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13 febbraio Memorie, ma non solo di Paolo Brunatto 13-17 febbraio Non ci resta che ridere. Il cinema di Roberto Benigni


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domenica 15

ore 17.00

La voce della luna (1989)

Regia: Federico Fellini; soggetto: liberamente ispirato al romanzo Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni; sceneggiatura: F. Fellini, con la collaborazione di Tullio Pinelli, E. Cavazzoni; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Nicola Piovani; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Roberto Benigni, Paolo Villaggio, Nadia Ottaviani, Marisa Tomasi, Angelo Orlando, Sim; origine: Italia/Francia; produzione: Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica, Cinémax; durata: 120’



«Dettato a Fellini dalla sua insofferenza nei confronti della società e del sistema di valori in cui ormai si riconosce la maggioranza, ma anche da una giovanile autoironia che ne compensa il moralismo, La voce della luna […] è un “racconto cinematografico” che tiene molto della chiacchierata buffa e malinconica, intenerita dalle lucciole e ricchissima di punti-luce. […] Costruito stavolta da Fellini con un ancor più accentuato rifiuto d’ogni struttura convenzionale, ma con un’intatta seppur rapsodica virtù d’inventare figure, ambienti e situazioni, e tanto spesso ancora d’insuperata qualità nelle immagini, il film ricorre, per ingraziarsi anche il botteghino, ad attori popolari, e n’è premiato. Mentre Roberto Benigni, nel cui pallore lunare s’incrociano Leopardi, Pinocchio e Pierrot, dimentico della propria maschera sfrontata, parla in un italiano fin troppo pulito ed educato ma dà al Salvini le vibrazioni d’una piuma, Paolo Villaggio è un Gonnella di forte carica drammatica, nel quale Fantozzi si ribalta con insospettata intensità» (Grazzini).
ore 19.15

Il figlio della pantera rosa (Son of the Pink Panther) (1993)

Regia: Blake Edwards; soggetto: B. Edwards; sceneggiatura: B. Edwards, Madeline Sunshine, Steven Sunshine; fotografia: Dick Bush; musica: Jack Hayes, Henry Mancini; montaggio: Robert Pergament; interpreti: Roberto Benigni, Herbert Lom, Claudia Cardinale, Shabana Azmi, Debrah Farentino, Jennifer Edwards; origine: Usa; produzione: United Artists Productions, Filmauro; durata: 93’



«Il gendarme Jacques Gambrelli è figlio dell’ispettore Clouseau e di Maria: imbranato come il padre, riesce nondimeno a liberare una principessa rapita da un commando di terroristi. […] Benigni all’inizio appare spaesato, ma poi sembra cogliere la stupidità volontaria che è l’anima di tanti film di Edwards. Battute che cadono nel vuoto, gag ripetute fino all’usura, nonsense portato all’estremo: il film è talmente sgangherato da riuscire quasi divertente» (Mereghetti).
ore 21.00

Down by Law (Daunbailò) (1986)

Regia: Jim Jarmusch; soggetto e sceneggiatura: J. Jarmusch; fotografia: Robby Müller; musica: John Lurie; montaggio: Melody London; interpreti: Tom Waits, John Lurie, Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Ellen Barkin, Billie Neal; origine: Usa; produzione: Black Snake, Grokenberger Film; durata: 106’; v.o.; sott. it.



