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Mr Weller, il "nemico di Dio", salda il conto al reverendo dal naso rosso


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Mr Weller, il “nemico di Dio”, salda il conto al reverendo dal naso rosso

di Charles Dickens (1812-1870)

da Il Circolo Pickwick, a c. di Lodovico Terzi, illustrazioni di Seymour e Phiz, Milano, Mondadori, 1971


26. Samuel Weller fa un pellegrinaggio a Dorking e vede la sua matrigna
Il Marchese di Granby, al tempo di Mr Weller, era un vero modello fra le osterie di posta di prima cate­goria: grande abbastanza per essere comoda, e piccola abbastanza per essere accogliente. Sul lato oppo­sto della strada c’era un’insegna in cima a un palo, che rappresentava la testa e le spalle di un signore dal viso apoplettico, con una giacca rossa dai risvolti blu scuro, e una pennellata dello stesso blu intorno al tricorno, per fare da sfondo. Sopra c’erano un paio di bandiere, e un paio di cannoni si vedevano sotto l’ultimo bottone della giacca; tutto l’insieme formava un espressivo e autentico ritratto del marchese di Granby di gloriosa memoria.

La finestra del bar metteva in mostra una scelta collezione di piante di geranio, e una fila giustamente polverosa di bottiglie di liquore. Attaccate alle persiane aperte c’erano svariate scritte in oro che lodava­no la bontà dei letti e dei vini; e lo scelto gruppo di persone del luogo e di stallieri che indugiava presso la stalla e l’abbeveratoio, forniva indirettamente la prova dell’eccellente qualità della birra e dei liquori che si vendevano dentro. Sam Weller, una volta sceso dalla diligenza, si fermò a osservare tutti questi piccoli indizi di un fiorente commercio con l’occhio di un esperto viaggiatore; e sùbito dopo entrò, alta­mente soddisfatto delle cose che aveva veduto.

“Oh, insomma!” disse un’acuta voce di donna, non appena la testa di Sam si affacciò alla porta. “Che cosa volete, giovanotto?”

Sam girò lo sguardo nella direzione da cui proveniva la voce. Essa proveniva da una signora piuttosto prosperosa e di aspetto piacevole, seduta accanto al caminetto del bar, che stava soffiando nel fuoco per far bollire l’acqua del tè. Non era sola nella stanza; poiché dall’altra parte del caminetto, seduto tutto impettito su un seggiolone dallo schienale altissimo, c’era un uomo con un logoro vestito nero, con una schiena lunga e rigida come quella della sedia a cui si appoggiava, che attirò sùbito e in modo speciale l’attenzione di Sam

Aveva un’espressione compunta, un naso rosso, una faccia lunga e affilata, e gli occhi erano del tipo serpente a sonagli: abbastanza furbi ma decisamente cattivi. Indossava calzoni molto corti e calze nere di cotone, che, come tutto il resto del suo abbigliamento, erano molto scolorite. La sua persona sembrava inamidata, a differenza del suo colletto bianco, le cui lunghe estremità pendevano flosce sul panciotto strettamente abbottonato in un modo che non era né elegante né pittoresco. Sopra una sedia vicina era­no posati un paio di guanti di castoro vecchi e frusti, un cappello a larghe falde e un ombrello verde sco­lorito con molte stecche che spuntavano attraverso la tela, quasi per compensare la mancanza del mani­co all’estremità opposta; e poiché questi oggetti erano tutti disposti con gran cura e precisione, sembra­vano implicare che l’uomo col naso rosso, chiunque fosse, non aveva alcuna intenzione di andarsene mol­to presto.

Per rendere giustizia all’uomo col naso rosso, bisogna dire che sarebbe stato molto sciocco se avesse a­vuto una simile intenzione; poiché, a giudicare dalle apparenze, avrebbe dovuto avere una cerchia di a­micizie eccezionale per aver motivo di credere che vi fossero altri luoghi migliori di quello. Il fuoco arde­va sfavillando sotto l’azione del soffietto, e il bricco dell’acqua borbottava allegramente sotto l’azione di entrambi. Un piccolo servizio da tè era disposto sulla tavola; il burro si scioglieva dolcemente sui crosti­ni, in un piatto messo davanti al fuoco; e l'’omo col naso rosso era personalmente occupato ad abbrustoli­re una gran fetta di pane mediante un apposito forchettone. Accanto a lui c’era un bicchiere fumante di rum e acqua bollente, con una fetta di limone dentro; e ogni volta che l’uomo col naso rosso interrompe­va il suo lavoro e alzava la fetta di pane davanti agli occhi per guardare a che punto era, inghiottiva un sorso o due di rum e acqua bollente, e sorrideva alla prosperosa signora che soffiava sul fuoco.

Sam era così perso a contemplare questa piacevole scena che non fece caso alla prima domanda della prosperosa signora. E fu necessario ripeterla due volte, e ogni volta con voce più acuta, perché si accor­gesse della scorrettezza del suo comportamento.

“È in casa il principale?” chiese Sam, per tutta risposta.

“No, non c’è” rispose la signora Weller; poiché la prosperosa gentildonna altri non era che la ex vedova e sola esecutrice del defunto Mr Clarke. “No, non c’è, e nemmeno lo aspetto”.

“È fuori con la diligenza?” disse Sam.

“Può darsi di sì, e può darsi di no”, rispose la signora Weller, imburrando la fetta di pane che l’uomo col naso rosso aveva appena abbrustolito, “non lo so e soprattutto non me ne importa. Beneditelo, Mr Stiggins”.

L’uomo col naso rosso benedisse il crostino, e sùbito lo addentò con sfrenata ingordigia.

Fin dalla prima occhiata, l’aspetto dell’uomo col naso rosso aveva indotto Sam a pensare che si trattas­se di quel vicario del pastore metodista di cui gli aveva parlato il suo stimabile genitore. Ma quando lo vide mangiare ogni dubbio si dileguò, e sùbito si rese conto che, se aveva intenzione di acquartierarsi sul posto, doveva stare attento a dove metteva i piedi. Incominciò dunque col passare una mano sopra lo sportello del bar, lo aprì tranquillamente dall’interno, ed entrò con aria disinvolta.

“Mamma cara”, disse Sam, “come state?”

“Ah, dev’essere un Weller” disse la signora, alzando gli occhi in faccia a Sam con aria non molto soddi­sfatta.

“Credo proprio di sì”, disse Sam, imperturbabile, “e spero che il reverendo mi scuserà se dico che vorrei essere quel Weller che vi possiede.

