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La mappa dell’Italia dei veleni


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La mappa dell’Italia dei veleni

Finalmente abbiamo una mappa dell’”Italia da rifare”. L’Italia ammalata per industrie insalubri e discariche abusive. L’Italia avvelenata dall’amianto e dalla diossina, e che da troppi anni aspetta di essere risanata. E’ l’Istituto Superiore di Sanità a regalarci questa mappa con lo studio Sentieri, presentato oggi al Convegno dell’Associazione italiana di epidemiologia a Torino e appena pubblicato come supplemento sulla rivista Epidemiologia & Prevenzione (vedi sito). Si tratta di un ambizioso progetto, finanziato dal Ministero della salute, che ritrae la situazione sanitaria di 44 luoghi altamente inquinati, sparsi per tutta la penisola e le isole maggiori, in cui le condizioni ambientali fanno ammalare e morire la popolazione più della media. Località – da Porto Marghera a Gela, da Taranto a Porto Torres solo per citare le più note – in cui il livello di contaminazione dei suoli e delle falde, spesso dovute al pesante retaggio industriale, mettono a serio rischio la salute di chi ci lavora e ci abita.


Proprio per questo motivo questi luoghi sono stati battezzati da varie leggi con la sigla SIN, che sta per “Siti di bonifica di interesse nazionale”, dove però nella maggior parte dei casi le bonifiche sono ancora di là da venire. I SIN sono 57. Di questi, il pool di epidemiologi ambientali di Sentieri ne ha scelti 44 più interessanti sotto il profilo sanitario, per i quali sono stati analizzati i dati di mortalità in un arco di tempo che va dal 1995 al 2002.

Mappa con le zone di bonifica in italia
Nel loro complesso, queste aree sono caratterizzate da una mortalità in eccesso rispetto alle medie regionali. Vale a dire che le morti “osservate” sono, in quasi tutte le località, maggiori di quelle “attese”. Sentieri ha definito le esposizioni ambientali sulla base dei decreti di perimetrazione di queste aree di bonifica, caratterizzate dalla presenza di impianti chimici, petrolchimici, raffinerie, industrie siderurgiche, centrali elettriche, miniere e cave di amianto e altri minerali, porti, discariche e inceneritori. Insomma, l’Italia dell’industria pesante e delle pattumiere, dove generazioni di lavoratori hanno prodotto benessere e ricchezza spesso a costo della loro salute.

Quanti i morti da contaminazione industriale?
3.508 in otto anni: ecco a quanto ammontano i morti in più per malattie riconducibili alle esposizioni industriali. Se invece si considera il surplus complessivo dei decessi in queste aree si sfiorano per lo stesso periodo le 10 mila persone (su 403mila morti complessivi), di cui non si può dire con certezza se la componente ambientale abbia giocato un ruolo più o meno rilevante.
C’è insomma un pezzo non piccolo d’Italia, pari a 298 comuni con 5,5 milioni di abitanti (un decimo della popolazione) che sta decisamente peggio degli altri. Non solo perché, abitando in aree industriali o comunque degradate (come il litorale domizio flegreo e l’agro aversano interessato dal fenomeno delle discariche abusive), la popolazione ha in media un reddito e una scolarizzazione più bassa dei loro vicini. Ma anche perché alle diseguaglianze economiche e sociali si aggiunge un ambiente più insalubre, tanto da far correre più rapidamente il pallottoliere della mortalità, soprattutto nel Sud Italia.
“Lo studi Sentieri fotografa la situazione sanitaria di una porzione rilevante d’Italia determinata dall’inquinamento industriale degli anni ’50-’70. Un tributo pagato dalle popolazioni locali all’industrializzazione del paese, che ha lasciato un segno pesante nella contaminazione dei suoli e delle falde, dei fiumi e nei tratti di mare antistanti le aree più critiche” spiega il coordinatore Pietro Comba, dell’Istituto Superiore di Sanità. “I prossimi passi di Sentieri prevedono l’analisi in queste aree delle malattie e dei ricoveri per vedere se a una aumentata mortalità corrisponde anche – come è prevedibile – una maggior carico di malattie di natura ambientale, e quanto questa situazione perduri ancora oggi”.