Opera che riecheggia generi e modelli, come sempre accade nel cinema di Jarmusch, Daunbailò è un film carcerario con fuga per le paludi della Luisiana di tre carcerati sui generis. John Lurie (Jack), uno sfruttatore di prostitute incastrato da un rivale, e Tom Waits (Zack), un dj in declino beccato con un cadavere nel portabagagli, sono compagni di cella. Tra litigi e lunghi silenzi si raccontano le rispettive vite. In cella viene portato un terzo carcerato Roberto (Roberto Benigni), un italiano che ha ucciso un uomo. Roberto è vitale, buffo, un folletto che parla un inglese strano, fatto di frasi fatte, involontari giochi di parola e citazioni poetiche. I tre fuggono e dopo varie peripezie giungono in una casa dove Roberto troverà l’amore. «Ho conosciuto Roberto in Italia, a Salsomaggiore, e nonostante comunicassimo solo in un francese assai primitivo siamo subito diventati amici. E comunque Roberto è un attore bravissimo che potrebbe interpretare anche ruoli drammatici, e credo che il suo ruolo in Down by Law sia meno comico che nei suoi film italiani. […] È stato in grado persino di improvvisare un monologo in inglese, nella sequenza in cui sta cucinando un coniglio. È un improvvisatore nato. È come un musicista jazz» (Jarmusch).
lunedì 16

chiuso
martedì 17



ore 17.00

Johnny Stecchino (1991)

Regia: Roberto Benigni; soggetto e sceneggiatura: Vincenzo Cerami, R. Benigni; fotografia: Giuseppe Lanci; musica: Evan Lurie; montaggio: Nino Baragli; interpreti: R. Benigni, Paolo Bonacelli, Nicoletta Braschi, Ivano Marescotti, Franco Volpi, Ignazio Pappalardo; origine: Italia; produzione: Cecchi Gori Tiger Group Cinematografica, Penta Film; durata: 121’



Dante, interpretato da Benigni, è un fiorentino, timido e ingenuo che per lavoro guida uno scuolabus utilizzato da dei ragazzi handicappati. Incontra Maria, una bella sconosciuta, e se ne innamora. Maria lo porta con sé in una bella villa alle porte di Palermo. In realtà Maria non è quello che sembra: è la moglie di un efferato boss della mafia, Johnny, che si sta nascondendo perché minacciato di morte. Dante e Johnny sono due gocce d’acqua. Lo scopo di Maria è far uccidere Dante al posto del marito. Non sarà però così facile dato che Dante, inconsapevole e anzi divertito, riuscirà a sfuggire a numerosi attentati.
ore 19.15

Pinocchio (2002)

Regia: Roberto Benigni; soggetto e sceneggiatura: R. Benigni, Vincenzo Cerami, tratto da Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi; fotografia: Dante Spinotti; musica: Nicola Piovani; montaggio: Simona Paggi; interpreti: R. Benigni, Nicoletta Braschi, Mino Bellei, Carlo Giuffrè, Peppe Barra, Franco Javarone; origine: Italia; produzione: Melampo Cinematografica; durata: 105’



«Sono vent’anni, forse da quando sono nato, che ho voglia che mi si allunghi il naso. Finalmente, mentre ero sul letto e pensavo, mi sono sentito prendere per mano: era Pinocchio. Ogni volta che finivo un film dicevo: “Oh! E ora faccio Pinocchio!”. E via partivo: di qua, di là, di su, di giù. Niente! Non mi riusciva di acchiapparlo. […] Me lo aveva proposto anche Fellini, aveva già disegnato il pupazzetto. Lo voleva fare tutto come un incubo. Pinocchio lo si può vivere come si vuole. Come un incubo, un sogno, una tempesta, un cocomero, la vita, la morte; va tutto bene perché è un mito. E come tutti i miti porta con sé un conflitto irresolubile, disintricabile e il più antico del mondo: non si può essere felici. E queste sono cose che sbriciolano il cuore di bellezza» (Benigni).
ore 21.15

La vita è bella (1997)

Regia: Roberto Benigni; soggetto e sceneggiatura: R. Benigni, Vincenzo Cerami; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Nicola Piovani; montaggio: Simona Paggi; interpreti: R. Benigni, Nicoletta Braschi, Giorgio Cantarini, Giustino Durano, Bustric [Sergio Bini], Lydia Alfonsi; origine: Italia; produzione: Melampo Cinematografica; durata: 120’