Era un complimento a doppio taglio. Implicava che la signora Weller era una donna molto piacente, e anche che Mr Stiggins aveva un’aria pretesca. Comunque, fece un’evidente impressione; e San sfruttò il successo baciando la sua matrigna.

“Via, via!” disse la signora Weller, respingendolo.

“Vergogna, giovanotto” disse l’uomo col naso rosso.

“Non c’è offesa, signore, non c’è offesa!” rispose Sam. “Però avete ragione: non è una cosa da farsi, quando la matrigna è giovane e bella, vero?”

“Tutto è vanità” disse Mr Stiggins.

“Ah, certo” disse la signora Weller, aggiustandosi la cuffietta.

Anche Sam pensò che era vero, ma preferì non dirlo.

Il vicario non sembrava entusiasta dell’arrivo di Sam; e si capiva che, passata la prima ubriacatura per i complimenti, anche la signora Weller avrebbe potuto fare a meno di lui senza la minima difficoltà. Tuttavia c’era; e poiché non si poteva mandarlo via decentemente, si sedettero tutti insieme a prendere il tè.

“E mio padre come sta?” disse Sam.

A questa domanda la signora Weller alzò le mani e gli occhi al cielo, come se il soggetto fosse troppo do­loroso per poter parlarne. E Mr Stiggins gemette.

“Che cos’ha il reverendo?” chiese Sam.

“È scandalizzato per il modo di vivere di vostro padre” rispose la signora Weller.

“Ah, è per questo?” disse Sam.

“E con tutte le ragioni” aggiunse la signora Weller.

Mr Stiggins prese un altro crostino, e gemette pietosamente.

“È un uomo di spaventosa empietà” disse la signora Weller.

“Votato alla dannazione eterna!” esclamò Mr Stiggins. Staccò un gran morso semicircolare dal crosti­no, e gemette di nuovo.

Sam sentì un prepotente impulso di fornire al reverendo Mr Stiggins qualche motivo più concreto per cui gemere, ma si trattenne, limitandosi a chiedere:

“Ma che cosa sta combinando, il vecchio, di così spaventoso?”

“Ah, proprio spaventoso!” disse la signora Weller. “Ha un cuore duro. Ogni sera quest’uomo eccellen­te... Non aggrottate le ciglia, Mr Stiggins: non posso fare a meno di dire che siete una persona eccellen­te...viene e si siede qui per ore e ore, ma su di lui non fa nessun effetto”.

“Be’, è strano”, disse Sam, “su di me ne farebbe molto se fossi al suo posto, vi assicuro”.

“Il fatto è, mio giovane amico”, disse Mr Stiggins solennemente, “che ha il cuore indurito. Ah, mio gio­vane amico, nessun altro avrebbe potuto resistere alle preghiere di sedici delle nostre più gentili sorelle, e di fronte alle loro esortazioni rifiutarsi di sottoscrivere la nostra nobile iniziativa di mandare ai bam­bini negri delle Indie Orientali magliette di flanella e fazzoletti morali!”

“Cosa sono i fazzoletti morali?” disse Sam. “Non ho mai visto un articolo del genere in una merceria”.

“Sono quelli che uniscono il diletto all’istruzione, mio giovane amico”, rispose Mr Stiggins, “poiché re­cano stampati raccontini edificanti e illustrazioni divertenti”.

“Ah, ho capito”, disse Sam, “ce ne sono in mostra nelle mercerie, e ci sono scritte sopra le preghiere dei mendicanti e cose del genere!”

Mr Stiggins attaccò un terzo crostino e assentì.

“E lui non si è lasciato convincere da quelle signore?” disse Sam.

“È rimasto a sedere fumando la pipa; e ha risposto che i bambini negri sono... Cos’ha detto che sono i bambini negri?” disse la signora Weller.

“Piccoli ipocriti” rispose Mr Stiggins, profondamente ferito.

“Ha detto che i bambini negri sono dei piccoli ipocriti!” ripeté la signora Weller. Ed entrambi gemette­ro, al pensiero di quell’atroce comportamento del vecchio.

E sarebbero venute fuori molte altre iniquità del genere se, dato che i crostini erano finiti, il tè era di­ventato molto chiaro, e Sam non accennava a voler andarsene, Mr Stiggins non si fosse improvvisamen­te ricordato che aveva un appuntamento urgentissimo col pastore, e quindi non fosse partito.

Il servizio da tè era stato appena riposto, e il focolare spazzato, quando la diligenza di Londra depositò Mr Weller senior davanti alla porta; le sue gambe lo portarono nel bar; e i suoi occhi gli mostrarono suo figlio.

“Ehi, Sammy!” esclamò il padre.

“Ehi, nobiluomo!” esclamò il figlio. E si strinsero affettuosamente la mano.

“Molto contento di vederti, Sammy” disse il vecchio Mr Weller. “Ma come tu abbia fatto ad ammansire la tua matrigna, è un mistero per me. Vorrei solo che tu mi scrivessi la ricetta: nient’altro”.

“Zitto!” disse Sam. “È in casa, vecchio mio”.

“Ah, non può sentirci” rispose Mr Weller. “Tutti i giorni, dopo il tè, va giù da basso e sgrida tutti per un paio d’ore; così abbiamo giusto il tempo di bere qualcosa, Sammy”.

Così dicendo, Mr Weller preparò due bicchieri di brandy e acqua e tirò fuori un paio di pipe. Padre e fi­glio sedettero l’uno di fronte all’altro, Sam a un lato del caminetto, nel seggiolone dall’alto schienale, e Mr Weller senior all’altro, in una poltrona, e si apprestarono a godersi la serata con la dovuta serietà.

“C’è stato qualcuno, Sammy?” chiese seccamente Mr Weller dopo un lungo silenzio.

Sam annuì espressivamente.

“Quello col naso rosso?” chiese Mr Weller.

Sam annuì di nuovo.

“Simpatica persona, Sammy” disse Mr Weller, fumando furiosamente.

“Si direbbe” rispose Sam.

“Bravissimo a fare i conti” disse Mr Weller.

“Davvero?” disse Sam.

“Si fa prestare diciotto pence al lunedì, e al martedì viene a chiedere uno scellino per fare mezza coro­na; al mercoledì viene ancora a prendere un’altra mezza corona per fare cifra tonda; e va avanti così, raddoppiando ogni volta, finché arriva in brevissimo tempo alla cifra di cinque sterline, Sammy, come nei libri di aritmetica quando bisogna fare il conto di tutti i chiodi dei ferri del cavallo.

