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Corso di laurea in ingegneria dei materiali corso di scienza e tecnologia dei materiali ceramici


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Nota ( i leganti organici ) : Il polivinilalcool rappresenta un polimero lineare ed idrosolubile anche se lo si disperde in acqua con difficoltà e va aggiunto in piccole quantità perché già il 5-10% rende l’acqua molto viscosa e deteriora la caratteristica di viscosità dello slip. Il polivinialcool quando asciuga, ritorna polimero duro e se è circondato da polvere ceramica contribuisce a compattarla ed a tenerla insieme. Si tratta di lunghe catene che agiscono come se fossero dei lacci.

Oltre al polivinilalcool altro polimero idrosolubile che non polimerizza è la cera. Le cere sono delle paraffine piuttosto corte come dimensione e già a bassa temperatura fondono. E’ possibile miscelare alle polveri anche i classici polimeri termoplastici come il polipropilene, il polietilene e poi iniziare dei processi di stampaggio a caldo. Questi materiali fondono ad una certa temperatura insieme con le polveri, vengono inclusi in uno stampo, in un estrusore e raffreddando solidificano facendo solidificare anche il green ceramico.


Se non si è riusciti ad eliminare tutta la massa organica a 500° e si è saliti fino a raggiungere la temperatura di 800° accade che a 800° un’argilla normale comincia a formare una fase vetrosa. Questa fase comincia ad imrosa. Questa fase comincia ad imchiuderlo, sigillarlo per cui il materiale organico o l’acqua che non sono stati ancora eliminati, premono. Si tratta di gas che sta dentro il materiale e che vorrebbe uscire per effetto dell’espansione ma se il materiale è rigido, per via dell’espansione questo si rompe. Se è per esempio un vetro, questo schiuma cioè l’acqua per uscire forma delle bolle sulla superficie.

Questo è un processo che si può utilizzare se si vogliono realizzare oggetti ceramici porosi. La protezione dello shuttle a base di materiale coibentante e poroso è fatta, però, di fibre di silicio e non da un materiale schiumato perchè le fibre sono più resistenti dal punto di vista degli shock termici rispetto ad un materiale schiumato. Solo che quest’ultimo può raggiungere proprietà coibentanti elevatissime ed una grossa refrattarietà.

Materiali che funzionano sul principio della schiumatura sono le porte REI 60 cosiddette taglia fuoco perché contengono i vetri taglia fuoco. In queste porte tra due lamine di metallo sono inseriti i materiali refrattari. I vetri taglia fuoco sono costituiti da una serie di strati di vetro vero e proprio e da silicati alcalini idrati che a partire da 120°C incominciano a schiumare quindi evolve acqua. Se scoppia un incendio il fenomeno dello schiumaggio rende i vetri materiale refrattari, si espandano fino a 40 volte le dimensioni iniziali, non sono più trasparenti ma isolano. Il fuoco inizialmente rompe i primi strati, gli altri, superata la Tg diventano plastici e iniziano a sciogliersi. Quando la T è molto alta, rimangono però gli starti refrattari porosi.


  • CURVA DI RISCALDAMENTO

La curva di riscaldamento disegnata è tipica di un ciclo di cottura della ceramica tradizionale, di una terracotta.

Tra 0° e 500°C la pendenza della curva non è eccessiva ciò vuol dire che il materiale si sta riscaldando lentamente ( questa fase dura circa 3h ). Per essere sicuri che tutte le evoluzioni gassose non lo rompano lo si tiene a 500°C per circa mezz’ora ( più è grosso il materiale e più lo si deve fare stazionare a tale T ). Successivamente può iniziare una fase di riscaldamento più veloce seguita però da un rallentamento quando si sta entrando nella zona di sinterizzazione ed una volta entrati in tale fase, si deve stazionare.



Il fenomeno della sinterizzazione da stato solido è un fenomeno in cui intervengono essenzialmente processi diffusivi. Tali processi sono caratterizzati da tempi molto lunghi quindi a seconda della composizione chimica, della dimensione del materiale si ha un tempo di ritenzione variabile che comunque non scende al di sotto di 1h, 2h. Più si aspetta e meglio è anche se non si deve esagerare perché altrimenti si rischia di avere crescite abnormi dei grani cristallini.


  • SINTERIZZAZIONE

La sinterizzazione vera e propria può essere schematizzata grossolanamente come un processo di trasformazione della geometria, delle dimensioni del materiale che parte dalla sua forma di polvere. Le polveri pur avendo un alto numero di coordinazione non è detto che siano sempre molto impacchettate. In tal caso si deve fare in modo di accrescere il numero di coordinazione e di risistemare i grani per far si che la superficie di contatto tra i grani sia massimizzata e che sia ridotta la superficie libera. Questo è il processo di sinterizzazione che può avvenire con una moltitudine di meccanismi diversi tra loro.


  • MECCANISMI DI SINTERIZZAZIONE

Si possono distinguere tre categorie:

sinterizzazione che si accompagna con una vetrificazione: si ha la formazione di una fase all’interno del materiale che fonde e che si trova allo stato liquido. Questa fase liquida che circonda le particelle refrattarie che stanno nel mezzo non fa altro che compattare meglio i grani. Quello che accade è che i grani cristallini, nella fase liquida possono riarrangiarsi meglio di quanto possano fare a secco o nello slip e quindi possono ridurre il più possibile la fase porosa ed aumentare il numero di coordinazione.

sinterizzazione con fase liquida: la si può intendere come una sinterizzazione in cui la fase liquida non è tale da riempire totalmente gli interstizi della fase refrattaria. Nel casi di materiali ceramici tecnici quello che si tende a fare è formare una fase liquida che per reazioni chimiche e trasformazioni di fase si elimina. La porcellana delle giare è un esempio di sinterizzazione con fase liquida.

sinterizzazione senza fase liquida: in questo caso non c’è nessuna formazione di fase liquida. La T è al disotto di quella di fusione di ciascuna delle fasi ed i meccanismi di trasporto di massa e di diffusione sono altri.


  • DIAGRAMMA DI FASE SILICE-MAGNESIO-ALLUMINA

In questo diagramma esiste una serie di materiali ceramici interessanti a cominciare dall’allumina pura continuando con la silice pura fino ad arrivare a materiali ceramici tecnici ed interessanti come la cordierite ottenuti aggiungendo del magnesio. Le marmitte catalitiche sono di cordierite. E’ un composto di silice magnesio ed allumina con la caratteristica di avere espansione termica praticamente nulla. Quindi quando dalla marmitta catalitica fuoriescono i gas caldi a 1000°C questi non provocano shock termico e la marmitta non si stanca. L’allumina non sarebbe adatta perchè spaccherebbe. L’allumina, a meno che non sia estremamente reattiva, di grana molto fine sinterizza al di sopra dei 1700°C ( un’allumina super macinata può sintetizzare a 1500°C soprattutto utilizzando degli additivi ). Una cosa che si fa quando si deve sintetizzare un’allumina normale di dimensioni non spinte è quella di additivarle un composto che possa avere composizione vicina all’eutettico.

