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Studio di impatto ambientale


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3.2Caratteristiche d’uso del suolo


Per quanto attiene alla destinazione d’uso del suolo, i terreni rientranti nel presente progetto sono indicati dall’autorità comunale come verde agricolo e quindi idonei per l’istallazione di impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da fonti energetiche rinnovabil.

Il presente progetto rientra quindi a pieno nelle disposizioni di pianificazione territoriale date dall’organo comunale. Non sono presenti aree industriali, produttive di altro genere o attività di altra natura che non siano di coltivazione prevalente a cereali.



3.3Elementi di valutazione paesaggistica storico-culturali agricoli


Per quanto attiene agli elementi importanti dal punto di vista conservativo, paesaggistico, storico, culturale o agricolo, non sono da rilevare particolari segnalazioni. L’intera area di progetto non rientra in vincoli A o B del P.U.T.T./p come viene evidenziato nella allegata cartografia dei vincoli. Non sono presenti siti archeologici nelle vicinanze e come descritto in termini di occupazione del suolo, la conservazione del patrimonio agricolo resta praticamente intatta, in quanto il valore di cambio di destinazione d’uso per il suolo interno alla proprietà, rappresenta un valore di minima incidenza.

Per la individuazione e la identificazione dei sistemi paesaggistici, sono stati esaminate le varie tipologie e modalità d’uso del territorio e di sfruttamento delle risorse naturali. Tale analisi ha permesso di evidenziare come determinate attività umane hanno inciso sulla modificazione del paesaggio nell’area di studio.



3.4Sistema agrario


Dall’analisi del paesaggio agrario, che si distingue da quello naturale, perché vi si trova la vegetazione che l’uomo ha ritenuto utile coltivare, è possibile riconoscere le relazioni reciproche esistenti fra il tipo di colture, il tipo di economia, le modalità di insediamento umano e i modi di organizzazione sociale della popolazione che si sono andati sviluppando nell’area in esame. La tipologia di uso del territorio presente nell’area studio e per la totalità adibita alla coltivazione di colture estensive, ciò a causa dell’assenza di fonti idriche adeguate per l’irrigazione.

3.5Sistema insediativo


Il sistema insediativo tipico del paesaggio agrario della provincia di Foggia ed in particolare del Sub-Appennino dauno è caratterizzato dalla presenza dei centri abitati, spesso arroccati su picchi montani, isolati dal contesto insediativo limitrofo, caratterizzato esclusivamente da abitazioni adibite ad uso dell’azienda agricola.

Inoltre, a differenza della zona pianeggiante, dove la riforma fondiaria ha parcellizzato il territorio con la realizzazione di poderi rurali di piccola pezzatura, i territori collinari, in cui è collocato l’impianto, a causa della trasformazione dei pascoli di altura in terreni agricoli non esiste un carattere identificativo di organizzazione del territorio. Infatti gli unici elementi ordinatori del territorio sono rappresentati dai vari corsi d’acqua attivi solo in occasione di precipitazioni meteoriche.



3.6Sistema infrastrutturale


La zona in esame risulta di facile accessibilità, in quanto sono presenti infrastrutture di rilievo in buone condizioni di fruibilità.

Il sito si trova a nord-est a pochi chilometri dal centro abitato di Castelluccio Valmaggiore, in posizione periferica rispetto al territorio comunale. È ubicato all’incrocio tra la strada provinciale Ponte Cileno – Castelluccio Valmaggiore e la strada comunale Orsara – Biccari. È raggiungibile da Foggia percorrendo per 17 chilometri la SS 17 per Lucera e successivamente la SS 160 per 18 chilometri ed infine le SP 123 e 124 per 22 chilometri. Dalla parte di Manfredonia è raggiungibile percorrendo i 54 chilometri della SS 89 per raggiungere Foggia e proseguire per il percorso innanzi indicato.

Il sistema infrastrutturale si presenta in buone condizioni di transitabilità ed attualmente è già interessato, sia pure stagionalmente, dall’intenso volume di traffico connesso con la movimentazione delle colture orticole. Trascurabile sarà pertanto l’incremento di traffico connesso con la movimentazione dell’olio vegetale che sarà costituito dal percorso giornaliero di n. 8 automezzi.

Le altre infrastrutture di un certo interesse che caratterizzano il territorio, come strade statali e ferrovie, non sono presenti nel territorio comunale di Castelluccio, bensì ad una ragguardevole distanza nel fondovalle in cui insiste l’alveo del fiume. Nell’area più prossima al sito di localizzazione dell’impianto non esistono impianti ed infrastrutture di un certo rilievo.



3.7Ecosistemi, flora e vegetazione (area del progetto)


Il territorio è soggetto da anni ad una profonda aggressione da parte dell’uomo, che ha modificato in modo sensibile gli equilibri ecologici preesistenti semplificando in maniera consistente l’ambiente e diminuendo il suo livello di biodiversità.

Una parte del territorio del Comune di Castelluccio Valmaggiore, tuttavia, e precisamente una ristretta fascia che parte dalla zona Nord Ovesto fino a Sud ovest, è compresa nei confini del pSIC Monte Cornacchia – Bosco Faeto (IT9110003). Il sito dell’impianto dista circa 100 Km dal limite più prossimo dell’area SIC.

Il paesaggio prevalente è quello dell’ambiente agrario (agroecosistema), con una residua presenza di comunità vegetanti di origine spontanea (frammenti di bosco di querce caducifoglie, arbusteti termofili, arbusteti igrofili e praterie secondarie) di seguito esaminati nei loro aspetti fondamentali e riportati nelle “carte delle comunità vegetanti di origine spontanea”, su base ortofotografica, in scala 1:10.000 e 1:5.000.

