Ana səhifə

Corso di laurea in ingegneria dei materiali corso di scienza e tecnologia dei materiali ceramici


Yüklə 0.91 Mb.
səhifə7/8
tarix24.06.2016
ölçüsü0.91 Mb.
1   2   3   4   5   6   7   8

VUOTO E PIENO

Qualsiasi oggetto ha bisogno per essere realizzato di qualcosa intorno il niente che lo circondi quindi la forma e il vuoto sono intimamente legati cioè senza uno ci sarebbe l’altro. La forma è vuoto ed il vuoto è gia forma. La forma non è diversa dal vuoto ed il vuoto non è diverso dalla forma. Quando dobbiamo costruire un oggetto in cui la forma originale è un cavo dentro lo stampo pieno e viceversa quindi la forma ed il vuoto che gli sta intorno è molto importante per disegnare sia gli oggetti grossi che quelli piccoli cioè la microporosità nella materia. Solo a livello convenzionale esiste una linea di demarcazione tra ciò che possiamo considerare materia piena e materia vuota. Se si prende una struttura che abbia 1000 ? cubi di volume cioè se si prende un cubetto di materia che abbia 10 ? di lato, quando è che si può dire che è pieno e compatto e quando è poroso? Si può ritenere vuoto o poroso quando andando a contare tutti i piccoli tetraedri che ci sono dentro al cubetto contiamo al massimo 20 – 21 tetraedri. Quindi quando si verifica questo abbiamo un materiale poroso in particolare se i tetraedri sono ben distribuiti in questo spazio in modo da lasciare piccoli vuoti il materiale è microporoso.




  • MATERIALI POROSI

Quando il materiale è microporoso vale la legge di assorbimento di Langmuir che afferma che l’adsorbimento cioè le molecole di aria che vengono ad attaccarsi sulla superficie del solido si crea un equilibrio tra la superficie condensata del solido e le molecole d’aria che si vanno ad attaccare che a media pressione ricoprono interamente la superficie del materiale ed all’aumentare della pressione possono addirittura formare più strati adsorbite. Questo è quello che tipicamente si verifica infatti ogni corpo assorbe negli strati molecolari molecole gassose che stanno nell’aria ma quando il materiale è poroso queste quantità d’aria cominciano a diventare consistenti volumi.



  • CLASSIFICAZIONE DELLA POROSITA’ DI UN MATERIALE

Microporoso non vuol dire poro dell’ordine del micron ma poro la cui dimensione massima sono 20Ǻ; mesoporoso quando da 20 a 50 Ǻ e macroporoso da 500 a 1000 Ǻ. In questo ultimo caso a seconda della dimensione si può avere una porosità microcapillare, capillare e macrocapillare. Quando un materiale è microporoso quindi ha una dimensione del vuoto interno che può essere dai 7-10 ai 15 Ǻ quando lo riempite di azoto che ha 5 Ǻ di diametro della molecola si può al più farne uno strato molecolare cioè non si riescono a mettere due strati molecolari. Per i materiali microporosi, mesoporosi in cui il limite di assorbimento è un solo strato molecolare d’aria può valere la legge di Langmuir che mette in relazione, equilibrio la frazione di superficie del solido microporoso occupato con la pressione . All’aumentare della pressione questa frazione tende ad 1 quindi tutta la superficie di un solido microporoso a pressione ambiente si può pensare irpida di uno strato di aria. Man mano che il materiale aumenta la grandezza dei pori può ammettere l’assorbimento di più strati molecolari e quindi la legge di Langmuir non vale più.


  • RAPPRESENTAZIONE DELLA STRUTTURA DELLE ZEOLITI

Questa si può immaginare come la struttura di un materiale microporoso di natura neolitica che ha i tetraedri a formare dei canali la cui apertura, la finestra di accesso di questi pori è data dal numero di tetraedri del siliciche formano la struttura ciclica che vanno da un minimo di 6 ad un massimo di 12. I materiali microporosi di natura cristallina come le zeoliti la distribuzione dei pori è monomodale. Se si vanno a prendere 10 Ǻ di lato nella struttura delle zeoliti ci si accorge che il numero di tetraedri è piuttosto basso perché si tratta di un materiale microporoso. Ad una struttura di questo tipo si contrappone la struttura del gel di silice. Il gel di silice anzicchè avere tutti belli ordinati i tetraedri li ha in maniera del tutto disordinata per cui diventa più difficile parlare di una distribuzione monomodale dei pori. Questa distribuzione disordinata accomuna il gel di silice anche ai carboni attivi.


  • SUPERFICIE SPECIFICA

E’ uno dei parametri principali che caratterizza la porosità. Si definisce come quantità di superficie per unità di materia quindi è espressa in m2/g e si misura proprio in considerazione della proprietà del materiale di assorbire aria. Il metodo principale di misura è il metodo BET che si basa proprio sulla proprietà che ha il materiale di adsorbire.