La vita è bella è il film di Benigni che ha raccolto il più alto numero di premi, tra i quali ben tre Oscar e il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, solo per citare i più importanti. Per l’artista toscano è il film della maturità, in cui si impone con forza l’influenza chapliniana, soprattutto per quel che riguarda la costruzione del personaggio di Guido, interpretato da Benigni stesso. Il film è diviso nettamente in due parti: la prima allegra e spensierata, la seconda tragica e cupa. La prima, ambientata negli anni Trenta, è incentrata sull’amore di Guido e Dora, lui giovane ebreo della provincia che va in città per aprire una libreria, lei maestra di buona famiglia. Gli anni passano, Guido e Dora hanno adesso un bambino, Giosuè, e vivono la loro vita felicemente a dispetto della guerra che cambia il volto dell’Italia. La seconda invece inizia con la deportazione di Guido e del piccolo Giosuè nel campo di concentramento. Per proteggere Giosuè dagli orrori del campo, Guido fa credere al figlio che sia tutto un gioco, organizzato per il suo compleanno.
mercoledì 18

Indipendente italiano: arcangeli e demoni. Il cinema di Simone Scafidi

Simone Scafidi è un giovane autore che opera nel contesto del nuovo cinema milanese, un milieu che in questi ultimi anni ha saputo tracciare scenari davvero ispirati e potenti, segnali di un rinnovamento in corso che nasce dal basso e che accomuna le diverse esperienze di nomi come Marina Spada e Vittorio Rifranti, Giovanni Maderna e Federico Rizzo, Michelangelo Frammartino e Mirko Locatelli, in quello che ha tutta l’aria di essere un vero e proprio “movimento”.

Nel gennaio 2008 il lungometraggio d’esordio di Scafidi, Gli arcangeli, esce nel circuito ufficiale delle sale italiane. È un segnale importante e decisivo per un cinema indipendente italiano che agita la spada ed esige canali di distribuzione adeguati al suo coraggio. Ma con grande consapevolezza del contemporaneo, questo cinema del futuro ha saputo forgiare, grazie alle nuove tecnologie digitali di cui si serve, anche forme di veicolazione certamente più al passo coi tempi, straripando oltre i confini del classico locale dalle poltrone di velluto per approdare sempre più spesso – magari sottoforma di spezzoni, brani, clip – nel magma ribollente del web, nei flussi satellitari o nei supporti dvd stampati e distribuiti con passione da bricoleur.

“Indipendente italiano” vuole fotografare l’incessante ricerca produttiva, distributiva, ma soprattutto estetica, di questo cinema anarchico e intransigente, che rischierebbe di rimanere schiacciato di fronte alla presenza continua di quel mainstream, di quell’overground magari ben confezionato ma raramente altrettanto coraggioso.

Oltre al secondo film di Scafidi, Appunti per la distruzione, docufiction davvero speciale sul caso letterario di Dante Virgili e sull’immaginario mistico-mefitico ad esso legato, vogliamo proporre allo spettatore un accostamento per certi versi ardito tra questo cineasta indipendente di oggi e un meraviglioso invisibile italiano degli anni Sessanta: Gli arcangeli di Enzo Battaglia.

Al di là del nome proprio che spartisce con l’opera d’esordio di Scafidi, i film non potrebbero sembrare più distanti per lo stile, il contesto in cui sono nati e la scelta geografica.. Ma se Battaglia gioca con la nouvelle vague, il montaggio spezzato e lo sguardo alienato su una Capitale inconoscibile e mai vista, per darci la sua versione dei giovani esistenzialisti romani che vivono già nel ’63 fuori dal concetto di “morale”, Scafidi indaga curiosamente un tema molto simile nella Milano di oggi, portandolo però fino alle più estreme conseguenze filosofiche.



