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Lo svolgimento del processo


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Le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Francesco Onorato
Francesco Onorato, determinatosi a collaborare con la Giustizia nel 1996 (il suo primo interrogatorio da collaborante risale all’undici settembre di quell’anno), ha riferito di essere stato formalmente “combinato” nel novembre 1980 alla presenza di Gaetano Carollo, sottocapo della “famiglia” di Resuttana; di essere stato “soldato” a disposizione di Rosario Riccobono (pagine 3-80-81 trascrizione udienza 19 gennaio 1999) e, nel 1987, reggente della “famiglia” di Partanna Mondello ; di essersi accusato di numerosi delitti per alcuni dei quali non era stato nemmeno indagato, oltre che dell’omicidio dell’onorevole Salvo Lima (pagine 4-5-92-94); di essere statoabbastanza intimo” con Rosario Riccobono.

Ha, altresì, indicato varie residenze di cui questi disponeva: nella via Guido Yung, a Partanna Mondello nella via Spina Santa <<.. sotto la montagna>>, (ove i costruttori Caravello avevano acquistato un terreno di circa 10.000 mq), nella zona di Villa Scalea (una villa ancora in costruzione ed altre due già ultimate, di cui una con piscina), nella borgata di San Lorenzo in un palazzo realizzato dai fratelli Caravello (il collaborante aveva intestato a sé il contratto di fornitura di energia elettrica), a Pallavicino, a Sferracavallo nella zona di Barcarello.

Ha riferito, in particolare, che a Barcarello il predetto abitava al piano terra di una villa (il cui primo piano era abitato da Salvatore Lo Piccolo) vicino la quale, circa cento metri più avanti verso il mare <<aveva un terreno dove (..) aveva una roulotte con una recinzione di ferro, però nella recinzione di ferro c'era tutto un canneto, che non si vedeva il dentro, anche il portone era coperto di incannato>> (cfr. pagine 10 e 19).

Ha riferito che, nella via Jung n° 7, il Riccobono disponeva di una macelleria, e dei box sottostanti, dove erano state ricavate delle celle frigorifere, e che, negli anni 1978-1979 la macelleria ed i box, come anche il retrobottega del vicino bar “Bignè”, erano utilizzati come luoghi di incontri tra mafiosi: <<Sì, venivano Stefano Bontade, venivano Salvatore Inzerillo, venivano Salvatore Di Maio, venivano i Galatolo erano o lì, venivano pure, venivano Nino Badalamenti (…) Di solito si spostavano nella macelleria, oppure sotto i box, se erano in tanti, a volte erano in dieci, otto che dovevano parlare e scendevano lì sotto al box della macelleria dove c'era fatto una cella frigorifera là sotto alla macelleria, oppure il dietro bottega del bar bignè, oppure là davanti stesso, dietro i camion, dietro sopra il marciapiede, passeggiavano e parlavano tranquillamente>> (pagine 12-13-63-64)

Al medesimo civico n° 7, abitavano la moglie e le figlie: egli, “per delicatezza”, cioè per rispetto del loro pudore, non era mai stato in quella casa e non ricordava a che piano si trovasse.

Ha dichiarato che il Riccobono <>, uomini d'onore che lo avvisavano quando vedevano movimento di pattuglie, oltre a <


> (pagine 11- 12).

Ha menzionato, a questo riguardo, il <<maresciallo di Partanna Mondello, che lui questo maresciallo l'aveva nelle mani totalmente anche nel mentre che lui era latitante lo veniva a trovare>>.

Il suddetto maresciallo che, salvo errore, ha riferito chiamarsi Pace (pag. 50), era sul libro paga di Riccobono, <<cioè al maresciallo ero che li vedevo sul libro paga che c'erano messi orologi rolex, c'erano cinque milioni spese maresciallo di manutenzione villa che gli mandava gli operai>> (pagina 14-38-50).

Ha soggiunto : <<Poi c'era il Dott. Contrada che era abbastanza intimo con Saro Riccobono, proprio parlando di questo processo, che spesse volte si è recato a trovare a Saro Riccobono anche in questa via, non in mezzo alla strada, ma nell'edificio, nel palazzo dove è' che Saro Riccobono si incontrava con il dott. Contrada, in via Guido Jung>>.

Riccobono gli aveva detto che Contrada <<ci stava bene e che era a disposizione di Cosa Nostra>>.

Egli stesso aveva personalmente visto arrivare l’imputato, salvo errore, un paio di volte nella via Jung; in tali circostanze <<Saro Riccobono si allontanava da noi, e che entrava nel portone dove il dott. Contrada aveva appena entrato>> (pagine 14-15).

Ha dichiarato, inoltre di averlo visto, <<un giorno verso 1980-81>>, arrivare a Barcarello a bordo di una Alfasud di <<colore chiaro, un beige, un nocciola, un colore tipo così>>, con cui era solito venire anche in via Jung.

In tale, ultima, circostanza l’imputato aveva <<aperto il portone che il portone si apriva da solo dove c'era l'incannato>>101 , <<dove forse non si aspettava di trovare a tutte queste persone, perché eravamo in parecchi>>, e si era intrattenuto a parlare per una ventina di minuti, all’interno del terreno recintato <<dove c'era la roulotte>>, con Riccobono.

Quest’ultimo, una volta andato via Contrada, aveva incaricato esso collaborante <<di andare ad avvisare i fratelli Galatolo che c'era movimento di carabinieri, c'era qualche blitz in giro, qualche perquisizione e via di seguito...>>, affinché gli stessi Galatolo, in quel periodo non ricercati, si facessero tramite della notizia nel mandamento di Resuttana ed in quelli viciniori (pagine 20-24).

