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Corso di laurea in ingegneria dei materiali corso di scienza e tecnologia dei materiali ceramici


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3a lezione 14-03-2003


  • Flocculazione e deflocculazione.

Consideriamo ora le polveri nel solvente. Più le dimensioni delle polveri decrescono più le interazioni reciproche diventano sempre più probabili anche per piccole frazioni volumetriche di solido.

La flocculazione è il fenomeno di aggregazione delle particelle di polvere nel liquido che può portare anche alla gelificazione dello slip.

Esistono diversi meccanismi di gelificazione :

le polveri hanno una certa carica e siccome nel liquido ci sono degli elettroliti questi tendono in qualche modo a far attrarre elettrostaticamente le polveri .

se si usano miscele di polveri di natura diversa con potenziale zeta differente queste si attrarranno reciprocamente.

Se le polveri hanno forme particolari per cui una zona è caricata in un certo modo ed un’altra nel segno opposto queste zone si attrarranno .

Attrazione dovuta alla presenza sulle polveri di polimeri o colloidi bridge.

Questi fenomeni sono molto dannosi perché trasformano uno slip colabile in una massa solida inutilizzabile.

Quello che si utilizza per disperdere una soluzione di polveri ceramiche tecniche, che non si stabilizzano naturalmente come fa un’argilla in una barbottina, è l’aggiunta di surfattanti o polielettroliti anionici.

I surfattanti sono delle molecole organiche che hanno una terminazione polare ed una non polare .

Questa struttura è tipica dei tensioattivi del sapone che con la parte non polare si legano allo sporco e con la parte polare all’acqua lavando via lo sporco stesso.

Le particelle di sporco precedentemente non polari sono rese polari dalle micelle dei tensioattivi e solubili in acqua.

Queste stesse molecole tensioattive possono avere la funzione di deflocculare (specialmente quando si usano polveri ceramiche a base di ossidi ceramici ed in generale materiali ceramici di tipo ionico).

Gli ossidi ceramici solubili in acqua attrarranno la parte polare dei tensioattivi la coda di queste molecole ,che è non polare,rappresenterà un ingombro sterico impedendo ,per quanto forti siano i meccanismi di attrazione , di far flocculare le particelle.

Un meccanismo alternativo prevede l’utilizzo di polielettroliti anionici. Questi ,essenzialmente dei polimeri a base acrilica che contengono delle cariche (contengono dei gruppi OH- che si caricano negativamente).

I polielettroliti anionici in soluzione hanno una grossa probabilità di attorcigliarsi intorno alle particelle di polvere contribuendo a caricarle maggiormente o comunque a cambiare il loro stato di carica.




  • Sedimentazione di sospensioni flocculare e deflocculate.

le soluzioni ben deflocculate sedimentano compattandosi bene perché , non formando degli aggregati , non possono lasciare degli interstizi ( caso a). Le sospensioni flocculare (caso b ) nella sedimentazione lasciano molti vuoti e questo fa sì che il green ceramico abbia una consistenza molto porosa , dando problemi di fragilità e di rottura a causa del grande ritiro durante la sinterizzazione.

Alcuni autori raccomandano comunque una deflocculazione non perfetta ,per non impedire il processo di drenaggio da parte dello stampo a causa di uno strato di green troppo denso.




  • Deflocculazione.

Come si è detto c’è una naturale tendenza delle particelle ceramiche , se non sono caricate, ad incontrarsi nella soluzione e a flocculare. Consideriamo ora delle particelle colloidali. La teoria per cui queste particelle rimangono sospese è quella per cui la loro energia cinetica deve essere comunque inferiore alle forze repulsive che si vengono creare tra le particelle. Tipicamente l’energia cinetica delle particelle colloidali viene assunta pari a 10 volte la costante di Bolzman per la temperatura.