L’assorbimento è il concetto generale per cui un gas viene dentro un materiale. L’assorbimento a sua volta si può distinguere in tre grosse tipologie:

adsorbimento che avviene sulla superficie del materiale;

absorbimento che è una proprietà del corpo del materiale perché l’assorbimento avviene nel volume e non sulla superficie dei pori;

chemisorbito.

Facendo adsorbire ad un materiale una quantità di aria a diverse pressioni si può misurare un certo andamento. Quello che si fa è svuotare un materiale microporoso dell’aria quindi portarlo sottovuoto all’interno di un’ampolla tenuta anche a bassa T e si cerca di imporre in questo ambiente una pressione che da bassa aumenta. Per fare in modo che all’interno dell’ampolla ci sia una certa pressione si deve riempire il materiale di azoto. Quello che succede è che con lo strumento che misura l’area superficiale si ha la possibilità di misurare esattamente la quantità in volume di aria introdotta nell’ampolla alle varie pressioni. Nel caso dei materiali microporosi dove l’ampolla anzi ha bisogno di decine e centinaia di volte la quantità d’aria perché questa aria è adsorbita sulla superficie. Nei materiali meso e macroporosi la teoria di BET che è più completa di quella di Langmuir praticamente dice che può essere assorbito un numero di strati molecolari variabili che aumentano all’aumentare della pressione e quindi aumenta il volume di gas assorbito secondo l’equazione di BET. Quindi pressione e volume vengono messi in relazione. Se il poro è più grande si assorbono più strati. Vm che compare nell’equazione di BET è il volume assorbito solo da questo monostrato. Dividendo tale volume ottenuto appunto con l’equazione di BET per lo spessore di uno strato molecolare che è il dimetro della molecola si ottiene la superficie specifica. Bastano 5 g di zeoliti per coprire un campo di calcio ed in questo risiede l’importanza della superficie specifica d’altra parte le zeoliti hanno una superficie piena di pori.




  • ASSORBIMENTO DESORBIMENTO DI GAS DA MATERIALI MICROPOROSI E MESOPOROSI

A secondo delle curve di assorbimento e di desorbimento di un gas possiamo capire come in qualche modo è fatto un materiale nella sua microstruttura dei pori. Quando un materiale è microporoso osserviamo tutto il contrario di quello che è l’assorbimento lineare. Nei materiali microporosi si ha solo adsorbimento quindi il termine assorbimento è in realtà l’adsorbimento. Un metodo diagnostico che abbiamo per studiare la caratteristica microstrutturale dei pori di un materiale è quello di vedere come viene assorbita l’aria.. A bassa pressione è possibile inzuppare una quantità enorme di gas ma non va mai all’equilibrio perché la superficie chiede sempre gas fino a quando non si riempe l’ultimo strato. Appena si aumenta un po’ la pressione vediamo che la quantità di gas assorbito fa un salto enorme. Se un materiale è però microporoso basta già un monostrato per riempirlo per cui a bassi valori di pressione va alla saturazione. Viceversa un materiale che è mesoporoso, può permettersi di essere riempito non solo con uno strato molecolare, ma consente ad alte pressioni che uno strato molecolare venga sovrapposto ad un altro strato e così via. Inizialmente la sua superficie è più bassa e quello si può riempire di una quantità di gas limitata a bassa pressione potendosi però poi riempire di più strati la pressione aumenata. Possiamo avere una quantità di volume che sale indefinitamente con l’aumentare della pressione e difficilmente raggiunge una saturazione.

nota: i gel possono essere definiti come una parte continua di materia compenetrata da una parte continua di gas o di liquido. A seconda di come viene fatto e del materiale che contiene può essere idrogel quando la fase continua è acqua, alcolgel quando è alcol, poi quando gli togliamo la fase liquida questo materiale può diventare aerogel o xerogel. Quando si fa un idrogel in genere si ottiene un materiale molto lasco per cui man mano che va via il solvente comincia a compattarsi quasi a collassare. Uno xerogel è un idrogel che evaporato del solvente si è debolmente compattato. Partendo da una situazione di bassa T e bassa p a cui abbiamo per esempio o l’acqua liquida o la CO2 liquida ed aumentando la T il materiale si espande e si aumenta la pressione arrivando così al punto critico (punto in cui non c’è più differenza tra liquido e gas). Una volta superato tale punto si comincia, mantenendo la T costante, a rilassare la p quindi a svuotare il materiale. Si porta così il materiale da un punto in cui è tutto immerso nel liquido ad un punto in cui è pieno tutto di gas e di gas a bassa pressione. Se facciamo compiere ad un idrogel questo cammino lo possiamo trasformare in un aerogel. E’ importante sapere che quando un materiale ha un menisco liquido dentro e questo sta evaporando per effetto della pressione e della tensione superficiale il menisco tenderà a far collassare il poro. Quindi se c’è in una fase liquida ed una fase gassosa l’evaporazione della fase liquida fa sì che man mano che essa evapora per effetto del menisco si ha una compressione, un collassamento della struttura porosa. Quando invece non c’è liquido né gas ma sono tutti e due la stessa cosa il liquido si può liberare sublimando lasciando intatta la struttura macro, micro porosa.