L’Onorato, inoltre, ha riferito, che, in un periodo da lui collocato <<verso 1979 – 80 (…)il dott. Contrada si incontrò con Saro Riccobono dentro la portineria che poi è salito nell'appartamento, e subito dopo il Riccobono ha fatto sapere di far sapere a tutti, di non venire in quella zona del bignè, in via Guido Yung, perchè ci doveva essere una perquisizione, una retata di polizia, squadra mobile, non mi ricordo, di carabinieri, era stato avvisato Saro Riccobono.



Infatti l'indomani mattina, se non erro, cioè o dopo qualche giorno o l'indomani mattina c'è stato che sono venuti anche i vigili del fuoco a perquisire tutto lo stabile. Mi ricordo che era stato perquisito tutto lo stabile anche dai vigili del fuoco>>.

Ha soggiunto di non ricordare se le paventate operazioni di Polizia fossero state effettivamente poste in atto, ma di conservare memoria di quella nella quale erano intervenuti i Vigili del Fuoco: << non mi ricordo senta, non mi ricordo se ci sono state, comunque io ho avvisato, non mi ricordo se ci sono state, mi ricordo i pompieri prima, mi ricordo dei pompieri che sono arrivati, hanno cercato Saro Riccobono che lo cercavano nello stabile questo mi ricordo benissimo perché c'è stato il movimento dei pompieri>> (pagine 22-23).

Ha dichiarato che Contrada disponeva di un appartamento nello stabile di via Jung n° 1.

Ha riferito che,dopo avere contratto matrimonio con Angela Graziano, figlia di Giovanni Graziano e nipote di Angelo Graziano, aveva appreso dal suocero che quell’appartamento era stato originatamene da lui “regalato” allo stesso Riccobono, << che a sua volta l'aveva girato, regalato a Bruno Contrada, questo è quello che mi dice mio suocero quando io divento il genero>> (pagine 24-27).

Sempre con riguardo alle prebende elargite all’imputato, il collaborante ha riferito che il Riccobono << metteva sempre nelle spese di famiglia>> Bruno Contrada.

In concreto, ha narrato che un giorno, negli anni 1980 – 1981, mentre si trovava insieme con Michele Micalizzi e Giovanni Saviano, e forse anche con Enzo Sutera, al bar “Singapore” nella via La Marmora, a Palermo, era arrivato Calogero Adamo, concessionario Alfa Romeo in stretti rapporti con Rosario Riccobono. Sceso dalla sua autovettura, si era avvicinato a Salvatore Micalizzi e gli aveva detto <<che Riccobono doveva dargli dei soldi, perché aveva dato una macchina al dott. Contrada>>.

Il collaborante non ha riferito altri particolari della vicenda, né ha saputo dire qual fosse il modello dell’autovettura e se questa fosse stata direttamente destinata a Contrada o a terzi (pagine 37- 38).

In sede di controesame, l’Onorato ha riferito di avere avuto notizia dalla televisione, durante la sua latitanza, dell’arresto di Contrada (pagine 87-90), che ricordava essere stato accusato da Mutolo e da <<un certo Spatola mi sembra, Spadaro… Spatola.. non mi ricordo>>; di avere seguito in carcere tutti i processi, in special modo sulla emittente locale “Tele Giornale di Sicilia” (pag. 111) ; di non avere potuto più seguire, nel periodo della sua collaborazione, i notiziari locali ma non avere letto nemmeno i giornali né guardato i telegiornali << perché dicono sempre brutte cose>> (pag. 112).

Ha escluso di avere avuto scambi di informazioni con altri collaboranti, precisando <<Quando io ho finito le mie dichiarazioni di tutto quello che dovevo dire, mi hanno messo in compagnia a Roma con altri collaboratori che c'erano napoletani, c'erano catanesi, qualche palermitano c'era pure, e basta>> (pagine 95-96); ha ammesso di avere incontrato, in particolare, nel carcere di Rebibbia Francesco Di Carlo, peraltro << sorvegliato ventiquattro ore al giorno dall’agente di custodia>>> (pagine 97-98).

Ha affermato di essere attualmente libero e di avere rispettato il divieto di incontri con altri collaboratori di giustizia (pag. 96).

*****

Come rilevato a proposito del Cucuzza, non consta una verifica giudiziale, in altri processi, della fondatezza e della originalità delle indicazioni accusatorie di Francesco Onorato, il quale, peraltro, ha plausibilmente motivato la propria risoluzione a collaborare con la sua difficile situazione familiare, e segnatamente con i problemi di salute della moglie (pag. 88 trascrizione udienza 19 gennaio 1999).



L’espletata istruzione dibattimentale, che per certi versi ha offerto significative conferme alle dichiarazioni del collaborante, non ha, tuttavia, consentito di fugare le perplessità alimentate da alcuni, rilevanti segmenti di esse.

Segnatamente, hanno sortito esito positivo gli accertamenti di Polizia Giudiziaria, disposti con ordinanza dibattimentale del 6 maggio 1999, resa nell’ambito del primo dibattimento di appello:



  • sulla titolarità, in testa all’Onorato, di una utenza ENEL relativa ad un appartamento sito a Palermo, nella borgata di San Lorenzo, costruito dai fratelli Caravello, indicato come una delle residenze di Rosario Riccobono;

  • sulla disponibilità, da parte di quest’ultimo, di una macelleria esistente nel 1980 nella via Jung e dei sottostanti box, nei quali erano state ricavate delle celle frigorifere.

