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Studio di impatto ambientale


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3Analisi dell’ambiente fisico biologico antropico




3.1Caratteristiche geologiche, geotecniche, idrogeologiche e sismiche del sito


Il Comune di Castelluccio Valmaggiore è classificato sismico con grado di sismicità S = 9; con l’Ordinanza n. 3274 del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 marzo 2003 “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” contenente nuove disposizioni in materia di classificazione sismica e di normative tecniche, il territorio di Castelluccio Valmaggiore è stato inserito nell’elenco dei Comuni appartenenti alla zona sismica Z = 2, recepita con Deliberazione della Giunta Regionale 2 marzo 2004, n. 153.

Per definire la successione litostratigrafica locale, i lineamenti geomorfologici dell’area e gli eventuali processi morfogenici in atto o potenziali, la distribuzione e le geometrie dei litotipi nonché lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea, è stato effettuato un rilevamento geolitologico e geomorfologico.



3.1.1Inquadramento macrosismico


L’Appennino meridionale presenta una storia sismica tra le più severe dell’Italia, sia in termini di intensità che di frequenza di terremoti. Le zone sismogenetiche sono caratterizzate da un’elevata pericolosità potenziale sia per il livello di sismicità che per l’elevata attività neotettonica.

Nell'area dell'Appennino meridionale, prossime al territorio indagato, le zone maggiormente interessate nel tempo da eventi sismici con magnitudo superiore a 5 sono quelle ubicate prevalentemente in corrispondenza della catena. L'allineamento degli epicentri di questi eventi sismici è chiaramente collegato con la struttura geologica della regione, in particolare gli epicentri si concentrano prevalentemente a ridosso del confine tra la catena appenninica e l'Avanfossa Bradanica, mentre il loro numero decresce nei settori interni della catena (prossimi al Mar Tirreno) e nel settore adriatico.

In base alla mappa della zonazione sismogenetica di figura 1 redatta dall'INGV (2004) in Appennino Meridionale sono state individuate due aree:


  • la prima caratterizzata dal massimo rilascio di energia legata ai processi distensivi che hanno interessato l'Appennino Meridionale a partire circa da 0,7 Ma. Tali aree coincidono con il settore assiale della catena. Per queste aree il meccanismo di fagliazione prevalente è del tipo faglia diretta (in prevalenza sistemi di faglie ad andamento NW-SE), la magnitudo dei sismi non è inferiore a 5 e la profondità degli epicentri è compresa tra 8-12 km. I settori occidentali dei bacini del Bradano, Basento, dell'Agri del Sinni ed il settore orientale del bacino del Noce ricadono in questo tipo di zona sismogenetica;

  • la seconda area caratterizzata dal rilascio di energia connesso prevalentemente a meccanismi di fagliazione tipici delle faglie trascorrenti. La magnitudo non è inferiore a 5 e la profondità degli epicentri è compresa tra 12 e 20 km. Queste zone sismogenetiche sono connesse a lineamenti tettonici ad andamento W-E.



Figura 1 – Zonazione sismogenetica ZS9. I limiti di colore blu separano zone con analogo significato cinematico, che differiscono principalmente per le caratteristiche di sismicità. Le ZS con bordo a tratteggio, identificate da una lettera, non sono state utilizzate nella valutazione della pericolosità

Di seguito si riporta un elenco di terremoti e le principali strutture sismogenetiche individuate come più significative per l’area di interesse, intorno al territorio del Comune di Castelluccio Valmaggiore (FG).


L’analisi della sismicità storica è stata effettuata sulla base dei dati contenuti nel Catalogo storico dei terremoti Italia, Gruppo di Lavori CPTI, (ediz. 2002). L’esame delle informazioni contenute nel catalogo consente una prima individuazione dei “centri sismici” rilevanti per il sito in esame e delle relative potenzialità, in termini di intensità epicentrali storicamente documentate.

