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Corso di laurea in ingegneria dei materiali corso di scienza e tecnologia dei materiali ceramici


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10a lezione 14-04-2003


Le proprietà più interessanti di un composito ceramico sono quelle termostrutturali.

Le proprietà di un composito si dividono in additive e non additive.

Una proprietà del composito, che può essere il suo modulo Ec, si esprimerà come una funzione delle proprietà dei materiali che lo compongono (combinazione del modulo delle fibre e della matrice)

Quando si esprime una proprietà generale di un composito questo è fatto in funzione della quantità delle fasi che lo compongono e delle proprietà di ciascuna di queste fasi. Non è detto, in ogni modo che il rapporto sia additivo. La proprietà è additiva quando si può esprimere come: Ec =  EiVi (ci sono una serie di proprietà intensive come densità e conducibilità termica, che sono additive).

Rispetto ad una sollecitazione meccanica distingueremo tra fasi in parallelo ed in serie.


  • Modulo di Young longitudinale

Il modulo di Young nel composito varia a secondo che si abbia una sollecitazione in serie o in parallelo. Se si applica uno stress in un composito con fibre in parallelo alla sollecitazione, assumendo che fibra e matrice siano solidali tra loro (almeno in una regione elastica), possiamo applicare la condizione d’isostrain (quando si deforma tanto la fibra quanto la matrice) c=f =m.

Il carico applicato sulla sezione del materiale si ripartisce tra fibra e matrice (cioè sulla frazione di superficie di fibre e sulla frazione di superficie di matrice). Dal carico si può risalire alla forza applicata:

c =fAf + mAm , poiché si ha la condizione di isostrain possiamo legare le  alle  attraverso i moduli =>E=  /  =>Ec = Ef Vf +Em Vm

c =f Vf +m Vm (Vc=1)

(il modulo ed il  sono in questo caso due proprietà additive).

Per quanto riguarda i compositi ceramici, il modulo della fibra ceramica è confrontabile con quello della matrice, ciò che varia è il , infatti, la resistenza a trazione di una fibra ceramica è almeno un ordine di grandezza superiore a quello della matrice.




In questo caso si è in condizioni d’isostress (c’è lo stesso stress sul composito, sulla matrice e sulle fibre).

In questa condizione la deformazione totale del materiale è la somma delle deformazioni di ciascun componente:

c =f +m.

In questo caso l’assunzione che si fa è che se chiamiamo Tm lo spessore delle fibre e della matrice posto:

Spessore della matrice /Spessore della fibra = Vm

applicando la legge di Hooke:

/Ec = Vf / Ef = Vm / Em => 1/ Ec = Vf / Ef + Vm / Em
In questo caso è la fase più debole (meno rigida) che influenza in maniera prevalente il comportamento globale.


  • Compositi a matrice tenace (nota i compositi ceramici si comportano molto diversamente)

I compositi a matrice tenace sono i PMC (a matrice polim.) e i MMC (a matrice metallica).

Consideriamo come riferimento il composito a fibra unidirezionale e una trazione parallela alla fibra (modulo di young longitudinale).

Il diagramma sforzo deformazione (1), per una matrice tenace, ci mostra che la matrice cede a strain molto maggiori della fibra, anche se a stress più bassi.

Vogliamo vedere ora al variare della frazione volumetrica di una fase e dell’altra come si comporta il composito in termini di resistenza meccanica.

Il diagramma (2) ci mostra il valore del  al variare della frazione di fibre nel composito.

Il  inizialmente all’aumentare delle fibre diminuisce, poi, arrivati ad una certa frazione di fibre, che in qualche modo esercitano una funzione tenacizzante, ricomincia a risalire. Intuitivamente si può pensare che nella fase iniziale le fibre sono così poche da non dare un contributo alla resistenza del composito e, nel momento in cui si raggiunge una deformazione tale da rompere le fibre, la matrice ha una resistenza inferiore a quella di una matrice tutta piena, si riducono così le sue proprietà di resistenza meccanica.

Si deve quindi avere un contenuto minimo di fibra in modo che esso si converta poi in un incremento di resistenza nel composito.

Ovviamente c’è un limite geometrico e d’aderenza delle fibre nella matrice che limita la quantità di fibre in un composito.