Il diagramma di fase ternario presenta delle linee tratteggiate che sono delle linee di livello, sono le isoterme in corrispondenza delle quali coesistono la fase solida e liquida mentre le linee più grosse sono le zone di confine delle diverse fasi. Se prendo ad esempio il 90% di allumina e gli metto il 10% di cordierite o di talco o di caolinite, un materiale tipo l’argilla che contiene magnesio, alluminio e silicio, questo materiale ha la caratteristica di fondere a bassa T. Fondendo a bassa T (1350°C ) continuando a scaldare il materiale si porterà in equilibrio con l’allumina che è solida. Questa allumina solida tenderà in qualche modo a reagire e a dissolversi secondo il diagramma di stato per cui la composizione chimica del materiale si sposterà lungo la curva arricchendosi di allumina. Più salgo in T e più l’allumina che sta intorno tende a reagire. Questo potrebbe essere un fatto negativo ma in realtà non lo è perché man mano che l’allumina reagisce combinandosi con la cordierite , con il talco fuso si porta tutto l’insieme in una regione molto refrattaria che è quella di esistenza del corindone. Innanzitutto il materiale per quanto adesso non è più puro si trova in una fase cristallina molto dura, una sorta di soluzione solida di magnesio-silicio-allumina per cui partendo da una sinterizzazione con fase liquida si è avuta una fase liquida che legasse il materiale, che facesse da agente di trasporto. La cordierite ed il talco sono due forme cristalline: la cordierite è un composto ceramico, il talco è un fillosilicato. Entrambi però contengono magnesio, silicio ed allumina e comunque sia il talco che la cordierite sono gia fusi a quelle T.




  • CLASSIFICAZIONE DEI CERAMICI TRADIZIONALI IN FUNZIONE DELLA T DI SINTERIZZAZIONE

Tra i prodotti ceramici abbiamo terrecotte, faenze e terraglie che hanno una T di sinterizzazione piuttosto bassa, non supera generalmente i 1000°C. A queste T non evolve una quantità di fase vetrosa sufficiente a fare una sinterizzazione vetrosa vera e propria per cui è una sinterizzazione con eventualmente fase vetrosa. Nelle faenze si hanno processi di mullitizzazione cioè si ha la formazione di mullite dall’argilla che contiene il silicio e l’alluminio. Comunque nelle argille quando ci sono degli altri composti si deve sempre tener presente il digramma di fase ternario. L’argilla che è un fillosilicato piuttosto termolabile è il primo a decomporsi anzi prima ancor di lui si decompone il feldspato. Le T della faenza e delle terrecotte sono tali da comportare la creazione di una fase liquida cospicua all’interno che lo compatti, lo cementiti. Quindi la pasta che compone il biscotto, la terracotta, la faenza è un materiale ceramico tendenzialmente poroso che quindi ha bisogno per diventare impermeabile di essere sigillato con invetriatura, con uno smalto vetroso. La cristallina è vetrosa. Gli smalti vetrosi sono dei materiali che hanno la caratteristica di fondere ad una T a cui il biscotto non fonde, si tratta di materiali a più basso punto di fusione. I materiali a più basso punto di fusione si ottengono in una serie diversa di modi. Fino a poco tempo fa una tecnica molto utilizzata era quella che usava come fondente il piombo per cui le vetrine di materiale ceramico tipo le faenze, il coccio erano smaltati con colori di silicati in cui la presenza di piombo fino al 30% ha l’effetto di rendere fusa la massa gia a 500°C. Nella fase dell’invetriatura il biscotto cioè il materiale ceramico poroso viene inzuppato in una sospensione di vetro ed acqua, si ricopre di uno strato e viene posto nel forno dove lo strato si livella creando uno rivestimento impermeabile. Si è pensato di sostituire il piombo e di utilizzare altri additivi che abbassino la T di fusione come ad esempio elementi alcalino terrosi tipo il calcio, il magnesio, il potassio, il sodio. Lo stagno come metallo è basso fondente. Esso a 100°C fonde ma come ossido è estremamente refrattario. L’ossido di stagno è quell’ingrediente che viene chiamato cristallina. Si devono distinguere due tipi di smalto per le ceramiche tradizionali: uno smalto vetroso coprente, trasparente o colorato che però lascia vedere il coccio posto sotto ed uno smalto che diventa opaco, bianco. Il primo in genere è un vetro che fonde, il secondo è opaco e ciò significa che tiene al suo interno dei materiali cristallini che non sono fusi mentre tutto il resto della pasta vetrosa lo è. E’ una sorta di sinterizzazione vetrosa al contrario cioè invece di avere il 20% di fase vetrosa e l’80% di materiale refrattario si ha in una cristallina una grande quantità di fase vetrosa. La faenza e la maiolica sono praticamente delle ceramiche cotte porose rivestite da uno smalto cristallino opaco bianco su cui poi si applica la decorazione (soprasmalto). Si tratta di colori che si spennellano sul fondo bianco che è il fondo naturale delle faenze. L’insieme di polvere vetrosa bianca ed ossido di stagno si presenta come un foglio di carta bianca su cui scrivere. L’ossido di stagno rappresenta in questo caso la parte refrattaria della vetrina. Gres e porcellane si contraddistinguono per avere un alta T di cottura che può arrivare a 1200° - 1300°C e questo fa si che gres e porcellane si possano ritenere sinterizzate con un processo di sinterizzazione con fase vetrosa. La fase vetrosa si ottiene perché si stanno utilizzando più alte T ma anche perché la ceramica che abbiamo utilizzato ha degli ingredienti controllati molto speciali. Quindi il gres e le porcellane ottenute con sinterizzazione con fase vetrosa in cui la fusione di alcuni elementi contribuisce a renderli materiali estremamente compatti sono usati per pavimenti che risultano così più pregiati di quelli realizzati in terracotta perché più resistenti meccanicamente. Se un pavimento in gres è ben densificato anche quando si invecchia, si scalfisce o si riga, levigandolo, potrebbe ritornare allo stato originale di lucentezza mentre se si riga un pavimento in terracotta la parte vetrosa viene meno e rimane la parte marrone dell’argilla. Quindi la porcellana ed il gres sono materiali ceramici che al di la della loro compattezza ed alta T, alla quale sono stati ottenuti, sono molto resistenti anche agli attacchi chimici.

Non tutti i materiali argillosi danno porcellane e gres solo perché vengono cotti ad alta T ma ci vuole una miscela sapiente di ingredienti in modo da modulare il contenuto di materiale refrattario, inerte, plasticizzante, fondente. Al fine di controllare gli ingredienti per ottenere porcellane e gres viene in aiuto il diagramma ternario.


