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La fiction religiosa italiana anni Novanta e Duemila: storia ed analisi di uno straordinario successo


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Miniserie e film TV religiosi

Nell’ambito della fiction a carattere religioso, ricopre una posizione centrale la miniserie in due puntate e, in casi meno frequenti, il film TV. L’incipit di tale fenomeno viene ricondotto al Progetto Bibbia. Il Progetto Bibbia viene avviato all’inizio degli anni Novanta dalla casa di produzione Lux Vide, fondata dalla famiglia Bernabei nel 1991, sotto la guida di Ettore Bernabei, storico Direttore generale della Rai negli anni Sessanta e Settanta, insieme ai figli Matilde e Luca. La trasposizione sullo schermo dei principali capitoli del Testo Sacro viene realizzata in collaborazione con la Rai, per Rai Uno, e insieme a una serie di partner televisivi internazionali, quali il gruppo tedesco Kirch, la Turner Pictures, la CBS e il gruppo Murdoch. Il primo episodio del ciclo biblico televisivo ad essere trasmesso è Abramo (1993) diretto da Joseph Sargent, ma a inaugurare effettivamente l’intero impianto dell’opera, a costituire il prologo della Bibbia televisiva, è il film Genesi. La creazione e il diluvio (1994), episodio cinematografico diretto da Ermanno Olmi. Il Progetto Bibbia è articolato in una serie di episodi, in onda dal 1993 al 2002 su Rai Uno. Il ciclo, infatti, si chiude con San Giovanni. L’apocalisse (2002) diretto da Raffaele Mertes. Ci sono poi degli altri episodi, dei film TV, che si legano idealmente al Progetto Bibbia, ma realizzati per Canale 5. Si tratta delle storie di figure bibliche legate alla vita di Gesù, che sono state raccolte nel ciclo Gli amici di Gesù (Maria Maddalena, Giuseppe di Nazareth, Giuda e Tommaso).

Durante lo sviluppo del Progetto Bibbia, la stessa Lux Vide, ma anche altri produttori attirati dal singolare successo della fiction religiosa, avvia altre fiction, ritratti di figure religiose che abbiamo schematicamente raggruppato in tre grandi polarizzazioni, tre sotto-generi della miniserie religiosa:


  1. Storie di santi, beati e martiri della Chiesa: Fatima (1997) di Fabrizio Costa, Padre Pio (2000) di Carlo Carlei, Lourdes (2000) di Lodovico Gasparini, Padre Pio. Tra cielo e terra (2000) di Giulio Base, Sant’Antonio di Padova (2002) di Umberto Marino, Francesco (2002) di Michele Soavi, Maria Goretti (2003) di Giulio Base, Madre Teresa (2003) di Fabrizio Costa, Rita da Cascia (2004) di Giorgio Capitani, San Pietro (2005) di Giulio Base, Giuseppe Moscati (2007) di Giacomo Campitoti, Chiara e Francesco (2007) di Fabrizio Costa, Bakhita (2009) di Giacomo Campitoti, Sant’Agostino (2010) di Christian Duguay; Preferisco il Paradiso (2010, su San Filippo Neri) di Giacomo Campiotti.

  2. Vite dei papi del Novecento: Papa Giovanni (2002) di Giorgio Capitani, Il Papa buono (2003) di Ricky Tognazzi, Karol. Un uomo diventato Papa (2005) di Giacomo Battiato, Giovanni Paolo II (2005) di John Kent Harrison, Papa Luciani. Il sorriso di Dio (2006) di Giorgio Capitani, Karol. Un Papa rimasto uomo (2006) di Giacomo Battiato, Paolo VI (2008) di Fabrizio Costa, Sotto il cielo di Roma (2010, su Pio XII) di Christian Duguay.

  3. Vite di preti esemplari: Don Milani. Il priore di Barbiana (1999) di Andrea e Antonio Frazzi, Brancaccio (2001, su don Pino Puglisi) di Gianfranco Albano, Don Bosco (2004) di Lodovico Gasparini, Don Gnocchi. L’angelo dei bambini (2004) di Cinzia TH Torrini, La buona battaglia. Don Pietro Pappagallo (2006) di Gianfranco Albano, L’uomo della carità. Don Luigi Di Liegro (2007) di Alessandro Di Robilant, Don Zeno. L’uomo di Nomadelfia (2008) di Gianluigi Calderone.