Programma a cura di Pierpaolo De Sanctis
ore 17.00

Gli arcangeli (1963)

Regia: Enzo Battaglia; soggetto e sceneggiatura: E. Battaglia; fotografia: Luciano Graffigna; musica: Sandro Brugnolini; montaggio: Franz Regard; interpreti: Roberto Bisacco, Paolo Graziosi, Graziella Polesinanti, Virginia Onorato, Stefano Satta Flores; origine: Italia; produzione: Alfredo Salvati; durata: 101’



«Anna Maria, una ragazza di provincia, fugge a Roma col fidanzato perché i suoi genitori si oppongono alle loro nozze e chiede protezione al fratello Roberto. A Roma Anna Maria conosce Diana, il difficile amore del fratello, tutta impeti, ribellione, disordine, e Paolo un amico con il quale Roberto divide oltre all’appartamento anche inquietudini e speranze. L’assoluta libertà che caratterizza la vita dei due amici porta Anna Maria alla scoperta di un modo nuovo di concepire i rapporti umani per cui lei decide di scrollarsi di dosso quelli che ritiene pregiudizi morali» (www.cinematografo.it). «Il prodotto, anche sul terreno strettamente commerciale, esiste, ed è nobilissimo. [...] Questi giovani attori non inducono davvero a singhiozzare per l’assenza di divi [...]. Gli arcangeli ha valore anche e soprattutto per questo: nel suo essere un documento, di intenzioni e intonazioni poetiche sull’oggi [...]. È un film sostanzialmente probo, cioè onesto e gentile, ma anche cattivo e pungente, con quella acerbità che era necessaria al tema » (Chiaretti).
ore 19.00

Gli arcangeli (2007)

Regia: Simone Scafidi: soggetto e sceneggiatura: S. Scafidi, Andrea Riva; fotografia: Federico Bracci; montaggio: Antonio Morabito, S. Scafidi; scenografia: Marianna Mandibola; effetti: David Bracci II; suono: Giacomo Avanza, Maurizio Terpin; aiuto regista: Federica Cresci; interpreti: Andrea Riva, Francesca Inaudi, Franco Branciaroli, Fabrizio Raggi, Zamira Pascer, Ugo Giacomazzi; origine: Italia, produzione: David Cartasegna per “(dis)ORDET”; durata: 87’



Christian è uno studente di filosofia all’università di Milano. Popolare, ammirato, ricco e trasgressivo prende dalla vita e dalle persone tutto quello che vuole, scevro da ogni direzione morale. Ma nelle pieghe della sua carne brucia il dolore della gioventù perduta, dell’essere umano tormentato
dalla sua stessa natura.
«La parabola filosofica attorno ai concetti di Dolore, Religione, Morale raccontata dal film è un viaggio crudo, ossessivo e privo di concessioni che non ci si aspetterebbe assolutamente da un giovane cineasta sotto i trent’anni. Anche il linguaggio è anticonvenzionale […]: l’inquadratura, spesso statica, è un campo di forze estetizzante e contemplativo, assolutamente refrattario ai trattamenti isterici di montaggio di molto cinema giovanilistico contemporaneo; la messa in scena è scabra, brutale, a tutto vantaggio di una composizione formale che a volte può ricordare un certo tipo di pittura. L’insistenza dello sguardo è pura profondità, è lirismo astratto e fiammeggiante, e un’occasione per gli attori di completare il senso di una scena arricchendola con sfumature che hanno il calore dell’improvvisazione, di un evento che accade. […] Nonostante il low-budget, un’opera che resta impressa come la maggior parte dei film italiani inseriti a pieno regime nella programmazione ufficiale non riesce assolutamente a fare» (Pierpaolo De Sanctis).

Vietato ai minori di anni 18 - Ingresso gratuito

ore 21.00

Incontro con Simone Scafidi, Pierpaolo De Sanctis, Andrea Riva De Onestis


a seguire

Appunti per la distruzione (2008)

Regia: Simone Scafidi; soggetto e sceneggiatura: S. Scafidi, Andrea Riva; fotografia: Fabrizio Bracci; montaggio: Paolo Boriani; costumi e scenografia: Alice Cannavà; suono: Francesco Gaudesi, Elena Maestroni; interpreti: Andrea Riva De Onestis, Massimo Fini, Gabriele Mandel, Moni Ovadia, Marco Pannella, David Peace, Nicole Vignola, Ferruccio Parazzoli, Antonio Franchini, Bruno Pischedda; origine: Italia; durata: 99’