Due particelle che hanno questa energia cinetica e che si muovono l’una verso l’altra devono avere un potenziale elettrostatico negativo tale da permettergli di non scontrarsi. La carica sulle particelle viene chiamato potenziale  (si tratta del potenziale netto efficace che la particella possiede in una soluzione). In generale una buona azione di separazione si ottiene per un potenziale  di 25 mV anche se potenziali inferiori possono già stabilizzare le particelle.




  • Teoria del doppio strato elettrico.

Naturalmente una particella può essere carica ma non è detto che in soluzione quella particella abbia la stessa carica ,infatti, nel momento in cui viene immersa in un solvente di carattere polare ci saranno tutta una serie di controioni (cioè ioni opposti alla carica iniziale) che si legheranno elettrostaticamente alla particella. Insieme alle cariche legate si formano tutta una nuvola di particelle con un regresso della concentrazione di carica.

Se all’interno della soluzione si genera un campo elettrico le particelle cominceranno a muoversi secondo l’effetto complessivo di tutte le cariche assorbite. Quando si mette in moto una particella questa trascinerà solo le cariche che interagiscono più efficacemente con lei. In questo modo si genera un piano di scorrimento localizzato oltre il primo strato delle cariche fortemente legate. Si può pensare che il concetto di potenziale  sia legato al potenziale che c’è ad una certa distanza dal centro della particella, cioè quella distanza ,superata la quale, gli ioni vengono lasciati dalla particella in movimento sotto effetto del campo elettrico.

Al di là della carica netta dalla particella quello che conta è il bilanciamento di carica fra la carica della particella e quella assorbita fortemente. Quindi in prossimità del piano di scorrimento si può definire il potenziale  come il potenziale efficace che serve a trascinare la particella.

Il potenziale  definito in questo modo si può misurare sperimentalmente perché è collegato al moto della stessa particella. Se si mette in movimento una particella si andrà a misurare una certa velocità e che dipenderà dalla viscosità della soluzione e sarà in qualche modo proporzionale al potenziale  . misurando la velocità e conoscendo le costanti dielettriche ,il campo ,la costante di Henry si può risalire al potenziale .





In figura si può vedere la particella caricata negativamente ed il primo strato di controioni positivo. Oltre il primo strato può venire attratta un’altra serie di cariche. In prossimità di tutte le particelle che sono attratte in maniera forte si può andare definire quello che si chiama il doppio strato ,cioè la distanza shear rate in corrispondenza del quale si definito il potenziale  .

Il potenziale  dipende dal pH della soluzione nel senso che la quantità di ioni e controioni assorbiti dalla particella dipendono dalla quantità e dal tipo. Il pH non è altro che l’espressione della concentrazione degli ioni H+ o OH-. A secondo del numero di ioni presenti nella soluzione si possono avere valori differenti del potenziale  . Ad esempio per valori molto alti dell’acidità (vicini ad 1) il potenziale  deve essere molto probabilmente positivo.

Se partendo da una soluzione molto acida cominciamo ad aggiungere una base ( NH4OH ) si fa virare il potenziale  da valori molto positivi a valori meno positivi e si arriverà al punto in cui il potenziale  sarà nullo. Continuando ad aumentare il pH ( aggiungendo come faremo noi polielettroliti anionici ) dallo zero si passerà a valori meno negativi del potenziale . Il punto in cui potenziale  è zero si chiama punto isoelettrico (I E P) che è il punto di massimo rischio di flocculazione per polveri ceramiche. Nel caso in figura l’I E P coincide con un valore di pH = 7 ci possono essere polveri anche con due I E P ( sostanze anfotere come l’allumina ). Il I E P non è sempre a pH = 7 dipende dal tipo di polvere utilizzata.

Se ad esempio le particelle hanno natura acida come SiO2 in soluzione tenderanno ad avere natura acida e per potarla al punto isoelettrico ci vorranno molti più controioni di quanti sarebbero necessari per una soluzione di carattere basico.