Fig.1(lucido precedente): ai vertici del diagramma ternario ci sono gli elementi puri che in questo caso sono la silice che fa da parte inerte; il clay anche se nelle porcellane e nei gres più di valore si parla di caolino che è un’argilla primaria particolarmente pura con poche contaminazioni alcaline, alcalino-terrose; i feldespati che sono silicati ad impalcatura, silicati silico alluminati che oltre alla silice e all’allumina che fanno l’impalcatura attraverso i tetraedri nello spazio, contengono una gran quantità di spazi vuoti riempiti da cationi grossi che sono sia alcali che alcalino terrosi come sodio, potassio, magnesio. Ciò che essenzialmente conferisce al feldspato la caratteristica di fondente è una gran quantità di sodio e potassio che quindi ne determinano a T già molto basse la fusione. Il lato del silica-clay rappresenta il lato più refrattario. Le porcellane dure essendo costituite principalmente da caolino e silice sono molte refrattarie. Aumentando il contenuto di felpato si ottengono le ceramiche dentali con cui l’odontotecnico ricostruisce una scheggia di dente o realizza le capsule. Le porcellane cinesi hanno invece il 25% di silice, il 25% di feldspato ed il 50% di caolino. Questa è una tipica ricetta cinise, giapponese per fare una porcellana tralucente e di qualità.

  • DIAGRAMMA DI FASE BINARIO

Questo diagramma si riferisce sempre ad una sinterizzazione con fase vetrosa. Il composto B è il composto base che si vuole sinterizzare che se fosse tutto puro sarebbe ideale mentre A e l’additivo di cui si ha bisogno per facilitare la sinterizzazione Quello che si vuole è che l’additivo formi un eutettico il più possibile basso fondente rispetto alla T di fusione del composto base per avere a T abbastanza al di sotto della T del composto una fase liquida che faccia da impasto. La solubilità dell’additivo nel composto deve essere bassa mentre quella del composto B deve essere buona sia nel liquido che nel solido. Se B è molto sciolto nella fase liquida, questa agisce come agente di trasporto del materiale e quindi contribuisce alla trasformazione dei grani in modo che questi si compattino bene e riducano la superficie di contatto.



5a lezione 26-03-2003


  • Gli stadi del processo di sinterizzazione.

Continuiamo a parlare di sinterizzazione con fase liquida e senza fase liquida.

Nello stadio iniziale della sinterizzazione il materiale è abbastanza compatto e può essere lavorato con utensili perché, pur non avendo subito ritiro, sulle polveri è avvenuto un incollaggio a punti.

Quindi strategicamente si arresta la sinterizzazione a questo punto per eseguire lavorazioni e poi proseguire con la sinterizzazione.

Lo stadio intermedio della sinterizzazione si classifica in base ai valori della densità che si può raggiungere (fino al 92 % della densità teorica). A questo livello i grani di polvere si sono riarrangiati abbastanza bene ,rimangono in ogni modo una serie di pori ( che non sono interconnessi ed estesi come prima ).

Lo stadio finale della relazione è quello che prevede la completa eliminazione di tutti i pori nel materiale.

Nello stadio iniziale ed intermedio della sinterizzazione i pori sono abbastanza continui tra loro , quando si raggiunge il 92-95%della densità teorica questi formano una fase discontinua e molto critica da eliminare. Si utilizza per questo motivo MgO per cercare di eliminare la porosità cercando di non indurre una grossa crescita dei grani.

Queste considerazioni valgono sia per una sinterizzazione da fase solida sia per una sinterizzazione con una piccola quantità di fase liquida.


  • Forze motrici della sinterizzazione

Anche queste considerazioni di tipo termodinamico sono abbastanza generali. La sinterizzazione, dal punto concettuale, va pensata come la tendenza de materiale a portarsi verso il minimo di energia. Dal punto di vista termodinamico tutto ciò che può portare ad una diminuzione di energia può determinare una compattazione.

La variazione dell’energia libera di Gibs è la ragione energetica che spiega la sinterizzazione ed è la ragione per cui un materiale molto poroso e debolmente impacchettato aumenta la sua densità.

In maniera del tutto generale la variazione dell’energia libera di Gibs si può decomporre in tre contributi :

Variazione di energia libera di volume.

Variazione di energia libera dovuta al rimodellamento dei bordi di grano.

Variazione di energia libera dovuta alla variazione della superficie.

( In realtà questa suddivisione vale solo per una sinterizzazione da fase solida che non coinvolge reazioni. Se ci sono delle reazioni chimiche è necessario aggiungere i potenziali termochimica, inoltre è da ricordare che la variazione di energia libera è anche dovuta alle transizioni di fase).

Il contributo principale dal punto di vista energetico è il lavoro svolto dal sistema per ridurre la sua area specifica che si traduce in un G pari alla tensione superficiale per la variazione di superficie. Quindi la riduzione di superficie per il sistema è un guadagno energetico che dà la possibilità di cambiare forma alla materia.

L’area specifica del materiale, cioè la somma delle superfici di ciascuna particella che lo compone,inizialmente è molto elevata ( stiamo considerando la polvere ). La conoscenza dell’area specifica dopo la sinterizzazione è indice di quanto è stato efficace il processo di sinterizzazione. Se in un sinterizzato si misura ancora un’alta area specifica il materiale presenterà una gran quantità di pori interconnessi aperti.


  • Cinetica e modelli della sinterizzazione

Se si parla di sinterizzazione dallo stato solido quello che si assume e che ci sia trasporto di massa ,in questo modo il materiale può cambiare forma.

Il trasporto di massa può avvenire in tutte le fasi : nel bulk , nel liquido e nel gas. Ovviamente il trasporto di massa nel bulk non può avvenire nelle prime fasi della sinterizzazione in cui c’è solo un contatto puntuale tra i grani quindi, nelle prime fasi , ciò che contribuisce maggiormente è il trasporto nel gas e sulla superficie delle particelle. Nei meccanismi di sinterizzazione viscosa ciò che entra in gioco nelle prime fasi della sinterizzazione è il trasporto nella fase liquida.




  • Lucido ( particelle sferiche crescita del colletto )

In figura si può vedere il modello a due particelle che propose Frenkel per spiegare la sinterizzazione viscosa.

Due particelle di vetro o metallo ,che hanno una viscosità non infinita, poste a contatto ,col procedere della sinterizzazione, tendono ad aumentare la superficie di contatto saldandosi sempre più. Il punto di contatto si chiama colletto e rappresenta , a differenza di tutte le altre parti della sfera ,l’unica zona di concavità. Man mano che passa il tempo il colletto aumenta le sue dimensioni diventando dello stesso ordine di grandezza della sfera e attivando sempre di più i meccanismi di trasporto di massa.




  • Sinterizzazione viscosa

Perché la sinterizzazione sia viscosa almeno il 20% della fase solida deve trasformarsi in liquido. Quello che ci si aspetta è la risolidificazione del vetro che, come si è visto per i ceramici tecnici, si può convertire tutto in una fase che non è né amorfa né bassofondente.


  • Teoria della sinterizzazione viscosa

Frenkel riuscì a trovare una formula analitica per valutare il ritiro volumetrico (V/V) esprimendolo in funzione di parametri fisici che fanno parte del processo di sinterizzazione. Il coefficiente 9/4 deriva dalla geometria sferica considerata mentre i termini energia superficiale, tempo, viscosità e dimensioni delle particelle intervengono in qualsiasi geometria che si vuole considerare.