Sam fece capire con un cenno del capo che ricordava il problema accennato da suo padre.

“Così non hai voluto sottoscrivere alle magliette di flanella?” disse Sam, dopo un’altra pausa dedicata al fumo.

“No di certo!” rispose Mr Weller. “Che se ne fanno delle magliette di flanella, i figli dei negri? Ma ti di­rò una cosa, Sammy”, disse Mr Weller, abbassando la voce e chinandosi verso di lui di fronte al caminet­to, “sarei molto più largo di manica se si trattasse di comprare camicie di forza per certa gente, qui da noi”.

Dopo queste parole Mr Weller tornò lentamente nella sua primitiva posizione, e strizzò l’occhio al suo primogenito con aria molto significativa.

“Certo è un’iniziativa strampalata, quella di mandare fazzoletti da naso a gente che non ne conosce nemmeno l’uso” osservò Sam.

“Tirano sempre fuori qualche imbroglio del genere, Sammy” rispose il padre. “Domenica scorsa stavo camminando per la strada, quando chi vedo, davanti alla porta della chiesa, con un piatto fondo dipinto di blu? La tua matrigna! Ci sarà stato il valore di due sovrane, tutto in soldini di rame; e ognuno che u­sciva gettava il suo penny dentro il piatto fondo. Non avresti mai creduto che un piatto mortale potesse reggere a tanto peso. E per che cosa credi che lo facesse?”

“Per un altro tè, m’immagino” disse Sam.

“Niente affatto!” rispose il padre. “Per pagare la bolletta dell’acqua al pastore, Sammy”.

“La bolletta dell’acqua?” disse Sam.

“Sì” rispose Mr Weller. “C’erano tre trimestri di arretrato, e il pastore non aveva messo fuori un soldo, non dubitare. Forse bisogna considerare che di acqua non ne consuma molta, perché non è certo con l’ac­qua che si toglie la sete, Sammy, ti assicuro: conosce un metodo molto, molto migliore. Comunque, non l’aveva pagata, e allora gli avevano tagliato i tubi.

Il pastore va alla cappella, proclama che è un santo perseguitato, dice che spera che il cuore di chi gli ha tolto l’acqua si apra e accolga sentimenti più giusti; ma teme che sia già destinato alla dannazione e­terna. Allora le donne indicono una riunione, cantano un inno, eleggono presidentessa la tua matrigna, si offrono di fare una colletta la domenica seguente, e tutto il ricavato lo danno al pastore. E se non ne ha avuto abbastanza, Sammy, per tutte le bollette dell’acqua che gli restano da pagare fino alla fine dei suoi giorni”, disse Mr Weller, concludendo, “io sono un turco e tu anche, e non ci rimane altro da dire”.

Mr Weller fumò per qualche minuto in silenzio, poi riprese:

“Il peggio di questi pastori, ragazzo mio, è che confondono le idee a tutte le donne, sempre e dappertut­to. Loro credono di far bene, che il Signore le benedica, e non immaginano nemmeno che si possa fare di­versamente, ma sono tutte vittime di un imbroglio, Samuel, di un imbroglio"”

“Sembra anche a me” disse Sam.

“Nient’altro che un imbroglio” disse Mr Weller, scuotendo gravemente la testa. “E quello che mi fa più rabbia, Samuel, è vederle sprecare tempo e fatica a far vestiti per la gente dalla pelle nera che non ne ha bisogno, senza preoccuparsi per i cristiani dalla pelle bianca che ne hanno molto. Se potessi fare a modo mio, Samuel, attaccherei qualcuno di questi fannulloni di pastori a una carriola ben carica e li fa­rei correre dalla mattina alla sera sù e giù per una tavola larga quattordici pollici. Questo farebbe loro tornare un po’ di buon senso, se qualcosa può farlo”.

E avendo enunciato con grande enfasi questa blanda ricetta, Mr Weller la perfezionò con molti cenni del capo e strizzatine d’occhi, vuotò il bicchiere tutto d’un fiato, e scosse la cenere dalla pipa con natura­le dignità.

Stava eseguendo questa operazione, quando si sentì una voce acuta nel corridoio.

“Ecco la tua cara congiunta, Sammy” disse Mr Weller, e la signora Weller irruppe nella stanza.

“Ah, siete tornato, eh?” disse la signora Weller.

“Sì, cara” rispose Mr Weller, riempiendo ancora la pipa.

“È tornato Mr Stiggins?” disse la signora Weller.

“No, cara”, rispose Mr Weller, accendendo la pipa con l’ingegnoso metodo di tenerci sopra con le molle un tizzone ardente preso dal caminetto, “non è tornato; e, quel che più conta, cercherò di sopravvivere anche se non dovesse tornare mai più”.

“Ah, che perfidia!” disse la signora Weller.

“Grazie, amor mio!” disse Mr Weller.

“Basta, basta”, disse Sam, “non essere così espansivo davanti a estranei. Ecco il reverendo che torna”.

A questo annuncio, la signora Weller si asciugò rapidamente le lacrime che aveva appena incominciato a spremere; e Mr Weller tirò cupamente la sua sedia contro l’angolo del camino.

Mr Stiggins fu facilmente convinto a prendere un altro bicchiere di acqua e rum all’ananas, poi un se­condo, poi un terzo, e infine a riconfortarsi con una cenetta prima di ricominciare a bere. Egli sedeva dalla stessa parte di Mr Weller senior; e questi, ogni volta che poteva farlo senza esser visto dalla mo­glie, esprimeva a suo figlio gli intimi sentimenti del suo cuore agitando il pugno dietro la testa del vica­rio: gesto che procurava a Sam il più autentico piacere e godimento, tanto più che Mr Stiggins continua­va tranquillamente a bere acqua e rum all’ananas senza accorgersi affatto di quello che stava succeden­do alle sue spalle.

La conversazione era quasi sempre limitata alla signora Weller e al reverendo Mr Stiggins, e verteva soprattutto sulle qualità morali del pastore, sui meriti del suo gregge, e sulla vita peccaminosa e malva­gia di ogni altro: argomenti nei quali, ogni tanto, il vecchio Mr Weller interferiva borbottando qualche allusione a un certo signor Pallonaro e altri casuali commenti del genere.

Alla fine Mr Stiggins, mostrando parecchi e inequivocabili sintomi di aver in corpo tanto rum all’ana­nas quanto ce ne poteva stare, prese il cappello e si congedò, e sùbito Sam fu condotto dal padre in ca­mera sua. Il vecchio gli strinse calorosamente la mano, e sembrava desideroso di esternargli qualche sua meditazione, ma all’avvicinarsi della signora Weller sembrò abbandonare qualsiasi intenzione del genere, e gli augurò bruscamente la buona notte.