A partire, dunque, dall’inizio degli anni Duemila, dal Giubileo, che la fiction di maggior successo di ogni stagione «si identifica quasi sistematicamente con il racconto della “vita esemplare” di una grande personalità religiosa, oggetto di devozione popolare e di processi di canonizzazione: i due Padre Pio (Canale 5, 1999-2000 e Rai Uno, 2000-2001), Papa Giovanni (Rai Uno, 2001-2002), Madre Teresa (Rai Uno, 2003-2004), Karol – Un uomo diventato Papa (Canale 5, 2004-2005), Giovanni Paolo II (Rai Uno, 2005-2006). Peraltro, le narrazioni di genere religioso, assurte alla più larga popolarità nelle prime stagioni del Duemila, non costituiscono una manifestazione eccezionale o improvvisa della forte saldatura tra offerta e consumo di storie televisive italiane sull’asse robusto e duraturo del sentimento cattolico»83.

Accanto a questo filone, al ritratto di queste figure, che costituiscono il cuore del successo del genere religioso, insieme al Progetto Bibbia, ricordiamo anche delle miniserie ispirate a romanzi o miniserie di finzione, dove è sempre centrale la figura del religioso.

È il caso della fiction Un posto tranquillo (Rai Uno, 2003; 2005) diretta da Luca Manfredi e Claudio Norza, con Lino Banfi e Nino Manfredi nel ruolo di due frati di convento, oppure di Virginia. La monaca di Monza (2004) diretta da Alberto Sironi e con Giovanna Mezzogiorno, ispirato alla storia Marianna De Leyva, nota come La Monaca di Monza, resa celebre soprattutto dal ritratto che ne fece Alessandro Manzoni nel romanzo I promessi sposi. Ancora Ama il tuo nemico (1999) e Ama il tuo nemico 2 (2001) di Damiano Damiani, storia di un prete di strada che lotta contro la mafia.

Ricordiamo, inoltre, alcuni film TV a carattere religioso, che spesso richiamano proprio la formula e lo stile della miniserie in due puntate biografiche su santi, papi e preti, come nel caso di Fatima (1997) di Fabrizio Costa, di Sant’Antonio di Padova (2002) di Umberto Marino o di Maria Goretti (2003) di Giulio Base.

Si riscontrano, poi, film TV che affrontano il religioso non ricorrendo a una biografia riconoscibile e popolare, bensì facendo riferimento all’ambiente ecclesiastico o al contesto di alcuni luoghi sacri, appropriandosene e piegandoli a narrazione dai toni investigativi o tipici del thriller, come Il terzo segreto di Fatima (2001) di Alfredo Payretti o Io ti assolvo (2008) di Monica Vullo. Ci sono anche dei film TV che richiamano le storie bibliche e cristologiche, attraverso narrazioni favolistiche come nel film Il quarto Re (1997) di Stefano Reali.


Singolare trionfo della fiction religiosa. Un pubblico alla ricerca di sacro?

Il fenomeno delle fiction religiose, il singolare successo che ha caratterizzato lo sviluppo di tale genere della fiction ci porta a chiedere quali risvolti sulla società possa avere, quali significati possa assumere tale consumo culturale, che non si dimostra un fenomeno legato a una stagione televisiva o al processo di canonizzazione di una popolare figura religiosa. Si tende a leggere tale successo alla luce della ripresa del sentimento religioso nel Paese, della religione cattolica, estendendo lo sguardo anche ad altri media e settori culturali, come l’editoria, dove compare un visibile fermento religioso.