Più in particolare, dalle relazioni e dall’allegato compendio documentale (acquisiti al fascicolo del dibattimento sul consenso delle parti all’udienza del 23 settembre 1999) relativi agli accertamenti condotti dal maggiore dei Carabinieri Luigi Bruno (del centro D.I.A. di Palermo), è emerso che Francesco Onorato fu intestatario di una utenza ENEL, attivata il 30 novembre 1981 e cessata il 25 agosto 1982, relativa all’appartamento al sesto piano dello stabile sito in via San Lorenzo n° 200, realizzato dai fratelli Domenico, Gaspare e Giuseppe Caravello, nel quale l’Onorato non abitò mai, tanto che le bollette gli venivano recapitate presso un appartamento di sua proprietà sito nella borgata di Sferracavallo, in via delle Naiadi n° 7.

Il certificato di abitabilità dello stabile venne emesso l’11 febbraio 1980, e pertanto, nel periodo in cui il collaborante fu intestatario della predetta utenza ENEL, l’immobile rimase in proprietà dei costruttori Caravello, ritenuti affiliati alla famiglia mafiosa di San Lorenzo102.

L’appartamento al sesto piano venne trasferito soltanto il 21 giugno 1984 ai coniugi Filippo Porcelli e Giuseppa Raniolo, e peraltro risulta venduto da costoro con atto del 5 ottobre 1995 a Margherita Riccobono in Micalizzi, figlia di Rosario Riccobono, quale esercente la potestà sul figlio minore Giuseppe Micalizzi.

Analogamente, è stato accertato che, con atti in notar Giuseppe Maniscalco del 20 aprile 1978, numeri di repertorio 68560 e 68561, Paolo Vitamia, cognato di Rosario Riccobono, nella qualità di amministratore unico della MAGIS S.r.L. acquistò l’appartamento al sesto piano dello stabile al n.°1 di via Jung, un box al piano terra, ma anche un magazzino facente parte dell’edificio al n° 7 e cinque locali, contigui tra loro, al piano scantinato. Nel magazzino, sino alla fine del 1979, vi era una macelleria, come confermato da tale Salvatore Scarpello, che, nel prendere in consegna quel locale, affittato per adibirlo ad un negozio di abbigliamento, vi aveva trovato i ganci da macellaio, i rivestimenti in marmo alle pareti ed un bancone frigorifero.

Ed ancora, le indicazioni riguardanti la disponibilità di un terreno e di abitazioni a Sferracavallo – Barcarello ed il rinvenimento di una vecchia roulotte sono state parzialmente confermate dagli accertamenti di polizia giudiziaria condotti nel 1993, a seguito delle dichiarazioni del pentito Gaspare Mutolo (come riferito dal teste Bruno all’udienza dell’undici marzo 1999) , così come è stata positivamente verificata la circostanza, riferita dal collaborante, che i fratelli Caravello avevano acquistato un terreno di circa 10.000 mq in località “Spina Santa”, ovvero “Monte Gallo”, a Palermo.

Su altre circostanze, invece, non è stato rivenuto alcun riscontro: segnatamente, non ha trovato conferma l’indicazione del collaborante secondo cui Antonio Pedone, titolare della trattoria “il Delfino”, avrebbe avuto, all’incirca sino al 1980, la disponibilità di un furgoncino Fiat di colore rosso; parimenti non è stata confermata l’ulteriore indicazione relativa alla disponibilità, da parte dell’imputato, di una autovettura Alfasud di colore beige chiaro (ricercata tra le autovetture in dotazione alla Questura di Palermo di cui Contrada avrebbe potuto servirsi), pur dovendosi precisare che gli atti relativi ad alcune autovetture di quel modello erano andati distrutti e dunque nessun elemento era stato possibile ricavare in ordine al loro colore (cfr. la nota della Questura di Palermo in data 17 febbraio 1998 , foglio 520 del fascicolo del primo dibattimento di appello).

Si è detto, tuttavia, che, in alcuni, rilevanti, segmenti, il racconto di Francesco Onorato è stato smentito dalle emergenze processuali.

Il primo di essi riguarda l’esatta indicazione dell’appartamento di via Jung abitato da Rosario Riccobono e dai suoi familiari, che l’Onorato ha sostenuto essere ubicato nello stabile al civico n° 7, precisando che, intorno al 1979-1980, vi aveva avuto luogo una irruzione della Polizia o dei Carabinieri, condotta con l’ausilio del Vigili del Fuoco.

Ha riferito che, sempre al civico n° 7 - del quale, peraltro, ha correttamente individuato gli abitanti che conosceva (come confermato dal teste Bruno) - lo stesso Riccobono faceva uso pure della casa dei consuoceri Lauricella, oltre che di un appartamento dei Galatolo (pagina 69).

Nello stabile al civico n° 1, invece, il Riccobono <<scusando il temine, si portava anche l'amante. Al n. 1 Rosario Riccobono aveva un altro appartamento, dove che si incontrava sia con persone di Cosa Nostra, e dove che certe volte si portava anche, scusando la frase, anche l'amante>> (pag. 65 trascrizione udienza 19 gennaio 1999).

Il secondo segmento riguarda l’irruzione della Polizia, coadiuvata dai Vigili del Fuoco: il collaborante, infatti, ha riferito che, il giorno prima o qualche giorno prima, Riccobono ne era stato preavvisato da Contrada, tanto che aveva avvertito tutti i suoi sodali, lui compreso, di non farsi trovare da quelle parti (pagine 9-22-23).

Orbene, tutte le indicazioni offerte dall’istruzione dibattimentale svolta in primo grado e nel primo dibattimento di appello convergono nel senso che, nel periodo indicato dal collaborante, Rosario Riccobono abitò con la famiglia un appartamento al piano attico dello stabile sito al civico n. 1 (e non al n°7), di proprietà della societa “Magis”, il cui amministratore unico era Paolo Vitamia, fratello della di lui moglie Rosalia Vitamia (cfr. quanto dichiarato alle udienze dell’undici e del 18 marzo 1999 dal teste Luigi Bruno, della DIA di Palermo, già escusso su questo punto anche nel dibattimento di primo grado all’udienza del 19 settembre 1995).

