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Corso di laurea in ingegneria dei materiali corso di scienza e tecnologia dei materiali ceramici


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12a lezione 23/04/03

Fuell Cell
13a lezione 30/04/03


  • Strutture cristalline della zirconia.

Presenta un polimorfismo distorsivo, ovvero al variare della temperatura presenta una stabilità in delle fasi strutturali che sono:

  1. Monoclino (Tamb);

  2. Tetragonale (1150 °C);

  3. Cubica (2200 °C).

Il materiale si trasforma strutturalmente non per rottura dei legami, ma per deformazione della cella elementare. Per cui la cella elementare cubica stabile ad alta temperatura si allunga passando a tetragonale e si distorce passando a monoclina a temperatura ambiente.

Tali trasformazioni si spiegano dal fatto che il volume atomico dell’ossigeno e della zirconia variano con la temperatura, questo implica che nella struttura ionica dell’ ZrO2 , si cerca di avere il più alto impacchettamento, ovvero il minor spazio vuoto tra gli interstizi e, questo dipende da come si dispongono gli atomi più piccoli (cationi) negli interstizi di quelli più grossi (anioni). Ad alta temperatura il migliore impacchettamento per una zirconia è quello cubico.

Il fatto che tale materiale si contrae ad alta temperatura e si espande raffreddandosi provoca il nascere di tensioni interne, che rompono il materiale e pertanto provocano la “morte” della zirconia pura, che è inutilizzabile in quanto bastano escursioni molto piccole di temperatura perché si rompa.

Basta però, una piccola aggiunta di cationi alla zirconia pura perché sia stabilizzata e tale trasformazione sia meno cruenta.


La zirconia è un polimorfo di tipo distorsivo, cioè passando da monoclino a tetragonale riscaldandola si contrae in maniera vistosa invece che espandersi.

Quello che succede quando abbiamo dei sostituti aliovalenti, tipo sostituzionali, nella struttura cristallina della Zr è un diagramma di fase di questo tipo.




  • Diagramma Zr-Y.

  1. Con il catione Ittrio si stabilizza la zirconia, infatti, sullo zero di  di mole di Y2 O3 leggiamo le trasformazioni polimorfiche della Zr alle diverse temperature.

All’aumentare di tale  si aprono regioni in cui il composto si trova in forma metastabile e questo è dovuto al fatto che i cationi di ittrio, Mg e Ca sono componenti sostitutivi di quello di Zr e non interstiziali (ciò è dovuto alla loro dimensione: circa 101 pm contro 84 pm della Zr).

Quando ognuno di questi cationi prende il posto, nel reticolo, di un atomo di Zr si forma una struttura che ha grande incapacità a arrangiarsi, pertanto in base alla quantità che noi aggiungiamo di questi cationi aliovalenti, abbiamo una struttura con un grado più spinto a non trasformarsi rispetto alla Zr pura.

Per cui al variare della quantità di cationi sostituzionali abbiamo solo in parte, una regione trasformabile, inoltre delle regioni in cui coesistono regione cubica e tetragonale.

Aliovalenti significa che hanno pressoché valenza minore rispetto alla Zr.(Y=3, Mg e Ca =2). Quindi il fatto che noi introduciamo un catione aliovalente con difetto di carica positiva significa che per la neutralità elettrica del materiale noi dobbiamo introdurre delle lacune di ossigeno per impoverirlo di cariche negative.

Ad alta temperatura, queste lacune di ossigeno si muovano e rendono il materiale interessante tecnicamente perché lo rendono una resistenza a tutti gli effetti. La Zr diventa pertanto un conduttore solido ionico (l’ossigeno) e quindi avremo di fatto un ossido refrattario che conduce elettricamente (attraverso gli ioni ossigeno e non gli elettroni). Tali compositi sono utilizzati frequentemente nelle FUEL CELL.


  1. Avere la Zr stabilizzata cubica è un modo di avere il materiale in modo che non dia problemi, cioè avendo eliminato la transizione tetragonale monoclina, il materiale pur variando la temperatura, non si rompe più perché sono state eliminate le espansioni, anche se rimane un materiale povero dal punto di vista delle proprietà meccaniche.

Vediamo quali sono le composizioni miste tra Zr e Y in modo da avere una fase cubica ed una tetragonale (calcolata secondo la regola della leva). Scendendo giù, al di sopra di un certo contenuto di Y, abbiamo una soluzione solida cubica e monoclina.

In realtà, con dei trattamenti termici si possono migliorare le performance del composto. Per stabilizzare la Zr si utilizza spesso il Mg, sotto forma di ossido, perché costa meno che le terre rare.




  • ZrO2-MgO phase digram.

Analizziamo due composizioni differenti, facendo il caso di aver formato l’oggetto di Zr per slip casting e dobbiamo scegliere la temperatura a cui sinterizzarla. Prendiamo una composizione con l’8  di MgO. Partiamo da una temperatura di 1700 °C di sinterizzazione e abbiamo una forma cristallina cubica, quando poi lo raffreddiamo possiamo indurre una trasformazione martensitica (come negli acciai) se lo abbiamo raffreddato ad una temperatura minore di quella in cui è stabile la fase cubica.

Dal diagramma si evince che, stando in una zona in cui è stabile la soluzione solida con fasi tetragonale e cubica, avendo bisogno di una certa frazione volumetrica di fase tetragonale attraverso la regola della leva, stabiliamo la temperatura. Scendendo dalla zona cubica a quella sottostante il materiale comincerà a far crescere dall’interno della fase cubica la fase tetragonale (come nella trasformazione martensitica). Ovvero la distorsione del cristallo tetragonale genera questi cristalliti allungati all’interno della fase cubica.

Un materiale che ha questa forma è più resistente, cioè quando lo raffreddiamo, parte della Zr tetragonale, cerca di trasformarsi in monoclina stabile a Tamb, un’altra parte si trasforma martensiticamente, ma alla fine la struttura martensitica mi fortifica il materiale.

Un altro modo per rafforzare il materiale è quello di prendere il 6  di MgO e quindi diminuendo la %, la fase cubica è stabile a più alte temperature. Questo fa si che sinterizzi il campione in una zona in cui ho fase cubica e tetragonale separate. Quando abbasso la temperatura, nella fase cubica può avvenire la trasformazione martensitica e poi la fase tetragonale si trasforma in monoclina separatamente. Questo materiale così complesso rappresenta una curva d’espansione ondulatoria perché sottoposto a riscaldamento la fase monoclina diventa tetragonale. Ciò implica contrazione, quindi il materiale invece di espandersi in maniera indefinita ad una certa temperatura si contrae; in definitiva ho un buon controllo modulato sull’espansione del materiale che resiste bene agli shock termici.




  • MOR with MgO concentration.

Questa curva dimostra come al variare dell’MgO ho un diverso mor. Da notare che se ci metto troppo, degrado il materiale. Questo è un modo per migliorare le proprietà del materiale, ovvero nucleando una fase tetragonale che può diventare monoclina o meno.


  • Tenacizzazione per trasformazione di fase.

Consideriamo una Zr parzialmente stabilizzata in cui esistono due fasi una tetragonale e una cubica. La fase tetragonale (dispersa in piccoli grani)vuole trasformarsi in monoclina generando compressione in un materiale che si sta contraendo (mentre raffreddo) e allora tale trasformazione non è detto che avvenga. Alla fine è come se avessimo una fase tetragonale meno stabile che vuole trasformarsi, ma non ha la forza.

L’espansione può avvenire quando nel materiale si forma una cricca e allora la fase tetragonale si trasforma in monoclina espandendosi e quindi è come se mi ricucisse la cricca conferendomi tenacità alla Zr.





  • Tosoh zirconia process.