Il risultato principale è che attraverso il modello di Frenkel si può esprimere il ritiro volumetrico di un materiale ,che sta sinterizzando per sinterizzazione viscosa, in funzione dell’energia superficiale , del tempo di sinterizzazione ,delle dimensioni delle particelle e dalla viscosità.

Più sono piccole le particelle più è alto il ritiro volumetrico così come alti valori della viscosità limitano il ritiro.

Il tempo è la variabile più facilmente controllabile ,infatti si può supporre che per tempi sufficientemente lunghi il materiale sia completamente compattato.




Rivedere appunti tecnologia materiali e chimica applicata.


  • Sinterizzazione con fase liquida

La sinterizzazione con fase liquida interviene quando si ha una quantità in volume in volume di fase liquida minore del 20%.

Questo meccanismo si può spiegare in due stadi successivi.

Nel 1° stadio il particolato solido refrattario che non si è sciolto è ricoperto da un sottile strato di fluido che si è creato e che agisce da lubrificante tra le particelle. Nel 2° stadio la fase fluida che si è formata consente, in presenza di una buona solubilità della fase refrattaria nel liquido, un buon trasporto di massa.

La possibilità di avere un fluido, all’interno del quale il trasporto di massa è molto più veloce che in una fase gassosa o volumica, è un accelerante del processo di sinterizzazione.

-meccanismi di trasporto
Il meccanismo trainante, dal punto di vista cinetico, è un processo diffusivo ( in qualsiasi modo esso avvenga: nel gas, nel volume o nella fase liquida).

Quindi indipendentemente dal mezzo, il meccanismo di trasporto di massa, segue una legge Fickiana di diffusione Je = -Ddc /dx .




  • Effetto delle superfici curve

Se consideriamo due sfere a contatto quello che si assume nella fase iniziale è un meccanismo di trasporto nella fase gassosa con un’evaporazione di materia dalle zone convesse e una ricondensazione nelle zone concave. Questo meccanismo è quello responsabile della crescita del colletto. Il meccanismo d’evaporazione e trasporto nella fase gassosa è utile soprattutto nella fase iniziale della sinterizzazione. Quello che si attiva successivamente è un trasporto dovuto alla presenza dei difetti puntuali ( interstiziali o costituzionali ) che si spostano nel materiale. Precedentemente si è affermato che il trasporto di massa avviene a causa di un gradiente di concentrazione, ciò che determina questo gradiente, nel trasporto in fase gassosa ed in fase solida, è la presenza di superfici curve.

Se ad es. si ha un liquido in equilibrio col suo gas ( acqua che ha una certa tensione di vapore dipendente dalla temperatura ) ,man mano che la temperatura aumenta, aumenterà anche la concentrazione di vapore nell’aria. La tensione di vapore ,presente anche nei solidi, oltre che dalla temperatura dipende anche dalla curvatura delle superfici.

Ad una superficie convessa corrisponde una tensione di vapore maggiore che ad una superficie concava. Quindi la presenza delle superfici curve spiega perché nella fase gassosa c’è un gradiente di concentrazione e nel materiale c’è un gradiente di vacanze.

La presenza delle vacanze favorisce la sinterizzazione infatti spesso nell’allumina si utilizzano degli additivi di sinterizzazione che si comportano come sostituti aliovalenti dell’alluminio (l’alluminio ha valenza 3 un sostituto aliovalente a basse concentrazioni è il Titanio).

L’effetto di queste impurezze con valenza superiore determinano delle vacanze d’alluminio per compensare le cariche.

Le vacanze rappresentano il sistema ideale per trasportare la massa nel materiale attraverso un meccanismo di salto nei vuoti, l’effetto netto è lo spostamento della lacuna .




  • Schematizzazione dei meccanismi di trasporto

Ritorniamo alla schematizzazione delle sfere quello che succede, nel momento in cui sono a contatto, si forma una zona concava ( il colletto ) ed una convessa ( il resto delle sfere ). Ci sono diversi meccanismi di trasporto dalla parte convessa alla parte concava. Come si è detto i meccanismi che si attivano per primi sono quelli che sfruttano la fase gassosa e le superfici perché il contatto è solo puntuale.

Nel momento in cui il colletto si è formato il trasporto può avvenire nella massa con il meccanismo descritto precedentemente descritto delle vacanze. La densificazione può avvenire solo se c’è il trasporto di massa.

I primi meccanismi ,cioè quelli superficiali , non determinano la densificazione ma spiegano perché nella fase iniziale della sinterizzazione c’è un ingrossamento del colletto. Una volta che i colletti hanno raggiunto una dimensione adeguata entrano in gioco altri meccanismi di trasporto che hanno, per esempio, come sito d’inizio i bordi di grano ( vicini ai colletti ). Queste regioni di difettosità sono una sorgente di concentrazione di vacanze e quindi una ragione di trasporto di materia. Grazie ai bordi di grano ,alle dislocazioni ecc… si può spiegare il fenomeno di trasporto di materia che implica la densificazione.


  • Sinterizzazione nello stadio finale

I meccanismi appena descritti ci dicono tutto sul 1° e 2° stadio della sinterizzazione , rimane da descrivere ciò che succede nello stadio finale. In questa fase i pori non sono più interconnessi e rappresentano un grosso problema per il materiale.


  • Schematizzazione della fase finale della sinterizzazione

In questa fase i grani del materiale vedono i pori come delle piccole inclusioni sui bordi. Un grosso grano ,a causa della sua geometria, è concavo rispetto ad un piccolo grano, ciò comporta che il piccolo grano ha una tensione di vapore più alta. In questo modo un piccolo grano tende disperdere materia ed un grosso grano a guadagnarla. Questo fenomeno ,denominato coarseling, può causare un ingrossamento eccessivo dei grani (specialmente in presenza di una distribuzione granulometrica delle polveri). Il fenomeno del coarseling è molto pericoloso nei materiali ceramici e deve essere contrastato. La scomparsa dei piccoli grani tende ad unire ed ingrossare i piccoli pori che su di essi risiedevano, in questo modo si creano grossi pori difficilmente eliminabili.

Un altro motivo della pericolosità del coarseling è che con l’aumentare dei grani aumentano i bordi di grano ,la difettosità e la rugosità superficiale. A causa di tutto questo, alla luce della legge di Griffit, il materiale diventa più fragile.




  • Inibizione della crescita di grano

Una strategia per evitare la crescita eccessiva dei grani è di adottare degli additivi insolubili che si posizionano sui bordi di grano rallentando la scomparsa dei piccoli grani (es. zirconia in allumina o titanio in allumina che a grosse concentrazioni è insolubile ).


  • Sintering diagram

Nella slide si può vedere un grafico in cui in ascisse c’è il rapporto tra la temperatura attuale del materiale e la temperatura di fusione ( i valori vanno da 0 a 1 in ogni modo nella sinterizzazione non si deve arrivare a fusione ma a 2/3 – 3 /4 la Tf ) ed in ordinate il log del del rapporto tra le dimensioni del colletto e quelle della particella ( quando log =0 colletto e particella hanno le stesse dimensioni ).