Come evidenziato, inoltre, a pag. 448 della sentenza appellata, <
>.

Il teste Mariano Campanella, inoltre, portiere dello stabile sito al civico n. 7, escusso all’udienza del 17 dicembre 1998 ha riferito di avere notato più volte Rosario Riccobono che, da lui conosciuto intorno al 1977 come don Carmelo Fricano, soggiornava in un appartamento sito nell’adiacente stabile al civico n. 1 abitato dalla moglie e dalle figlie, e passeggiava, anche di mattina, in strada.

Infine, la presenza di “don Carmelo”, alias Rosario Riccobono, e, per periodi continuativi, dei suoi familiari, è stata ammessa, con qualche reticenza, anche dal teste Francesco La Rocca, marito di Maria Tagliareni, portiera dello stabile al n. 1 (pagine 87-89, 94-95, 110-111 trascrizione udienza 14 aprile 2000) e dalla stessa Tagliareni, (ibidem, pagine 123 e segg.), la quale ha precisato che il nucleo familiare aveva definitivamente lasciato l’appartamento dopo l’irruzione del 30 aprile 1980, condotta dalla Polizia con l’ausilio dei Vigili del Fuoco.

Il riferimento a tale, ultima, operazione di Polizia offre il destro per evidenziare il secondo vulnus nelle dichiarazioni di Francesco Onorato.

Quest’ultimo, infatti, ha narrato di avere personalmente visto un giorno o pochi giorni prima di essa, incontrarsi Contrada e Riccobono nella portineria del civico n° 1, e poi salire insieme <<nell'appartamento>>. Subito dopo il Riccobono aveva <>. L’operazione, in effetti, era stata compiuta ed <<era stato perquisito tutto lo stabile anche dai vigili del fuoco>>.

Ora, in primo luogo è inesatta l’indicazione secondo cui la perquisizione sarebbe stata estesa a <<tutto lo stabile>> e, addirittura, sarebbe stata compiuta <<anche dai vigili del fuoco>>: costoro, infatti, come emerso dalle puntali dichiarazioni rese dal teste Gianfranco Firinu in primo grado (all’udienza del 78 luglio 1995) e nel primo dibattimento di appello (all’udienza del 14 aprile 2000) vennero chiamati per appoggiare una scala volante ad una finestra dell’appartamento al sesto piano dello stabile al civico n° 1 (e non al civico n° 7) perché nessuno apriva la porta di ingresso, peraltro blindata.

In secondo luogo, anche Francesco Onorato, come Salvatore Cucuzza, ha riferito che Riccobono era stato preavvertito di tale operazione, ed anzi - a differenza del Cucuzza - ha ricollegato tale circostanza ad un incontro dello stesso Riccobono con Contrada nella via Jung, ai cui momenti iniziali ha dichiarato di avere assistito.

A questo riguardo, vanno integralmente richiamate le considerazioni svolte rassegnando le analoghe dichiarazioni del Cucuzza: alla stregua, cioè, della puntuale testimonianza dell’ispettore Gianfranco Firinu in ordine alle circostanze ed alle modalità dell’irruzione, deve ritenersi che Rosario Riccobono non ne fosse stato messo al corrente.

Analoghe perplessità desta il racconto dell’episodio che avrebbe visto protagonista il concessionario Alfa Romeo Calogero Adamo: questi, recatosi al bar “Singapore”, avrebbe esortato Salvatore Micalizzi a ricordare a Rosario Riccobono che era ancora debitore del prezzo di una autovettura, data a Contrada.

Si è già osservato, raffrontando le dichiarazioni di Onorato con quelle del pentito Gaspare Mutolo - alla cui disamina si rinvia - che le une e le altre non sono sorrette da riscontri adeguati, nè si riscontrano vicendevolmente.

Lo stesso Adamo, del resto, escusso nel primo dibattimento di appello all’udienza del 17 marzo 2000, non si è limitato a smentire l’episodio (cosa che avrebbe avuto interesse a fare), ma ha riferito che il Riccobono era un ottimo cliente, avvezzo a pagare in contanti, o talvolta con assegni, ma comunque sempre per cassa, le autovetture che acquistava (pag. 100 della trascrizione).

Tali precisazioni, non smentite in alcun modo dalle risultanze processuali , appaiono credibili alla stregua della caratura mafiosa del Riccobono, tale da rendere poco verosimile la sua messa in mora, così come,a monte, il suo inadempimento.

Priva di riscontro, poi, e foriera di ulteriori dubbi sulla genuinità della fonte propalatoria, è risultata l’ulteriore affermazione dell’Onorato secondo cui Rosario Riccobono avrebbe “regalato” a Contrada un appartamento nello stabile del civico n° 1 di via Jung; appartamento che, a sua volta, avrebbe ricevuto in dono dal costruttore Giovanni Graziano, suocero del collaborante.

Ed invero, in difetto di qualsiasi altro contributo che attesti le circostanze, le modalità, l’esistenza stessa di un siffatto donativo, non resta che prendere atto degli esiti negativi delle indagini delegate al teste Luigi Bruno.

Quest’ultimo, sentito nel primo dibattimento di appello per illustrare gli esiti degli accertamenti di Polizia Giudiziaria condotti al fine di rinvenire eventuali riscontri alle dichiarazioni dell’Onorato, ha riferito di non avere individuato alcun legame tra Contrada e la proprietà o il godimento di appartamenti compresi negli stabili ubicati ai civici 1 e 7 della via Jung (cfr. pagine 24 e 35 trascrizione udienza 11 marzo 1999).