Ritornando alle curve di assorbimento si può vedere che le curve di assorbimento e quelle di desorbimento sono diverse infatti è presente un’isteresi. Tale isteresi dipende dalla struttura del materiale stesso.





  • POROSITA’ E STRUTTURA DI MATERIALI MICROPOROSI E MESOPOROSI

In questo lucido sono rappresentati due tipi di materiali.

La prima figura mostra un materiale che è fatto in modo che le aperture dei pori e le dimensioni dei pori coincidano. E’ una struttura a cilindri che si intersecano in cui l’apertura del poro e le dimensioni del poro sono quasi uguali. Nella seconda figura invece è raffigurato un materiale che è costituito da particelle che a loro volta sono dei micropori, che sono più o meno compattate, cioè connesse ed incastrate tra di loro e quindi distinguiamo una dimensione media del poro ed una dimensione media della finestra che c’è tra il poro. La prima dimensione è maggiore della seconda, quindi la finestra di accesso è molto più piccola della dimensione stessa del poro. Allora, bisogna immaginare, quando il materiale è tutto pieno di più starti molecolari di gas, quindi all’interno di questo grosso poro, abbiamo una situazione in cui è tutto riempito di molecole d’aria; secondo la legge di BET, se ci fosse una porosità aperta, l’adsorbimento dipenderebbe dal n° di strati per la pressione. In queste condizioni però c’è un fatto che alzerà l’adsorbimento e il desorbimento e cioè il fatto che vengono desorbiti gli strati più spessi, quelli più esterni, però in corrispondenza della finestra, ad esempio, noi non abbiamo 5 strati ma 2 e allora il materiale per quanto voglia perdere gli strati, ha un collo di bottiglia che determina la fuoriuscita che avviene solo quando abbiamo bassa pressione che consente di desorbire le molecole degli strati più interni; per cui succede che la curva presenta un’isteresi, ovvero sino ad una certa pressione non desorbe niente e poi comincia a desorbire tutto e una volta; all’inverso di quello che avviene quando si satura che lo fa in maniera graduale, passando da bassa ad alta pressione.

Quando desorbe, da alta a bassa pressione, invece che svuotarsi lentamente come si è riempito, visto che vi sono tali finestre chiuse, che fanno da strozzatura, avviene l’isteresi.


  • LE ZEOLITI e STRUTTURA DELLE ZEOLITI.

Sono formate da silicati alluminati idrati che hanno impalcatura tetraedrica (struttura spaziale) e formano strutture interconnesse che possono contenere acqua e cationi. La caratteristica tipica di ogni zeolite è quella di contenere un gran numero di ioni alcalini, che sono richiamati nella struttura per poter compensare il difetto (eccesso) di carica che si forma, a causa che comunque anche i cationi dell’alluminio si trovano in siti tetraedrici. Ed essendoci ossigeni in tutti i punti, e non avendo quindi vacanze di ossigeno, possiamo compensare l’eccesso di carica negativa non compensata dagli ossigeni che vanno a coordinarsi con i cationi dell’alluminio, attraverso una certa quantità di ioni alcalini che introducono una carica positiva.

Le quantità relativa di alluminio e silicio è quella che determina la quantità di ioni alcalini che dobbiamo richiamare nella struttura per compensare la carica.




  • STRUTTURA E COMPOSIZIONE DI ALCUNE ZEOLITI DI IMPORTANZA INDUSTRIALE.

Nella tabella, a fianco di ogni nome commerciale si può notare la caratteristica dei pori di ogni zeolite. Poi abbiamo il numero di tetraedri che formano la finestra, ovvero l’anello. Dalla dimensione dell’anello risaliamo alle dimensioni delle finestre.

Poi il rapporto stechiometrico SiO2/Al2O3 che caratterizza chimicamente le zeoliti (infatti da tale rapporto dipendono poi gli altri componenti).




  • CORRELAZIONE TRA DIMENSIONI DEI PORI E DIMENSIONI MOLECOLARI.

Nel grafico sono riportate varie zeoliti in funzione dell’apertura delle finestre, confrontate con le varie sostanze che possono essere adsorbite oppure no.

Notate che acqua, ammoniaca e idrogeno sono molecole molto piccole.