Sam si alzò per tempo, il giorno seguente, e dopo aver fatto colazione in fretta si preparò a tornare a Londra. Non appena ebbe messo piede fuori dalla porta, si trovò davanti suo padre.

“Te ne vai, Sammy?” chiese Mr Weller.

“Parto subito” rispose Sam.

“Magari tu potessi fare un pacco di quello Stiggins, e portarlo via con te” disse Mr Weller.

“Mi vergogno di te!” disse Sam, in tono di rimprovero. “Non dovresti permettergli nemmeno di farlo ve­dere, quel suo naso rosso, dentro il Marchese di Granby”.

Mr Weller guardò intensamente negli occhi del figlio, e rispose:

“Sono un uomo sposato, Samuel: questo è il motivo. Sono un uomo sposato. Quando sarai sposato an­che tu, Samuel, capirai una quantità di cose che ora non capisci; ma se valga la pena di passarne tante per imparare così poco, come disse il bambino dell’Orfanotrofio quando arrivò in fondo all’alfabeto, è que­stione di gusti. Io sono propenso a credere che non ne valga la pena”.

“Bene”, disse Sam, “arrivederci”.

“Arrivederci, Sammy” rispose il padre.

“Solo questo ho da dire”, disse Sam, fermandosi di colpo: “Se fossi io il proprietario del Marchese di Granby, e quello Stiggins venisse a far abbrustolire il pane nel mio bar, io...”

“Che cosa?” lo interruppe Mr Weller, ansiosamente. “Che cosa?”

“Gli avvelenerei il rum” disse Sam.

“No!” disse Mr Weller, stringendo la mano al figlio in un trasporto di affetto. “Lo faresti davvero, Sam­my? Proprio davvero?”

“Sì, lo farei”, disse Sam, “ma non vorrei essere troppo duro fin dal principio. Perciò incomincerei col gettarlo nella botte dell’acqua e metterci sopra il coperchio; e se lo trovassi insensibile alle buone manie­re, proverei a convincerlo in quell’altro modo”.

Il vecchio Mr Weller diede uno sguardo di profonda, inesprimibile ammirazione a suo figlio, e dopo a­vergli stretto ancora una volta la mano si allontanò, rivolgendo nella mente i numerosi pensieri che quel consiglio aveva suscitato.

Sam lo seguì con lo sguardo finché non ebbe girato l’angolo della strada; e poi si mise in cammino per Londra. Rifletté, dapprima, alle possibili conseguenze del suo consiglio, chiedendosi se suo padre lo a­vrebbe adottato o no. Ma infine smise di pensarci, con la consolante riflessione che solo il tempo poteva rispondere: e questa stessa riflessione noi vorremmo raccomandare al lettore.


[...]
33. Mr Weller padre [...], assistito da suo figlio Samuel, paga una piccola rata

sul credito del reverendo signore col naso rosso
[...] Cambiando discorso, Sam chiese allora quale fosse l’altro argomento di cui il suo riverito genitore desiderava parlargli.

“È una questione di strategia familiare, Sammy” disse Mr Weller. Quello Stiggins...”

“L’uomo col naso rosso?” chiese Sam.

“Proprio lui” rispose Mr Weller. “Quest’uomo col naso rosso, Sammy, viene a trovare la tua matrigna con una cortesia e una costanza che non ne ho mai visto le uguali. È tanto amico di famiglia, Sammy, che quando è lontano non si sente bene se non ha qualcosa che gli ricordi di noi”.

“E io, se fossi in te, gli darei qualcosa che si incida e si stampi nella sua memoria per i prossimi dieci anni” interruppe Sam.

“Aspetta un momento” disse Mr Weller. “Stavo per dire che adesso porta sempre una bottiglia schiac­ciata che contiene circa una pinta e mezzo, e la riempie col rum all’ananas prima di andar via”.

“E la vuota prima di tornare, immagino” disse Sam.

“Fino all’ultima goccia!” rispose Mr Weller. “Non ci lascia mai niente fuorché il tappo e l’odore, sta’ tranquillo, Sammy. Be’, quella gente, ragazzo mio, ha organizzato per stasera la riunione mensile della Sezione di Brick Lane della Grande Associazione Riunita Ebenezer per la Temperanza. La tua matrigna doveva andarci, Sammy, ma ha preso i reumatismi e non può; e io, Sammy... ho preso i due biglietti che le avevano mandato”. Mr Weller comunicò questo segreto con gran giubilo, e continuò ad ammiccare in­faticabilmente, tanto da far sorgere il dubbio a Sam che gli fosse venuto un tic nervoso all’occhio destro.

“E allora?” disse il giovanotto.

“Allora”, continuò il suo progenitore guardandosi intorno con gran circospezione, “ci andremo tu e io, puntualissimi. Ma non il vicario, Sammy, non il vicario”. E qui Mr Weller fu còlto da un parossismo di risate gorgoglianti che gradatamente lo condussero tanto vicino a soffocare quanto un anziano signore può reggere senza rischiare la vita.

“Non ne ho mai visto un altro come te, da quando sono nato, vecchio mio!” esclamò Sam, fregando la schiena del vecchio così forte che avrebbe potuto prendere fuoco. “Di che stai ridendo, pancione?”

“Zitto, Sammy!” disse Mr Weller, guardandosi intorno con accresciuta cautela e parlando in un soffio. “Due amici miei che guidano sulla strada di Oxford, e sono sempre pronti a ogni scherzo, Sammy, si so­no presi a rimorchio il vicario; e quando lui verrà alla sede dell’Associazione Ebenezer (possiamo star tranquilli che verrà, perché lo accompagneranno fino alla porta, e lo butteranno dentro se sarà necessa­rio), sarà così pieno di rum come lo è sempre al Marchese di Granby, a Dorking, e non è dir poco!” Così dicendo, Mr Weller scoppiò ancora una volta a ridere a crepapelle, e ancora una volta cadde in uno stato di parziale soffocamento.

Niente avrebbe potuto accordarsi così bene coi sentimenti di Sam Weller come il progetto di smasche­rare il carattere e le reali tendenze dell’uomo col naso rosso; ed essendo vicina l’ora fissata per la riunio­ne, padre e figlio s’incamminarono senz’altro verso Brick Lane [...].