La Zr viene ricavata da una pietra naturale detta zircone (1 mole di Zr e 1 mole di Si). Il processo di produzione è simile a quello Bayern, cioè con un attacco in soda si produce il cloruro della Zr che sotto forma idrato si sospende nella soluzione mentre la parte della Zr e le altre impurezze restano sotto. Alla soluzione dei cloruri si aggiungono a livello molecolare gli stabilizzanti (Mg,Y), dopodiché il cloruro con l’aggiunta di soda lo si fa diventare idrossido che precipitato (variando il pH della soluzione) lo si tira fuori sotto forma di polvere.

L’idrossido calcinato ad alta temperatura si deidrata e otteniamo la polvere di Zr.




  • Spry drier.

In un ugello viene fatto passare la soluzione con le polveri con un fortissimo flusso di aria calda che asciuga le polveri spruzzandole. Le polveri molto fini quindi s’asciugano senza aggregarsi.


  • Sintering flow of TZ-3Y.

La Zr stabilizzata con 3 moli di Y è quella che dà le performance meccaniche migliori. Si lega la Zr al legante idraulico che sarà allontanato attraverso il trattamento termico (a 150-500 °C) per aumentare l’efficienza della fase di granulazione.

Quando si utilizza il binder si ha il green machine, ovvero si lavorano le polveri con il legante. Notate che nel trattamento termico tra 150-500 °C bisogna andare molto piano tra 5-10 °C/h. Avendo polveri fini con legante e non essendoci canali o pori di scappamento nel campione, se si brucia velocemente, il gas di combustione che si genera nel materiale provoca tensioni interne che rompono il campione.

Superati i 500 °C si può aumentare un po’ la velocità di riscaldamento. Dopo il trattamento di presinterizzazione, vi è un ulteriore lavorazione (che è quella che facciamo noi a 1000 °C) e poi si rimanda a sinterizzare per 1-2 ore a temperatura più alta (1500 °C).



  • TZ-3Y ceramics thermal stability (1) e (2).

Vediamo la relazione tra la dimensione dei grani e il tempo di invecchiamento. Al fine di avere una zirconia stabilizzata performante nel tempo, cerchiamo di non avere la struttura monoclina stabile a Tamb., altrimenti il meccanismo di tenacizzazione non funziona più, allora il costruttore ci dice se rimane oppure no monoclina a lungo.

Questo di fatto dipende dal grano: se è grande ha la forza di espandersi, altrimenti se è piccolo è inibito dalla matrice intorno che è cubica (il campo di forze non fanno avvenire la trasformazione).

Se i grani sono abbastanza piccoli ci resta la fase tetragonale stabilizzata e solo una piccola parte in fase monoclina anche quando trattiamo termicamente il materiale sino ad una certa temperatura critica. Sul grafico si nota che a 230 °C col passare del tempo, se i grani sono di 1 m (grossi) si convertono in struttura monoclina, assai facilmente, infatti dopo poco tempo aumenta di molto il contenuto di fase monoclina.


  • Properties of Tosoh Zirconia ceramics.

Notate che più i provini sono piccoli più i valori sono alti perché diminuisce la probabilità di trovare difetti. Ad alta temperatura l’effetto benefico della tenacizzazione non avviene perché abbiamo solo fase tetragonale e quindi la resistenza a flessione è paragonabile a quella dell’allumina, 350 Mpa, visto che non c’è possibilità di avere trasformazione monoclina che tenacizza.

La prova agli shock termici sono eseguite con 2 metodi: o tenendo l’acqua in ebollizione o facendo cadere il provino in un bagno di Al fuso(in questo secondo caso il T è più alto).




  • Diffusività termica.

E’ una combinazione tra quantità fisiche del materiale; ovvero è il rapporto tra: conduttività, quanta energia riesce a condurre e, quanta energia riesce ad immagazzinare, cioè è una capacità x densità = energia per unità di volume.

Il T interno che si crea in un ciclo di riscaldamento e raffreddamento è inversamente proporzionale alla diffusività termica della stesso materiale.




  • Conducibilità termica.

La conducibilità termica si definisce come flusso di calore che attraversa il materiale. In maniera intuitiva leghiamo la capacità termica a chi conduce il calore. Quindi la conducibilità termica dipende dal numero e dall’efficacia dei portatori di calore, il libero cammino medio invece legato alla T è la misura di come questo trasporto è inibito.

Di un materiale solido, ci aspettiamo che aumentando la temperatura diminuisce la conducibilità termica perché aumentando gli urti tra le molecole diminuisce il libero cammino medio dei trasportatori di calore. Questi nei materiali ceramici, in cui prevale il legame covalente non sono certo gli elettroni. Però il calore inteso come trasporto di energia cinetica avviene attraverso la vibrazione del reticolo, ovvero i fononi, cioè vibrazione collettiva nel materiale, come le onde del mare.

Il trasporto fononico è tanto migliore quanto più il materiale è ordinato, ovvero tanto più ha una forma cristallina, infatti il diamante ha ottima conducibilità termica. Nel caso di materiali composti il fonone è dato dalla vibrazione collettiva di più reticoli, i quali se non sono sincronizzati non trasferiscono calore da una parte all’altra.

Elementi atomici con massa confrontabile allora possono costituire reticoli anche diversi, ma con vibrazioni in fase che trasmettono, mentre se la massa è molto diversa si ha interferenza e quindi non conduzione. Allora l’ossido di berilio è un buon conduttore di calore, mentre l’ossido di alluminio meno buono e l’ossido di zirconia è cattivo; proprio perché vi è differenza sostanziale tra le masse degli atomi.





  • Conducibilità termica rispetto alla temperatura.

Con l’aumento della temperatura la conducibilità termica diminuisce. Alcuni materiali (mattoni refrattari) hanno una bassa conducibilità termica, però con l’aumentare della temperatura essa aumenta non perché il materiale conduce di più attraverso il proprio reticolo, ma perché conduce in maniera diversa, ovvero in maniera radiativa.


  • Espansione termica.

Si spiega facendo riferimento ai legami chimici dei materiali. Dobbiamo distinguere se il materiale è prevalentemente ionico o covalente e quindi secondo la sua natura si espande molto o poco.

Un ceramico ionico si può assimilare ad un materiale metallico (fortemente impacchettato) e quindi con l'aumentare della temperatura e l’aumento delle vibrazioni atomiche si espande molto, hanno tale comportamento gli ossidi.

Di contro un materiale covalente non fortemente impacchettato non si espande molto per il fatto stesso che presenta un volume libero nella cella elementare, è come se assorbisse meglio le vibrazioni atomiche, si comportano così la grafite, SiC, ect.

L’espansione termica può assumere anisotropia quando l’impacchettamento è più spinto lungo una direzione piuttosto che in un’altra, quindi di fatto l’espansione avviene maggiormente lungo le direzioni con più alto impacchettamento.

Un ceramico policristallino di fatto può presentare isotropia, perché ha una distribuzione di grani in maniera casuale e quindi nel complesso è come se subisse un ‘espansione del tutto uniforme. Col carbonio invece avremo l’espansione più alta tra i piani (legame di Van der Wals) che nei piani in cui abbiamo i legami covalenti.

Un’altra osservazione è quando abbiamo anisotropia a livello della cella elementare, in cui l’espansione lungo una direzione causa il ritiro nell’altra direzione causando, in una distribuzione casuale delle celle una piccola espansione media del materiale nel suo complesso.




  • Curve di espansione termica.

Sono ceramici ionici e quindi hanno alta espansione termica: MgO, Al2O3,ZrO2.

Sono ceramici covalenti e quindi hanno bassa espansione termica: SiC, mullite, grafite, carbonio.

Cordierite è anisotropica policristallina compensa l’espansione termica ed ha un elevata resistenza agli shock termici.

Il vetro di pura silica è quello tra i materiali ceramici che ha la più bassa espansione termica. Questo dipende dal fatto che è amorfo e poco impacchettato con molti spazi vuoti che assorbono l’espansione.