Dante Virgili (1928-1992), lo scrittore maledetto di cui non esiste nemmeno una fotografia, è lo spunto di partenza per questa docufiction che indaga sul concetto filosofico del Male. Attraverso una serie di interviste a personalità di spicco del mondo editoriale, letterario, politico e religioso, inframezzate da evocative scene di fiction ispirate all’universo creativo di Virgili, viene ricostruita la vicenda umana ed artistica dell’autore de La distruzione, lo scandaloso romanzo filonazista che, pubblicato nel 1970, anticipò di trent’anni l’attentato alle Torri Gemelle del 2001. «Si doveva intitolare Cheirurghia Kali Yuga Kolossal. Ma anche L’apostata. E infine Cinema Dante. Ha avuto molti titoli, ma sempre un solo sottotitolo: Appunti per un film ispirato a La distruzione. Il sottotitolo, snellito, è diventato il titolo. Di pasoliniana memoria. Ma, soprattutto, autoproclamante: vedrete una serie di note, di chiose su di un testo, su di un personaggio, su di un tema che non possono essere ritratti nella loro globalità, nella loro vera essenza. Ma solo scarabocchiati. Sono e rimangono appunti» (Scafidi).

Vietato ai minori di anni 18 - Ingresso gratuito
19-22 febbraio

Tra memoria e presente: i film di Gianfranco Pannone

Raramente un allievo del Centro Sperimentale di Cinematografia ha perseguito la strada del documentario con l’impegno e la dedizione di Gianfranco Pannone. Fin dagli inizi degli anni Novanta, quando ancora non si parlava di rilancio del documentario e le uniche prospettive per uno giovane erano quelle offerte dalla fiction, Pannone ha invece scelto un percorso del tutto personale, lontano dai minimalismi del cinema italiano reduce dai fallimentari anni Ottanta, guidato dal riflesso della memoria sulla realtà contemporanea. Comincia così il viaggio di Pannone nella Storia e nei suoi intrecci sociali e antropologici, avendo come coordinate il richiamo, sempre più urgente, del natio Sud (Pannone è originario di Napoli), come terreno di incontro e, purtroppo, anche di scontro, il peso incombente su di esso del fascismo, il dopoguerra, il falso mito del boom, il sindacalismo le lotte operaie, fino al problema attuale dell’immigrazione. Temi che ritornano su se stessi e si intrecciano da un documentario all’altro, tasselli di un mosaico mai composto definitivamente perché Pannone è sempre in viaggio e alla ricerca di nuovi spunti da approfondire e rimettere in circolo, attraverso nuove collaborazioni (il documentario come arte collettiva) e nuove formule produttive. In un contesto del tutto diverso da quello degli esordi, nel quale, grazie ai successi stellari di Michael Moore, al documentario arride un improvviso ritorno d’interesse, in virtù anche degli impulsi provenienti da una realtà sempre più caotica e difficile da decifrare. L’occhio del documentarista diventa quindi sguardo privilegiato che ha il dono di dilatare le prospettive degli spettatori.

Nel corso della retrospettiva sarà presentato l’ultimo, discusso, lavoro di Pannone, Il sol dell’avvenire, docufilm ideato, scritto e realizzato con Giovanni Fasanella, presentato al Festival di Locarno e alla Viennale, che dimostra, al di là delle polemiche, la vitalità del cinema documentaristico italiano e la sua capacità di confrontarsi con le pagine più buie della nostra Storia.