  • Compositi a matrice fragile (1)

Nei compositi a matrice fragile la fibra ha generalmente una  ed una  ultime superiori a quelle della matrice (fig1).

Se si va a graficare la resistenza ultima del composito in funzione della frazione volumica di fibre (fig2) si può notare che comunque anche una minima quantità di fibre conferisce un aumento della resistenza meccanica.

Nel grafico si può vedere una variazione di pendenza della curva in corrispondenza di un valore di fibre Vmin. Quando le fibre sono al di sotto di questa Vmin il composito non guadagna in tenacità e anche se la sua resistenza è leggermente superiore la sua rottura ha comunque carattere fragile (si ha una regione a frattura singola). Al di sopra della Vmin nel composito avviene una sorta di rottura multipla della matrice con una resistenza ultima del materiale proporzionale al contenuto di fibre. In questo caso la matrice, meno rigida, sollecitata a valori di carico superiori a quelli da lei sostenibili comincia a rompersi gradualmente perché le fibre fanno da ponte tra i vari punti.


  • Compositi a matrice fragile (2)

Se consideriamo un composito 1D (ipotesi più semplificata) sottoposto ad un carico assiale la matrice, più fragile, comincia a cedere a valori di carico che superano la sua resistenza e la sua deformazione. Quando la frazione volumica di fibre, moltiplicata per la resistenza delle fibre, è maggiore della resistenza ultima della matrice meno il valore del carico sulla fibra cui la matrice comincia a rompersi moltiplicato per la frazione di fibre, si è in condizioni di microcrack.

fuVf > mu-f’Vf


Quindi la linea di demarcazione tra un comportamento fragile ed uno tenace è:

Vcrit = mu / (f’ +fu)


Per Vf > Vcrit la matrice subirà microcrack ad un valore di stress pari a:
 = f’Vf + mu (1- Vf)

e la rottura del composito si avrà a: cu=fuVf

A questo punto la matrice completamente microfratturata non contribuisce più alla resistenza finale del composito.


  • Meccanismi di tenacizazione dei materiali ceramici

I meccanismi sono essenzialmente due: deflessione della cricca e pullout della fibra. In particolare il pullout è responsabile della resistenza residua del composito conferendogli un comportamento simile ad un metallo che ha superato lo snervamento (aumenta l’affidabilità).


  • Damage tollerant CMC

Se il composito damage tollerant è sollecitato a valori del carico via via crescenti possiamo suddividere il comportamento del materiale in tre zone. A bassi valori del carico il composito mostra un comportamento elastico. A valori crescenti del carico la matrice comincia a microfratturarsi. Se il materiale è monolitico (privo di rinforzo fibroso), quando il difetto raggiunge una dimensione critica (secondo la legge di Griffit), questo si rompe in maniera catastrofica. Ciò non avviene nei ceramici compositi perché la cricca, invece di allargarsi è deflessa l’ungo l’asse della fibra. In questo modo da una sollecitazione modo 1 (cricca trasversale al carico applicato) si passa ad una sollecitazione modo 2 (cricca parallela al carico applicato). In questo modo il danneggiamento sulla matrice è minimo e le fibre sono ancora legate tra di loro grazie all’azione di ponte della matrice stessa. Quando il carico applicato supera il carico max per la fibra il materiale si rompe e l’azione di rottura avviene per scorrimento della fibra nel materiale della matrice.

La rottura della fibra non avviene necessariamente nel punto in cui la matrice si rompe, in questo modo il materiale continua ad offrire una resistenza residua anche dopo la rottura della fibra perché lo scorrimento della fibra nella matrice richiede una certa forza.




  • Typical stress-strain curve of SiC-SiC and SiC monolith

Differenza di comportamento in una prova sforzo-deformazione tra un provino realizzato in carburo di silicio ed uno sempre in carburo di silicio ma rinforzato con fibre di SiC.

Il monolitico, superata la soglia di resistenza, subito si rompe (dal grafico non si direbbe ma spesso il composito ha una  ultima confrontabile e spesso superiore al monolitico).

Il materiale composito pur avendo valori di stress massimi confrontabili col monolitico in realtà è molto più tenace perché è molto più deformabile.