14a lezione 05/05/03

Il vetro piano visto come materiale essenziale per l’edilizia e l’autotrasporto è un materiale tecnologicamente molto importante. Esso non ha un elevato valore aggiunto,però, sottoposto ad una serie di trattamenti, può raggiungere un valore di due ordini di grandezza superiori a quello del vetro soda-lime come materia prima. Il vetro soda-lime è un vetro piano in cui è presente il 70-72% di ossido si silicio, il 14% di ossido di sodio, il 10% di ossido di calcio ed il 4-5% di materiale alcalino, alcalino terrosi come il magnesio e l’alluminio. Il vetro soda-lime fa parte della vita di tutti i giorni; basti pensare alle finestre, ai piatti, ai bicchieri. Esso viene, in genere, sottoposto ad una serie di trattamenti come nel caso ad esempio dei vetri usati nell’architettura di interni dove subisce un trattamento termico o chimico come la satinatura,cambiando così le propietà ottiche superficiali.




Già forse ai tempi dei romani ma soprattutto, poi, nel medioevo si incominciarono a produrre vetri appiattiti. La lavorazione del vetro non è una operazione semplice . Essa ha subito un lungo processo evolutivo che parte da una tecnologia manuale, tradizionale, di piccola serie ed arriva quasi ad un progetto semindustriale. Il processo di soffiatura del vetro è stato scoperto nel Medio Oriente e poi fatto proprio dai romani che lo hanno diffuso dappertutto, dalla Spagna alla Francia, in tutte le parti dell’impero romano ed in particolar modo in Egitto ed in Italia. Nel processo di soffiatura, all’interno di un crogiuolo dove si trova la massa di vetro fuso si inserisce una canna metallica. Questa viene fatta ruotare in modo che su di essa si vada a depositare la massa fusa detta bolo e si soffia dentro la canna così il bolo si gonfia e va ad assumere la forma dello stampo cavo in cui è stato riposto. Gli stampi possono essere di legno, metallici ecc.

Per quanto riguarda il vetro piano una prima tecnica usata per produrlo, consisteva nel tirare fuori l’oggetto cavo, molto allungato,nell’aprirlo, allargarlo, tagliarlo con una forbice lungo l’asse tutto intorno ad un lato e stenderlo su un piano . Il vetro così ottenuto presentava una forma vagamente piana , per niente regolare, non proprio liscia e soprattutto molto costosa.

La tecnica che si diffuse dopo questa fu la tecnica di tiratura della fornace. Nell’immagine del lucido sono raffigurati degli artigiani francesi al lavoro. Essi devono molto ai veneziani esperti vetrai che scapparono da Venezia ed andarono in Francia dove erano ben pagati. Il vetro veniva tirato dalla fornace, si appiattiva facendolo passare attraverso un rullo e poi successivamente si realizzavano dei poteri di tiratura dall’alto verso il basso. E’ facile riconoscere un vetro antico. Infatti basta verificare che esso non sia completamente piano ma presenti delle ondulazioni dovuto al fatto che i processi con cui era stato realizzato non erano perfetti.



Il punto di discontinuità tra le due tecniche è offerto dall’introduzione del processo Pilkington a partire dagli inizi degli anni 60.


  • IL PROCESSO PILKIGTON FLOAT

Tale processo segna un punto di passaggio nella tecnologia di produzione del vetro. Il vetro è un prodotto a bassissimo costo perché è costituito da materie prime come la sabbia, la borace, la soda che sono comunque abbastanza economiche. Il fattore che incide maggiormente sul costo è l’utilizzo di vetro usato perché bisogna andarlo a prendere dalle case. Però la sua presenza è fondamentale perché abbassa la temperatura di fusione. Il vetro riciclato fondendo a più bassa temperatura fa si che i processi di diffusione, di trasporto che dalla silice portano al vetro soda-lime avvengano a temperature più basse. La presenza di una fase liquida in genere velocizza i processi di trasporto. Le fornaci utilizzate sono di grosse dimensioni 9m di altezza e 45m di lunghezza e contengono 1200t di massa fusa. Tipicamente la lastra che vieni fuori è in formato 6m*3.12m. Questa viene poi successivamente tagliata in formati più piccoli. Le grandi vetrerie lavorano direttamente su lastre grandi mentre quelle piccole su lastre di 3m*2.40m. Il vetro piano quindi può essere tirato fuori da questa enorme fornace a 1000°C avendo ancora una certa consistenza. Essendo viscoso, quando scorre attraverso il bagno fuso di stagno, non si mescola con esso e si raffredda. Questo letto fuso assicura che la superficie del vetro sia perfettamente liscia. Successivamente il vetro passa in un altro forno dove avviene l’annealing termico cioè il processo per cui gli stress di consolidamento vengono rilasciati piano, piano ad una temperatura vicina all’annealing point superiore. In questa fase la temperatura è tenuta ancora un pò al di sopra della T di transizione vetrosa ed il vetro può ancora rilasciare gli stress che sono dovuti al suo raffreddamento.



  • LE VETRATE A “BASSA EMISSIVITA” (LOW-E )

Durante il processo float è possibile ottenere il cosiddetto vetro basso emissivo ( low-E ) spruzzando e nebulizzando sulla lastra di vetro che sta scorrendo, cloruri metallici come il cloruro di stagno o di indio o una loro miscela. In questo modo, data l’alta temperatura, i cloruri subiscono un processo di rottura cioè si stacca il cloro dallo stagno ed il metallo ossidandosi va a depositarsi sulla superficie del vetro che è ancora calda legandosi in maniera abbastanza salda. Tale tipo di prodotto in paesi come la Germania viene fatto installare per legge per ridurre le dispersioni interne di calore. Il principio su cui infatti si base il vetro low-E è quello di ridurre l’emissività del vetro. L’emissività è quel coefficiente numerico che mi dice di quanto differisce l’emissione di un corpo rispetto a quella del corpo nero. Per la legge di Boltzman un corpo nero irradia un’energia pari a σT4 mentre nel caso di un corpo qualunque si deve moltiplicare la precedente quantità per una costante che nel caso di un vetro normale è 0.8 – 0.9 che è abbastanza alta .Ricoprendo la superficie del vetro però con un materiale che emette poco è possibile portare l’emissività al di sotto di 0.1 .

Il calore in genere viene trasmesso per conduzione, irraggiamento , convezione ed è la trasmittanza del vetro espressa dai produttori che tiene conto della somma di questi tre contributi. Un vetro normale ha una trasmittanza pari a 6 W/m2K che è un valore piuttosto alto ed al quale contribuiscono notevolmente soprattutto i contributi convettivi. Il coefficiente convettivo dipende dai moti dell’aria. La convezione è asimmetrica nel senso che ci sono dei valori medi più bassi all’interno e più alti verso l’esterno. Il coefficiente di scambio termico convettivo del vetro con l’esterno è 18 W7m2K mentre con l’interno è 6 – 7 W/m2K. Con il vetro camera si riesce ad abbattere questo coefficiente perché non c’è scambio convettivo direttamente tra il vetro e l’ambiente esterno ed il vetro e l’ambiente interno. Nei vetro camera, dato il limitato spessore dell’intercapedine (12 – 13 mm ) non si riescono a creare moti convettivi. Per ridurre ulteriormente il trasporto attraverso i moti convettivi si introduce nell’intercapedine un gas a minore conducibilità termica come per esempio l’argon . Si potrebbe creare il vuoto ma la pressione che si verrebbe a creare schiaccerebbe il vetro. Se si creasse il vuoto in una lastra di 1 m2 si genererebbe una pressione di 10 ton.