Le intensità dei terremoti sono state espresse sia sulla base della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (M.C.S.), sia in termini di magnitudo macrosismica e strumentale (v. fig. 2). La scala MCS stima le intensità macrosismiche dei terremoti risentite nelle aree epicentrali sulla base dell’osservazione e delle descrizioni storiche dei danni causati dal terremoto. La magnitudo strumentale rappresenta invece le dimensioni in termini energetici dell’evento sismico.



Figura 2 - Terremoti con magnitudo M >3 (quadrati rossi e viola) registrati nell’intorno dell’area



Figura 3 - Principali terremoti registrati intorno l’area oggetto dello studio aggiornati al 2002



Figura 4 - Strutture sismogenetiche (rettangoli e cerchi neri) nell’area di studio.
Le caratteristiche del moto del suolo per effetto di un terremoto in un dato sito dipendono da tre fattori:


  • il meccanismo della sorgente;

  • la propagazione delle onde sismiche dalla sorgente al sito;

  • la risposta sismica locale.

I primi due fattori sono tenuti in conto dalla normativa sismica (Legge 2 febbraio 1974 n. 64 “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, Decreto Ministeriale 16 gennaio 1996 “Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”, Decreto Ministeriale 14 settembre 2005 “Norme tecniche per le costruzioni”, Decreto 14 gennaio 2008 Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”) e portano alla definizione di un moto sismico di ingresso al sito.

3.1.2Norme tecniche per le costruzioni


Il D.M. del 14 settembre 2005 “Norme tecniche per le costruzioni” contiene nuove disposizioni in materia di classificazione sismica e di normative tecniche. Il numero di zone sismiche sul territorio nazionale è fissato pari a 4, corrispondenti ai quattro valori di accelerazione orizzontale (ag/g) di ancoraggio dello spettro di risposta elastico.

Il comune di Castelluccio Valmaggiore (FG) ricade nella zona sismica 2 (v. fig. 5) a cui corrisponde una accelerazione orizzontale con probabilità di superamento del 10% in 50 anni maggiore di 0,15 g (v. fig. 6) che si traduce in una accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico pari a 0,25 (ag/g) (suoli molto rigidi).

Con Decreto del Ministero delle Infrastrutture del 14 gennaio 2008 sono state approvate le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni, in vigore dal 6 marzo 2008. Tali norme, in forza dell’art. 20 Legge 28 febbraio 2008 n. 31, sono vincolanti solo per nuove progettazioni degli interventi riguardanti gli edifici strategici, in alternativa, sino al 30 giugno 2009, potranno essere impiegate le Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al D.M. 14 settembre 2005, le Norme Tecniche per il cemento armato di cui al D.M. 9 gennaio 1996, le Norme Tecniche per le Costruzioni in zone sismiche di cui al D.M. 16 gennaio 1996, le Norme Tecniche per gli edifici in muratura di cui al D.M. 20 novembre 1987, le Norme Tecniche per i prefabbricati di cui al D.M. 3 dicembre 1987, le Norme Tecniche per i terreni, le rocce e la stabilità dei pendii di cui al D.M. 11 marzo 1988, le Norme Tecniche per i ponti stradali di cui al D.M. 4 maggio 1990.



Figura 5 – Nuova Classificazione sismica


Figura 6 - Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale espressa in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni riferita a suoli molto rigidi (Ordinanza 3519-06)

3.1.3Inquadramento geologico


L’area indagata è situata nella parte nord orientale dell’agro del Comune di Castelluccio Valmaggiore, su una superficie morfologica di raccordo tra i rilievi collinari appenninici a Ovest e la piana fluviale del Torrente Celone ad Est (corografia area di intervento - scala 1:25.000, 1:5.000; stralcio carta geologica –scala 1:50.000).

Dal punto di vista macrostrutturale, il territorio comunale di Castelluccio Valmaggiore si colloca al margine tra la Catena appenninica e l'Avanfossa; infatti il suo margine occidentale è interessato dalle strutture tettoniche e successioni sedimentarie più esterne della Catena appenninica mentre la restante parte del territorio è ubicato nella parte più occidentale dell’Avanfossa. Queste due macrostrutture sono caratterizzate da elementi litologici, strutturali e morfologici totalmente diversi.