Il composito dopo una prima zona in cui ha un comportamento elastico subisce una deviazione in un’altra regione a comportamento quasi plastico (condizione di microfratturazione), e anche superato il valore critico, dettato dalla frazione volumetrica di fibre presenti, il materiale non si scompone del tutto continuando ad avere una certa resistenza e deformabilità.




  • The critical role of interface in CMC

L’interfaccia nel composito ceramico gioca un ruolo critico. Precedentemente si è parlato di deflessione della cricca e passaggio della sollecitazione da modo 1 a modo 2.

In realtà ciò è possibile a condizione che non ci sia un forte legame tra fibre e matrice. Se fibre e matrice sono legate da un forte legame di tipo chimico (reaction bonding) ciò non permette la deflessione della cricca, lasciando il materiale fragile. L’interfaccia fibra matrice deve avere un’adesione di natura meccanica non troppo forte da determinare rottura fragile e non troppo debole perché è necessaria la trasmissione del carico dalla fibra alla matrice. Queste condizioni si ottengono andando a creare un’interfaccia sulla fibra incapace di legarsi chimicamente possibilmente con entrambe le fasi e che con delle caratteristiche ideali di scorrimento.

L’interfaccia ideale sul composito precedentemente visto potrebbe essere quella di un carbonio pirolitico, cioè un carbonio grafitico per deposizione da fase vapore che cresce orientato sotto forma di tanti foglietti che si dipartono dalla fibra centrale (questa è una condizione ideale).

Purtroppo per quanto riguarda applicazioni termostrutturali in ambienti ossidanti questo sistema ha degli inconvenienti poiché il carbonio può bruciare e se l’interfaccia non è isolata dall’ambiente esterno le microcricche indotte da sollecitazioni possono veicolare i gas all’interno del materiale. Spesso si utilizza come interfaccia il nitruro di boro che è più resistente.




  • Tin dioxide coated allumina (Saphikon)

Esempio di sezione di fibra d’allumina con interfaccia di un ossido insolubile nelle due fasi, in questo caso si tratta d’ossido di stagno (è ottimo anche l’ossido di zirconia).

Nei compositi da noi realizzati non ci siamo preoccupati molto delle interfacce, ma abbiamo utilizzato una matrice non fortemente compattata in modo che il contatto fibra matrice non sia completo ma a punti. Ciò si ottiene sinterizzando il materiale ad una temperatura più bassa di quella della piena densificazione. In questo modo si possono ottenere materiali a comportamento tenace.




Provino di composito sottoposto a flessione (5 mm di larghezza).La sezione di frattura mostra una serie di ciuffetti di fibre che sono uscite dalla matrice. Questo è indice di un buon comportamento del materiale perché c’è stato scorrimento tra fibre e matrice.


  • Curva sforzo-deformazione del campione SiC C6

Si è raggiunto il valore di 500 Mpa (molto elevato).


  • The push in test

Ci sono molte proprietà macroscopiche prevedibili attraverso lo studio di proprietà microscopiche. Il valore di stress e attrito tra fibre e matrice possono influenzare il comportamento macroscopico del materiale. Il valore d’attrito è misurato con il push in test. Una fibra appartenente ad una fetta sottile del composito è spinta da una punta con un carico crescente, quello che si osserva è che la fibra esce dalla parte opposta del materiale.

La fibra esce solo nella fase finale dell’esperimento, infatti, prima c’è una regione a comportamento elastico e poi una fase di scollamento della fibra dalla matrice. Queste tre regioni sono assimilabili a quelle osservate nel composito ceramico durante un test di flessione o trazione monoassiale.




  • Rottura e pull-out della fibra.

Consideriamo una porzione di materiale che ha inglobato un tratto di fibre per una lunghezza l.

Tirando fuori la fibra dalla matrice si possono verificare diverse condizioni, funzione del valore di resistenza della fibra rapportata allo stess interfacciale tra fibra e matrice. Si vuole quindi valutare lo stess interfacciale sulla matrice. Se il valore di tale stess è molto elevato la fibra si rompe altrimenti si ha una condizione d’estrazione della stessa. La condizione di rottura è:

r2fu  rli
rl = superficie della fibra a contatto con la matrice

i = stress interfacciale

Si ha pullout se: r2fu > rli (anche se la fibra si rompe nella matrice si ha pullout).