Nel vetro camera è inserita una fascia metallica, di alluminio che presenta tanti forellini che mettono in comunicazione la parte interna del profilato di Al che è riempita di zeoliti con la parte esterna. Le zeoliti assorbono l’umidità in continuazione anche se dopo un certo numero di anni, qualora la tenuta dovesse presentare dei fori risultando sature d’acqua non sarebbero più in grado di assorbire.


  • IL COMPORTAMENTO DEL VETRO ALL’IRRAGGIAMENTO

All’interno del nucleo del sole avvengono, a decine di migliaia di gradi, delle reazioni nucleari. La superficie del sole quindi risulta molto calda. Naturalmente si trova ad una T inferiore di quella alla quale avvengono le reazione; in genere si aggira intorno ai 6000°C. Questo significa che il sole irradia una quantità di luce da corpo nero che però è filtrata intorno al visibile. Osservando la curva di emissione si può vedere che essa non ha la forma a campana ma presenta dei picchi di assorbimento che sono dovuti ai gas dell’atmosfera tipo il vapore acqueo o l’ozono. Grazie all’ozono si eliminano parte delle radiazioni ultraviolette che sarebbero dannose per la vita dell’uomo. Poiché l’assorbimento dell’ozono permette di ridurre gli UVA e gli UVB del 100% di radiazione totale che giunge a terra, solo il 3% è rappresentato dagli UV, il 55% da energia infrarossa (800 – 900 ηm ) ed il 42% da energia elettromagnetica. Il vetro è un materiale ideale per proteggersi da questa enorme quantità di energia che piove dal sole. L’uomo come corpo riscaldato a 35°C ha un’emissione tra 9 – 10 μm mentre la radiazione solare si trova tutta tra 0 – 0.2 μm. L’uomo ha una emissione da corpo nero. Il vetro si trova nella condizione ideale di fare da finestra di trasmissione dell’energia solare. Tutta la luce del sole può essere trasmessa dal vetro che però al di sopra dei 6 μm di lunghezza d’onda comincia ad assorbire: su questo si basa l’effetto serra. In una serra la luce del sole entra, colpisce le cose che vi stanno dentro e queste a loro volta la riemettono per portarsi alla T circostante se non fosse per il vetro che non lascia passare nulla. Quindi attraverso il vetro è possibile controllare in maniera passiva o attiva i flussi energetici che vengo dalla fonte principale ossia dal sole.


  • OSSERVAZIONI ( SULLA TESI DI LAUREA DI SERGIO FRANZA )

  • A volte i vestiti esposti nelle vetrine ingialliscono a causa dell’effetto dei raggi ultravioletti. Utilizzando vetri basso emissivi è possibile limitare la radiazione ed il calore che vi è in un ambiente.

  • L’alcool etilico legato al silicio e l’alcool propilico sono alcossi metalli, tipici precursori dei ceramici cioè si utilizzano nella sintesi ultramolecolare del materiale ceramico molto fine.

  • Sia la riflessione che la trasmissione sono proprietà che dipendono dallo spessore per cui il calore, la quantità di luce riflessa varia anche se la differenza tra uno strato e l’altro è di pochi ηm quindi è necessario un controllo. Un controllo grossolano dello spessore di film che si deposita sul vetro si ottiene controllando la quantità di precursori in soluzione. Le soluzioni preparate hanno una certa quantità di precursori al 5 – 10 %. Un controllo fine si attua controllando la velocità. Per sapere quanto film si deposita, si possono usare anche le curve di calibrazione in cui il parametro di controllo è il tempo della deposizione. Le strutture che in genere si progettano hanno uno spessore che è una frazione di μm che sono quantità non visibili all’occhio umano. Per misurarne lo spessore di questi film si possono usare delle tecniche dirette di visualizzazione ma queste richiedono delle procedure molto complicate. Infatti si deve tagliare il campione, poi lo si deve guardare al microscopio ottico oppure a scansione per distinguere il film dal substrato. Questa è quindi una tecnica laboriosa e non è detto che si riesca a misurare lo spessore. Una tecnica alternativa consiste nel lasciare una parte della superficie non ricoperta oppure nel creare nel film un solco quando il materiale è ancora abradibile cioè prima di sinterizzarlo e poi nel fare strisciare sulla superficie, senza però applicare un grosso carico, un profilometro (così chiamato perché segue il profilo ) costituito da una punta di diamante molto appuntita e sottile.

  • Se si deposita direttamente l’ossido di titanio sul vetro l’attività catalitica risulta inferiore rispetto a quando l’ossido di titanio viene depositato su uno strato intermedio detto strato buffer. Il sodio avvelena ad alta temperatura perché diffonde degradando in qualche modo le proprietà di semiconduttore dell’ossido di titanio. Mettendo uno strato intermedio di ossido di silicio è possibile impedire l’avvelenamento.


15a lezione 07/05/03

  • SISTEMA BARRA COSTANTINI

Ci sono 1 o 2 strati di vetro che fanno la casa. C’è un sistema controllabile di apertura. In Germania tutti gli edifici sono di vetro: il vetro immagazzina energia. Le pareti si scaldano con il sole attraverso moti convettivi e si trasferisce aria calda in casa in inverno.

inverno giorno:il sistema è tenuto isolato verso l’esterno. Il sole incide sul vetro e riscalda aria e muro (effetto serra dei vetri ). Si chiude la finestra esterna.

inverno notte: si chiude tutto.

estate giorno: si apre la finestra esterna. Per effetto di trascinamento si creano moti convettivi che generano ventilazione in tutta la casa.

estate notte: l’aria fredda entra nell’edificio, circola e poi esce da sopra.


  • PROPRIETA’ OTTICHE DEI VETRI

La radiazione elettromagnetica incide sul vetro. Il flusso incidente Æl è ripartito in tre contributi:

Æl = Ær + Æd + Æa

Il vetro come tutti i materiali trasparenti e lisci ha una frazione di luce riflessa:

R = [(n-1)/(n+1)]2

All’aumentare dell’indice di rifrazione n aumenta il contributo della luce riflessa. Nel vetro comune che ha n = 1.42, si ha riflessione totale dell’8%. La luce riflessa è 10 volte maggiore di quella che c’è dentro;ecco perché non si vede dentro gli edifici. La trasmittanza spettrale è il rapporto tra la luce incidente e quella riflessa.


  • CONTROLLO DEL FATTORE SOLARE

Il fattore solare è il rapporto tra la quantità di energia trasmessa e la quantità di energia che incide. Per via dei moti convettivi dell’aria che sono maggiori fuori che dentro, il vetro, se è colorato, assorbe parte dell’energia luminosa; si assume che la quantità di energia assorbita per effetto ottico si ripartisce in una parte che è rimasta fuori per i moti convettivi dell’aria ed una che entra dentro. Il fattore solare tiene conto di quanto si guadagna anche dalla luce assorbita dal vetro. Il fattore solare è una frazione dell’assorbimento.

Possiamo distinguere tre tipi di vetro:



  1. Normale

  2. Colorato

  3. Riflettente.

Il vetro chiaro riflette l’8%, ha un assorbimento del 9%. L’85% di energia totale viene trasmessa, il 15% riflessa.

Il vetro colorato nella massa assorbe il 45% di luce incidente di cui rimanda il 34% fuori e l’11% dentro.

Il vetro riflettente ha una riflessione del 26% e di quello che rimanda una parte è assorbita e una parte è trasmessa.

Una combinazione opportuna di vetri può aumentare la riflessione di colore ed ottenere isolamento termico.




  • BILANCIO ENERGETICO DELLE VETRATE

La trasmittanza termica del vetro comune èdi 5 W/m2K. Nel caso del vetro basso emissivo la dispersione si abbatte di 5 volte. Una bassa trasmittanza isola dal caldo e dal freddo.