L’area in oggetto si colloca in ambito di Avanfossa bradanica, in prossimità del margine orientale della catena appenninica meridionale. Lo sviluppo della catena appenninica, avvenuto tra l’Oligocene superiore-Miocene inferiore ed il Pleistocene in un contesto geodinamico abbastanza articolato, ha portato all’accavallamento delle unità di catena secondo sequenze deformative di tipo ventaglio imbriciato e duplex, generate da un campo di stress con asse di compressione medio orientato NE-SW.

La Fossa Bradanica è un bacino interposto tra la catena appenninica meridionale e l’avanpaese apulo che è stato colmato per regressione marina con migrazione della costa attuale verso SE, seppellendo il fronte orientale della catena appenninica.



Caratteri litostratigrafici delle unità affioranti

I terreni presenti nell’area in esame appartengono al ciclo sedimentario della Fossa Bradanica di età Pliocene superiore – Pleistocene. La successione è costituita localmente da argille e marne argillose grigio azzurre (note in letteratura come Argille subappennine).

In generale, la successione pliocenica delle Argille suabappennine, riportate nella Carta Geologica Ufficiale con il simbolo PQa, è caratterizzata da argille limose e da sabbie fini, in strati sottili a laminazione parallela, di colore dal giallastro all’avana nella sua parte superficiale a causa dell’alterazione, e di colore grigio azzurro tendente al grigio scuro in profondità.

Segue l’orizzonte integro delle argille grigio azzurre caratterizzato da argille limose e sabbie molto compatte. La stratificazione si manifesta grazie alla presenza di interstrati sabbioso limosi e di sostanze carboniose in sottilissime bande nerastre. A causa degli stress tettonici subiti, le argille sono pervase da fessure ad orientazione ed inclinazioni variabili, che in profondità si rinvengono del tutto rinserrate. Esse si rinvengono in genere ad una profondità di circa 5-6 metri dal piano campagna e costituiscono il basamento dell’area.



3.1.4


stesso. Il primo ha determinato la sovrapposizione delle successioni appenniniche della fascia occidentale su quelle della fascia orientale, causando la formazione di pieghe e faglie subverticali. Il secondo rappresenta invece il margine affiorante della Catena appenninica e segna il limite tra l’alloctono e i depositi plio-pleistocenici dell’Avanfossa. Le intense attività tettoniche hanno causato una forte tettonizzazione delle litologie appartenenti alle successioni appenniniche, influenzandone in modo determinante le caratteristiche geomeccaniche ed accelerandone i meccanismi di degrado.

Nella parte di territorio relativa all’Avanfossa, data l’uniformità delle litologie presenti, l’individuazione di elementi tettonici risulta possibile quasi esclusivamente con l’osservazione di foto aeree; tali osservazioni relativamente all’area interessata, non hanno messo in evidenza elementi tettonici. In alcuni casi, al di fuori dell’area interessata, alcuni sistemi di faglie hanno portato in affioramento terreni alloctoni sovrascorsi durante il ciclo sedimentario dell’Avanfossa.



3.1.5Lineamenti morfologici e idrogeologici


Dal punto di vista morfologico l’area interessata dal progetto di un impianto di produzione di energia elettrica è situata su una superficie degradante da ovest verso est, tra le quote 435 e 420 metri s.l.m.m.. Il sito è rappresentato da un versante poco acclive degradante verso sud-est; è posizionato ad est del modesto alto morfologico locale denominato Monte Priano, equidistante tra due incisioni situate a Nord (Valle Tamarice) e a Sud (Fosso la Figorella). Si tratta di due impluvi a carattere torrentizio che con andamento ovest-est affluiscono nel Torrente Celone. Le valli rimangono asciutte durante tutto il periodo estivo, eccetto durante i temporali estivi e in occasione dei periodi particolarmente piovosi.

In generale l’evoluzione morfologica di quest’area è il risultato dell’azione modellatrice degli agenti esogeni che hanno messo in risalto i terreni più resistenti all’erosione idrometeorica; i terreni sciolti aventi granulometria medio grossolana occupano generalmente estese superfici orizzontali di abrasione marina e versanti caratterizzati da valori maggiori dell’angolo di naturale declivio; i litotipi argillosi, plastici, affiorano lungo incisioni fluviali e su versanti a deboli pendenze.