Il lavoro svolto dallo scorrimento della fibra nella matrice rappresenta la tenacità del materiale.

Il lavoro speso per estrarre la fibra (che si è rotta) è pari allo stress interfacciale moltiplicato per la superficie a contatto. Ovviamente la superficie a contatto diminuisce con l’estrazione della fibra:

W = i d k2/2 (1/2 deriva dall’integrazione)

Il valore di i regola la distanza critica cui si rompe la fibra ed il valore di resistenza finale. Si deve quindi regolare ili in modo che la fibra si rompa abbastanza dentro la matrice e ci sia scorrimento.


11a lezione 16/04/03

  • Il miglioramento della resistenza.

Vediamo l’evoluzione storica delle performance dei materiali ceramici. Nel secolo XX vi è stato il maggior impulso ad aumentare le proprietà meccaniche dei materiali ceramici. Infatti, prima del XX secolo una porcellana, una terracotta avevano proprietà meccaniche scadenti al di sotto di 100 MPa di resistenza a flessione.

L’introduzione dell’allumina e dei materiali ceramici non ossidi sino a giungere alla zirconia parzialmente stabilizzata, ha portato la resistenza a flessione anche a più di 1000 MPa, oltre tale valore abbiamo il cavo d’acciaio.

Le fibre, hanno resistenza meccanica superiore sia ai materiali metallici che ai materiali monolitici; allora combinandole con materiali ceramici, ovvero formando i materiali compositi, quest’ultimi diventano materiali strutturali.


  • Typical temperature operatine conditions for different classes of materials.

A dare qualità ai materiali ceramici, oltre alla resistenza specifica, vi è la resistenza nei termostrutturali alla temperatura.

I carbon-carbon essendo molto leggeri e molto resistenti sono i materiali ceramici più performanti.

I freni carbon-carbon stando in contatto con l’ossigeno hanno un problema di usura e di ossidazione, localizzato nella parte più calda degli stessi. Ci sono degli additivi che riducono la loro degradabilità, come bisiliciuro di molibdeno, materiali metà ferrosi ma molto ceramici che ossidandosi sigillano il resto di carbon-carbon e lo preservano dall’ulteriore ossidazione.

I carbon-carbon lavorano anche a temperatura di 800 °C e comunque non tutto il freno è a tale temperatura, quindi solo la parte più esterna, più esposta ad alta temperatura è ricoperta dagli additivi. Anche perché pur consumandosi, vedi il Boeing o la Formula 1 si ricambiano frequentemente e quindi sono sempre efficienti.

I composito MMC che contengono un articolato ceramico, sono utilizzati per i freni delle moto. Essi contengono fibre chopped di allumina, che sono sciolte in alluminio e il tutto si cola a formare i freni. Gli MMC sarebbero dei compositi con matrice duttile e non tenace, perché altrimenti il composito risulterebbe irrigidito.

Un problema più sentito è quello di resistenza agli shock termici tra fibra e matrice, infatti un materiale non ferroso si espande molto di più della fibra e così dopo n cicli di riscaldamento e raffreddamento si giunge al punto che si ha un distacco tra fibra e matrice.




  • La resistenza meccanica.

Un provino si è rotto proprio dove presentava una bolla più grossa, ovvero dove il difetto è più grande. I materiali che hanno un legame ionico e covalente (fortemente energetici nella loro formazione) si presentano come forti e rigidi, perché è richiesta grande energia per rompere tali legami.

Pensando ad una rottura ideale, la resistenza teorica data, risulterebbe molto elevata, basti pensare ad a0 dell’ordine degli Angstron per avere dall’equazione resistenze notevolissime, ciò non avviene in pratica perché ogni materiale è caratterizzato da difetti e da irregolarità più grandi dello spazio interatomico. Ciò è tenuto in conto dalla legge di Griffith, in cui invece di avere la distanza interatomica, ho la lunghezza del difetto più grosso, al quale lego la  di frattura. La differenza tra i due approcci sta in 2-3 ordini di grandezza.

I difetti sono:


  1. bordi di grano;

  2. piccoli pori;

  3. difetti di coarsing;

  4. pori interni;

  5. pori in superficie che sono i più dannosi.