3.8Gli agroecosistemi


L’uso del suolo finalizzato al ricavo di reddito diretto in campo agricolo si limita, nella stragrande maggioranza dei casi, alla colture seminative a grano duro con alternanza ciclica a girasole e dal pomodoro.

Nella zona prospiciente al centro abitato del comune e nella zona a Sud est, verso la valle del Torrente Celone, sono presenti uliveti e altre colture arboree quali frutteti, mandorleti e vigneti. L’ambiente agrario è costituito quasi interamente da colture intensive a grano duro intervallati da boschi, macchie e garighe sparsi in tutta l’area.

In alcune zone, infatti, dove l’agricoltura è meno invasiva vi è la presenza di ecosistemi agricoli complessi definibili come ecosistemi agro-forestali derivanti dalla compresenza di campi coltivati e siepi arboreo-arbustive, poste lungo i loro margini, che derivano dai boschi di querce caducifoglie e di specie igrofile propri della zona.

Tali ambienti agricoli non presentano particolare interesse ed appaiono, inoltre, degradati a causa della ciclica, annuale, combustione delle stoppie che ha distrutto anche le poche fasce di arbusteti di confine fra una proprietà e l’altra.



L’abitudine, inoltre, alla bruciatura precoce delle stoppie di grano (spesso immediatamente dopo la mietitura, ai primi di luglio), scoraggia anche la presenza di animali che frequentano solitamente questi ambienti (quaglie, allodole, cappellacce, ecc.) rendendo quindi ancora più depressa la situazione ambientale.
Gli arbusteti termofili si presentano con composizione floristica, struttura e densità varia. La maggior parte di queste formazioni sono legate ai boschi da fatti dinamici di degradazione. Infatti non pochi boschi per il degrado subito a causa degli incendi, del pascolo e dei tagli eseguiti in passato nel dispregio delle norme selvicolturali, hanno assunto l’aspetto a volte di macchia, più o meno rada, dominata dalla Ginestra comune (Spartium junceum L.), altre volte di macchia alta costituita da Pero selvatico (Pyrus pyraster Burgsd.), rappresentato da esemplari di differente età (talvolta arborescenti e di grandi dimensioni), Biancospino comune (Crataegus monogyna Jacq.), Marruca (Paliurus spina-christi Miller) e Pruno selvatico (Prunus spinosa L.), e, nelle zone più degradate, di pascolo arborato (Tartarino, 1984 e 1996).
Gli arbusteti igrofili sono ridotti a fasce discontinue, di esigua larghezza, non di rado anche pochi metri, presenti sulle sponde o negli alvei abbandonati dei torrenti. Essi sono dominati dai salici, quali il Salice bianco (Salix alba L.), Salice rosso (Salix purpurea) e il Salice da ceste (Salix triandra L.), accompagnati da isolati elementi di Olmo comune (Ulmus minor Miller), Pioppo bianco (Populus alba L.) e Pioppo nero (Populus nigra L.).
I frammenti di bosco di querce caducifoglie, rappresentano relitti di più ampie e diffuse foreste, che hanno subito, specie negli ultimi 100 anni, dovuti a veri e propri disboscamenti e a forme d’uso irrazionali, che ne hanno determinato il lento degrado, rappresentato da spinti impoverimeti floristici e strutturali. Sono a prevalenza di Cerro (Quercus cerris L.) e Roverella (Quercus pubescens Willd.). Nello strato arboreo, il piano dominante è costituito da querce; quello dominato, non dovunque presente, da Acero campestre (Acer campestre L.), Frassino minore (Fraxinus ornus L.), Pero selvatico e Pruno selvatico. Lo strato arbustivo è costituito da Asparago pungente (Asparagus acutifolius L.), Biancospino comune, Clematide fiammola (Clematis flammula L.), Corniolo (Corpus mas L.), Fusaria comune (Euonimus europaeus L.), Caprifoglio comune (Lonicera caprifolium L.), Marruca, Pero selvatico, pruno selvatico, Pungitopo (Ruscus aculeatus L.), Rosa selvatica comune (Rosa canina L.) e rovi (spp.) (Tartarino, op. cit.).
Le praterie secondarie sono costituite da comunità vegetanti prevalentemente erbacee successive alla distruzione del boschi. Questo tipo di ambiente, nella zona interessata dall’intervento, risulta essere ormai molto rarefatto a causa della messa a coltura, ed i pochi residui sono, infatti, presenti dove la pendenza è tale da scoraggiare i tentativi di dissodamento.

Si estendono nelle vicinanze dei frammenti di boschi e degli arbusteti, di vecchi fabbricati rurali e nei luoghi più acclivi. Dal punto di vista botanico, questi ambienti ospitano molte specie rare ed importanti oltre a specie protette quali le orchidee.

La loro composizione floristica è simile a quella dei pascoli xerici del Tavoliere, costituiti da molte specie annuali e poche perenni (Sarfatti, 1953) che per le ridotte dimensioni non assicurano un’adeguata copertura del suolo.

La presenza di arbusti e di cespugli all’interno delle praterie è direttamente proporzionale al tempo di abbandono oppure da incendi o ceduazioni degli antichi boschi mesofili che precedentemente occupavano tali aree.

L’elenco floristico, che segue, è il risultato di rilievi di campo. Nella tabella le specie sono presentate in ordine alfabetico all’interno delle rispettive famiglie, anch’esse disposte in ordine alfabetico. La nomenclatura generalmente è stata aggiornata con la Flora d’Italia di Sandro Pignatti (1982). Dai dati disponibili si è potuto risalire al numero di specie presenti (incluse quelle protette) 190, di cui solo 5 sono specie protette (Carduus chrysacanthus Ten., Ophrys apifera Hudson, Ophrys sphecodes Miller, Barlia robertiana, Cyclamen hederifolium Aiton).

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