Un materiale che sinterizza si può pensare che compia un percorso nel diagramma. Ovviamente si parte da una situazione in cui c’è bassa temperatura e piccoli punti di contatto. Nelle diverse zone del diagramma sono classificati i meccanismi di diffusione predominanti ( superficiale, di volume, sui bordi ecc…).

A basse temperature e per piccoli punti di contatto prevalgono meccanismi d’evaporazione , trasporto sulle superfici e sui bordi di grano.

Si può pensare di scaldare lentamente il materiale fino alla formazione dei colletti per poi effettuare un viraggio verso una regione dominata dal trasporto nel volume. Evidentemente potrebbe essere ideale una soluzione in cui si possa arrivare a bassa temperatura in una zona di diffusione di volume ,ma ciò è difficilmente realizzabile perché sarebbe un processo molto lento. In ogni caso è più conveniente che la sinterizzazione avvenga a bassa temperatura con un meccanismo di trasporto nel volume.




  • (diagramma di fase ternario)

Partiamo da una situazione semplice con tre elementi A, B e C insolubili nella fase solida e solubili in quella liquida. Sul diagramma consideriamo una composizione h alla quale, ad una temperatura superiore ai1400 °C, si ha tutto liquido e vediamo l’evoluzione durante il raffreddamento.

Non appena la temperatura scende sotto i 1400 °C comincia a condensarsi il solido C (siamo nel dominio di C). A questo punto la fase liquida diventa più povera in C e si allontana da C lungo il segmento che congiunge C ad h. La composizione si sposta ad es. fino al punto k ad una temperatura di 1300 °C (lo spostamento avviene lungo C-h perché in ogni caso la composizione deve rimanere costante per una questione riguardante la similitudine dei triangoli).

Arrivati in k la composizione del liquido e del solido si possono ricavare con la regola della leva applicata al segmento C-k (C-h / k-C = % della fase liquida ). Continuando a raffreddare fino ad l a 1250 °C il materiale ha tre fasi ed una sola varianza. A questo punto anche A comincia a solidificare è la composizione si sposta sulla linea di confine tra le fasi per cui il materiale comincia a diventare più povero anche in A. Arrivati in m la quantità di fase liquida rispetto alla solida è m-h/m-n e nella fase solida la quantità di A rispetto a C si trova applicando la regola della leva al segmento AC (per sapere quanto solido di C c’è rispetto ad A si esegue il rapporto nA / AC).

Continuandosi a spostare sulla curva limite ad un certo punto si raggiunge l’eutettico (presenza simultanea di quattro fasi) in cui si assiste al blocco della temperatura e alla solidificazione delle tre fasi liquide rimaste.

Vediamo ora il comportamento di un composto solido nelle condizioni q (non a 1300 °C ma a Tamb) durante il riscaldamento.

Quando si raggiunge la temperatura di 1140 °C , pari alla temperatura dell’eutettico, si assiste alla formazione delle prime gocce di liquido con composizione eutettica g. Man mano che liquefa g la composizione può essere letta lungo il segmento continuo passante per q (ancora una volta, sfruttando la regola delle leva, possiamo calcolare la composizione di solido e di liquido).

Continuando con il riscaldamento il liquido si arricchisce in B e la composizione si muove sulla linea di confine delle fasi dove è intercettata dal prolungamento del segmento B-q. Quando si arriva in q a 1300 °C si ha tutto liquido.


  • Lucido ( tre componenti formazione di composti intermedi)

Se tra A, B e C c’è la formazione di composti intermedi ,es.  , per ricondurci alla situazione precedente si suddivide semplicemente il diagramma.



6a Lezione 31-03-2003
LUCIDI SU CD (Forni)


  • Progettare un forno

Nel momento in cui si progetta un forno i dati in imput essenziali sono: le dimensioni della zona utile di lavoro e la temperatura max raggiungibile ( in questi caso è la scelta della combinazione di materiali che determina la temperatura di max esercizio).

Ci sono poi una serie di dati che riguardano il dimensionamento dei parametri di potenza. Un dato importante da conoscere è la velocità di riscaldamento e raffreddamento che dipende dall’inerzia termica del forno ,dalla quantità e dal tipo di materiale da trattare. Se ad es. si vogliono trattare materiali plastici, che hanno una grossa capacità termica, si ha a disposizione molta più potenza rispetto al caso in cui si vogliono trattare materiali ferrosi o ceramici.

Altri dati riguardano le condizioni operative del forno se cioè deve lavorare in atmosfere controllate, nel vuoto o in pressione.

Acquisite queste specifiche si può passare alla progettazione del forno. Essenzialmente si tratta di scegliere il materiale per la coibentazione, il sistema di riscaldamento, il sistema di controllo della temperatura e come il sistema di controllo della temperatura vada a controllare il sistema di riscaldamento.

Se il forno è molto grande ed opera ad alta temperatura si deve controllare che tutti gli elementi all’interno di esso abbiano le necessarie caratteristiche termostrutturali in modo da evitare il creep ed il collasso.

Seguono ora delle slide con una serie di fotografie dei forni.




  • Furnace geometries

Esistono forni che si caricano dall’alto e dal basso top e bottom loading o con sportello laterale.


  • Crucible furnace

I forni bottom loading permetto un estrazione più sicura del materiale contenuto.


  • Gas furnace

Dal punto di vista dell’economicità quello che si preferisce è un riscaldamento a gas. Il riscaldamento avviene attraverso dei bruciatori che convogliano nel forno quantità controllate di combustibile e comburente.

Il problema del riscaldamento a gas riguarda la scarsa controllabilità del sistema poiché ,essendo la fiamma una concentrazione di energia, si genera una discontinuità ti temperature nel forno.




  • Tungsten furnace

In figura e presente un forno per altissima temperatura sottovuoto (in questo modo sono annullati i meccanismi conduttivi e convettivi di trasporto del calore).

Gli elementi riscaldanti sono delle resistenze in tungsteno (metallo refrattario che fonde intorno ai 3000 °C.

Per coibentare il forno, che essendo sottovuoto dissipa essenzialmente per irraggiamento, si usano degli schermi metallici. Questo tipo di forni sono utilizzati se si desidera un ambiente interno privo di contaminanti esterni.


  • Induction furnace for Czochralski technique

Si tratta di un forno ad induzione in cui l’elemento riscaldante è un tubo in rame cavo avvolto a spirale intorno un cilindro di allumina. Il tubo è cavo perché all’interno e attraversato da un liquido di raffreddamento. Questo tubo è percorso da una corrente elettrica alternata ad alta intensità che induce una radiofrequenza. Poiché le radiofrequenze sono assorbite dai metalli questo tipo di forni sono utilizzati per fondere i metalli, in alternativa è possibile utilizzare un crogiuolo in metallo nel quale è possibile inserire il materiale da trattare. In questi forni l’elemento riscaldante non è necessariamente refrattario.