Il bilancio energetico è dato da: BE = S(-U*Gh + It*Fs)

Gh è la differenza media che si ha in un giorno tra interno ed esterno.
Finestre a controllo intelligente: sono finestre che controllano la quantità di energia assorbita e riflessa. Sono sistemi elettrici, tipo i cristalli liquidi che fanno oscurare o schiarire la finestra e sono legati alla polarizzazione della luce.



  • FINESTRE ELETTROCROMICHE - COLORAZIONE E SCHIARIMENTO

Queste finestre sono strutture multistrato che contengono strati elettricamente attivi. Si ha una lastra di vetro su cui si sovrappone una struttura di 5 strati. Come film trasparente si usa l’ossido di stagno puro che è un materiale abbastanza isolante; se invece c’è una piccolissima percentuale di antimonio il composto detto ATO diventa conduttore; questo perché l’antimonio è pentavalente mentre lo stagno è tetravalente quindi si introducono elettroni. Il vetro elettrocromico è una specie di pila che funziona al contrario. Si applica all’interno una differenza di potenziale tra i vari strati; polarizzando gli strati sovrapposti i protoni che hanno mobilità nell’elettrolita solido si spostano verso il polo negativo. Uno dei più usati è l’ossido di tungsteno che permette di avere un effetto reversibile. Il fatto di spostare i protoni nello strato elettrocromico fa si che il vetro diventi colorato. Se si polarizza nella direzione favorevole il vetro si colora; se si inverte la polarizzazione il catione è attratto nella direzione inversa e può tornare nell’elettrolita solido o immagazzinarsi al controelettrodo. In questo caso il materiale diventa trasparente.

L’ossido di titanio si classifica come semiconduttore ad alta energy gap: può assorbire l’energia elettromagnetica che sta nell’ultravioletto. Esso ha una proprietà super idrofilica. Una superficie idrofilica riduce l’angolo di contatto. Per irradiazione l’ossigeno si distacca dal titanio e si attacca ad un protone: la superficie risulta così ricca di ossidrili che la rendono idrofilica.



Il vetro si colora quando al suo interno ci sono specie che assorbono la luce cioè mettendo nella massa del vetro sottoforma di microcristalli dei metalli di transizione è possibile ottenere la colorazione. Nei metalli di transizione gli orbitali di tipo d sono degeneri. Se la radiazione ha sufficiente energia tale da far passare l’elettrone al livello successivo allora si ha l’assorbimento di luce ossia la colorazione. Quando un metallo di transizione è messo in una struttura cristallina si ha la degenerazione e gli orbitali d non hanno più la stessa energia.


  • EFFETTO DEL CAMPO DEI LEGANTI

Se non ci fossero gli anioni sia gli orbitali x y che x2y2 avrebbero la stessa energia. Gli orbitali non direttamente puntati verso gli anioni sono più agevolati perché a minore energia rispetto a quelli che sono direttamente puntati. Questo effetto del campo dei leganti determina il colore del materiale. Altro meccanismo di colorazione è il trasferimento di carica.




  • TRASFERIMENTO DI CARICA

Dovuto al trasferimento dell’elettrone dal catione all’anione, questa transizione richiede molta energia quindi avviene nell’UV. Si possono utilizzare metalli nobili (oro, argento,ecc). in particolare si utilizzano gli ossidi di questi metalli che vengono ridotti e messi sottoforma di cristalli nella matrice di vetro. Se nel vetro ci sono cristalli di oro esso risulta fortemente rosso per via della nuvola elettronica intorno ai cristalli di oro che assorbe luce.




  • SPETTRI DI TRASMISSIONE DI ALCUNI VETRI COLORATI

Vetro giallo colorato dalla presenza di Cr4 e Cr3+ . Il Cr determina trasmissione nulla tra 0 e 300 ηm cioè toglie il blu e si ottiene il giallo ed una spalla tra 300 e 500 ηm;

Azione dell’oro che assorbe abbastanza tutte le radiazioni che vanno dal visibile al verde: quello che rimane è il rosso cioè fa passare solo il rosso;

Vetro che ha forte assorbimento nel rosso e nel giallo e lascia passare il blu;

Vetro grigio assorbe tutte le lunghezze d’onda a noi visibili. Viene fuori dalla compresenza di tanti metalli di transizione nel vetro.



16a lezione 09/05/03

SEMINARIO SUI CERAMICI PIEZOELETTRICI
I piezoelettrici sono una famiglia di materiali che include anche i polimeri e altri tipi di metalli. Già la parola piezoelettrico è indicativa di quello che è il fenomeno che avviene in determinati tipi di materiali. E’ una parola che deriva da due parole greche piezei che vuol dire premere da cui è derivata la parola pressione e la parola electron che significa ambra e che ha dato origine alla parola elettricità. La piezoelettricità consiste nella conversione dell’energia da una forma meccanica ad una elettrica ,una conversione che può essere chiamata bilaterale o reversibile in quanto i materiali piezoelettrici sono dotati di un effetto piezoelettrico diretto ed un effetto inverso.


  • LUCIDO 1

Guardando la prima figura si vede il materiale detto PZT, uno dei ceramici più diffusi sul mercato, a cui viene applicata una pressione. Questo materiale comincia così a vibrare sviluppando sulla sua superficie una certa carica elettrica per cui se viene posto tra due elettrodi, collegati ad un circuito,dal circuito è possibile misurare una tensione elettrica .Quindi se si volesse dare una definizione di effetto piezoelettrico diretto si potrebbe dire che è l’effetto che si riscontra in alcuni materiali che soggetti ad una pressione sviluppano una carica elettrica sulla loro superficie .Nella seconda figura invece si può osservare l’effetto inverso .Esso si presenta negli stessi materiali quando si applica però una tensione elettrica e quello che si osserva in uscita è una risposta di tipo meccanico cioè una deformazione meccanica che poi si traduce in uno spostamento .In altre parole il PZT sottoposto a questa differenza di tensione applicata dal circuito incomincia a vibrare.


  • LUCIDO 2

In questa figura sono schematizzati l’effetto diretto e quello inverso .Quello diretto viene usato nei sensori. I sensori non fanno altro che captare una variazione che avviene in una grandezza fisica e tradurla in un segnale elettrico. Supponiamo che il materiale abbia una forma a parallelepipedo e che sia sottoposto ad una deformazione,, ad esempio una forza di trazione .Quello che succede è che si sviluppa una carica sulle superfici per cui collegandole con degli elettrodi si riesce a misurare la tensione diversa da zero .Quindi ad un input di deformazione meccanica corrisponde un output elettrico .Viceversa un effetto inverso viene utilizzato negli attuatori. .E’ l’effetto per cui applicando una deformazione elettrica si riesce ad avere un allungamento o un accorciamento. Questi accorciamenti sono nell’ambito degli Å quindi sono molto piccoli anche riuscendo a dimensionare opportunamente il materiale si riescono ad avere degli spostamenti anche nel campo micrometrico e non solo monometrico. In realtà gli spostamenti piccoli sono voluti per quei dispositivi di microelettricità come i laser o le microvalvole in cui si ha un allineamento perfetto. Un materiale piezoelettrico è in sé un trasduttore cioè un dispositivo che riesce a convertire l’ energia da una forma ad un’altra ed in particolare è un sensore o un attuatore a seconda dello stimolo con cui lo si eccita.


  • LUCIDO 3

L’origine del fenomeno piezoelettrico da un punto di vista cristallino va ricercata nell’assenza di simmetria,di centro di simmetria in alcuni cristalli. L’assenza di questo centro fa sì che il cristallo non sia perfettamente neutro ma che presenti un momento di dipolo. Tra i materiali piezoelettrici esistono quelli naturali che sono stati scoperti alla fine del secolo scorso. Infatti possiamo dire che tale fenomeno è relativamente recente:è stato scoperto da Curie nel 1880. Successivamente, a partire dalla seconda guerra mondiale in poi, sono stati ottenuti una seria di materiali la cui natura piezoelettrica è conseguente al fenomeno di polarizzazione che altro non è che un’orientazione dei dipoli elettrici all’interno del materiale. Tra questi materiali che sono usati sul mercato nelle varie applicazioni moderne è possibile distinguere i piezoceramici che sono in genere materiali policristallini (es:titanato di bario,titanato di piombo etc),i piezocompositi che non sono altro che dei compositi in cui barrette vetroceramiche sono incluse in una matrice polimerica ed infine i piezopolimeri che sono proprio dei polimeri con un momento di dipolo totale diverso da zero e che, se vengono opportunamente orientati, acquisiscono proprietà piezoelettriche.