Viste le modeste pendenze delle superfici e le discrete caratteristiche geomeccaniche dei terreni, si esclude l’innesco di fenomeni di instabilità anche in presenza dei carichi dovuti alle strutture a realizzarsi.

Per quanto attiene alle Aree a Pericolosità geomorfologica, di cui alla pubblicazione da parte dell’Autorità di Bacino della Puglia, l’area risulta perimetrata come area a pericolosità geomorfologica media e moderata (PG1) (vedi stralcio carta autorità di bacino della puglia).

Per quanto riguarda il rischio di esondazione, non ci sono dati storici che testimoniano eventi di allagamenti o inondazioni in corrispondenza dell’area di intervento. Si esclude che i terreni esame possano essere interessati dalle acque di una eventuale esondazione, anche in occasioni di piogge brevi e intense a carattere eccezionale, stante il dislivello che presentano dall’alveo attivo. Inoltre non vi sono ostacoli morfologici significativi al libero drenaggio delle acque meteoriche di scorrimento superficiale.

Per quanto attiene alle Aree a Pericolosità idraulica, di cui alla pubblicazione da parte dell’Autorità di Bacino della Puglia, l’area non risulta perimetrata come area a pericolosità idraulica. Il Titolo II “Assetto Idraulico” delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del PAI approvato, entrato in vigore con la pubblicazione del 30 dicembre 2005, prevede delle prescrizioni, oltre che per le aree a pericolosità idraulica riportate sulle cartografie, anche per Alveo in modellamento attivo, Aree golenali e Fasce di pertinenza fluviale, così come definiti dall’art. 36 delle NTA. Per tali aree si applicano le prescrizioni degli artt. 6 e 10 delle NTA.



L’area in progetto dista oltre 150 m dall’alveo in modellamento attivo del reticolo fluviale esistente e pertanto essa non è soggetta alle prescrizioni degli artt. 6 e 10 delle NTA del PAI Puglia.

Per quanto riguarda le condizioni idrogeologiche dei terreni affioranti, rappresentati dalla formazione delle Argille subappennine possono essere considerate impermeabili o scarsamente permeabili per porosità. La permeabilità efficace scarsa o nulla dei terreni argilloso-limosi non consente l’esistenza di un acquifero superficiale; modesti accumuli idrici possono rinvenirsi solo in corrispondenza di livelli più sabbiosi.


3.1.6

















































































































3.1.7



3.1.8



3.1.9Considerazioni conclusive


L’area interessata dal progetto di realizzazione impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomasse liquide si sviluppa su un versante debolmente inclinato verso sud-est, equidistante da due incisioni ubicate a nord e a sud.

Sulla base del rilievo geolitologico è emerso che in quest’area affiora, sotto modesti spessori di suolo inferiori al metro, un orizzonte spesso circa 2 m di da argille sabbioso-limose compatte, di colore giallastro e avana, che rappresenta la fascia di alterazione del substrato argilloso. Le argille grigio-azzurre integre, molto compatte, si rinvengono ad una profondità di circa 2,5 metri dal piano campagna.

L’ammasso di base, costituito appunto dalle argille grigio-azzurre, assume rilevanza per quanto riguarda le condizioni idrogeologiche dell’area. Nell’area i caratteri di permeabilità dei terreni affioranti non consentono l’esistenza di un vero e proprio acquifero superficiale.

Dal rilievo geomorfologico di campagna non si sono individuate forme ascrivibili a movimenti franosi in atto, né potenziali.

Dall’analisi degli aspetti geologici e geotecnici, con particolare riferimento a quelli geomorfologica e idraulici, così come definiti dal PAI dell’Autorità di Bacino della Puglia, è risultato che gli interventi in progetto, presentando deboli pendenze e distante oltre 150 metri dagli alvei in modellamento attivo della “Valle Tamarice” e “Fosso la Figorella”, non modificheranno in modo significativo gli assetti geologici e geomorfologici dell’area.

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