La riunione mensile della Sezione di Brick Lane della Grande Associazione Riunita Ebenezer per la Temperanza si teneva in una sala piacevolmente e ariosamente situata in cima a una scala a pioli sicu­ra e maneggevole. Presidente era il virtuoso Mr Anthony Humm, un pompiere convertito, adesso mae­stro di scuola, e all’occasione predicatore girovago; il segretario era Mr Jonas Mudge, negoziante di can­dele, alfiere di entusiasmo e di disinteresse, che vendeva il tè ai membri.

In attesa di cominciare la cerimonia, le signore sedevano sulle panche e bevevano il tè, finché non pen­savano che fosse venuto il momento di smettere; e un gran salvadanaio di legno era messo ben in vista sul tappeto verde del tavolo presidenziale, dietro il quale stava il segretario che ringraziava con un gen­tile sorriso per ogni aggiunta alla ricca vena di rame che si nascondeva là dentro.

In questa particolare occasione le donne bevevano tè in quantità allarmante; con grande orrore di Mr Weller padre, che, senza far caso alle gomitate ammonitrici di Sam, girava gli occhi da tutte le parti con patente meraviglia.

“Sammy”, sussurrò Mr Weller, “se qualcuna di loro non dovrà farsi aprire il ventre, domattina, non so­no più tuo padre, ecco com’è. Accipicchia, questa vecchia signora qui vicino sta annegando nel tè”.

“Sta’ tranquillo, non puoi?” mormorò Sam.

“Sam”, sussurrò Mr Weller un momento dopo, con tono profondamente inquieto, “ricordati quello che dico, figliolo: se quel segretario lì va avanti ancora cinque minuti, scoppierà, con tutte quelle tartine e quell’acqua”.

“Be’, lascialo scoppiare, se vuole”, rispose Sam, “non è affar tuo”.

“Se tutto questo continua ancora molto, Sammy”, disse Mr Weller sempre a bassa voce, “sentirò il do­vere umanitario di alzarmi e prendere la parola. C’è una donna giovane, due o tre panche più in là, che ne ha bevuto nove tazze e mezzo; e si sta dilatando visibilmente davanti ai miei occhi”.

Non c’è dubbio che Mr Weller avrebbe messo immediatamente in atto la sua benigna intenzione, se il tintinnio delle tazze e dei piattini, che venivano riposti con gran chiasso, non avesse fortunatamente an­nunciato che il tè era finito. Quando le terraglie furono portate via, la tavola col tappeto verde fu porta­ta in mezzo alla stanza, e la serata fu aperta da un ometto enfatico, con la testa calva e i calzoni corti, che arrivò a precipizio sù dalla scala, con grande rischio di spezzarsi le due gambette infilate nei calzoni corti, e disse:

“Signore e signori, metto alla presidenza il nostro eccellente fratello, Mr Anthony Humm”.

A questa frase le signore sventolarono una scelta collezione di fazzoletti; e l’impetuoso ometto mise let­teralmente Mr Humm sulla poltrona presidenziale, prendendolo per le spalle e spingendolo in un nudo telaio di mogano che aveva un tempo rappresentato quel genere di mobile. Lo sventolio dei fazzoletti si rinnovò; e Mr Humm, un uomo dal viso liscio e bianco, che sudava sempre, fece un umile inchino fra la generale ammirazione delle donne, e si insediò formalmente al suo posto. Quindi l’ometto in calzoni cor­ti ordinò il silenzio, e Mr Humm si alzò e disse che, col permesso dei fratelli e delle sorelle della Sezione Brick Lane in quel luogo e in quel momento presenti, il segretario avrebbe letto la relazione del comitato della Sezione Brick Lane; parole che furono accolte con un’ulteriore esibizione di fazzoletti.

Poi, quando il segretario ebbe starnutito in maniera molto solenne, e la tosse, che coglie sempre un’as­semblea in procinto di fare qualcosa, si fu debitamente esaurita, fu letto il seguente documento:

Rapporto del Comitato

della “Sezione Brick Lane della Grande Associazione

Riunita Ebenezer per la Temperanza”.

“Il Comitato ha proseguito il mese scorso nelle sue grate fatiche, e ha l’indicibile piacere di riferire i se­guenti, ulteriori casi di conversione alla Temperanza.

H. Walker, sarto, moglie e due bambini. Confessa che, quando guadagnava di più, aveva la costante a­bitudine di bere ogni qualità di birra; dice che non potrebbe assicurare di non aver gustato due volte al­la settimana, per vent’anni, il naso di cane, che il comitato, sulla base di una propria specifica inchiesta, ha stabilito essere composto di birra forte calda, melassa, gin e noce moscata (un lamento, e un Proprio così! da parte di un’anziana signora). Adesso è senza lavoro e senza soldi; crede che sia per colpa della birra (applausi), o perché ha perso l’uso della mano destra; non ne è certo, ma gli sembra molto probabi­le che, se avesse bevuto solo acqua per tutta la sua vita, il suo compagno di lavoro non gli avrebbe ficca­to un ago arrugginito nella mano, causando in tal modo la sua disgrazia (tremendi applausi). Ora non ha da bere nient’altro che acqua fresca, e non ha mai sete (grandi applausi).

Betsy Martin, vedova, un figlio e un occhio solo. Lavora a giornata come stiratrice e lavandaia; non ha mai avuto più di un occhio, ma sa che sua madre beveva birra forte in bottiglia, e non si meraviglierebbe se questa ne fosse la causa (immensi applausi). Non ritiene impossibile che, se si fosse sempre astenuta dall’alcol, oggi potrebbe avere tutti e due gli occhi (tremendi applausi). Era abituata, dovunque lavoras­se, a farsi dare diciotto pence al giorno, una pinta di birra, e un bicchiere di brandy; ma da quando è di­venuta membro della Sezione Brick Lane, ha sempre chiesto, invece, tre scellini e sei pence (l’annuncio di questo fatto così pieno di interesse fu accolto con assordante entusiasmo).

Henry Beller è stato per molti anni direttore di mensa ai pranzi di varie società, e durante tutto quel tempo ha bevuto molto vino estero; gli sembra di averne portato a casa una bottiglia o due, qualche vol­ta; non ne è del tutto sicuro, ma è certo che, se lo ha fatto, ne ha bevuto il contenuto. Si sente molto de­presso e malinconico, ha la febbre alta, e una sete continua lo tormenta; pensa che sia colpa del vino che beveva (applausi). Ora è disoccupato: e non tocca più una goccia di vino estero in nessuna occasione (tre­mendi battimani).