  • LUCIDO 4

I piezoceramici sono materiali policristallini cioè costituiti da un gran numero di grani cristallini che sono orientati casualmente. Nella figura di sinistra si vede infatti come sono orientati random i dipoli elettrici all’interno della struttura. Poichè l’orientazione è random si dice che sono complessivamente neutri. Se però si applica un forte campo elettrico per alcuni minuti ad elevata temperatura si ha la situazione mostrata nella figura centrale cioè succede che tutti i momenti di dipolo all’interno del materiale sono orientati in un’unica direzione quindi è possibile che la struttura sviluppi una carica elettrica complessiva diversa da zero. Rimuovendo il campo elettrico di polarizzazione accade quello mostrato nella figura di destra e cioè che i momenti di dipolo rimangono allineati nella direzione di polarizzazione. I piezoceramici hanno trovato notevole utilizzo sul mercato perché hanno un’elevata efficienza di trasformazione, si potrebbe dire un elevato rendimento di trasformazione dell’energia da elettrica a meccanica. Essi sono anche facilmente lavorabili .Infatti è possibile ottenere una serie di forme diverse ed è possibile produrli anche in serie e questo li rende più vantaggiosi economicamente rispetto ai cristalli tradizionali.


  • LUCIDO 5

Il problema fondamentale è che, così come vengono polarizzati durante l’esercizio, possono cominciare a depolarizzarsi e possono danneggiarsi per invecchiamento che non è altro che un decadimento delle proprietà piezoelettriche di questi materiali. Quello che si può dire è che le cause maggiori di questa depolarizzazione sono proprio l’esercizio di questi materiali in condizioni limite che possono essere alte temperature o alte pressioni meccaniche o alti campi elettrici sia statici che alternati. Esiste poi un limite obiettivo di questi materiali che è rappresentato dalla temperatura di Curie che è la temperatura alla quale si ha una transizione di fase. Quindi questi materiali cambiano completamente le loro proprietà piezoelettriche perché la loro struttura da asimmetrica comincia a diventare simmetrica. In genere la temperatura di esercizio è la metà di quella di Curie perché già a temperature prossime a quelle di Curie l’invecchiamento strutturale comincia a farsi sentire.


  • LUCIDO 6

In questa figura è mostrata la struttura cristallina della perovskite che è una delle strutture cristalline più abbondante nei ceramici piezoelettrici. La prima immagine raffigura un piezoceramico che può essere un PZT o un titanato di bario prima che diventi piezoelettrico. Agli spigoli di questa cella elementare cubica ci sono gli atomi di piombo,al centro delle facce ci sono gli atomi blu dell’ossigeno ed al centro della cella c’è un atomo che nel caso del PZT è titanio o zirconio, nel caso del titanato di bario è bario. Per temperature superiori a quella di Curie la struttura è perfettamente simmetrica quindi è neutra cioè non ha proprietà piezoelettriche per cui, pressato il cristallo, non si misura alcuna carica elettrica. A temperature inferiori a quella di Curie ( immagine 2) l’atomo centrale si sposta con spostamenti molto piccoli pari a un decimo di Å. Questi spostamenti però sono tali da consentire di avere una certa carica ossia una carica totale complessivamente diversa da zero.


  • LUCIDO 7

La curva che nel diagramma separa la regione di colore rosso da quella di colore giallo è la curva della temperatura di Curie a seconda delle diverse composizioni percentuali di titanato di piombo e di zirconato di piombo. Se si prende una composizione intorno allo 0,5 %, si è a temperature inferiori ai 350° e si è all’interno del campo rosso cioè all’interno del campo della struttura tetragonale. Quindi, quello che succede è che il materiale piezoelettrico riscaldato a temperatura maggiore di quella di Curie, si viene a trovare nella regione della struttura cubica dove non è più piezoelettrico. Questo vale però per i materiali che hanno già subito il processo di polarizzazione perché tutti questi piezoceramici non posseggono proprietà piezoelettriche prima di essere polarizzati.


  • LUCIDO 8

Come si può ben vedere i coefficienti piezoelettrici hanno due pedici che indicano le direzioni elettriche e meccaniche dal momento che le proprietà di questi materiali confinano nel campo elettrico e meccanico. Considerando la terna destrorsa mostrata in figura si può dire che i pedici 1,2,3 si riferiscono agli assi X,Y,Z mentre 4,5,6 alle rotazioni intorno agli assi. Per convezione si assume l’asse Z come l’asse della direzione di polarizzazione.


  • LUCIDO 9

I coefficienti più utilizzati per definire la bontà del materiale sono:

1) il coefficiente d detto di deformazione o carica che non è altro che la deformazione che si sviluppa per effetto di un campo elettrico applicato.

2) il coefficiente g di tensione che non è altro che la tensione che si riesce a misurare sulla superficie del materiale piezoelettrico per effetto di una deformazione meccanica che viene applicata.

Elevati valori del coefficiente d servono se si vuole realizzare un attuatore cioè un microposizionatore e stanno ad indicare che si deve sollecitare poco per avere una grossa risposta in uscita mentre elevati valori del coefficiente g stanno ad indicare che in uscita si ottiene un segnale elettrico molto elevato anche per stimoli esterni molto bassi e questo ancora vuol dire che se il materiale deve funzionare da sensore, riesce a captare molto bene gli stimoli dell’ambiente esterno e a dare un segnale molto elevato che si differenzia dal rumore di fondo. Quindi il rapporto segnale rumore è abbastanza buono.




  • LUCIDO 10

A seconda di come viene sollecitato meccanicamente ed elettricamente il cristallo piezoelettrico può vibrare nel senso dello spessore oppure con oscillazioni di taglio. Tutto dipende dalla posizione relativa della deformazione rispetto alla direzione indicata dalla freccia che è la direzione di polarizzazione.


  • LUCIDO11

Altro coefficiente è quello di accoppiamento elettromeccanico che è una sorta di rendimento in quanto è la radice quadrata del rapporto tra due energie quella di output e quella di input. Se si sfrutta l’effetto piezoelettrico diretto in input si ha energia meccanica ed in output quella elettrica mentre accade il contrario se si considera l’effetto inverso. E’ possibile avere un vasto range di valori a seconda del materiale che si utilizza.


  • LUCIDO 12

Due altri fattori che spesso vengono menzionati sono tan δ che non è altro che un fattore proporzionale alle perdite dissipative del materiale ed il fattore di merito Qm che è invece proporzionale alla banda del materiale .Quanto più un materiale ha Qm elevato,tanto più la sua banda di frequenza è ristretta. Qm può variare, a seconda del materiale che si sceglie,da 50 ad un milione. Un milione è un valore tipico della Qm nel caso del quarzo che ha una frequenza di risonanza precisa,esatta cioè una piccata sul quel valore di frequenza.