  • EFFETTO DELLO SCAMBIO CATIONICO SULL’ADSORBIMENTO.

L’adsorbimento può essere espresso anche in funzione della frazione molare degli atomi alcalini presenti nella zeolite.

Infatti, i cationi del potassio che ha un ingombro maggiore costringe la struttura a compressione e quindi tenderà ad occupare più volume e a chiudere leggermente, pertanto, le finestre. Per cui le finestre che non sono interessate dai cationi potassio regolano il tipo di gas che può essere assorbito dalla zeolite.

Dal grafico si nota che in funzione della frazione molare di potassio rispetto al sodio, i grammi di adsorbito diminuiscono per ogni specie chimica considerata, tranne che per l’acqua che essendo comunque piccola, non è influenzata (o lo è minimamente) da tale scambio cationico. Di contro, l’ossigeno ne risente molto di tale fenomeno e basta già il 25% di potassio al posto del Na per non far passare più l’ossigeno.


  • RAPPRESENTAZIONE DELL’EFFETTO DI SETACCIAMENTO.

Setaccio molecolare significa che con le zeoliti ho la possibilità di separare anche molecole con diverso ingombro sterico come n-ottano o iso-ottano; facendole passare attraverso determinate finestre di zeoliti.


  • SINTESI MOLECOLARE SELETTIVA SU ZEOLITI.

Vediamo come si possono far avvenire nelle zeoliti delle reazioni selettive e in questo caso come si può avere selettività su più livelli.

Un primo livello è quello di far entrare nelle zeoliti solo alcuni tipi di reagenti. Poi una volta che sono entrati nella zeolite, tali reagenti possono reagire per dare solo alcuni tipi di composti, ovvero:



  1. Ho la formazione di un composto, ma non l’ottengo perché non può uscire fuori dalla zeolite;

  2. Non ho nessun tipo di composto, perché la zeolite inibisce la reazione;

  3. Ho un composto e l’ottengo perché può uscire fuori dalla zeolite.




  • SINTESI DI MATERIALI MESOPOROSI.

Potendo avere massimo 12 tetraedri per ogni finestra, un trucco per fare di una zeolite un materiale mesoporoso, cioè con pori > di 20  è quello di ricorrere ai materiali templanti (che danno forma).

Il templante è una specie di stampo che consente di dare forma, in genere è un materiale pieno; in questo caso è una micella ricavata dall’aggregazione di un solvente polare di molecole di tensioattivo (sapone) che hanno una coda apolare con una estremità polare, che formano in acqua o delle bolle o dei cilindri.

Quindi tali materiali di natura nanometrica vengono inglobati durante il processo di cristallizzazione della zeolite, che viene praticamente sintetizzata a partire dal processo di cristallizzazione ad alta pressione e temperatura a partire da precursori che contengono silicio, alluminio, sodio e successivamente attraverso un trattamento termico, bruciando tali micelle, otteniamo dalla forma e dal pieno iniziale una zeolite mesoporosa.

18a lezione 14/05/03

IL CARBONE ATTIVO.

VETRI CATALITICI.
19a lezione 19/05/03

VETROCERAMICI.
20a lezione 22/05/03


  • Mercato USA dei rivestimenti ceramici.

La superficie di un materiale, in genere, cambia del tutto le proprietà del materiale stesso e soprattutto quelle di tipo ottico, elettrico, ovvero proprietà intrinseche del materiale, funzionali.

Il rivestimento ceramico riguarda diversi campi: quello dei motori e turbine in cui il rivestimento è fatto per conferire al materiale maggior resistenza termica, coibentazione termica.

Industria.

Scambiatori.

Inserti ed utensili, infatti, si presentano con punte gialle, che implicano riporto di nitruro di titanio, ottenuto con deposizione fisica sottovuoto.

Quindi, ci sono tutta una serie di applicazioni che fanno variare le proprietà di un materiale attraverso un riporto, addirittura in Inghilterra è nata una associazione nazionale che studia la scienza delle superfici, soprattutto nel campo della corrosione e l’anodizzazione delle superfici.




  • Confronto tra tecniche di deposizione.

Normalmente, quando si parla di riporti si classificano i films in spessi e sottili, ovvero:

< 1 m sottili;

>10 m spessi, anche se di fatto non esiste una linea di demarcazione netta.

Un’altra classificazione invece distingue i due casi, considerando un rivestimento sottile, quando esso cambia le proprietà funzionali del materiale, invece un rivestimento spesso cambia le proprietà strutturali.

A questo punto si possono avere dei films che sono fisicamente sottili ma ritenuti spessi perché variano le proprietà strutturali del materiale (vedi quando si vogliono indurire le punte dei trapani) e films più spessi fisicamente dei precedenti, anche più di alcune decine di micron, e solo perché variano le sole proprietà funzionali (vetri antiriflesso) sono ritenuti sottili.