Il grafico nella slide spiega come controllare la viscosità della soluzione che è intimamente legata al potenziale  . Andando ad aumentare la quantità di polielettroliti non si fa altro che aumentare in termini assoluti il potenziale  . in realtà come si può vedere anche andando ad aumentare in maniera indefinita il la quantità di polielettroliti alla fine si perde la sua efficacia ( esiste un valore ottimale di polielettroliti da utilizzare ) .


  • Propeties of slurries (manuale )

E ‘ riportato l’andamento della concentrazione in peso del disperdente in funzione della viscosità.


  • High purity alluminas

L’aspetto delle polveri sinterizzate è quello di grani tutti legati fra di loro. L’aspetto traslucente è dovuto alla perfetta saldatura e adesione dei grani.

Sintering properties of high purity alluminas

La capacità di sinterizzazione valutata come la tendenza di raggiungere la densità teorica ( 3.96) varia a secondo delle polveri e della temperatura e ci sono dei valori limite per cui una certa polvere ,a meno che non si scaldi ,molto non riesce a superare.

Quando si aiuta il sistema con MgO , anche in piccole quantità ( inferiori allo 0,01 % ), i valori teorici di densità si raggiungono già a 1550 °C.



4a lezione 24-03-2003


  • Forming Methods.

Le variabili in gioco nella densificazione sono il tempo,la temperatura,l’atmosfera e dal punto della validità del test che dobbiamo fare, importante è la misura della densità.Solitamente si fa riferimento ai grafici tempo –temperatura –pressione; la pressione è molto utilizzata nelle tecniche di formatura a freddo. I processi di formatura a freddo in pressione possono essere di due tipi. Se la pressione viene applicata uniassialmente, premendo all’interno di uno stampo con un pistone uniassiale, nel caso si utilizzino delle polveri impastate al legante il processo prende il nome di cold uniaxial pressing; se invece la pressione viene applicata in tutte le direzioni il processo prende il nome di isostatic pressing. Questo secondo caso si realizza andando a mettere il campione ceramico in un contenitore metallico; se è a freddo si aggiunge anche un silicone che ha la capacità di contrarsi. Dopo si mette il green investito con il silicone in un autoclave e si applica una pressione utilizzando, ad esempio, del gas. La pressione del gas può arrivare intorno ai 200-300bar ed è tale pressione che compatta e che densifica il materiale.Comunque i processi appena citati sono processi di stampaggio a freddo; nel caso di formatura a caldo si parla di hot uniaxial pressing o hot isostatic pressing.

Questi processi fanno un uso combinato di pressione e temperatura ed il vantaggio rispetto alla messa, fisicamente, in forno risiede nel fatto che l’applicazione di forti pressioni anche di centinaia di bar fa si che ci sia un'aggiunta in più alla variazione di energia libera di Gibbs. Questo significa che il termine Pdv di riduzione di volume del materiale risulta in volume del materiale risulta in ffinché densifichi bene chiudendo tutti i pori anche dove c’è aria che tenderebbe a non densificare. In questo modo si può densificare bene il materiale anche a più basse temperature. Quindi con queste tecniche si ottengono materiali di qualità migliore in termini di porosità, di crescita non abnorme dei grani. Il problema di questa tecnica è che è molto costosa; basti pensare ai grossi forni che si utilizzano dove si raggiungono pressioni elevatissime che possono renderlo una bomba.




  • TYPICAL CEMENTATION REACTION IN CERAMIC SYSTEMS

Facciamo ora un richiamo sulle tecniche di formatura a freddo dei materiali ceramici avanzati per quanto li dovremmo chiamare cementi. In realtà senza applicare la temperatura bensì facendo avvenire delle reazioni chimiche anche a basse temperature possiamo pensare di consolidare un materiale ceramico. Questa è la tecnica più utilizzata per realizzare i mattoni refrattari dei grossi forni, elementi di cui fare le camice interne dei forni, etc.