Ecco la mappa delle mortalità da inquinamento industriale
Delle 63 cause di morte prese in considerazione dalle statistiche, alcune emergono come indubitabilmente legate a contaminazioni ambientali e malattie lavorative. Il caso più palese è rappresentato dalle 416 morti in eccesso per tumore alla pleura nei siti contaminati da amianto, per la presenza di cave di estrazione del minerale o di impianti di lavorazione (Balangero, Casale Monferrato, Broni, i dintorni dello stabilimento Fibronit di Bari, Biancavilla, Massa Carrara, Priolo, Pitelli e alcuni comuni lungo il litorale vesuviano). Più sfumato il quadro nei grandi complessi petrolchimici e siderurgici, dove alle emissioni di questi stabilimenti si associano altri fattori critici, come il traffico pesante e i fumi delle centrali termoelettriche. Tuttavia non è difficile ricondurre alle raffinerie di Porto Torres e Gela, alle acciaierie di Taranto, alle miniere del Sulcis-Iglesiente e alla chimica di Porto Marghera l’aumento di mortalità per tumore al polmone e malattie respiratorie non tumorali. O i decessi in più per insufficienza renale e altre malattie del sistema urinario alle emissioni di metalli pesanti, composti alogenati e idrocarburi degli stabilimenti di Piombino, Massa Carrara, Orbetello o la bassa valle del fiume Chienti.
Sempre nel Chienti, come nella Laguna di Grado-Marano e nella zona Nord di Trento (sede di impianti di produzione del piombo tetraetile fino alla fine degli anni settanta) si segnalano invece incrementi di malattie neurologiche come il morbo di Parkinson che potrebbero essere attribuite alle emissioni di piombo, mercurio e solventi organoalogenati. Anche un discreto aumento di decessi legati a malformazioni congenite è stato associato all’inquinamento da metalli pesanti e altre sostanze a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres. “Da notare che per il sito di bonifica di Massa Carrara, nel quale le industrie più inquinanti sono state chiuse negli anni ’80 ma la bonifica non è stata ancora effettuata, si registra l’eccesso maggiore di mortalità per cause ambientali: oltre 170 decessi in più ogni anno (13% in più dei decessi attesi)” commenta l’epidemiologo Fabrizio Bianchi del CNR di Pisa.
La lunga storia dello stabilimento Caffaro di Brescia, infine, con la vasta contaminazione di PCB nei terreni circostanti in piena città, ha lasciato il segno nei dati di mortalità con un aumento di casi di linfomi non-Hodgkin.
Sommando tutti questi casi si arriva quindi al totale di 3.508 morti in più dal 1995 al 2002 rispetto alle rispettive medie di mortalità regionale, pari a 439 casi eccedenti all’anno, che rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’impatto sanitario da cause ambientali. La stima, infatti, da un lato considera solo un decimo della popolazione italiana, dall’altro si limita a considerare le malattie che possono essere associate con un certo grado di certezza a cause ambientali in base alla letteratura scientifica consolidata. In questo modo sono stati esclusi, per esempio, malattie come il tumore al seno, il diabete e alcuni disturbi neurologici che secondo alcune ipotesi potrebbero avere almeno in parte una spiegazione ambientale. L’analisi, infine, considera solo la mortalità, quindi non misura adeguatamente le malattie non letali.
Se invece si considera il complesso delle cause di morte, l’eccesso sale a 9.969 casi (oltre 1.200 casi all’anno), quasi tutti concentrati nel Sud Italia (8.933 decessi). Come sapere se queste morti non riguardano solo o soprattutto gli operai che hanno lavorato nelle industrie interessate dallo studio? “Ce lo dice il fatto che per quasi tutte le malattie considerate la mortalità ha riguardato sia gli uomini sia le donne e tutte le classi d’età. Tutta la popolazione quindi è stata più o meno interessata dalla contaminazione diffusa” spiega l’autrice di Sentieri Roberta Pirastu, della Sapienza di Roma. “Una popolazione che, già penalizzata da condizioni socioeconomiche sotto la media, deve per giunta fare i conti con una maggiore concentrazione di attività inquinanti” aggiunge Francesco Forastiere del Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio. “Loro pagano in prima persona con morti e malattie, mentre le bonifiche, in forte ritardo, le paga tutta la collettività e quasi mai i privati che hanno determinato queste situazioni”.