A questo punto, le varie tecnologie sono:


  1. Plasma;

  2. CVD;

  3. Evaporazione;

  4. Sol-Gel.

Questa tabella mette in evidenza varie caratteristiche peculiari delle diverse tecnologiche, vedesi tra tutte lo spessore, la porosità dei depositi e la temperatura di trattamento.

Notate che con il plasma si ottengono spessori grossi ma riporti prettamente porosi, ciò è dovuto anche al fatto che nella fiamma si porta il materiale da riportare ad alta temperatura sino a farlo fondere, ovvero viene atomizzato nell’aria del getto e poi fuso per essere infine spruzzato sulla superficie da rivestire.

La temperatura di trattamento, anche se nella fiamma il materiale atomizzato fonde a  2000 °C, si mantiene < 100 °C, perché il materiale impattando con una superficie fredda scambia calore portando, al massimo gli strati più interni della superficie a temperatura prossima ai 100 °C.

Pertanto, questa è una tecnica che può essere utilizzata con i metalli che hanno già subito un certo trattamento termico e che non possono essere ricotti.

Per quanto riguarda il CVD, anche con esso si fanno spessori grossi che superano i 10 micron della tecnica a plasma. Ma ciò che lo caratterizza dal plasma è che non si hanno limitazioni sullo spessore del rivestimento, in quanto con esso si danno le velocità di crescita del rivestimento, piuttosto che lo spessore; infatti, esso crescerà sempre compatto e con le stesse caratteristiche.

L’unica limitazione si può averla sul tempo e questa limitazione resta legata alla velocità di crescita del deposito. Essendo tale riporto ottenuto dalla fase vapore, in cui le molecole si compattano sul substrato ottimizzando la loro deposizione e compattandosi per bene, si hanno per tali films, porosità bassissime. Di contro una caratteristica negativa è l’alta temperatura di trattamento richiesta. Questo, perché il CVD è caratterizzato da una reazione chimica che deve avvenire da una fase vapore, ovvero, esiste una cinetica di processo di tipo Arrhenius che fa dipendere la velocità di rottura dei legami di deposizione dalla temperatura, per cui una condizione stringente è quella di avere caldo e di conseguenza un materiale ceramico che resiste ad alte temperature come materiale da rivestire.

Una categoria di tecniche di deposizione che qui chiamiamo ion beam, sono tecniche di tipo PVD, cioè abbiamo una deposizione che non sfrutta la chimica come nella CVD, ma la fisica.

Tali metodi avvengono sottovuoto, ovvero si raggiungono vuoti che vanno sino 10-7 mbar.

Questa condizione è necessaria affinché il materiale evapori facilmente e anche perché i fasci molecolari siano meglio indirizzati nell’evaporazione termica, infatti, se la pressione fosse alta, allora i fasci urterebbero con le molecole presenti nel reattore e andrebbero dispersi.

In queste tecniche si può tenere il substrato, su cui si vuol fare la deposizione, a temperature basse o addirittura lo si può raffreddare ulteriormente se necessario, tanto è solo il materiale, di solito metallico, che deve essere depositato che si deve far evaporare sino a temperature anche di 600 °C.

L’unica nota negativa è che questi sono processi lenti, infatti queste sono deposizioni che avvengono molecola su molecola e nel vuoto, anche se di contro ci ripagano con l’assoluta mancanza di pori.

In ultima riga si possono notare le condizioni di deposito. Risulta chiaro che per la tecnica CVD, ci debba essere la presenza dei gas reattivi, perché essi sono i precursori del materiale ceramico che si andrà a depositare.

Per quanto riguarda il plasma, invece dobbiamo avere aria neutra, ossia in assenza di ossigeno o comunque se si vuole ottenere un materiale con riporto plasma di Zr o tungsteno dobbiamo fare in modo che ci arrivi sul substrato l’elemento puro Zr o tungsteno; cioè deve mancare quel materiale reattivo che ad alta temperatura si combinerebbe con la Zr e mi farebbe avere ossido di Zr, per esempio se avessimo ossigeno nell’aria, e quindi depositeremmo un ossido.

Allora, aria neutra sta ad indicare che bisogna essere neutra rispetto a ciò che vogliamo depositare. Ad esempio, ad alta temperatura l’azoto non va bene, perché si avrebbe la nitrurazione. Gli unici da utilizzare sarebbero l’argo, l’elio ed altri veramente inerti, che di contro costano troppo.


  • Fig.4.2 Schema di processo di ion planting.

Rappresenta una tecnica fisica a fascio elettronico in cui abbiamo una sorgente di elettroni (può essere un filamento di tungsteno portato ad alta temperatura).