  • LUCIDO 13

Nonostante esistano materiali piezoelettrici naturali, eccetto poche applicazioni, quelli che si utilizzano sono i materiali piezoelettrici polarizzati. Questo è stato il fulcro della ricerca le cui linee guide sono state : la necessità di avere un’elevata risoluzione,cioè di avere dei segnali che avessero breve durata ma che fossero spaziati molto bene nel tempo; la necessità di avere un’elevata conversione di energia da una forma ad un’altra che significa anche un segnale molto ampio ed un rapporto segnale rumore molto elevato; la necessità di avere materiali che potessero essere lavorati molto bene ed essere stabili sia a temperature elevate che a condizioni di umidità non proprio standard ed infine la possibilità di avere una buona lavorabilità e di avere più forme possibili. Sono state queste linee guida a spingere l’affermarsi dei piezoceramici piuttosto che dei monocristalli cresciuti con il metodo Cvokraski o con altri metodi che non consentono di realizzare un anello o un cilindro cavo.

E’ possibile fare ora una panoramica sui tipi di cristalli piezoelettrici più diffusi a cominciare da quelli naturali per arrivare ai piezoceramici e a tutti gli altri.




  • LUCIDO 14

Il quarzo è stato uno dei primi materiali su cui si è scoperta la piezoelettricità. Ha una temperatura di Curie di 573° ed è molto stabile ad alte temperature. Sia i suoi coefficienti piezoelettrici che d e g non sono molto elevati però è ancora utilizzato per applicazioni come accelerometri ,detonatori (anche il quarzo dell’orologio funziona in questo modo)perché ha una banda piccata su una sola frequenza condizionando così il dispositivo su quella frequenza di lavoro. Un altro materiale è il nimbato di litio che è molto utilizzato in ottica perché ha buone proprietà elettro-ottiche . Pur avendo un’elevata Tc non può essere utilizzato ad alte temperature perché le sue ottime proprietà a cominciare da 50° degradano quindi alla fine viene utilizzato solo in applicazioni a temperature ambiente.


  • LUCIDO 15

Solo a partire dagli anni 40 si è capito che il titanato di bario se veniva polarizzato poteva diventare piezoelettrico. Durante la guerra, prima gli americani e poi subito dopo i giapponesi cominciarono a fare ricerche scoprendo che anche altri ceramici come il titanato di piombo ed il metaniobato di piombo potevano diventare piezoelettrici dopo polarizzazione. Il titanato di piombo è molto interessante perché ha una Tc alta e la sua temperatura di attività è di 200-250°. Può essere usato anche in dispositivi picometrici o nanometrici quindi può trovare applicazione nelle nanosonde. Il metaniobato di piombo viene utilizzato per le sonde sonar invece a livello medico nelle sonde che si usano nelle ecografie.


  • LUCIDO 16

Il materiale che però si è maggiormente diffuso sul mercato, anche perché è molto facile variarne le proprietà, è il PZT che è il nome commerciale usato per indicare la soluzione solida di titanato di piombo e zirconato di piombo con le percentuali indicate in figura. In corrispondenza più o meno del 50% di composizione di entrambe le sostanze, proprietà come la costante dielettrica ed il coefficiente di accoppiamento tendono quasi all’infinito. Non esiste una Tc ma un range perché questi materiali oltre a variare le loro proprietà con un piccolo spostamento della composizione in un senso o nell’altro, vengono drogati con altri elementi e quindi piccolissime percentuali di questi possono agire sulle loro proprietà. Per la presenza di questi elementi, i PZT si possono suddividere in due gruppi:

hard PZT o PZT ad alta potenza;



soft PZT o PZT ad alta sensibilità.


  • LUCIDO 17

Gli hard PZT resistono bene alle elevate temperature ed hanno una Tc più elevata mentre i soft PZT hanno proprietà piezoelettriche migliori ma sono più inclini all’invecchiamento. Per quanto riguarda la produzione del PZT, ma questo vale per tutti i ceramici piezoelettrici, si parte sempre dalla polvere per poi arrivare alle forme complesse che non sono solo dischi pieni o cavi ma possono essere cilindri ed emisfere.


  • LUCIDO 18

Uno dei processi più usati è quello di miscelare la polvere con un legante in modo tale da poterle dare un’opportuna forma,pressarla e poi sottoporla a combustione cosicché il legante va via ma la forma rimane consolidata. Successivamente con la sinterizzazione il materiale assume la forma ceramica desiderata. Dopo la produzione il materiale oltre ad essere soggetto a taglio, lucidatura, pulitura per migliorarne le caratteristiche di superficie viene elettrodizzato ed infine polarizzato.


  • LUCIDO 19

In questo lucido è illustrata la tecnica dello stampaggio ad iniezione. Si miscela la polvere ceramica con un legante , il mix termoplastico ottenuto viene iniettato in un stampo e quando il materiale è consolidato viene estratto, bruciato per togliere il legante, sinterizzato ed infine sottoposto ad un forte campo elettrico.


  • LUCIDO 20

I compositi piezoelettrici sono dei compositi in cui delle barrette piezoceramiche vengono immerse in una matrice polimerica. Un’alternativa a questa situazione può essere quella di mettere al posto delle barrette forme diverse (anche una specie di polvere ceramica ) scelte a secondo del tipo di applicazione. La configurazione con le barrette dà proprietà migliori rispetto a quelle dei piccoli granelli di polveri ceramiche. I compositi vengono soprattutto usati nei sonar o idrofoni perché hanno un’impedenza acustica simile a quella dell’acqua o del corpo umano. L’impedenza acustica èil rapporto tra la velocità del suono nel mezzo e la densità del mezzo stesso quindi diciamo che è una misura della resistenza che il mezzo oppone alla propagazione del suono. Poiché le onde acustiche, quando raggiungono l’interfaccia tra due mezzi, vengono in parte riflesse, se i due mezzi vengono ad avere impedenze simili le onde riescono a passare venendo riflesse minimamente. Nel caso dei sonar ad esempio si cerca di mecciare quanto più possibile l’impedenza del trasduttore con quella dell’acqua che è il mezzo che deve essere realmente diagnosticato per vedere se sono presenti degli ostacoli.



  • LUCIDO 21

In questo lucido sono riportati i diagrammi che indicano come variano le propietà piezoelettriche al variare della frequenza e della frazione in volume di ceramico. Nel primo diagramma la linea bianca esprime la banda di frequenza dei piezocompositi che è molto più ampia rispetto a quella dei PZT convenzionali. Il secondo diagramma mostra invece come il coefficiente di accoppiamento rimanga costante per una frazione di ceramico che va dal 20% al 90%.


  • LUCIDO 22

Nel grafico illustrato è riportato l’andamento dell’impedenza acustica in funzione della frazione di ceramico.


  • LUCIDO 23

Il limite più grosso per un materiale piezoelettrico è rappresentato dal fatto che con la temperatura di Curie si ha una transizione di fase ed anche la depolarizzazione. Una serie di ricerche sono state effettuate per riuscire a trovare materiali piezoelettrici per elevate temperature e fino ad ora gli unici materiali trovati in grado di resistere a T veramente spinte intorno ai 1000°C (dai 500°C in poi ) sono dei monocristalli naturali.


  • LUCIDO 24

Tutti i dispositivi piezoelettrici sono in genere mostrati nelle foto con un righello di riferimento proprio per dare un’idea delle dimensioni. Per i materiali indicati nel lucido non sono riportate le loro Tc ma le loro T di fusione ( Tm ) perché essi sono piezoelettrici fino alla fusione quindi non presentano una transizione di fase.


  • LUCIDO 25

Ultimo tipo di materiali sono i copolimeri piezoelettrici. Essi sono usati ad elevate frequenze laddove i piezoceramici risultano troppo fragili e si rompono. Essendo polimeri sono comunque dotati di una certa duttilità quindi non si infragiliscono come i ceramici, presentano un range di frequenza elevato che può andare dai KHz ai GHz ed infine hanno una bassa impedenza acustica.


  • LUCIDO 26

Questo lucido mostra come, prendendo in riferimento l’attività piezoelettrica, i PZT sia soft che hard facciano la parte da leone. Ciò si verifica perché i PZT hanno un range di Tc che va da 180°C a 250°C quindi con essi si può lavorare fini a 150°-160°C ed inoltre hanno un range dell’attività piezoelettrica che va da 600 a 180 C/N.