(le fibre di vetro sono quelle che presentano superfici più liscie in assoluto e che quindi dovrebbero avere rispetto alla porosità in superficie resistenza più alta).


  • Misura della resistenza meccanica nei materiali ceramici.

Per quanto riguarda lo studio dei materiali bisogna dire che i materiali ceramici hanno buona resistenza a compressione, buona durezza Vichers e resistenza minore a trazione o flessione. La parte critica è lo studio della resistenza a trazione, perché risulta difficoltoso già farsi il provino con forma a osso di cane e poi ammorsarlo nella macchina, in quanto una piccola deformazione rompe il provino che è molto fragile.

Una procedura molto utilizzata è quella di fare prove a flessione a tre o quattro punti. Da tali prove si risale alla resistenza del materiale tramite la conoscenza dell’inerzia del provino. L’unica cosa è quella di tener presente le differenze tra valori con una prova rispetto all’altra.

La resistenza ricavata con una prova a flessione è maggiore che quella ricavata con una prova a trazione (per una questione di probabilità).

In un materiale metallico, con comportamento omogeneo, ci ritroviamo con gli stessi valori di resistenza tra una prova ed un’altra; invece per un materiale ceramico in cui entrano in gioco anche i difetti, vi è una certa probabilità che questi ultimi ricadano proprio nella zona caricata maggiormente oppure nelle vicinanze, allora con la stessa probabilità si possono avere valori diversi di resistenza.

Detto ciò possiamo capire come le prove a tre punti diamo valori minori rispetto a quelle a quattro punti, proprio perché bisogna tener conto della probabilità che hanno i difetti di cadere in una zona più caricata o no. Questo implica, allora che ogni valore di resistenza per noi ha anche un significato probabilistico, ovvero tale materiale resiste a 100 MPa col 90  di probabilità.


  • Tenacità alla rottura.

Questo è un approccio che cerca di considerare le proprietà del materiale ceramico indipendentemente dalla dimesione del difetto.

K misura la proprietà del materiale in modo intrinseco, ovvero non tenendo conto delle difettosità esterne del materiale.

Quindi k1 è la resistenza a frattura che va affiancata ai valori della resistenza a flessione (ceramico con difetti).

Per stabilire la resistenza intrinseca dei materiali ceramici, si utilizza un approccio della meccanica della frattura, tale da creare un difetto di dimensioni note e sollecitando il pezzo si studia la sua rottura attraverso la propagazione della frattura, che può avvenire attraverso tre modi, a seconda se il carico è applicato perpendicolarmente al crack oppure no.




  • Valori tipici di k1 per i materiali ceramici.

Per la claybounded silica abbiamo una resistenza meccanica bassa, minore di 110 MPa, infatti, noi la studiamo per la sua proprietà di resistere agli shock termici.

Materiali interessanti sono i carburi, anche la mullite derivata dalla decomposizione di caolino ha una resistenza meccanica bassa, così come la grafite che però presenta un aumento di resistenza con l’aumentare della temperatura.

L’allumina ha solo 0.2 di porosità, allora ci aspettiamo valori alti di resistenza meccanica. Già col 5 di porosità, abbiamo una allumina poco resistente. I nitruri hanno una resistenza accettabile. Per il SiC si ha una resistenza che varia anche col metodo di fabbricazione. Per quello pressato a caldo ho una resistenza meccanica più elevata dovuta al fatto che diminuiscono i pori ed inoltre potendo sinterizzare a caldo diminuisce il coarsing, insieme al fatto che diminuiscono anche le dimensioni dei pori e dei difetti.


  • Progettare con i materiali ceramici.

Quando abbiamo davanti un materiale fragile, come i materiali ceramici, che approccio dobbiamo intraprendere?

    1. Approccio Empirico, ovvero si esegue il test, pur sbagliando, sino a quando non funziona, se si riesce a predire il suo funzionamento. Si sfruttano le esperienze fatte anche sbagliando.

    2. Deterministico, cioè si cerca di predire con un metodo matematico il comportamento, la resistenza di un materiale. Questo approccio è fortemente legato al calcolo degli elementi finiti che, assegnate, le condizioni al contorno sulle proprietà di base del materiale, si riesce a predire le proprietà anche di pezzi molto complessi, sollecitati in maniera del tutto complessa. Questo approccio è molto rischioso per i materiali ceramici per il fatto stesso che con i loro difetti risultano poco affidabili.