Un celebre legante idraulico, oltre al gesso è l’alluminato tricalcico. Questo per reazione con l’acqua forma un composto, un idrossido di calcio alluminio che è una sorta di gel, un materiale che solidifica in soluzione diventando una struttura microporosa. Questa struttura consente di fare presa. Una cosa che spesso si fa è utilizzare l’alluminato tricalcico in piccole quantità di 4-5% -10% mischiato poi all’allumina di grosse dimensioni che ha difficoltà a sintetizzare. Un impasto di 80-90% di grossi grani di allumina e cemento alluminoso costituisce un materiale refrattario che può arrivare a temperature di 1800° senza bisogno di sintetizzarlo ma semplicemente facendogli fare presa grazie alla reazione a bassa temperatura.

Per quanto poi i gruppi OH che si formano, quando il mattone refrattario verrà utilizzato, si decomporranno e comunque si formeranno ossidi di calcio alluminio sufficienti a tenere compatto il materiale. Naturalmente, essendo refrattari e avendo una certa capacità di isolamento termico, hanno performance non elevatissime come quelle dei materiali sinterizzati.

Un’altra reazione tipica è quella che si ottiene facendo reagire l’allumina con l’acido fosforico. Questa reazione è molto utilizzata dagli odontotecnici quando fanno gli stampi in cui fare la colata dei metalli. In altre parole gli odontotecnici non sinterizzano gli stampi ma utilizzano questi cementi a base di acido fosforico allumina, silice per fare uno stampo ceramico refrattario.

Un altro sistema è il sodium silicate cement. Si tratta di un cemento ottenuto per impasto di sodio silicato che in alcune concentrazioni può essere addirittura liquido: infatti prende anche il nome di water glass. Questo composto a seconda della quantità di sodio, può essere liquido ed essere considerato una sorte di legante liquido che reagisce dopo che è essiccata tutta l’acqua che lo impasta nel materiale refrattario.

La reazione del silicato di sodio con la sabbia, ad esempio, è quella che si utilizza in fonderia nei processi in cera persa. Si impasta il silicato di sodio liquido e lo si essicca semplicemente mettendoci dentro degli additivi, dei catalizzatori. Il silicato, durante l’essiccazione, fa presa e consolida la forma; ovviamente il consolidamento è molto relativo nel senso che in fonderia, una volta colato il metallo, la forma possa essere rotta facilmente.




Supponiamo di voler conoscere la composizione del punto tracciato nel centro del diagramma. La regola da seguire prevede, nel caso si volesse conoscere la percentuale di SiO2, di tracciare un segmento passante per il punto di cui si vuole conoscere la composizione e parallelo al lato del triangolo opposto al vertice su cui si trova SiO2 pura. Applicando la regola della leva si ricava che la quantità di silice è data dal rapporto AB/BD. Analogamente si ricavano la quantità di CaO come rapporto EC/BC e quella di Al2O3 come rapporto BF/BC. La cosa che semplifica di circa il 50% l’operazione di calcolo è quella di poter fare la lettura su un unico segmento. Ragioniamo ad esempio sul segmento BC e consideriamolo unitario. Sappiamo già che la frazione BF rispetto a BC rappresenta Al2O3 mentre EC rispetto a BC rappresenta CaO quindi automaticamente la quantità di silice è il terzo segmento restante.

La posizione dei principali refrattari a base di silice o dei cementi si può leggere in un unico diagramma. Infatti questi materiali sono accomunati dallo stare dentro lo stesso diagramma ternario. I cementi silicatici stanno sul segmento CaO-SiO2 mentre i cementi alluminati stanno sul segmento CaO-Al2O3. Una combinazione di tutti e 3 porta alla formazione di una fase liquida cioè ad un prodotto che trovandosi vicino all’eutettico può dare origine ad una fase vetrosa. Molto più strategico ed importante per i ceramisti è però il segmento che si trova fra SiO2 e Al2O3.