Thomas Burton è il fornitore della carne per i gatti del sindaco di Londra, dei vicesindaci, e di parecchi membri del Consiglio comunale (il nome di questo signore lasciò l’assemblea senza fiato). Ha una gamba di legno; trova che una gamba di legno costi cara, dovendo camminare sulle pietre; usava portare gambe di legno di seconda mano e bere ogni sera regolarmente un bicchiere di gin caldo annacquato, e a volte due (profondi sospiri). Ha notato che le gambe di legno di seconda mano si rompono e si consumano mol­to in fretta; è fermamente convinto che la loro struttura sia stata minata dal gin (applausi prolungati). Ora compra gambe di legno nuove, e non beve nient’altro che acqua e tè debole. Le gambe nuove durano il doppio delle altre, ed egli attribuisce questo fatto esclusivamente alle sue abitudini moderate (applau­si trionfali)”.

Qui Anthony Humm invitò l’assemblea a concedersi la gioia di un canto. Con un occhio alla natura ra­zionale e morale del loro godimento, fratello Mordlin aveva adattato le belle parole di Chi non conosce un giovane battelliere? al motivo del centesimo Salmo, che ora invitava tutti a cantare con lui (grandi applausi). Avrebbe còlto quell’occasione per esprimere la sua profonda certezza che il defunto Mr Dib­din, scorgendo gli errori della sua vita passata, avesse scritto quella canzone per mostrare i vantaggi della temperanza. Era un inno alla temperanza (turbini di applausi). La proprietà del vestito del giova­notto, la sua destrezza di rematore, l’invidiabile stato della sua mente che lo metteva in grado, secondo le belle parole del poeta, di

scivolare sull’acqua senza pensare a nulla,

tutto concorreva a provare che doveva essere un bevitore d’acqua (applausi). Ah, quale stato di virtuo­sa letizia! (applausi entusiastici). E qual era la ricompensa del giovanotto? Lo notassero tutti i giovani associati:



accorrean le ragazze con slancio al suo battello

(forti battimani, ai quali si unirono le signore). Che fulgido esempio! Le sorelle, le fanciulle, accorse in folla intorno al giovane battelliere, lo sospingono sulla corrente del dovere e della temperanza. Ma erano solo le fanciulle di umile stato che lo vezzeggiavano, lo confortavano, e lo sostenevano? No!



...scelto fra tutti,

imbarcava le belle signore di città

(immensi applausi). Il sesso debole, come un sol uomo... pardon, come una sola donna... si raccoglieva intorno al giovane battelliere, e si allontanava con disgusto dal bevitore di alcolici (applausi). I fratelli della Sezione Brick Lane erano i battellieri (applausi e risate). Quella stanza era il loro battello; l’as­semblea erano le vergini; e lui (Mr Anthony Humm), benché indegnamente, era lo scelto fra tutti (irre­frenabili applausi).

“Che cosa intende quando parla di sesso debole, Sammy?” chiese in un sussurro Mr Weller.

“Le donne” rispose Sam con il medesimo tono di voce.

“Quasi l’ha azzeccata, Sammy”, rispose Mr Weller, “bisogna che siano proprio un sesso debole, un ses­so molto, molto debole, se si lasciano turlupinare da un tipo come quello”.

Ogni ulteriore osservazione dell’indignato Mr Weller fu interrotta dall’inizio del canto, che Mr Antho­ny Humm intonava, due versi alla volta, a titolo di informazione per quelli dei suoi ascoltatori che non conoscessero le parole. Mentre si cantava, l’ometto in calzoni corti scomparve; e ritornò non appena fu fi­nito per sussurrare qualcosa all’orecchio di Mr Anthony Humm, con un’aria di grande importanza.

“Amici”, disse Mr Humm, alzando la mano con gesto severo per chiedere silenzio ad alcune grosse si­gnore anziane che erano rimaste indietro di qualche verso, “amici, un delegato della Sezione di Dorking della nostra Associazione, il reverendo fratello Stiggins, attende da basso”.

Ricomparvero, più che mai impetuosamente, i fazzoletti; poiché Mr Stiggins era popolarissimo fra la cittadinanza femminile di Brick Lane.

“Possiamo farlo entrare, credo” disse Mr Humm, guardandosi intorno con un sorriso untuoso. “Fratello Tadger, ditegli che venga pure a salutarci”.

L’ometto in calzoni corti, che rispondeva al nome di fratello Tadger, si precipitò giù dalla scala a gran velocità, e lo si udì sùbito dopo risalire incespicando insieme al reverendo Mr Stiggins.

“Sta arrivando, Sammy” sussurrò Mr Weller, col volto paonazzo per lo sforzo di trattenere il riso.

“Non dirmi niente!” rispose Sam. “Non riesco più a trattenermi. Si avvicina alla porta. Senti? Ha bat­tuto la testa contro il muro”.

Mentre Sam Weller parlava, la porticina si spalancò, e apparve fratello Tadger seguito dal reverendo Mr Stiggins, l’ingresso del quale suscitò immediatamente un gran battere di mani, e pestare di piedi, e sventolar di fazzoletti: ma a tutte queste manifestazioni di letizia fratello Stiggins non diede altro segno di riconoscimento se non fissando con occhio vitreo e un sorriso ebete l’estrema punta dello stoppino del­la candela sulla tavola, pencolando avanti e indietro in modo assai incerto e malfermo.

“Non vi sentite bene, fratello Stiggins?” bisbigliò Mr Anthony Humm.

“Sto benissimo, signore” rispose Mr Stiggins, con tono in cui la ferocia si mescolava a un’estrema diffi­coltà di pronuncia. “Sto benissimo”.

“Oh, ne sono lieto” rispose Mr Anthony Humm, indietreggiando di qualche passo.

“Spero che nessuno, qui, abbia osato dire che non sto bene, signore” disse il reverendo Stiggins.

“Oh, no, certo” disse Mr Humm.

“Gli consiglio di non farlo, allora. Gli consiglio di non farlo” disse Mr Stiggins.

Nel frattempo l’assemblea era rimasta in silenzio assoluto, e aspettava con una certa ansietà che la se­duta continuasse.

“Volete dire qualche parola all’assemblea, fratello?” disse Mr Humm, con un sorriso invitante.

“No, signore” rispose Mr Stiggins. “No, signore, non voglio”.

I presenti si guardarono in faccia con gli occhi sbarrati, e un mormorio di meraviglia corse per la sala.