In conclusione, i dubbi che si addensano su rilevanti segmenti della chiamata in correità operata dall’Onorato influenzano negativamente il giudizio sulla attendibilità intrinseca del collaborante e non permettono, dunque - in difetto di riscontri di assoluta pregnanza - nemmeno di ritenere provati gli incontri tra l’imputato e Rosario Riccobono cui lo stesso ha dichiarato di avere assistito.

CAPITOLO XXVIII
L’istruzione espletata in questo giudizio : le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Angelo Siino ed Antonino Giuffrè all’udienza del 30 gennaio 2004 (rinvio) e l’intercettazione ambientale Gottuso - Landolina.
L’istruzione dibattimentale rinnovata in questo giudizio di rinvio si è articolata in produzioni documentali (delle quali si è fatto cenno volta per volta, trattando dei temi di prova in cui esse hanno trovato addentellato); nel nuovo esame del collaboratore di giustizia Angelo Siino e nell’esame del collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè, assunti all’udienza del 30 gennaio 2004; nella trascrizione, mediante perizia, della conversazione intercettata l’undici novembre 2001 all’interno della autovettura Fiat Punto targata BW 674 PG tra tali Pietro Landolina e Salvatore Gottuso, successivamente escussi all’udienza del 25 novembre ottobre 2004 nella qualità di indagati per reato connesso (partecipazione ad associazione mafiosa) nell’ambito del procedimento penale n. 2898/99 R. Mod. 21 D.D.A. Palermo.

Esigenze di ordine sistematico inducono a rinviare, quanto alla valutazione della attendibilità intrinseca, della attendibilità estrinseca e del contributo del Siino e del Giuffrè, alla già compiuta disamina delle loro propalazioni: quelle del Giuffrè, in particolare, sono state rassegnate nell’ambito del capitolo dedicato al pentito Giuseppe Marchese ed all’allontanamento di Salvatore Riina da Borgo Molara, avvenuto agli inizi del 1981, mentre quelle del Siino sono state valutate unitariamente alle dichiarazioni rese nel primo dibattimento di appello.

Venendo, dunque, alla conversazione intercettata tra Pietro Landolina e Salvatore Gottuso, vanno, innanzitutto, integralmente richiamate, per quanto ancora occorra - essendo stati acquisiti i decreti di autorizzazione e di proroga, il verbale di intercettazione ed il brogliaccio, e non constando l’illegittimità dei provvedimenti autorizzativi nel procedimento a quo - le ordinanze dibattimentali rese da questa Corte il 29 aprile 2004 ed il 13 maggio 2004.

La conversazione in esame è stata registrata in un “file” sonoro su supporto digitale (CD ROM), mentre le operazioni peritali sono state effettuate sulla copia del medesimo “file”, riversata in altro CD ROM. Di tale duplicazione (rectius “masterizzazione”), si è dato atto nel verbale delle operazioni compiute il 14 aprile 2004 presso la sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile, restando, dunque, scongiurato il rischio di qualsiasi manipolazione; d’altra parte, come chiarito dal perito ing. Paoloni (pag. 5 della relazione), trattandosi di registrazione in modalità digitale, la copia di un “file” ha la identica qualità audio dell’originale.

Il predetto ing. Paoloni ha chiarito che il rapporto tra il livello del segnale ed il livello del rumore è risultato, per i primi diciannove minuti circa della conversazione, intorno ai 20 dB, per poi ridursi a circa 10dB pur mantenendo una qualità sufficiente a garantire l’intellegibilità del segnale stesso (pagine 11 e 34 dell’elaborato peritale), salvo che in alcuni tratti, compromessi dalla sovrapposizione, al parlato, della musica diffusa da una autoradio ed ascoltata dal Gottuso e dal Landolina.

Egli, inoltre, ha tenuto a precisare che :<< anche i dati che non possono essere trascritti perché incomprensibili, o le pause in una conversazione inseriscono elementi di incertezza in una trascrizione. Il fatto che due frasi siano pronunziate in successione nella pagina induce a postulare una connessione tra due enunciati, connessione che, di norma non esiste se essi sono separati da alcune frasi non trascritte (perché incomprensibili) o da una pausa sufficientemente lunga>> (pag. 9 della relazione).

La trascrizione è stata corredata da una fedele traduzione in italiano delle espressioni riportate in dialetto siciliano (o meglio, in un italiano contaminato da espressioni dialettali), ragione per cui l’ing. Paoloni è stato affiancato da altro perito, nella persona della sig. ra Vincenza Cancelliere, con funzioni di traduttrice.

Venendo al contenuto della conversazione, la parte di più diretto interesse, secondo la scansione temporale descritta dal perito, si trova tra il minuto 35.14 ed il minuto 39.06, mentre il segmento contenente i riferimenti a Bruno Contrada si trova tra il minuto 37.31 ed il minuto 38.04.



Ragioni di chiarezza espositiva inducono a riportare, per meglio commentarlo, il brano in esame, con la precisazione che :

  • l’abbreviazione “inc.” sta per “incomprensibile”;

  • l’abbreviazione “int.” Indica una interruzione della registrazione (se maggiore di un secondo, ne viene specificata la durata);

  • i puntini di sospensione corrispondono alle naturali o momentanee esitazioni o pause del discorso;

  • la dicitura “(pausa)” indica una pausa voluta dai conversanti (se maggiore di un secondo, ne viene precisata la durata);

  • le espressioni tra parentesi sono parole o frasi scarsamente intelligibili di cui si fornisce l’interpretazione presunta.























(inc.)

35:14

Gottuso

(inc.)




35:18

l° Piero

(inc.)




Solo musica e diverse interruzioni da 35'18" a 35'40"

35:40

Gottuso

(inc.) ...




35:42

1° Piero

Ah? ...

Ah?