Oltre la mortalità
Lo sconsolante quadro sanitario di questa “Italia da rifare” non si ferma qui. Lo studio condotto fino ad ora estenderà il periodo in alcuni casi fino al 2008, analizzerà le schede di dimissione ospedaliera, i registri tumori, delle malformazioni congenite e di altre malattie per avere un quadro anche del carico di malattie di origine ambientale. Nelle sue raccomandazioni finali, inoltre, il gruppo di Sentieri indica anche la necessità di approfondire alcune situazioni specifiche, come la contaminazione diffusa di DDT, pesticidi e metalli pesanti a Pieve Vergonte, nella Val d’Ossola, dove fino al 1997 ha operato una fabbrica del pericoloso insetticida, riscontrato sopra i livelli di guardia anche nei pesci del non lontano Lago Maggiore. Oltre agli eccessi di mortalità per tumore al colon-retto e allo stomaco registrati da Sentieri studi analitici dovranno studieranno are anche i casi di tumore alla mammella, il diabete, il ritardo mentale nei bambini e la qualità dello sperma: tutti effetti imputabili all’esposizione al DDT.
Uno studio dovrà essere effettuato anche nella Valle del Sacco (Lazio), costellata da industrie chimiche e discariche, dove si andranno ad approfondire gli effetti sanitari (tumori e salute riproduttiva) conseguenti alla esposizione ad alti livelli dell’insetticida lindano prodotto nella valle.
Più in generale, nei prossimi anni partirà una serie di studi di biomonitoraggio umano e analisi di alcuni alimenti proprio per colmare le lacune della ricerca attuale. Lo studio Sentieri è infatti di tipo geografico-descrittivo, e non ha potuto misurare direttamente l’esposizione delle popolazioni ai diversi inquinanti. I morti in più sono un importante campanello d’allarme di una situazione degradata. Manca però la “pistola fumante”, l’individuazione puntuale delle sostanze killer e del modo in cui queste – dal suolo, dalle falde e dai corsi d’acqua – abbiano contaminato le persone. Delle ipotesi, ovviamente, esistono. “Escludendo il consumo di acqua potabile che in tutta Italia è controllata nel rispetto delle soglie di legge, si ipotizza che questi inquinanti in specifiche situazioni possano migrare dai terreni agli ambienti indoor sotto forma di vapori” spiega Loredana Musmeci, dell’Istituto Superiore di Sanità. “Un’altra via importante di contaminazione è attraverso il consumo di alimenti, in particolare verdure e pesce”.
Una caratterizzazione chimica dei terreni inquinati e campagne di analisi del sangue e di altri liquidi biologici della popolazione esposta consentiranno di formulare un quadro preciso della contaminazione ambientale, nonché un piano efficace di risanamento di questa Italia avvelenata.

Bonificare conviene
Finora si è fatto troppo poco per bonificare i SIN oggetto di questo studio. Eppure converrebbe, a giudicare da i conti fatti da uno studio italo-inglese pubblicato recentemente su Environmental Health. Solo considerando i comprensori petrolchimici di Priolo e Gela (dove per ora sono stati spesi in opere di bonifica rispettivamente a 744 e 127 milioni di euro) si potrebbero risparmiare 10 miliardi di euro in 50 anni in morti e malattie ambientali evitate a seguito di una completa bonifica delle areee. Gli studi epidemiologici condotti finora attribuiscono alla contaminazione ambientale delle due aree siciliane un eccesso ogni anno di 47 morti premature, 281 ricoveri per cancro e 2.700 ricoveri per altre malattie. Applicando a questi numeri un sistema di calcolo costi-benefici ne esce appunto quella cifra miliardaria. “Il calcolo si basa sulla cosiddetta willingness to pay, vedendo cioè quanto si è disposti a pagare per evitare malattie o l’accorciamento della vita per cause ambientali” spiega il responsabile del progetto Fabrizio Bianchi del CNR di Pisa. La stima è inevitabilmente incerta, ma ha il pregio di dare un valore economico alla bonifica dei siti inquinati.

Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN) nel Progetto SENTIERI: principali caratteristiche.

Regione

Acronimo

SIN

Tipologie degli impianti

Comuni afferenti n.