“La mia opinione, signore”, disse il reverendo Stiggins, sbottonandosi la giacca e parlando molto forte, “la mia opinione, signore, è che questa assemblea sia ubriaca. Fratello Tadger!” disse Mr Stiggins, au­mentando improvvisamente di ferocia e voltandosi di scatto verso l’ometto in calzoni corti. “Voi siete u­briaco, signore!” E così dicendo, Mr Stiggins, mosso dal lodevole desiderio di promuovere la sobrietà del­l’assemblea e di escludere pertanto ogni indegna presenza, colpì fratello Tadger sulla punta del naso con mira così precisa che i calzoni corti disparvero con la velocità di un lampo: fratello Tadger era stato sca­raventato a testa in giù dalla scala.

Qui le donne levarono alte e lugubri grida; e precipitandosi a piccoli gruppi verso i loro fratelli predi­letti, gettarono loro le braccia al collo per proteggerli dal pericolo. Esempio di affetto che quasi riuscì fa­tale a Mr Humm, il quale, essendo popolarissimo, fu quasi completamente asfissiato dalla folla di fem­mine devote che gli si appendevano al collo e lo soffocavano di carezze. La maggior parte delle candele furono ben presto rovesciate, e null’altro che rumore e confusione risuonò da ogni parte.

“Adesso, Sammy”, disse Mr Weller, togliendosi con deliberata lentezza il pastrano, “esci un momento e porta qui una guardia”.

“E tu cos’hai intenzione di fare, intanto?” chiese Sam.

“Non preoccuparti di me, Sammy” rispose il vecchio. “Passerò il tempo a saldare un piccolo debito con quello Stiggins”. E prima che Sam potesse far qualcosa per impedirglielo, il suo eroico genitore si era spinto in un angolo remoto della stanza e aveva attaccato il reverendo Mr Stiggins con destrezza tutta manuale.

“Vieni via!” disse Sam.

“Sotto!” gridò Mr Weller; e senz’altre cerimonie diede al reverendo Mr Stiggins un manrovescio preli­minare sulla testa, e incominciò a ballargli intorno freneticamente, come un sughero nell’acqua, cosa che in un signore dell’età di Mr Weller era una pura meraviglia a vedersi.

Vedendo che ogni protesta era inutile, Sam si calcò bene il cappello, si gettò il pastrano del padre sul braccio, e prendendo il vecchio per la vita lo trascinò giù dalla scala fino in strada, senza mai lasciare la presa o permettergli di fermarsi finché non furono arrivati all’angolo. Qui giunti, poterono udire le grida del popolino che assisteva alla scena del reverendo Mr Stiggins condotto a passare la notte in guardina; e poterono udire il rumore che facevano, disperdendosi in varie direzioni, i membri della Sezione Brick Lane della Grande Associazione Riunita Ebenezer per la Temperanza.
[...]
52. Importante cambiamento nella famiglia Weller,

e prematura rovina del reverendo Mr Stiggins dal naso rosso
[...] Erano le sette in punto quando Samuel Weller scese dalla cassetta di una diligenza che passava per Dorking, a poche centinaia di yarde dal Marchese di Granby. Era una sera fredda e piovigginosa; la stradina aveva un aspetto tetro e malinconico; e la faccia di mogano del nobile e valoroso Marchese sem­brava avere un’espressione ancor più triste e demoralizzata del solito, mentre ondeggiava al vento cigo­lando con suono funereo. Le persiane erano abbassate e le imposte socchiuse; del gruppo di fannulloni che soleva riunirsi davanti alla porta, non si vedeva un’anima; il luogo era silenzioso e deserto.

Non vedendo nessuno a cui chiedere qualche informazione preliminare, Sam entrò in punta di piedi. Guardandosi intorno, vide immediatamente da lontano il suo genitore.

Il vedovo era seduto a un tavolino rotondo nella stanzetta dietro il banco, e stava fumando la pipa con gli occhi fissi sul fuoco. Il funerale, evidentemente, era avvenuto il giorno stesso, perché attaccata al cappello, che aveva ancora in testa, c’era una fascia nera lunga circa una yarda e mezzo che si appoggia­va sulla spalliera della seggiola e penzolava negligentemente dall’altra parte. Mr Weller era in un mo­mento di astrazione contemplativa. Nonostante che Sam lo chiamasse per nome diverse volte, continuò a fumare con la stessa espressione immobile e assorta, e si lasciò scuotere solo in ultimo, quando suo fi­glio gli posò su una spalla il palmo della mano.

“Sammy”, disse Mr Weller, “sei il benvenuto”.

“Ti avrò chiamato una mezza dozzina di volte” disse Sam, appendendo il cappello a un piolo, “ma non mi hai sentito”.

“No, Sammy” rispose Mr Weller, guardando ancora il fuoco pensosamente. “Stavo soppesando, Sam­my”.

“Come hai detto?” chiese Sam, tirando la sua sedia vicino al fuoco.

“Soppesando, Sammy”, rispose il vecchio Mr Weller, “tutto ciò che riguarda lei, Samuel”. E Mr Weller accennò con la testa in direzione del cimitero di Dorking, per far capire che le sue parole si riferivano al­la defunta signora Weller.

“Stavo pensando, Sammy”, disse Mr Weller, guardando molto seriamente il figlio al di sopra della pi­pa, quasi volesse assicurargli che le sue parole, per quanto straordinarie e incredibili potessero sembra­re, e­rano tuttavia pronunciate nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, “stavo pensando, Sammy, che dopo tutto sono molto addolorato che non sia più qui”.

“Be’, è naturale che tu lo pensi” rispose Sam.

Mr Weller approvò con un cenno del capo e, senza staccare gli occhi dal fuoco, si avvolse in una nube di fumo e rifletté profondamente.

[...]


“Qualcuno bussa alla porta” disse Sam.

“Lascialo bussare” rispose dignitosamente il padre.

Sam seguì le istruzioni. I colpi si ripeterono, prima uno, poi un altro, poi una lunga serie; infine Sam chiese perché si dovesse lasciar fuori la persona che batteva.

“Zitto”, bisbigliò Mr Weller, con uno sguardo pieno di apprensione, “fa’ finta di niente, Sammy; forse è una di quelle signore che vogliono sposarmi”.

Poiché nessuno mostrava di accorgersi dei colpi, dopo una breve pausa lo sconosciuto visitatore si az­zardò ad aprire la porta e a dare un’occhiata dentro. Non fu una testa femminile che si affacciò alla por­ta socchiusa, ma i lunghi capelli neri e la faccia rossa del reverendo Mr Stiggins. A Mr Weller cadde la pipa di mano.