35:43

Gottuso

(inc., pausa 4s)




35:49

1° Piero

(inc., interruzione)




35:51

1° Piero

ah, pi un starí fermu dda (pause 2s, int,

ah, per non stare fèrmo là... VERNENGO







pausa 4s) VERNENGO mi pari una

Mi sembra una brava persona. È vero?







brava persona, è veru? (pausa 2s) Pi u

Per il naso non se la fa passare, è vero?







nasu un si la fa passari, veru è? ...




36:07

Gottuso

Non lo so (inc.) ... però è troppu precisu

Non lo so (inc.)...però è troppo







(pausa 2s) educatu (pausa 5s, int.) pisu

preciso...educato ...peso per peso, è







I isu, è diversu u discursu.

diverso il discorso.

36:23

(pausa 3s, interruzione)

36:26 '

Gottuso

(quannu ficiru) quannu ficiru a ritata

(quando hanno fatto) quando hanno fatto







nall'ottanta (inc.)

la retata nell'ottanta (inc.)

36:29

1° Piero

(inc.)




36:31

Gottuso

(Inc. 2)

~-`

36:33

1° Piero

C'era uru iddu dda dintra?

C'era pure lui là dentro?

























36:34

Gottuso

C'era iddu, c'era iu...

C'era lui, c'ero io...

36:36

1° Piero

(inc., pausa 3s)




36:39

Gottuso

Ci purtava a machina (cucinu) Saru (inc.,

pausa 3s, inc.) me cucinu SaSaru ci avia

fattu (u cumprumesso) a iddu, Ruggeru,

era (inc.) ... ci a sequestrarti...



Gli portavo la ntacchina (cugino) Saro.

(inc.) mio cugino Saro gli aveva .fatto

(compromettere) a quello, Ruggero, era

(inc.), gliela sequestrarono...

36:53

1° Piero

(u zu Saru RICCUBONU) puru forti era!

(inc., pausa 2s)



( lo zio Saro RICCON0) pure forte era.' (inc.)

36:57

Gottuso

Finì a villa e fineru tutti cosi ...

È finita la villa e finirono tutte cose...

37:00

1° Piero

E finiu puru iddu!

Ed è finito pure lui!




Pausa con musica e interruzioni, da

37'01" a 37'31"

37:31

Gottuso

Brunu CONTRADA (pausa 3s, int.) chi malandrinu (pausa 6s) i palli quantu na

rota di machina (pausa 3s)



Bruno CONTRADA... che malandrino... le

palle quanto una ruota di macchina...

37:47

1° Piero

Puru a galera si fici! ...

Pure la galera si è fatto!

37:51

Gottuso

Avi i palli quantu na rota di machina

(pausa 5s) I'atra vota u vitti, mischinu ...

Ha le palle quanto una ruota di macchina ... l'altra volta l'ho viso, poverino...

38:00

1° Piero

Ora si purtò...all'ultime elezioni,

all'ultime (inc.)...



Ora si è candidalo... alle- ultime elezioni, alle ultime (inc.)...

38:03

Gottuso

(Se, uora)...

Si, ora...

38:04

1° Piero

Ma chi fici menti?

Ma che ha fatto niente?

38:06

Gottuso

(inc.)

(inc.)

38:07

1° Piero

Ah? (pausa 3s)

Ah?

38:11

Gottuso

(inc.)




38:14

Gottuso

(inc., pausa 2s, int.)




38:17

Gottuso

(inc. 2, pausa 2 s)




38:21

Gottuso

...iddu ni fci scappari (pausa 3s)

N'avvisò, dici "stanno vinennu i sbirri"

(int., pausa Ss)


(inc.) ...lui ci ha fatto .scappare. Ci avvisò, dice "stanno venendo le guardie... ".

38:32

Gottuso

e ci ha spardare I'aricchi, ci a purtavu iu

chidda notti ... u MUTOLO dici v signor

ca ci la purtò iddu ...


e gli devo strappare le orecchie, gliel'ho portata io quella notte ..Il signor MUTOLO dice che gliel'ha portata lui...

38:39

1° Piero

U signor?

Il signor?

38:40

Gottuso

MUTOLO...

MUTOLO...

38:41

1° Piero

Ah!

Ah!

38:41

Gottuso

quannu si pintiu (pausa 2s) tal'è cca chi

ci avia purtatu (pausa 5s)



... quando si è pentito ... guarda qua che ci avevo portato

38:49

1° Piero

ma MUTOLO puru assai ni dissi fissarii,

eh? (pausa 2s)



ma MUTOLO pure molte ne ha dette fesserie, eh:'

38:54

Gottuso

~


Iddu quannu ... scumpariu me (cucinu

dalla Mafia) ... quantu minchiati dissi! ...

Picchi iddu unni era? ...


Lui quando è scomparso mio (cugino dalla Mafìa quante fesserie ha detto!

Perché lui dove era?

39:03

1° Piero I

Scinnissi (inc.)

Scenda (inc)

39:06

Gottuso

Unni era iddu?

Dove era lui?

I a 39'13" Si sente chiudere uno sportello di macchina e continua a sentirsi la musica con alcune interruzioni, fino a fine registrazione (42.109

'

interruzioni, fino a fine registrazione (42'10")



Orbene, la prima parte della conversazione riguarda tale Vernengo (minuto 35.51), che si dice essere stato catturato nel 1980 nell’ambito una retata (minuto 36.26) cui lo stesso Gottuso dice di essersi personalmente sottratto (minuto 36.34).

Il collegamento con le parole immediatamente successive (minuto 36.39) <<me cucinu Saru ci avia fattu (u comprumessu) a iddu, Ruggeru…era (inc. ci a sequestraru)..>>, cioè <<mio cugino Saro gli aveva fatto (il compromesso) a quello, Ruggero, era (inc.) gliela sequestrarono>> individua il Vernengo nell’omonimo Ruggero, acquirente di una villa sequestrata, promessa in vendita da tale “Saro”, che il Gottuso dice essere suo cugino e che immediatamente dopo (minuto 36.53), è indicato dal Landolina in Rosario Riccobono103.