Questi elettroni sono attratti da un campo elettromagnetico trasversale che li fa deviare. Pertanto queste forti correnti sono focalizzate sul materiale che noi vogliamo far evaporare. Questo fascio di elettroni quindi si presenta come una sorgente energetica molto concentrata che fa evaporare il materiale usato da riporto.

Il movable shutter, serve per controllare lo strato depositato, infatti togliendolo il materiale evaporato investe direttamente il materiale da ricoprire(substrate holder).


  • Fig.4.3 Schema di processo di sputtering.

Sputtering=sputacchiare.

E’ un processo che avviene, a bassa pressione, dove un gas Ar ionizza attraverso una fortissima scarica elettrica e diventa una specie di plasma , ovvero, dissocia gli elettroni dalle molecole.

L’argon, ionizzato e carico positivamente, sbatte sul target caricato a radiofrequenza e produce la fuoriuscita delle specie dal target che , infine si vanno a depositare sul substrato. La caratteristica principale del target è quella di fornire il materiale che evapora e che deve essere depositato, quindi è soggetto ad usura ed inoltre deve essere metallico in quanto se non lo è e se non caricato in radiofrequenza, succederebbe che l’argon si depositerebbe su di esso avendo un catodo non conduttivo e lo isolerebbe , non consentendo la fuoriuscita delle specie interessate.


  • Plasma temperature as a function of gas energy content at atmospheric pressure.

Il plasma è uno stato della materia, in cui per effetto dell’altissima temperatura e quindi dell’energia cinetica di uno stato gassoso, liquido gli elettroni non possono essere più contenuti nelle shell della materia, del gas o del liquido e quindi si delocalizzano rispetto all’atomo a cui appartengono, quindi quando ciò avviene si ha lo stato di plasma, che si verifica a temperature molto alte, anche più della temperatura di fusione e/o di vaporizzazione. Infatti è la temperatura alta che conferisce molta energia cinetica agli elettroni, i quali non riuscendo a stare più confinati nelle shell di partenza generano il plasma, delocalizzandosi.

Sul grafico si legge l’energia cinetica del gas in funzione della temperatura.

Notate che si passa allo stato di plasma sempre attraverso una dissociazione prima, della materia di partenza, in più poi, a più alte temperature si ha la scissione di ogni singolo atomo in protoni ed elettroni per arrivare ad avere il plasma. Si può saltare la fase di dissociazione solo per quei gas monoatomici come argon ed elio.

Sicuramente è molto più facile ottenere un plasma da una fase gassosa che da una fase solida, infatti bisogna tener presente che per ottenere lo stato di plasma bisogna raggiungere temperature molto alte, che sono più facilmente raggiungibili dai singoli atomi che non da un solido.





  • Principio di processo “flame spray”…..

“FLAME SPRAY”=spruzzo attraverso una fiamma.

In figura si vedono due tecniche simili, ma diversificate solo per il materiale di apporto, ovvero, nella prima si ha il riporto da filo, nella seconda da polvere.

Si utilizzano degli attrezzi, forniti di ugelli nei quali passano i gas combustibili e comburenti che si incendiano in prossimità del becco, producendo elevatissime temperature.

Attraverso la zona ad alta temperatura in prossimità del becco si fa passare il filo di riporto che fonde e si disperde nel flusso d’aria che impatta a sua volta sul substrato su cui si fa il rivestimento.

Parallelo a tale metodo vi è quello che utilizza le polveri, in sostanza è del tutto uguale al primo tranne che per il fatto di avere un effetto Venturi tra i diversi condotti, in cui l’aria compressa o i gas aspirati, creando una depressione in prossimità della sezione del condotto delle polveri, si aspira e si porta via con se le particelle di quest’ultime che miscelate col flusso di gas combustibili e comburenti a 300 °C fondono e contemporaneamente vengono spruzzate sul substrato da rivestire.

Bisogna notare comunque che queste particelle fuse non impattano sul substrato a 3000 °C, ma a temperatura molto più bassa, in quanto parte di tale calore è servito a fonderle. Inoltre, la velocità delle particelle tra flame e plasma è molto minore infatti, pur avendo un sistema di aria compressa e ugelli non si raggiungono mai le accelerazioni che si hanno in campo elettrico.




  • Shema di principio della spruzzatura al plasma.

Questi sono gli schemi di torcia al plasma in cui si hanno dei gas inerti come Ar e idrogeno che attraversano un ugello tenuto a differente potenziale rispetto al becco superiore da cui fuoriescono i gas.

Queste alte ddp generano la scarica intensissima che ionizza i gas e dà vita al plasma. Successivamente, tale plasma investe le particelle del materiale che vogliamo riportare, in modo che fondino e si depositano sul substrato da rivestire in cui solidificano velocemente.

