplice benedizione data da Dio all’inizio della creazione (Gen 1,22.28; 2,3). La storia del mondo e dell’umanità non è dunque sotto il segno della morte, ma sotto quello della vita e del rapporto con Dio: è davvero storia della salvezza, e non del peccato.

Il testo si chiude sottolineando l’ubbidienza di Abramo alla parola del Signore (Gen 12,4). La partenza congiunta di Lot, parente di Abramo, sottolinea il fatto che la benedizione accordata a Abramo comincia ad essere efficace anche al di là della sua persona. La sottolineatura dell’età vuol farci comprendere come Abramo parta senza alcuna speranza umana; vecchio, eppure sempre giovane!

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