Il sequestro della villa, infine, è correlato alla retata ed alla fine del Vernengo (<<E’ finita la villa e finirono tutte cose… E è finito pure lui>>).

Dopo una pausa con musica ed interruzioni, protratta per trenta secondi (dal minuto 37.00 a al minuto 37.31) il Gottuso menziona Contrada, manifestando la sua ammirazione per lui.

Gli riconosce, infatti, di essere un gran “malandrino” (“chi malandrinu”, cioè “che malandrino”); quindi , dopo avere taciuto per sei secondi, gli riconosce, addirittura, di avere “le palle quanto una ruota di macchina”, ripetendo questo apprezzamento dopo che il Landolina ha rimarcato << Pure la galera si è fatto!>>104.

Quindi, i due commentano la candidatura di Bruno Contrada <<alle ultime elezioni>> (le consultazioni per l’elezione dei componenti dell’Assemblea regionale siciliana, successive alla sua assoluzione all’esito del primo dibattimento di appello) ed il suo insuccesso (<<ma chi fici niente?>>, min. 38.04).

I successivi quindici secondi sono scanditi da una sequenza di parole incomprensibili e di pause, cui seguono le parole <<..iddu ni fici scappari (pausa 3s) N’avvisò, dici “stanno vinennu i sbirri””, e cioè <<…lui ci ha fatto scappare. Ci avvisò, dice”stanno venendo le guardie”>>.

Orbene, alla stregua delle puntuali indicazioni offerte dal perito prof. Paoloni, appaiono superabili i rilievi mossi dal consulente tecnico della Difesa, prof. Luciano Romito, con le “controdeduzioni” depositate il 28 ottobre 2004.

Il prof. Romito, in particolare, pur riconoscendo la correttezza dell’impostazione metodologica dell’indagine peritale, obietta che:



  • il segnale non può essere migliorato in maniera evidente e sostanziale da un'operazione di filtraggio, in quanto il segnale di maggior disturbo, cioè la musica ed il canto, s'intreccia con le voci intercettate (pag. 3 delle “Controdeduzioni”);

  • il rapporto che il perito ha ritenuto accettabile tra il livello del segnale ed il livello del rumore consente la la comprensione delle parole in misura pari al 75%, e la comprensione delle frasi (per tutti i processi di ricostruzione del segnale e quindi di inferenza) con una percentuale di intelligibilità dell’85-90%;

  • tale rapporto, quindi, non offre la certezza del 100% e non esclude l’influenza di interpretazioni soggettive dell'operatore (ibidem, pag. 4);

  • la porzione di conversazione di maggiore interesse è caratterizzata, in un breve arco di tempo, da una musica cantata con voce da tenore per tutta la registrazione, da numerose cadute di segnale, interruzioni, aumento della velocità di scorrimento del nastro o suo rallentamento e da 3 “cliks” che si sovrappongono al segnale oggetto di indagine (ibidem, pag. 9).

Il prof. Romito, infine, ha osservato << Nel laboratorio di fonetica dell’Unical sono stati effettuati esperimenti su soggetti palermitani. È stata sottoposta la frase oggetto di discussione con diverse trascrizioni possibili (comprese quelle effettuata dal perito). Le risposte avute sono state le più diverse. Sicuramente la trascrizione effettuata dal perito è una tra le trascrizioni possibili, mi chiedo però quanto possa valere presentarne una al posto di un'altra in una situazione di segnale così degradato. Quindi per concludere, dopo le puntuali corrette premesse effettuata dal perito nei capitoli dal secondo al quinto, dopo le attente analisi su tutte le alterazioni nelle cadute di segnale, quando la trascrizione effettuata può essere considerata oggettiva, quale è il valore scientifico non dell'analisi, ma bensì dell'interpretazione di un segnale con caratteristiche acustiche così basse?>> (ibidem, pag.19).

Orbene, posto che il perito prof. Paoloni ha premesso che un margine di interpretazione è connaturato alla trascrizione di una intercettazione ambientale, questa Corte condivide la valutazione secondo cui può ritenersi rassicurante un rapporto tra il livello del segnale ed il livello del rumore corrispondente ad una comprensione delle frasi, e dunque del loro contesto, dell’85-90%, anche perché lo stesso perito ha avuto cura di evidenziare i passaggi di dubbia decodificazione.

Allo stesso modo, in ordine alla utilità della operazione di filtraggio, lo stesso perito ha evidenziato i passaggi in cui la prevalenza della musica napoletana ascoltata dai conversanti ha impedito di individuare le loro parole.

Inoltre, le cadute di segnale, le interruzioni, ed 3 “cliks” che si sovrappongono al segnale oggetto di indagine non hanno impedito la ricostruzione della conversazione captata, nelle parti di cui i periti hanno potuto dare contezza ( ad esempio, la parola “macchina” in corrispondenza del minuto 37.31, che il consulente tecnico della Difesa dice essere oscurata da un clik, è stata certamente pronunziata, giacchè segue come genitivo alle parole “ruota di” e viene ripetuta subito dopo, al minuto 37.51).

Infine, il prof. Romito non ha precisato quali sarebbero le possibili trascrizioni alternative a quella peritale, che egli ha dichiarato di avere enucleato a seguito di <>.

Posto, dunque, che non è dato dubitare della affidabilità della trascrizione del perito prof. Paoloni, per ragioni di brevità espositiva non si è ritenuto necessario riportare la parte di conversazione tra il Gottuso ed il Landolina che precede il riferimento ad una retata ed a Contrada, e che, tuttavia, non è priva di interesse, vertendo su vicende e figure umane inequivocabilmente riconducibili ad un contesto delinquenziale e mafioso.