La differenza di tale processo con lo sputtering, sta nel fatto che lo sputtering è un PVD, mentre qui abbiamo un plasma con polveri, il primo è molto lento e si tratta di una evaporazione a livello molecolare che ricompattandosi da bassi valori di porosità, qui invece abbiamo delle polveri che lasciano alla fine un’alta porosità.


  • Schema di un impianto sottovuoto per la deposizione di film su vetro float.

Esempio di un impianto da vuoto, attraverso tante camere da “sputtering” avviene la deposizione su lastre di vetro, anche di diversi materiali, ognuno contenuto in una diversa camera.


  • Spessori tipici di riporti ottenuti con varie tecnologie.

Illustra gli spessori dei riporti in funzione delle tecnologie utilizzate. In particolare, l’impiantazione ionica è quella che in assoluto mi dà spessori più piccoli, anche perché tratta un atomo alla volta e pur avendo energie cinetiche elevate più di tanto non può penetrare nel substrato da rivestire.

La nitrurazione è già più spessa perché entrano in gioco anche effetti diffusivi dell’azoto dissociato che, danno spessori maggiori anche rispetto al plasma.

Infatti, col plasma si hanno oltre che specie gassose, anche il materiale da riportare; invece, con la nitrurazione il metallo si ha già, ciò che si fa diffondere è il solo azoto.


  • The SOL-GEL process.

E’ un processo chimico, che quindi utilizza reagenti chimici che sono precursori di materiali ceramici i quali miscelati con un solvente mi danno una sospensione colloidale che deve essere attivata, attraverso H2O e catalizzatore, in modo tale che sia reattiva a dare il SOL.

Questo SOL che è reso stabile nel tempo è il punto di partenza per fare diverse cose: rivestimenti ceramici, ma anche fibre, facendo aumentare adeguatamente la viscosità.

Se il SOL non è invece stabilizzato e le reazioni che avvengono formano delle particelle che si uniscono tra di loro, abbiamo il GEL. In alternativa se la crescita delle particelle è incontrollata si arriva alla produzione di polveri ceramiche, e questo è il metodo quindi che si può utilizzare per farsi qualsiasi tipo di polvere il laboratorio, con qualsiasi caratteristica.

Una volta ottenuto ciò che si desidera si ha una fase di essiccazione e una successiva cura termica che a seconda del processo termico mi dà un diverso tipo di mnateriale ceramico.

Ciò che differenzia questi vetri per SOL-GEL con uno tradizionale, in cui si ha la solidificazione da liquido, è che qui si parte con una fase amorfa già nella formazione delle prime particelle nella soluzione e poi per sinterizzazione viscosa attraverso il collasso dei pori si ha il vetro.


  • Diagrammi VISCOSITY-TIME e SOL_GEL Technology.

Vediamo come la viscosità può darci diversi tipi di materiali in funzione del tempo.

Il GEL è un sistema che se non controlliamo per bene, è molto reattivo e col passare del tempo evolve naturalmente.(solidifica?)

Al crescere della viscosità, allora, possiamo fare diversi tipi di usi delle sospensioni colloidali. A bassa viscosità si possono fare films e colate all’interno dei forni. Addirittura facendo aumentare di molto la viscosità si possono tirare le fibre.


  • Chemistry of Sol-Gel process.

Gli alcossidi sono dei metalli o metalloidi legati a gruppi alcossidici (OR). Questo gruppo legato al Si dà l’alcossido del silicio che subisce due reazioni molto importanti in presenza di H2O.

Quella di idrolisi: al posto di un gruppo organico (alcossido) subentra un gruppo idrossido (OH) e questa reazione è facilitata da un punto di vista energetico perché OH è più elettronegativo di OR. Quindi c’è una tendenza piuttosto lenta, quando combiniamo un alcossido con H2O perché ci sia una reazione di idrolisi in cui l’alcossido iniziale subiscauna sostituzione parziale o totale dei suoi gruppi alcossidi con OH (gruppo idrossido).

Dopodiché la reazione importante di policondensazione è quella che porta due molecole già reagite a formare un legame a ponte dell’ossigeno, grazie alla presenza dei gruppi idrossido, con rispettiva espulsione di H2O.

Questo è un primo step della reazione di solidificazione, cioè da una molecola abbiamo un dimero. A differenza di un polimero organico che ha funzionalità due e quindi genera una lunga catena, qui ci troviamo con una funzionalità pari a quattro, per cui tutti e quattro i rami del Si possono reagire a formare un solido nello spazio.

Quindi, si può immaginare un solido ottenuto per Sol-Gel, attraverso miliardi e miliardi di reazioni di idrolisi e policondensazione che generano una struttura nello spazio lungo ognuno dei quattro rami reagenti del Si.

Potete immaginare come si possono sviluppare strutture di tipo a catena (polimerica) e strutture tipo a network a seconda che il numero medio di gruppi funzionali reagenti (gruppi che si sostituiscono o idrolizzano per ogni alcossido), sia due o sia quattro.