  • Graphite furnace geometry

Un materiale in grado di sopportare altissime temperature, purché non sia esposta all’ossigeno, è la grafite. Se la grafite si trova ad una temperatura superiore ai 400 °C in presenza di ossigeno brucia. Quindi se sono previsti trattamenti termici in atmosfera inerte o sottovuoto la grafite è una soluzione molto conveniente per realizzare elementi riscaldanti.

In generale, nei forni con questo tipo di elementi riscaldanti, la coibentazione è costituita da fibre di carbonio chopped in cui la quantità di fibre rispetto al vuoto è il 10% (una struttura molto leggera e porosa).

Ovviamente questi forni non permettono di realizzare un processo così pulito come quelli ad induzione o a tungsteno ma sono spesso l’unica soluzione quando si vogliono realizzare trattamenti termici in atmosfera aggressiva (es. infiltrazione chimica da fase vapore) perché in questi casi la fibra di carbonio è molto più resistente dei metalli (es. vapori di cloro).


  • Calcolo della potenza

Nel dimensionare un forno si deve tenere presente che la potenza totale necessaria si va a ripartire in diversi contributi. Un primo contributo, come si può facilmente intuire, è necessario per riscaldare l’oggetto interno al forno (ciò dipende dalla massa e dalla capacità termica dell’oggetto).

Il prodotto della massa per la capacità termica per la differenza di temperatura danno l’energia necessaria e dividendo questa energia per il tempo di riscaldamento si ottiene la potenza termica.

Si devono poi considerare una serie di altri contributi dovuti alle dispersioni che devono essere attentamente dimensionate specie nel caso di altissime temperature. Per avere un’idea di ciò che succede alle alte temperature basta pensare alla potenza dispersa per irraggiamento, che segue la legge di Boltzman e che è direttamente proporzionale a T4.

Esistono potenze dissipate per conduzione attraverso gli elementi isolanti (la conducibilità aumenta con la temperatura in questi materiali a causa dell’irraggiamento tra i pori ), attraverso i ponti termici e per convezione dei gas all’interno del forno (è da notare che solo nel caso di vuoti estremi si riesce ad annullare il contributo convettivo).




  • Heat conduction

Il contributo conduttivo è valutabile attraverso la legge di diffusione del calore: Q = KA (Thot-Tcold) / d (Questa legge vale per superfici piane per superfici cilindriche o sferiche va modificata).

Questa prima approssimazione ci fa vedere che le variabili in gioco nella conduzione sono: la conducibilità termica, l’area di scambio, la differenza di temperatura e lo spessore.




  • Stefan-Boltzman law

Secondo la legge di Boltzman la quantità di energia irradiata per unità di superficie è nel caso di un corpo nero : P / A = T4 . Se invece del corpo nero si considera un materiale reale la legge deve essere corretta con un fattore  ( remissività del corpo ): P / A = T4.

Nel realizzare gli scudi termici spesso si utilizzano metalli perché hanno una bassa emissività ( anche se l’emissività dipende da tanti altri fattori quali: la rugosità superficiale, la lunghezza d’onda incidente e l’assorbimento).

Un materiale ceramico a base di ossidi spesso è trasparente, ciò significa che non assorbe molta luce nel visibile e nel lontano infrarosso. Remissività nei ceramici comincia a diventare un fenomeno rilevante nel momento in cui intervengono fenomeni di assorbimento. Questi meccanismi sono collegati ai moti vibrazionali e rotazionale delle molecole e avvengono nel lontano infrarosso per lunghezze d’onda di 3-5 m.

Se si vuole calcolare l’emissività di un forno si deve considerare l’emissività spettrale e la sua incidenza alle diverse temperature di esercizio e tenere presente che non vale la legge di emissione di corpo nero ma quella di scambio tra un corpo ad alta ed uno a bassa temperatura.




Il calore specifico rappresenta la quantità di energia per elevare la temperatura di una massa unitaria di 1K. Questo parametro dipende essenzialmente dalla quantità di energia che il materiale è in grado di assorbire. In un gas ideale, in cui non ci sono moti vibrazionali, l’energia ceduta è tutta utilizzata per aumentare l’energia cinetica delle molecole. In questo caso il calore specifico per ogni grado di libertà è pari a K / 2 ( la capacità termica totale del gas è 3K / 2, essendo tre i gradi di libertà per una molecola di gas). Quando si considera un gas non ideale, ad es. biatomico, la situazione si complica notevolmente a causa dell’energia associata allo stretching e alla rotazione molecolare. Questi meccanismi che si innescano ad alta temperatura fanno aumentare la capacità termica del gas aumentando l’assorbimento di energia. Per un materiale solido oltre ai tre gradi di libertà, associati ad una molecola libera di vagare, è necessario addizionarne tre altri, dovuti ai vincoli.

Per un generico materiale solido il calore specifico e dato dal: cv = (3KTNa )/ T.

In questa equazione non è presente la massa del materiale ma il n° di moli, questo ci fa capire perché materiali pesantissimi come il tungsteno o il plutonio hanno un calore specifico bassissimo a causa del basso n° di atomi. Un materiale leggero come il carbonio ha un alto calore specifico perché ha un alto n° di atomi al suo interno.

Se confrontiamo due materiali come il rame ed il piombo si trova che il calore specifico del rame è molto maggiore di quello del piombo. Se questi valori vengono normalizzati rispetto alle moli (si utilizza la legge di Dulong and Petit) si ottengono valori dei calori specifici molto prossimi.

Quindi il calore specifico non è collegato al peso atomico del materiale ma alle moli perché è influenzato dall’energia cinetica rotazionale e vibrazionali del cristallo. A bassa temperatura il calore specifico è approssimabile a 3K ma quando si è ad alta temperatura il calore specifico aumenta perché si innescano meccanismi che aumentano la quantità di energia per scaldare il materiale. Se si vuole fondere il materiale è necessario inoltre un contributo addizionale dovuto all’entalpia di fusione.


  • Convezione

Lo studio del fattore correttivo è importante sia per dimensionare i meccanismi di diffusione sia per facilitare il raffreddamento del forno.

Per il calcolo della potenza, nel caso della convezione, si sfrutta una legge simile a quella della conducibilità termica: Pc = hS(T2-T1) dove h è il coefficiente di scambio termico convettivo. Il coefficiente h dipende da molti fattori ma in maniera qualitativa si può affermare che dipenda essenzialmente dal flusso di fluido intorno al forno e dalla conducibilità di questo flusso ( come si può notare dalla tabella della slide l’acqua in convezione forzata ha un alto valore di h)




  • What is temperature ?

Da un punto di vista “esperenziale” si associa la temperatura a quanto può essere caldo o freddo un corpo. La temperatura è quindi collegata ad una nostra sensazione che peraltro è molto relativa ,infatti se si prende in mano un pezzo di metallo a 100 °C ci si brucia ma se si prende un pezzo di legno alla stessa temperatura questo non accade. La spiegazione sta nel fatto che la mano è un sensore che valuta l’energia assorbita, il legno a 100 °C avendo una bassissima conducibilità termica trasferisce solo una piccola quantità di calore e non ci brucia.