Adriano Sofri riconosce, criticamente, l’evidenza del ritorno del sentimento religioso, che sembra però snodarsi sul confine tra sfera religiosa e cultura new age: «Gli indizi specifici si moltiplicano, dall’alto al basso: i teologi in testa alle classifiche, e l’avanzata generale dell’editoria religiosa, e poi Sant’Agostino e Santa Monica in prima serata (e tutti i santi), e i calchi librari e cinematografici della Bibbia, e la fiction giallo-cristiana che arriva dall’America. Di questa ritornante spiritualità, termine che muove un riflesso di soggezione, è lecito sospettare che sconfini in quella cosa new age data troppo benignamente per passata»84. Una valutazione scettica, quella di Sofri, che vede nell’attenzione al religioso dei riflessi new age. Certo, va riconosciuto che il successo editoriale di teologi e testi a carattere religioso (ma anche scandalistici sulla religione, sulla Chiesa cattolica) non ha le proporzioni della fiction, che segna una continuità di attenzione da quasi vent’anni.

Anche Enzo Bianchi ha riconosciuto la singolarità del fermento religioso nella società contemporanea: «Che connotati assume nel nostro mondo occidentale di antica matrice cristiana il “ritorno” della spiritualità, che da più parti si intravede? E cosa può significare questo in una società per altro verso sempre più secolarizzata, in cui sembra prevalere l’affermazione di appartenenza esteriore a una determinata tradizione religiosa – in particolare quella cristiana – svincolata dall’intima adesione a quella credenza e dalla coerenza dei comportamenti? “Fedeli” sempre più infedeli. Alcuni filoni mi paiono emergere quali catalizzatori del riemergere della spiritualità. Innanzitutto il diffondersi di religiosità a struttura psicologica materna, fusionale, emozionale in cui la soggettività dell’individuo assurge a finalità: si ha allora un Dio depersonalizzato che finisce per dilatarsi e diluirsi in un oceano di emotività che tutto comprende, un sincretismo che minimizza o annulla le differenze creando una sorta di “vulgata” religiosa buona per tutti. Questo fenomeno, sovente definito “religions à la carte”, è ormai da tutti riconosciuto»85.

La lettura di Enzo Bianchi viene estesa al fenomeno del ritorno del sacro, segnalando la sua sfumatura negativa, di un ritorno della spiritualità però privata del suo senso profondo. Un rischio di una spiritualità diluita, per saziare il proprio bisogno di fede, la propria emotività, senza però intraprendere un cammino autentico.

Stefano Martelli ritiene che si debba parlare di de-secolarizzazione invece che di “ritorno del sacro”, per spiegare «la nuova rilevanza assunta dalla religione nella società contemporanea. Si tratta di un insieme di fenomeni imponenti, che contraddicono sia la tesi della secolarizzazione come dissacrazione, sia quella del ritorno del sacro come semplice risacralizzazione […] una situazione complessa, in cui si assiste alla ripresa della religione pur mantenendosi – almeno nelle società occidentali – un quadro macro-sociale all’insegna della secolarizzazione, all’interno del quale però emergono connessioni impreviste tra religione ed altri settori della società, tali da provocare effetti sorprendenti che portano al rilancio/distorsione della proposta religiosa tradizionale»86. A tal riguardo, al processo di de-secolarizzazione, la fiction televisiva (religiosa e non), interagendo «con la logica della de-secolarizzazione, trova il modo di sintonizzarsi con questa paradossale e ambigua domanda pubblica di religione, al tempo stesso alimentandola e incanalandola»87.

La fiction religiosa certamente intercetta questa sensibilità, questo riaffermarsi di un sentimento religioso, proponendo anche dei modelli edificanti, delle figure religiose esemplari cui ispirarsi. Le miniserie religiose, ma anche i film TV, affrontano dunque la questione religiosa servendosi sempre più di figure popolari, narrate con toni e con una scrittura volta a valorizzare l’elemento eroico del personaggio, la sua religiosità, la sua santità eroica. Santi, papi e preti popolari divengono occasione, seppur presentati a volte in maniera eccessivamente didascalica e agiografica, per ritrovarsi sui temi della fede, per dare risposte ai bisogni latenti che non vengono esplicitati attraverso percorsi canonici.