Così facendo noi possiamo controllare attraverso la funzionalità degli alcossidi, la reattività della molecola a idrolisi avvenuta. Per cui a seconda che si abbia un catalizzatore di tipo acido o basico, posso avere per il primo caso strutture, tipo lunghe catene intrecciate tra loro, contro strutture più compatte a network per il secondo caso.


  • Idrolisi in catalisi acida.

In un ambiente acido si può pensare di avere in soluzione dei gruppi protonati (H3O) +. La reazione chimica avviene perché il protone è attratto dal gruppo OR. Cioè l’ossigeno dell’H2O con il Si, non si attraggono subito per motivi sterici, ma il gruppo carico si avvicina progressivamente al gruppo alcossido. Quindi, inizialmente si ha un attacco elettrofilo. Questo tipo di reazione elettrofila avviene a seconda del numero di OR attaccati al Si, cioè questo tipo di reazione è più probabile che avvenga su quelle molecole con più OR e allora abbiamo la tendenza di avere molecole con funzionalità due (due OH sostituiti a due OR).

Successivamente si scatena l’idrolisi, con il gruppo ossidrile al posto del gruppo alcossido e l’espulsione di alcool.

Quindi, in una condizione acida tale tipo di reazione farà in modo che si sostituiscano pochi OH con gli OR e quindi si ha una formazione di particolato a catena (polimerica).


  • Idrolisi in catalisi acida.

Mentre in catalisi basica l’OH- (carico negativamente) è attratto dal nucleo, ovvero ho una reazione maggiormente nucleofila, cioè viene direttamente attratto dal silicio in maniera tanto più forte quanto più il Si ha carattere cationico (protonico).

Quanto più i gruppi OH- (fortemente elettronegativi) sono attaccati al Si più tale reazione è ionica e più il silicio è svuotato di elettroni, quindi tende ad essere più elettrofilo.

Quindi più ce ne sono di gruppi idrolizzati, più l’OH- tende ad essere attratto; quindi, le sostituzioni di OR con OH- sono più probabili nelle molecole che ne hanno già avute rispetto a quelle che non ne hanno (e questo perché quante più sostituzioni ci sono state tanto più cationico è diventato il Si). E quindi in questo sistema si tende ad avere una struttura con quattro funzionalità OH-, più compatta e reticolata.


  • I frattali e le proprietà strutturali.

Il concetto di frattale è collegato ad un oggetto, la cui massa non cresce come dovrebbe crescere in un materiale pieno.

Per un materiale che cresce ramificato come una foglia, la sua superficie cresce più velocemente che la sua massa. Nel caso della sfera, superficie e massa crescono entrambe con dimensione tre, mentre per un frattale la crescita della massa è minore di tre, ovvero cresce con una potenza minore rispetto alla potenza con cui cresce la superficie.

Il frattale quindi non è altro che un materiale che crescendo, vede aumentare la sua superficie, più velocemente che la sua massa.


  • Schema.

Partendo dal quesito di come si originano le sfere, vediamo che siam partiti dall’alcossido e lo idrolizziamo, fornendo dimeri, oligomeri e particelle a seconda delle condizioni di pH, ovvero in condizioni acide o basiche, posiamo avere:

pH <7 (acida), cresce un frattale che si espande e può dar vita ad un gel;

pH >7 (basica), abbiamo la tendenza a formaregrosse particelle.

Quindi virtualmente possiamo creare particelle piccole, facendo crescere questi frattali e poi ad un certo punto bloccandone la crescita, oppure ottenendo la crescita di particelle sferiche facendo in modo che il materiale non gelifichi (basta agitare energeticamente) e allora per addensamento complessivo del materiale intorno a tali particelle in crescita si ottiene la generazione di microsfere che crescono di forma molto precisa.




  • Evoluzione strutturale nei films.

Dopo aver formato le particelle piccolissime per (Sol-Gel?) si può immergere una lastra di vetro, che tirata su ne trascina uno spessore di liquido tale che, una parte di esso (il solvente) evapora per lasciar condensare e aggregare la parte di sol polimerico che si intreccia e gelifica e se il film è più polimerico collassa compattandosi, altrimenti se è più di tipo particolato, questo film rimane più poroso.


  • Trattamento termico e sinterizzazione.

Si può notare la contrazione più la perdita di peso del materiale in funzione della temperatura. Inoltre, la perdita di peso è dovuta anche alla eliminazione di solvente o H2O durante le reazioni di policondensazione, che procedono sia nella soluzione che fuori dalla soluzione per effetto termico a secco. Questi importanti aspetti servono per lo studio degli aerogel.

1   2   3   4   5   6   7   8


Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©atelim.com 2016
rəhbərliyinə müraciət