Retrospettiva a ingresso gratuito
giovedì 19

Memorie

ore 17.30

Sirena operaia (2000)

Regia: Gianfranco Pannone; voce narrante: Alberto Bellocchio; musica: Daniele Sepe; montaggio: Amato Mastrogiovanni; origine: Italia; produzione: Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico; durata: 54’



La fabbrica e gli operai, gli anni Sessanta e settanta, l’Autunno caldo e le vittorie sindacali, le stragi fasciste e il terrorismo, fino all’assassinio dell’operaio Guido Rossa per mano delle Br, visti attraverso gli occhi di un sindacalista della Cgil. Il racconto, affettuosamente ironico, è accompagnato dalle ricche immagini sulla contestazione studentesca e sulle lotte sindacali conservate presso l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico e dalle musiche di Daniele Sepe. Sirena operaia è tratto dall’omonimo racconto in versi di Alberto Bellocchio, edito da Bruno Mondadori.

Per gentile concessione dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico
ore 18.30

Pomodori (Viaggio nell’identità italiana) (1999)

Regia: Gianfranco Pannone; ideato e scritto da Carlo Cresto-Dina, G. Pannone; fotografia: Tarek Ben Abdallah; musica: Ambrogio Sparagna; montaggio: Gianluca Quarto; origine: Italia/Germania/Olanda; produzione: Videa Documentary, Rai Tre, ZDF/ARTE, Avro; durata 53’



Un viaggio tragicomico lungo la penisola in quattro parti: da Foggia a Torino, passando per Fondi (Latina) e Parma. Coltivatori diretti in crisi economica, immigrati dal Sud nostalgici della loro terra, piccoli e ambiziosi industriali del pomodoro…, animano un paesaggio italiano in bilico tra vecchio e nuovo. «Un ritratto dell’Italia di oggi bello e veritiero» (Norma Rangeri). «In Pomodori più che i frutti del titolo, i veri protagonisti sono le persone che ci vivono intorno. Pannone, però, si tiene lontano dai primi piani di stampo televisivo e costruisce il film in piani lunghi, con uno straordinario senso di equilibrio dell’inquadratura, che ricorda le spaziose geometrie in cinemascope di certi film americani» (Enrico Pacciani, «Cineforum»).

Per gentile concessione di Videa
ore 19.30

Ferie - Gli italiani e le vacanze (2000)

Regia: Gianfranco Pannone; montaggio: Gianluca Quarto; musiche: Daniele Cesana; origine: Italia; produzione: Videa, Rai Tre, Istituto Luce; durata: 26’



L’Italia delle vacanze, popolari e snob, “caciarone” e alla moda. Un paese cresciuto troppo in fretta e per questo “un paese senza”, come titola un libro di Alberto Arbasino. Episodio della serie televisiva Gli italiani e… di Gianfranco Pannone e Vanni Gandolfo, andato in onda su Raitre nel dicembre 2003 con Cerimonie - Gli italiani, la Chiesa, lo Stato.

Per gentile concessione di Videa
a seguire

Cerimonie - Gli italiani, la Chiesa, lo Stato (2002)

Regia: Gianfranco Pannone; musica: Daniele Cestana; montaggio: Gianluca Quarto; origine: Italia; produzione: Videa, Rai Tre, Istituto Luce; durata: 26’



L’Italia dal dopoguerra agli anni Ottanta attraverso i suoi riti pubblici ed istituzionali: dalle inaugurazioni degli anni “felici” del boom agli eventi mondani e ai funerali di Stato. Il tutto attraverso una lettura ironica e dolorosa.

Per gentile concessione di Videa
ore 20.45

Incontro moderato da Sergio Toffetti con Gianfranco Pannone, Tarek Ben Abdallah, Giovanni Fasanella, Roberto Silvestri


a seguire

Una QUESTIone poco privata (Conversazione con Giulio Questi) (2007)

Regia: Gianfranco Pannone; fotografia: Antonio Covato; montaggio: Erika Manoni; origine: Italia; produzione: G. Pannone per Effetto Notte, Bruno Tribbioli e Alessandro Bonifazi per Blue Film, Rean Mazzone per Dream Film-Ila Palma; durata: 16’