Nel diagramma c’è una piccola zona vuota perché c’è l’eutettico che è basso fondente. Continuando poi su questo lato troviamo fire brick, mullite cioè tutti materiali silicatici refrattari per i forni con temperatura di utilizzo fino ai 1400°.Più alto è il contenuto di Al2O3 e più alta è la temperatura di esercizio. La continuità di SiO2 e Al2O3 è interrotta dal fatto che esiste un composto intermedio che si chiama mullite e che cade in una piccola regione tra il 72% di Al2O3 ed il restante SiO2. Tutto ciò che sta a sinistra del composto mullitico è una miscela di silice e mullite, ciò che sta invece a destra è una miscela di mullite ed allumina. L’allumina è un bellissimo materiale dal punto di vista della resistenza termica quello che però le manca è la resistenza agli shock termici che ha invece la mullite che presenta un coefficiente di espansione termica pari alla metà di quella dell’allumina. Grazie alla sua forma cristallina più complessa, ha maggiore resistenza a creep dell’allumina e inoltre, sottocarico, un composto mullitico sui 1500° si deformerà meno di quanto si deforma un composto di pura allumina. L’allumina da sola è estremamente refrattaria, fonde a 2050°, ha un’inerzia chimica elevatissima e miscelata può avere proprietà meccaniche che normalmente non ha.


  • ARIA e FUOCO

L’argilla ed l’acqua impastate formano l’oggetto, il green; l’aria può essere pensata come l’elemento essiccante dell’argilla mentre il fuoco come l’elemento che lo consolida.