  • LUCIDO 27

E’ stato già detto che a seconda che si utilizzi l’effetto piezoelettrico diretto o inverso un materiale lavora come sensore o come attuatore. L’effetto diretto prende anche il nome di effetto piezogeneratore quello inverso piezomotore.



  • LUCIDO 28

Gran parte delle applicazioni si basano sugli ultrasuoni che sono delle onde acustiche. Il materiale piezoelettrico viene eccitato con una tensione elettrica alternata ad una certa frequenza, il cristallo si deforma ed inizia ad oscillare a quella frequenza producendo delle onde acustiche che vanno nel campo degli ultrasuoni essendo la frequenza elevata.
Nota: un cristallo vibra alle stesse frequenze dell’impulso che gli viene dato ma c’è un limite. Ogni materiale infatti ha una frequenza di risonanza alla quale vibra (la si può misurare mettendo il materiale in un circuito ) per cui la tensione alternata che si applica deve essere a quella frequenza o comunque ad una frequenza contenuta in una banda centrata sulla frequenza di risonanza. Se si applica una tensione ad una frequenza esagerata quello che si verifica è simile a ciò che accade quando ad un materiale viene applicata una pressione elevata meccanicamente.
I sonar sono un esempio di applicazione che si basa sugli ultrasuoni. Essi inviano queste onde sonore che si propagano fino a che non incontrano un ostacolo da cui vengono poi riflesse e fatte tornare indietro. Per risalire alla distanza alla quale si trova l’oggetto, conoscendo la velocità del suono nel mezzo, si calcola la differenza tra il tempo del picco di ritorno (2° picco) e quello del picco di andata (1° picco) e si sfrutta poi la formula d= v/t.


  • LUCIDO 29

Ci sono applicazioni in aria cioè vengono usati industrialmente come contatori o per vedere semplicemente se un oggetto c’è o non c’è.

Nella seconda figura si può vedere che sfruttando l’effetto doppler si può misurare la frequenza di spostamento delle onde riflesse dalle particelle di liquido in movimento.



  • LUCIDO 30

Due applicazioni interessanti dal punto di vista industriale sono la saldatura e la pulitura ultrasonora. La saldatura consiste nell’applicare una forte potenza ultrasonora su dei giunti che sono molto sottili ed in genere fatti di materiali termoplastici. Questi giunti ricevendo queste onde ultrasonore cominciano a vibrare, si spostano e si fondono perché si riscaldano per attrito. Naturalmente le temperature che si raggiungono non sono molto elevate per cui non viene usata al posto della saldatura dei metalli ma solo per saldare materiali termoplastici.

I pulitori sono abbastanza diffusi. Essi sono costituiti da vaschette che contengono all’interno dei trasduttori i quali emanano delle onde ultrasonore che generano cavitazione nel liquido assicurando così la pulitura di superfici anche complesse.




  • LUCIDO 31

Tra le applicazioni elettroniche molto importante è quella dei filtri ad onde acustiche di superficie. Nella prima figura sono illustrati due filtri posti accanto ad un righello per sottolineare quanto sono piccoli. Questi possono essere usati nei nostri cellulari dove convertono il segnale elettrico in meccanico e poi nuovamente in elettrico con un fattore di conversione molto elevato e con un filtraggio molto pulito.


  • LUCIDO 32

Un’applicazione curiosa è rappresentata dai sensori di retromarcia. Essi funzionano come i sonar anche se le onde acustiche che in questo caso viaggiano in aria si propagano molto male perché la velocità del suono in aria è di 240 ncontro i 6000 che si hanno in un acciaio, in un pezzo di alluminio.

Nella seconda figura è riportato un iniettore piezoelettrico non ancora commercializzato anche se molto studiato perché presenta delle proprietà che sono migliori di quelle degli iniettori tradizionali. Un iniettore può essere pensato come un cilindro cavo al cui interno vi è il combustibile ( benzina o diesel ). La parte finale, che è conica, è aperta e viene chiusa dall’asta bianca chiamata needle (ago o spina ). A seconda del comando elettrico inviato dalla centralina dell’auto il needle si alza e si abbassa. Si alza in corrispondenza del punto morto superiore o poco prima per consentire l’iniezione. Questi iniettori però non durano molto , al massimo 20 mila ore a causa dell’invecchiamento a fatica.




  • LUCIDO 33

Tra le applicazioni di consumo si può citare l’accendino. Si applica una forte pressione meccanica sui due cilindri piezoelettrici che sono collegati, come mostrato in figura. Nell’arco di emissione o spartiacque si sviluppa una certa tensione ed infine si genera la scintilla. Altra applicazione sono i cavi piezoelettrici spesso usati come sensori nei sistemi di sicurezza. Sono costituiti da un polo centrale su cui è avvolta una pellicola , un piezopolimero e quindi poi un cavo coassiale che ha la sua guaina esterna di materiale plastico. Possono infine essere inseriti in dispositivi.


  • LUCIDO 34

Altra applicazione è quella dei controlli non distruttivi che si eseguono con opportune sonde ( la sonda è la parte nera mentre la restante parte è la connessione elettrica ). Con queste sonde si manda un fascio di onde ultrasonore in un materiale e si vede l’eco di risposta. Se si conosce già lo spessore del materiale si sa anche più o meno a che posizione dovrebbe comparire il secondo eco.

Se l’eco non compare nella posizione prevista ma in una intermedia vuol dire che all’interno del materiale è presente un difetto perché alla prima discontinuità incontrata l’onda viene riflessa.




  • LUCIDO 35

L’ultima applicazione è quella degli attuatori piezoelettrici cioè degli attuatori di spostamento. Sempre per il problema della fragilità del materiale non si utilizza un unico ceramico piezoelettrico che si deforma dello spostamento ma si utilizza una struttura multistrato con un impilaggio di cristalli che vengono collegati in parallelo e che riescono ad avere lo spostamento desiderato. A volte questi materiali vengono collegati con un sistema di leve che amplifica lo spostamento in fila. Quindi lo spostamento finale altro non è che la somma dello spostamento formato dall’attuatore più quello amplificato dato dal sistema di leve.


  • LUCIDO 36

In questo lucido sono raffigurati un altro tipo di attuatori che anziché spostarsi linearmente deflettono perché sono due strati di materiali diversi che si muovono a frequenze diverse.


  • LUCIDO 37

Questa applicazione è stata sviluppata nel laboratorio di materiali polimerici. Sono state costruite due sonde indicate dalle frecce rosse che hanno all’interno un cristallo piezoelettrico. Le sonde sono inserite sui rulli del reometro e mandano delle onde ultrasonore che attraversano il materiale e vengono poi captate dall’altro ricevitore. Ad ogni interfaccia si ha un’onda di ritorno , ma se il materiale è bene accoppiato la frazione che ritorna è minima. Il secondo eco viene sempre rappresentato più piccolo perché l’onda nel suo percorso attraverso il mezzo si attenua. Da una prova ultrasonora è possibile ottenere due parametri, la velocità e l’attenuazione che è il logaritmo del rapporto tra le due ampiezza di picco. Dal valore dell’attenuazione si può capire il tipo di materiale e quello che gli sta accadendo. In genere poiché i valori di velocità sono tabulati per i diversi materiali è possibile risalire al tipo di materiale sempre che sia puro e che l’accoppiamento fatto sia perfetto. Poiché la lunghezza d’onda che si da è al di sotto dei μm, se non si pone un gel accoppiante, la rugosità del materiale potrebbe essere confrontabile con la lunghezza d’onda. Senza accoppiante si possono avere dei solchi preferenziali e delle zone di aria che l’onda incontra scatterando e tornando indietro prima ancora di essere captata.

17a lezione 12/05/03
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