La temperatura può essere definita come quel qualcosa che si stabilisce tra due corpi a contatto dopo un certo periodo. Le definizioni classiche di temperatura sono collegate a considerazioni di tipo termodinamico che valgono in condizioni di equilibrio. Due corpi in equilibrio termico hanno la stessa temperatura. Se di un corpo si riescono a misurare determinate proprietà che dipendono dalla temperatura mentre di un altro corpo non si riescono a misurare se i due corpi sono in equilibrio termico hanno la stessa temperatura. In questo modo la temperatura del corpo ignoto si può stabilire valutando le proprietà che dipendono dalla temperatura del primo corpo.




  • Absolute temperature

Dal punto di vista teorico la temperatura assoluta si definisce come uno stato di equilibrio termodinamico tra due corpi. Per semplificare le cose consideriamo un sistema di particelle indistinguibili che obbediscono alla statistica di Boltzman. Ovviamente non tutte le particelle del sistema avranno la stessa energia ma ci sarà comunque una popolazione di particelle allo stesso stato energetico. Utilizzando la distribuzione di Boltzman si può scrivere la quantità di particelle che si trovano in un certo stato energetico:

ni = N gi e-Ei

N = n° di particelle

gi e  = coefficienti moltiplicativi

Ei = energia delle particelle

In questo sistema statistico è utile introdurre la funzione di partizione :

Z =  gi e-Ei

Questa funzione ci dice come si distribuiscono le particelle al di là del loro n°.

L’energia media del sistema si può assumere come l’energia media di ciascuna particella :

U = N Eaverage

L’energia media delle particelle dipende da una funzione di partizione e dal coefficiente  :

Eaverage = -d (lnZ)/d



 =KT


A livello teorico quindi la temperatura è /K.


  • Temperature sensor

I sensori per la misura della temperatura si dividono in a contatto e senza contatto. I sensori a contatto (come una termocoppia in un forno) misurano essenzialmente la propria temperatura. L’assunzione che si fa e che sensore e corpo siano in equilibrio termico tra di loro. Poiché in un grosso forno la temperatura può variare molto da punto a punto possono esistere molti errori di misura.

I sensori non a contatto per le alte temperature sfruttano altre proprietà quali la quantità di radiazione emessa e la sua lunghezza d’onda. Quindi tramite la legge di Boltzman, sapendo che l’energia emessa dipende da T4, si può stabilire la temperatura.




  • Pyromethers operating principle

I sensori non a contatto migliori vanno riconoscere, potendo campionare in più zone dello spettro, la quantità di radiazione emessa dal corpo.

Per un comportamento di emissività vicino a quello di corpo nero vale la legge di Vien (opportunamente mediata dalla costante di emissività) . Se si costruisce lo spettro di emissività di un corpo in funzione della lunghezza d’onda si trova che l’energia irradiata varia enormemente all’aumentare della temperatura ma avviene anche che lo spettro a cui avviene il max dell’irraggiamento si sposta verso le lunghezze d’onda inferiori. Questo comportamento è predetto dalla legge di Vien :

max = 2900 / T

max è la lunghezza d’onda a cui avviene il massimo dell’irraggiamento.

A bassa temperatura (37-38 °C) l’emissività è max intorno ai 9-10 m.

Un corpo a 2000 °C non può essere neppure guardato perché l’intensità dell’emissione è molto grande e la lunghezza d’onda di max emissione ricade tutta nel visibile (400-700 m).



7a Lezione 2-04-2003


  • Contact sensor

I sensori a contatto più diffusi sono le termocoppie. Altri sensori a contatto sono i termistori, costituiti da materiali che cambiano la loro resistenza con la temperatura in modo esagerato e molto predicabile.

Ci sono poi i classici termometri a liquido e quelli bimetallici che sfruttano la diversa espansione termica di due metalli.




  • Thermocouples

La termocoppia è costituita dalla giunzione di due metalli differenti. La giunzione porta alla generazione di una differenza di potenziale ai capi dei due conduttori. Ogni metallo ha un suo potenziale di estrazione di elettroni, quando due metalli sono a contatto una parte di elettroni migrano nel metallo con capacità di estrazione maggiore generando così una differenza di potenziale. La quantità di elettroni che migrano dipende dalla temperatura. La scelta della termocoppia, o meglio dell’accoppiamento, dipende dalla temperatura max di esercizio, dalla resistenza all’ossidazione e al creep dei due metalli.


  • Thermocouples classification

La termocoppia più nota è quella di tipo K basata su leghe di cromo-nichel-alluminio, questa resiste a 1300 °C, non si ossida ( perché si passiva da sola), ed è molto economica. La termocoppia K e la soluzione ideale se accoppiata a forni che utilizza no elementi riscaldanti metallici.

Per temperature più alte si utilizzano le termocoppie di tipo R,S e B ,realizzate con metalli nobili ( platino-rodio). Le termocoppie di tipo C ( tungsteno-renio) possono sopportare 2300 °C ma solo in atmosfera non ossidante. Spesso le termocoppie, per essere utilizzate a più alta temperatura (2000-2100 °C), sono protette con una guaina in allumina, che però può creare errori di misura alle basse temperature dominate da scambi di tipo convettivo e conduttivo. Ad alte temperature (1000 °C) predominano scambi termici radiativi ed anche se la termocoppia e incamiciata e raggiunta da moltissimo calore che la porta subito alla temperatura del forno (ricordiamo che l’allumina pur essendo refrattaria non ha una bassa conducibilità termica che si aggira intorno ai 30-40 W/mK).




  • Thermocouples color codes

Esiste una classificazione delle termocoppie in base al colore dei fili ma si deve stare attenti alla convenzione che si sta utilizzando americana o inglese.



  • Selecting a thermocouples

Più piccola è la termocoppia minore è la sua inerzia termica, ma se si lavora ad alte temperature maggiori sono i rischi di rottura.


  • Caratteristiche degli elementi coibentanti

La coibentazione nei forni ad alta temperatura viene realizzata con materiali refrattari ed isolanti. Sui cataloghi commerciali questi materiali vengono classificati in base alla temperatura limite max ed alla temperatura limite d’uso continuo. La temperatura limite d’uso continuo è quella temperatura alla quale il materiale non si danneggia anche se viene lasciato per molto tempo.

E’ importante conoscere la composizione chimica e morfologica del materiale coibente e del materiale che si vuole trattare nel forno. Può succedere infatti che se il materiale da trattare e coibentantie vengono a contatto possono formare un eutettico e fondere a temperature più basse (ad es. silice e magnesio sono estremamente refrattari ma se vengono a contatto possono dare origine ad un eutettico che fonde a 1400 °C).

Nei cataloghi sono riportati la densità geometrica , conducibilità termica ed il calore specifico, tutte grandezze utili a dimensionare il forno.