Segnatamente, si parla della scarcerazione di un tale Gino Dragna (min. 26.21); i conversanti, poi, menzionano un certo Carmelo, elogiando il fatto che fa pervenire ogni mese i soldi ai carcerati (min. 28.16) pur morendo di fame (min. 28.25) e successivamente parlano di tre rapine in un mese, commesse da tale Vincenzo Giacalone, e della scomparsa di sei autocarri (minuto 31.23).

Per quanto riguarda, invece, la parte di più diretto interesse per il presente giudizio, è certo il riferimento ad una retata in una villa promessa in vendita da Rosario Riccobono a Ruggero Vernengo, poi sottoposta a sequestro, retata alla quale, nel 1980, si sarebbe sottratto il Gottuso (non è possibile stabilire se al momento dell’irruzione degli agenti operanti ovvero preventivamente, a seguito di avvisi in ordine a controlli di polizia nella zona).

La Difesa ha sostenuto che non vi è prova del collegamento, alla stregua della trascrizione peritale, tra questa vicenda ed i successivi apprezzamenti di Gottuso e Landolina sull’imputato, così come sul nesso tra tali, positive considerazioni dei due conversanti e la successiva affermazione del Gottuso (min. 38.21) : << (inc)… lui ci ha fatto scappare. Ci avvisò, dice”stanno venendo le guardie>>.

Osserva questa Corte che i tre segmenti della conversazione non sono separati da interruzioni di natura tale da giustificare il dubbio che non si tratti del medesimo contesto discorsivo.

Ed invero i trenta secondi che intercorrono tra il minuto 37.00 ed il minuto 37.31 sono occupati da una pausa, cioè da una intenzionale sospensione del discorso, sia pure annotata dai periti come “Pausa con musica ed interruzioni”.

Il collegamento tra la retata e la figura di Bruno Contrada è avvalorato,poi, dalle stesse dichiarazioni rese dal Gottuso in qualità di imputato di reato connesso.

Egli, infatti, all’udienza del 25 novembre 2004, richiesto di chiarire il senso della sua allusione alla retata in parola, ha - in palese contrasto con il tenore ed il senso complessivo delle frasi captate - sostenuto di avere parlato di una retata per escludere che l’imputato, in quanto uomo di mondo e uomo dello Stato, potesse rendersi responsabile di “soffiate” in favore di “Cosa Nostra”: <<Io le dicevo, il discorso è di partenza perché si parlava di partenza su questo discorso, che i giornali dicevano che hanno fatto una retata e il dottore Contrada aveva fatto…, io dicevo appunto che il dottore Contrada si mette a fare queste cose, un uomo di mondo…, un uomo di quello che è..(...) Ma l’inizio era…, u dutture Contrada che è un uomo di mondo, un uomo di Stato, non è che può fare queste cose>> (pag. 20 della trascrizione).

E’ incontrovertibile, inoltre, ad avviso di questa Corte, che gli interlocutori (in particolare, il Gottuso, nato il 15 marzo 1946 e quindi in grado di riferire, per esperienza diretta, fatti accaduti tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta del novecento, a differenza del Landolina, nato nel 1976) esprimano nei confronti di Contrada una ammirazione che si ricollega tipicamente - nel sentire mafioso - alla sua “tenuta”, e cioè al non avere parlato nonostante il carcere.

In tale cornice, l’immagine delle “palle quanto la ruota di una macchina non può essere intesa come un riconoscimento della lealtà istituzionale dell’imputato: lo stesso Gottuso, infatti, dice di Contrada <<Chi malandrinu>> (min. 37.31 della conversazione) 105.

D’altra parte, non è concepibile che un soggetto come il Gottuso, che non parla certamente di agiografia, ma descrive figure e contesti mafiosi e delinquenziali, solidarizzi con un poliziotto leale.

Piuttosto, il suo commento ha delle evidenti assonanze con quello che il pentito Gaetano Costa ha riferito di avere sentito fare al mafioso Vincenzo Spadaro, alla fine del 1992, mentre si trovava detenuto con lui all’interno del carcere dell’Asinara. Lo Spadaro, infatti, guardando alla televisione un servizio giornalistico riguardante l’arresto dell’imputato, si era portato le mani ai capelli, accompagnando tale gesto, con la frase dialettale “nnu consumaru!“ (letteralmente traducibile nella frase “ce lo hanno consumato”).

La Difesa,poi, ha posto in dubbio il nesso tra il pronome “iddu”, seguito dalla frase <<ni fici scappari (pausa 3 s) N’avvisò, dici “stanno vinennu i sibirri (int.pausa 5 s) >> (min. 38.21), le espressioni di ammirazione sul conto di Contrada ed il precedente riferimento ad una retata; dubbio che nascerebbe dal fatto che, per diciassette secondi, dopo che si è parlato della mancata elezione dell’odierno imputato, figurano quattro “incomprensibile”.

Anche in questo caso, tuttavia, il nesso logico tra tale operazione di polizia, la fuga del Gottuso,” l’indicazione di colui che l’aveva resa possibile (“iddu”) e le espressioni di elogio nei riguardi di Contrada è talmente stretto da fugare qualsiasi dubbio correlato ai pochi secondi in cui il segnale si interrompe o la conversazione non è comprensibile.

In conclusione, anche se non è stato dimostrato quali fossero il contesto ed il luogo della retata, l’indicazione del coinvolgimento di Bruno Contrada, operata in una conversazione assolutamente spontanea, assume comunque un rilevante spessore indiziario nel quadro complessivo degli elementi che, unitariamente valutati, conducono alla affermazione della sua responsabilità106.


CAPITOLO XXIX


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