    3. Probabilistico, è l’approccio che più si adegua allo studio dei materiali ceramici, vista anche la loro natura. Infatti, data la fragilità spinta del materiale si cerca di unire la probabilità alla determinazione per dire che il materiale presenta una certa probabilità a rompersi.




  • La statistica di weibull.

Il concetto di probabilità significa che se io vado a sollecitare un ceramico ad una serie di sforzi di diverso tipo, io ho un’alta probabilità che il ceramico si rompa ad alti sforzi e bassa probabilità che lo faccia a bassi sforzi.

Questa probabilità si esprime con una relazione esponenziale in cui la probabilità dipende dal valore dello sforzo applicato. Nella relazione, è importante ricavare il modulo  legato alla qualità del materiale:

 = 100  materiale metallico  alta affidabilità;

 = 2,3  materiale ceramico  bassa affidabilità.

 basso significa bassa conoscenza del valore di rottura del materiale.


  • Grafici.

Dai grafici si evince che con  crescenti si ha un transiente molto più stretto, andando così ad individuare con migliore precisione il punto di rottura del materiale.

Noi possiamo scegliere il nostro valore di sicurezza in base a questa probabilità. Consideriamo i grafici log p/log : quando  aumenta, la pendenza della curva aumenta per traslare  devo considerare una migliore compattazione delle bolle, ovvero un metodo di fabbricazione diverso.

La  la posso aumentare passando da slip a hot pressing. Da notare che se  aumenta, di fatto risulta che la probabilità varia molto per piccoli range di resistenza meccanica, cioè la probabilità che un ceramico ha di resistere a certi valori di carico varia in modo elevato per piccole variazioni di , questo comporta che l’indice di qualità è elevato, cioè il materiale è affidabile.


  • Meccanismi di tenacizzazione dei materiali ceramici (1).

Questi meccanismi riguardano i materiali monolitici e sono quelli di:

  • crack impeding;

  • per stress compressivo della matrice: si sfrutta il fatto che il materiale ceramicoresiste meglio alla compressione che alla trazione allora inducendo uno stato compressivo, quando è sottoposto a flessione, la parte preposta a tendersi deve superare lo stress residuo a compressione e poi entrare in zona effettivamente a trazione presentando una resistenza a flessione maggiore. Questo meccanismo si utilizza molto nei vetri attraverso la tempra. Quello che si cerca di avere è un guadagno in termini di resistenza a flessione, attraverso lo stress compressivo.




  • Tenacizzazione per compressione della superficie.

Con la Zr possiamo sfruttare la tenacizzazione per trasformazione di fase come la trasformazione tetragonale-monoclino.

Tale trasformazione essendo di tipo espansivo è l’autrice della compressione superficiale, infatti in superficie ci sarà un’espansione dovuta alla trasformazione, mentre all’interno dove il materiale, non risente dell’abrasione superficiale e quindi non si trasforma, induce la compressione in superficie, che di fatto tenacizza. L’abrasione di fatto fa avvenire la trasformazione a tamb. della fase tetragonale metastabile in fase monoclina.




  • Tenacizzazione con microcriccature.

Anche questo meccanismo si basa sulla legge di griffith, cioè noi in maniera voluta introduciamo nel materiale piccoli difetti, attraverso l’espansione di ossido di zirconia da tetragonale a monoclino otteniamo delle piccole rotture, microfessurazioni, che sono tali da non degradare il materiale, ma sono tali da tenacizzarlo nella fa se di raffreddamento. Infatti, quando nel materiale si sta propagando una cricca di modo I, ovvero una rottura critica, noi abbiamo una rottura drammatica se si supera la legge di griffith.

Mentre se la cricca incontra le microfessure e si ripartisce in più parti, noi avremo una rottura duttile (ovvero abbiamo un aumento di resistenza) e non più drammatica.

Tale tenacizzazione dipende fortemente dalla frazione volumetrica di ZrO2 in matrice di allumina, facendo attenzione a non superare quella soglia critica che indebolisce troppo il materiale.


  • Strutture cristalline della zirconia.




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