Il reverendo signore aprì a poco a poco la porta con movimento quasi impercettibile, finché lo spazio fu appena sufficiente a lasciar passare il suo corpo sparuto, e allora scivolò nella stanza e richiuse l’uscio dietro di sé, piano piano e con grande attenzione. Rivolgendosi a Sam e alzando le mani e gli occhi al cie­lo in segno di indicibile dolore per la sventura che si era abbattuta sulla famiglia, tirò la poltrona nel suo solito cantuccio presso il fuoco e, sedendosi sull’orlo, estrasse un fazzoletto scuro e se lo portò alle ci­glia.

Mentre questo accadeva, il vecchio Mr Weller si era lasciato andare contro la spalliera della seggiola con gli occhi sbarrati, le mani afferrate alle ginocchia, e tutto il volto atteggiato al più profondo e para­lizzante stupore. Sam gli sedeva di fronte, muto come un pesce, aspettando con viva curiosità l’epilogo della scena.

Mr Stiggins tenne sugli occhi il fazzoletto scuro per qualche minuto, gemendo appropriatamente; e poi, dominando la commozione con grandissimo sforzo, se lo rimise in tasca e si abbottonò. Dopo di che attiz­zò il fuoco; poi si fregò le mani e guardò Sam.

“Oh, mio giovane amico”, disse Mr Stiggins, rompendo il silenzio a bassissima voce, “è un acerbo dolo­re!”

Sam annuì impercettibilmente.

“Anche per lui, per quel nemico di Dio!” aggiunse il reverendo Stiggins. “Farebbe sanguinare un cuore di pietra!”

Mr Weller fu udito da suo figlio borbottare una frase su qualcosa che poteva far sanguinare un naso di pietra; ma Mr Stiggins non l’udì.

“Non sapete, giovanotto”, sussurrò Mr Stiggins, avvicinando la sedia a Sam, “se ha lasciato qualcosa a Emmanuele?”

“Chi è?” chiese Sam.

“La Chiesa” rispose Mr Stiggins. “La nostra Cappella. Il nostro gregge, Mr Samuel”.

“Non ha lasciato nulla al gregge, né al pastore, né agli animali”, disse Sam, “nemmeno ai cani”.

Il reverendo Stiggins diede a Sam un’occhiata sorniona; guardò il vecchio, che sedeva con gli occhi chiusi come se fosse addormentato; e tirando la sedia ancora più vicino disse:

“E per me, Mr Samuel? Nulla?”

Sam scosse la testa.

“Dovrebbe esserci qualcosa” disse il reverendo, diventando pallido quanto era possibile con un incarna­to come il suo. “Pensateci bene, Mr Samuel: nemmeno un ricordino?”

“Nemmeno un ombrello vecchio come il vostro” rispose Sam.

“Forse”, disse Mr Stiggins, esitando, dopo qualche momento di profonda meditazione, “forse mi ha rac­comandato alle cure di quel peccatore, Mr Samuel?”

“Questo mi sembra molto probabile, a quanto ho sentito” rispose Sam. “Stava giusto parlando di voi, poco fa”.

“Ah, davvero?” esclamò il reverendo, illuminandosi. “Ah! È cambiato, allora. Potremo vivere molto be­ne insieme, adesso, Mr Samuel, eh? Potrei badare io alla sua proprietà, quando voi non ci siete... Con gran cura, sapete”.

Tirando un lungo sospiro, Mr Stiggins aspettò una risposta. Sam annuì, e Mr Weller vecchio emise un rumore straordinario, che senza essere un lamento, né un grugnito, né un rantolo, né un ringhio; sem­brava in qualche modo appartenere a tutti e quattro i generi di suoni.

Mr Stiggins, incoraggiato da quel rumore che interpretò come un segno di rimorso o di pentimento, si guardò attorno, si fregò le mani, lacrimò, sorrise, lacrimò di nuovo, e poi, attraversando la stanza senza far rumore, si diresse a un ben noto scaffale in un angolo, ne prese un boccale, e con tranquilla sicurezza vi mise dentro quattro zollette di zucchero. A questo punto si guardò ancora intorno e sospirò dolorosa­mente; poi entrò silenziosamente nel bar, e ritornando subito indietro col bicchiere pieno a metà di rum di ananas, si avvicinò al bricco che cantava allegramente sul fornello, si preparò il ponce, lo mescolò, lo assaggiò, si sedette e infine, presa una lunga, generosa sorsata di rum e acqua, si fermò a prender fia­to.

Il vecchio Mr Weller, che continuava a fare diversi e strani sforzi per sembrare addormentato, non pro­ferì una sola parola durante l’azione; ma, quando Stiggins si fu fermato, gli balzò addosso e, strappatogli il bicchiere di mano, gettò il resto del ponce sulla sua faccia, e il bicchiere nel fuoco. Poi, afferrando sal­damente il reverendo per il colletto, si diede improvvisamente a colpirlo con calci furibondi; e ogni volta che la punta dei suoi stivali veniva a contatto con il corpo di Mr Stiggins, accompagnava il gesto con una quantità di violente e dissennate maledizioni sulle membra, sugli occhi e sulla persona di lui.

“Sammy”, disse Mr Weller, “calcami bene il cappello in testa”.

Sam aggiustò debitamente il cappello col lungo crespo nero sulla testa del padre in modo che non gli cadesse, e il vecchio, riprendendo a menar calci con più agilità di prima, irruppe con Mr Stiggins attra­verso il bar e il corridoio fin sulla porta della locanda, e di lì nella strada; mentre la grandinata di calci continuava lungo il percorso e aumentava di violenza, piuttosto che diminuire, ogni volta che si alzava lo stivale.

Era uno spettacolo bello e rincuorante vedere l’uomo col naso rosso che si torceva nella stretta Di Mr Weller, tremando di paura in tutto il corpo, mentre i calci seguivano i calci in rapida successione; ma la scena divenne ancora più eccitante quando Mr Weller, dopo una violenta lotta, immerse la testa del re­verendo in un abbeveratoio pieno d’acqua, tenendola sotto fin quasi ad affogarlo.

“Finalmente!” disse Mr Weller, indirizzando ogni sua energia in un ultimo calcio laboriosissimo, e la­sciando che Mr Stiggins ritirasse la testa dall’abbeveratoio. “Mandatemi qualcun altro di questi preti fannulloni, e prima lo riduco in gelatina e poi lo affogo! Sammy, aiutami a rientrare, e riempimi un bic­chierino di brandy. Sono senza fiato, ragazzo mio”.

(martedì 24 marzo 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).







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