Un altro dato importante è il ritiro lineare permanente, dovuto al fatto che il coibentante spesso è venduto sotto forma di cuscinetti di fibra bagnati in una soluzione di acqua e legante. Questi cuscinetti a contatto con l’aria, per evaporazione, induriscono e presentano, anche se minimo, un qualche ritiro.




  • Thermal conductivity of insulating fibres

Le fibre ceramiche sono i materiali più efficaci per l’isolamento termico perché hanno una bassa capacità termica ed una bassissima conducibilità termica. Questi materiali hanno lo svantaggio di essere molto costosi e potenzialmente cancerogeni (a causa delle loro dimensioni).



  • Caratteristiche principali degli elementi riscaldanti

In generale gli elementi riscaldanti al di sotto dei 1250 °C sono metallici (leghe nichel-ferro-cromo). Questi sono i più economici, meno fragili e più facili da utilizzare. Un problema che può insorgere utilizzando gli elementi riscaldamenti metallici e che alla temperatura di max esercizio avvengono fenomeni di ricristallizzazione e infragilimento.

Un grosso problema che riguarda sia gli elemento riscaldamenti metallici sia i ceramici (molto più refrattari) è che la resistenza varia con la temperatura. Questo succede perché gli elettroni (i portatori della carica) con l’aumentare della temperatura riducono il loro cammino medio e la resistenza aumenta. Quando si dimensiona la potenza in un forno si deve richiedere che l’elemento riscaldante abbia la resistenza da noi richiesta alla temperatura di max esercizio (a basse temperature la resistenza non deve essere troppo bassa per evitare un cortocircuito).

Un parametro importantissimo per dimensionare gli elementi riscaldanti è il carico max raccomandato per unità di superficie. Se la resistenza elettrica disperde un quantitativo superiore di Wcm2 il rischi è l’evaporazione del metallo stesso. Per ottenere un’alta potenza da una resistenza filiforme è necessario un grosso diametro (bassa resistenza) ed una grande lunghezza quindi per ridurre gli ingombri spesso il filo è avvolto a spirale.


  • Molybdenum disilicide heating elements

Gli elementi riscaldanti in disiliciuro di molibdeno hanno la caratteristica di essere molto fragili ad alta temperatura e di riacquistare plasticità e poter essere piegati ad alta temperatura (1200°C).

Questi elementi sono altamente refrattari perché a contatto con l’ossigeno si forma ossido di silicio e la superficie si autopassiva mentre in atmosfera riducente (ad es. sottovuoto) il silicio evapora lasciando scoperto il molibdeno. Come si può vedere nella slide la zona riscaldante di questi elementi ha un diametro inferiore per aumentare la potenza irraggiata (RI2)

mentre la zona che fa da conduttore ha un diametro maggiore. La parte che fa da conduttore è isolata dal forno con elementi ceramici e collegata agli elettrodi con fascette fatte di alluminio. Poiché su queste fascette si raggiungono temperature molto alte generalmente sono molto ampi per facilitare il raffreddamento.


  • Silicon carbide furnace

Gli elementi resistivi in carburo di silicio sono utilizzati sotto forma di barre ed avendo la resistenza di diversi Ohm possono essere collegati direttamente alla rete elettrica.


  • Heating elements maximum temperature

Nella tabella sono indicate le temperature max di utilizzo di elementi riscaldanti ferritici in carburo di silicio e disiliciuro di molibdeno in atmosfere ossidanti o riducenti.

Si può notare che il disiliciuro di molibdeno si può usare in aria a 1800 °C ma solo a 1100 °C sottovuoto. Gli elementi ferritici possono raggiungere i 1400 °C sia in aria sia in atmosfera di idrogeno.

Gli elementi grafitici in aria sono utilizzati ad una temperatura interna di 1400 °C, in realtà la temperatura esterna max è di 50 °C inferiore.

Anche il carburo di silicio come il disiliciuro di molibdeno deve essere utilizzato in ambienti ossidanti in modo da reagire con l’ossigeno ed autopassivarsi.




  • Progettazione degli elementi riscaldanti (1)

Nella slide sono riportate delle formule pratiche per dimensionare gli elementi riscaldanti.

Se ad es. è nota la tensione max e la potenza la resistenza è: RTmax=V2/Pt

Come si è detto precedentemente : RTmax =Rc(1+aTmax)

Rc = resistenza a T amb

a= coefficiente di resistenza

Conoscendo la resistività di un materiale si può ricavare la resistività lineare: Rl = /

 = resistività

 = diametro del conduttore

Dalla resistività lineare è possibile ricavare la lunghezza dell’elemento riscaldante: L = Rc / Rl


  • Progettazione di elementi riscaldanti (2)

Nota la lunghezza dell’elemento riscaldante si può risalire alla sua superficie radiante e alla potenza radiante per cm2: L = Pt / S.

Se si ottiene che il materiale irraggia più di 10-20 W / cm2 (valore inaccettabile) è necessario imporre una sezione maggiore del filo e rifare i calcoli.

Un altro parametro importante che il fornitore di elementi riscaldanti deve rilasciare è una curva di carico, che mostra il carico necessario in funzione della temperatura. Come si vede chiaramente in figura ad alte temperature il carico deve essere minore ( per evitare la volatilità del metallo). A temperature al di sotto dei 1000 °C il materiale può essere caricato anche a 30 W / cm2 mentre a 1500 °C non si possono oltrepassare i 2 W / cm2 .


Si tratta di dispositivi elettronici che elaborano il segnale proveniente dalla termocoppia. Se il valore in ingresso è molto lontano da quello settato danno molta corrente all’elemento riscaldante se è vicino al valore settato poca. Controllare la temperatura non è così facile come si può pensare. Se ad esempio usassimo un termostato settato su una data temperatura questo si limiterebbe a dare la massima potenza fino alla temperatura settata e poi si interromperebbe. Questo sistema a causa dell’inerzia termica del forno causerebbe un oscillazione intorno alla temperatura desiderata.

I controller utilizzano un sistema più intelligente per dare potenza, e lo fanno attraverso una risposta mediata che può essere: derivativa, integrativa o proporzionale.

La risposta proporzionale dà sempre meno potenza più ci si avvicina al valore settato. Le risposte derivativa ed integrativa sono simili ed in base a come varia la temperatura in funzione del tempo in output viene fornita una risposta proporzionale alla derivata o all’integrale di questa variazione.


  • Pover controllers

Una volta che in un controller si è scelto che tipo di risposta utilizzare la potenza può essere fornita in due modi: attraverso un relè dà o non dà potenza ed il controller stabilisce il tempo di apertura e chiusura del circuito o attraverso il controllo della fase tramite diodi, con questo ultimo sistema il controllo è molto più dolce.


  • Graphite furnace

La grafite ha una resistenza molto bassa, è un materiale molto economico e sottovuoto può superare i 2500 °C. Per lavorare in ambiente ossidante si può ricoprire con mullite (che ha un espansione termica molto bassa) la resistenza in modo che nell’intercapedine possa scorrere un gas inerte.


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