  • CICLO TERMICO DI SINTERIZZAZIONE DELL’Al2O3

Vediamo ora cosa succede ai materiali ceramici quando li mettiamo nel forno. Prendendo sempre l’allumina come punto di riferimento esaminiamo il diagramma delle proprietà termomeccaniche a carico libero(senza carico). Andiamo, cioè, a vedere come varia l’espansione o la contrazione ∆l/l al variare della temperatura in un green ceramico ottenuto con uno slip casting o in un green con dentro un legante organico come il polivinalcool, cera o altri materiali che lo tengono unito. Se cominciamo a scaldare il green nell’intervallo di temperatura che va da 0° a 500° soprattutto quando contiene un materiale che lo lega come una fase plastica si comporta in maniera strana. La curva sale e scende ed inoltre ci sono dei picchi non ben identificati. Questa è la regione più critica del trattamento termico di un materiale che contiene elementi plastici perché è la regione in cui avviene l’eliminazione termica del materiale organico. In altre parole ciò che brucia si decompone e non è più una fase legante quindi il materiale risulta delicatissimo. Se poi la fase organica brucia troppo velocemente, evolve del gas che crea delle tensioni interne che possono portare alla rottura del materiale. Lo stessa situazione si può pensare avvenga quando sulla superficie delle particelle sono presenti gruppi idrossidi OH o dell’acqua assorbita fisicamente o chimicamente all’interno del materiale. In particolare quando si parla di ceramici tradizionali come l’argilla l’acqua è proprio parte integrante della struttura cristallina cioè si sa già dall’inizio che l’argilla contiene oltre all’acqua dell’impasto anche un’acqua di cristallizzazione che deve essere eliminata. Anche in questo si deve fare molta attenzione perché questa acqua creando vapore, bolle rende il trattamento termico di un materiale ceramico a basse temperature, all’inizio, un evento molto critico. Tipicamente il grosso della sostanza organica e dell’ acqua vengono persi dal materiale nell’intervallo che va da 0° a 500°. Al di sopra dei 500° la sostanza organica e l’acqua sono quasi del tutto assenti. La combustione avviene in aria perché, se così non fosse, il materiale organico darebbe un residuo carbonioso che potrebbe rimanere così come è oppure potrebbe reagire con gli ossidi formando degli ossicarburi.
nota: molto importante sull’effetto finale della sinterizzazione è il tipo di atmosfera che si utilizza. Nel caso ad esempio dell’allumina i pori contengono aria che è 80% azoto,20% ossigeno,idrogeno, etc. Il poro chiuso contiene dell’ aria intrappolata che rimanendo dentro per quanto la si compatti costituisce un difetto insormontabile. Quindi se è presente questa aria sarà difficile chiudere e sinterizzare alla densità teorica un’allumina soprattutto perché l’azoto contenuto nell’aria è insolubile nell’allumina per cui rimane dentro i pori chiusi. Naturalmente se non è presente aria nei pori questi possono collassare. Se non ci si può permettere un forno da vuoto una soluzione potrebbe essere quella di creare un’atmosfera di sinterizzazione alternativa all’aria, un’atmosfera tipo l’ossigeno. La solubilità dell’ossigeno nell’allumina essendo l’allumina stessa fatta di ossigeno è elevata per cui se un poro, alla fine del processo di sinterizzazione, contiene inclusioni di ossigeno è facile che queste vengano trasportate via dal reticolo stesso del materiale. Anche l’idrogeno ha una certa mobilità nell’allumina.
Tra 0° e 500° si ha anche un piccolo ritiro dovuto semplicemente al fatto che il materiale organico decomponendosi fa spazio e quindi la polvere può ritirarsi leggermente. Tra i 500° e la temperatura precedente all’inizio della sinterizzazione cioè la temperatura alla quale i fenomeni di sinterizzazione incominciano a diventare prevalenti, il materiale in se per sé risulta inerte cioè rimane fermo e l’unica cosa che fa è quella di espandersi seguendo la legge di espansione termica intrinseca. Dopo, quando si supera una certa temperatura, si ha l’innesco di fase di ritiro. L’innecso di questa fase dipende dalla pressione,dall’atmosfera gassosa,dagli additivi di sinterizzazione; ad esempio il materiale sinterizzato con 0.2% di magnesio a 1100° risulta già molto duro e si fa fatica a levigarlo. Una volta iniziata la sinterizzazione si innesca questa caduta libera a valori negativi del ritiro per via della compattazione e densificazione del materiale. Informazioni utili alla sinterizzazione si possono ottenere con le tecniche termoanalitiche come ad esempio, la DSC o la termogravimetria. Il primo tratto di cui si capisce ben poco, può essere analizzato con la tecnica termogravimetrica. La curva che si ottiene con tale tecnica è contraddistinta dal fatto che tra 300° - 500° presenta una grossa variazione in termini di percentuale di peso. Quindi le curve termogravimetriche confermano il fatto che la fase critica è la fase che arriva a 500° cioè è la fase in cui avviene la combustione. Ovviamente non si può pensare che a 501° tutto sia stato bruciato perché c’è un’inerzia del processo. Una soluzione potrebbe essere quella di mantenere il materiale a quella temperatura per un certo lasso di tempo fino a quando la combustione degli organici non è completata oppure si potrebbe procedere riscaldando lentamente. La termogravimetria è una tecnica importante perché fornisce informazioni sulla durata della fase critica di rimozione degli elementi in più presenti nel materiale ceramico. La DSC è invece molto utile perché indica eventuali trasformazioni di fase. Se si registrano dei picchi di calore vuol dire che si sta nel mezzo di una trasformazione.

Un oggetto più grosso senza aggiunta di resine a tenerlo in mano con il suo peso si rompe. La resina, il legante che si aggiunge allo slip è necessario per dare un’iniziale coesione al materiale. Nel caso dello slip casting bastano piccole quantità di polivinilalcool per migliorare di molto le proprietà meccaniche a bassa T.

Ci sono processi come quelli di formatura a secco che non si fanno con acqua in cui si gioca tutto sulla compattazione delle polveri. Se queste non si compattano bene come appunto nello slip casting devono essere tenute insieme da un legante che in genere è un materiale polimerico termoplastico. Nell’estrusore il materiale termoplastico viene fuso e poi raffreddandosi consolida il green ceramico.

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