C’è un nesso tra gli “spaghetti western” e la storia recente d’Italia? A vedere Se sei vivo spara, il film che Giulio Questi realizzò con Kim Arcalli nel 1966, sembrerebbe di sì. Tra il ’44 e il ’45, Questi combatté da partigiano sulle montagne del Nord Italia. In passato lui stesso ha dichiarato che alcune scene molto cruente del film si rifanno al suo legame con la Resistenza. In parallelo alla conversazione che il cineasta intavola con Pannone sulla genesi del suo unico film western, le immagini più cruente di Se sei vivo spara si intrecciano con alcuni brani tratti dai racconti di guerra partigiana scritti (e letti) dallo stesso Questi. «Nel 1998 ho girato il mio primo lungometraggio, L’America Roma, film dedicato agli Spaghetti western, che venivano spesso realizzati intorno alla capitale, e ai sui protagonisti, stunt-man “romani de Roma” in cerca di fortuna. Nè L’America a Roma provavo a cercare un nesso tra i messicani straccioni e rivoluzionari che quegli stunt-man interpretavano e i “brutti, sporchi e cattivi” delle borgate romane degli anni ’60. Poco tempo fa ho avuto la fortuna di conoscere Giulio Questi. Da molto tempo, invece, conoscevo e ammiravo il suo unico western, Se sei vivo spara. Pochi anni fa, fu proprio lui a dichiarare che le scene più cruente del film si rifanno alla sua esperienza di partigiano. Insomma, ancora una volta ho voluto insistere sul nesso che c’è tra alcuni film italiani di genere e la storia recente e spesso irrisolta del nostro Paese» (Pannone).
a seguire

Il sol dell’avvenire (2008)

Regia: Gianfranco Pannone; ideato, scritto e realizzato da Giovanni Fasanella, Gianfranco Pannone; fotografia: Marco Carosi; musica: Offlaga Disco Pax e Rudy Gnutti; montaggio: Erika Manoni; origine: Italia; produzione: Alessandro Bonifazi e Bruno Tribbioli per Blue Film; durata: 78’



Reggio Emilia, 1969. Un gruppo di ragazzi lascia la locale Federazione giovanile comunista, per dar vita, insieme ad altri coetanei di provenienza anarchica, socialista, cattolica, all’Appartamento, una comune sessantottina che insegue il sogno rivoluzionario e che vede nel partito comunista al governo della città il tradimento degli ideali partigiani e antifascisti appartenuti ai loro padri e nonni durante e dopo la seconda guerra mondiale. Dall’esperienza dell’Appartamento, di lì a due anni, usciranno alcuni fra i più duri brigatisti rossi degli “anni di piombo”: Alberto Franceschini, Tonino Loris Paroli, Prospero Gallinari, Roberto Ognibene, Renato Azzolini... Oggi, a ricordare quei giorni, in un ristorante che fu il luogo in cui si riunirono quelle che sarebbero diventate le Brigate rosse, sono tre di loro, tornati alla vita normale, Franceschini, Paroli e Ognibene. E a incontrarli, ci sono altri tre protagonisti di allora, che brigatisti, invece, non lo diventarono, Paolo Rozzi, Annibale Viappiani e Adelmo Cervi, tutti più o meno impegnati nella politica e nel sindacato. Con uno sguardo rivolto al quotidiano di questi testimoni del tempo e coinvolgendo altre figure interne al Pci e al mondo cattolico di quarant’anni fa, il film, liberamente tratto dal libro-intervista Che cosa sono le Br di Giovanni Fasanella e Alberto Franceschini, ricostruisce una vicenda politica poco conosciuta, in cui si scontrarono ferocemente alcuni giovani che poi scelsero la lotta armata e il Partito comunista, sempre più lontano dall’orbita sovietica e al quale, un po’ per volta, quei rivoluzionari sfuggirono di mano. «Il sol dell’avvenire analizza e “psicoanalizza” la stagione della lotta armata attraverso alcuni dei protagonisti “svezzati” nell’area di Reggio Emilia… Un film importantissimo e serio, da vedere» (Roberto Silvestri). «Il sol dell’avvenire è un film che pone domande sul passato, sconvenienti per i politici di destra e di sinistra» («Financial Times»).
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