Popolazione residente al Censimento 2001

Piemonte

BAL

BALANGERO

cava lapidea, amianto, discarica

2

6211

Piemonte

CAS

CASALE MONFERRATO

amianto

48

85824

Piemonte

SER

SERRAVALLE SCRIVIA

chimico (rigenerazione oli esausti)

2

7928

Piemonte, Liguria

CES

CENGIO E SALICETO

chimico (produzione di coloranti), discarica

32

38170

Piemonte

PIV

PIEVE VERGONTE

impianti chimici, discariche (RSU+rif.speciali non pericolosi+rifiuti da metallurgia Pb,Zn,Cu+cavi elettrici plastificati)

3

6067

Valle d’Aosta

EMA

EMARESE

cava, amianto, discarica

1

202

Lombardia

CER

CERRO AL LAMBRO

discarica

2

7794

Lombardia

PIR

PIOLTELLO RODANO

chimico, discarica

2

36261

Lombardia

SES

SESTO SAN GIOVANNI

siderurgico, discarica

2

127112

Lombardia

BRE

BRESCIA CAFFARO

chimico, discarica

3

200144

Lombardia

BRO

BRONI

amianto

1

9347

Lombardia

LMN

LAGHI DI MANTOVA E POLO CHIMICO

chimico (metallurgia, cartaria), petrolchimico, area portuale, discarica

2

57813

Trentino Alto Adige

BOL

BOLZANO

chimico (produzione di alluminio e magnesio)

1

94989

Trentino Alto Adige Adige

TRE

TRENTO NORD

chimico

1

104946

Veneto

VEN

VENEZIA (Porto Marghera)

chimico, petrolchimico, raffineria, centrale elettrica, area portuale, discarica

1

271073

Friuli Venezia Giulia

LGM

LAGUNA DI GRADO E MARANO

chimico (produzione di cellulosa), area portuale

6

30496

Friuli Venezia Giulia

TRI

TRIESTE

chimico, raffineria, siderurgico, area portuale

1

211184

Liguria

COS

COGOLETO STOPPANI

chimico (produzione di bicromato di sodio), discarica

2

20526

Liguria

PIT

PITELLI

chimico, centrale elettrica, area portuale, amianto, discarica

2

102291

Emilia Romagna

FID

FIDENZA

chimico, discarica

2

41330

Emilia Romagna

SAS

SASSUOLO – SCANDIANO

chimico (lavorazione della ceramica)

6

102811

Toscana

MSC

MASSA CARRARA

chimico (farmaceutico), petrolchimico, siderurgico, area portuale, amianto, discarica, inceneritore

2

131803

Toscana

LIV

LIVORNO

raffineria, area portuale

2

172145

Toscana

PIO

PIOMBINO

chimico, siderurgico, centrale termoelettrica, area portuale, discarica

1

33925

Toscana

ORB

ORBETELLO

chimico (produzione di fertilizzanti chimici)

1

14607

Umbria

TER

TERNI – PAPIGNO

siderurgico, discarica

1

105018

Marche

FAL

FALCONARA MARITTIMA

chimico, raffineria, centrale elettrica

1

28349

Marche

BBC

BASSO BACINO FIUME CHIENTI

chimico (industria calzaturiera)

5

90807

Lazio

BFS

BACINO IDROGRAFICO FIUME SACCO

chimico

9

88592

Campania

LDF

LITORALE DOMIZIO FLEGREO E AGRO AVERSANO

discarica

77

1314222

Campania

ALV

AREA LITORALE VESUVIANO

amianto, discarica

11

462322

Puglia

MAN

MANFREDONIA

chimico, discarica

2

71621

Puglia

BAR

BARI – FIBRONIT

amianto

1

316532

Puglia

TAR

TARANTO

raffineria, siderurgico, area portuale, discarica

2

216618

Puglia

BRI

BRINDISI

chimico, petrolchimico, centrale elettrica, area portuale, discarica

1

89081

Basilicata

TIT

TITO

chimico, siderurgico, amianto, discarica

1

6387

Basilicata

AVB

AREE INDUSTRIALI VAL BASENTO

chimico, amianto

6

39997

Calabria

CCC

CROTONE – CASSANO – CERCHIARA

chimico, discarica

3

80517

Sicilia

MIL

MILAZZO

raffineria, siderurgico, centrale elettrica

3

45177

Sicilia

GEL

GELA

chimico, petrolchimico, raffineria, discarica

1

72774

Sicilia

BIA

BIANCAVILLA

Cava, amianto

1

22477

Sicilia

PRI

PRIOLO

chimico,petrolchimico, raffineria, area portuale, amianto, discarica

4

181478

Sardegna

APT

AREE INDUSTRIALI PORTO TORRES

chimico, petrolchimico, centrale elettrica, area portuale, discarica

2

141793

Sardegna

SIG

SULCIS – IGLESIENTE – GUSPINESE

chimico, miniera, discarica

39

263117

Link
L’importante comunicato dell’Istituto Superiore di Sanità sulla studio SENTIERI

Luca Carra


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