«Ancora una volta» – riconosce la Buonanno – «siamo indotti a chiamare in causa il clima conturbato che permea gli esordi del terzo millennio […] la vita quotidiana dei nostri giorni si ritrova avviluppata – quando non intrisa – da un’atmosfera di insicurezza e di rischio e fronteggia orizzonti di nebulosa incertezza, materiale e simbolica. Mai come in simili circostanze si genera quello che – se definirlo bisogno di sacro e di trascendenza sarebbe forse correr troppo ad astratte e insieme facili conclusioni – si può con maggiore verosimiglianza identificare in un bisogno e una domanda di riferimenti di senso, di ancoraggi saldi, di bussole etiche: tanto più dotati di convincente evidenza laddove siano incarnati e comunicati da figure carismatiche, di cui i sentimenti popolari riconoscono l’autorevolezza e l’esemplarità. Non c’è dunque da stupirsi se, appunto in simili circostanze, la fiction televisiva fa ricorso più che mai iterato – e il pubblico vi si lascia ricondurre in gran folla – alla ricca riserva di senso e al grande patrimonio di personalità salvifiche e carismatiche di un cattolicesimo nel quale, come si è detto prima, larga parte degli italiani continua a riconoscere un elemento fondante della identità propria e del Paese. Nutrite di immaginazione cattolica, le fiction religiose a loro volta la alimentano con le contemporanee versioni televisive delle sacre rappresentazioni»88.

La fiction religiosa come risposta alle insicurezze generate dalla società contemporanea, globale ed effimera, dunque, come occasione di ritorno su valori condivisi e riconosciuti. La fiction religiosa, ancora, come termometro del sentimento religioso del Paese, ma anche come lectio divina mediatica in chiave divulgativa.

Un rifarsi alla religione, alle figure religiose popolari e amate, perché oltre alle insicurezze della società contemporanea e della cultura globalizzata, emerge un’evidente mancanza di riferimenti di senso. Abbiamo assistito negli ultimi decenni alla perdita della leadership, sia dal punto di vista micro-sociale, nel contesto familiare, sia nel contesto politico e istituzionale. Una crisi della leadership nel Paese, nelle istituzioni italiane, ma anche una crisi della leadership istituzionale cattolica, della religione. «Uno dei tratti distintivi dell’attuale situazione culturale è la crisi di leadership, difficoltà non esclusivamente praticabile per la figura del ministero ordinato inclusiva, ad esempio, anche del mondo politico. Il riferirsi alla Chiesa come istituzione cui rivolgersi per richiedere servizi, dal doposcuola all’oratorio estivo, non solo trasforma il fedele in consumatore, ma interviene anche sulla percezione del prete non più considerato in termini istituzionali ma sempre più carismatici»89.

Tutto questo, si traduce anche in un bisogno di ritrovare dei punti di sostegno e di orientamento, che la religione è in grado di offrire, anche nella sua forma semplificata e annacquata in salsa televisiva.

Figure della Chiesa trascinanti e affascinanti, che costituiscono quindi un esempio formativo, un esempio portatore di valori cattolici, universali. «[…] di eroi veri, di individualità forti e di modelli esemplari abbiamo sempre bisogno per volare alto con il nostro immaginario e ampliare il nostro orizzonte del possibile; e lo dimostriamo decretando successi straordinari alle figure straordinarie, religiose o laiche, come Papa Giovanni o Perlasca»90.



Non mancano, però, degli aspetti problematici legati a queste narrazioni. Ci domandiamo, infatti, se sono figure trattate nella loro complessità, nelle loro sfaccettature, oppure se viene dato ampio spazio solamente alle qualità che costituiscono l’eroe. Dall’analisi dei titoli della Bibbia televisiva della Lux Vide, ad esempio, la personalizzazione in chiave eroica è molto evidente, sin dalla soglia di accesso al testo, ovvero dal titolo. Non si assiste, infatti, alla traduzione del libro dell’Esodo o del Deuteronomio, bensì si guardano le gesta di Mosè, di Abramo91. Se prendiamo poi in considerazione le fiction dei papi, dei santi e dei preti, la personalizzazione è la chiave centrale, soglia di partenza della narrazione. Storie esemplari, vite esemplari, che ci vengono raccontate limitatamente con le loro debolezze e ombre. Non un demerito questa modalità narrativa, ma certamente un rischio di perdita in complessità, una perdita di senso; aspetti che invece potrebbero garantire un ritratto ancor più edificante, più ricco di intensa autenticità e di umana epidermide.


 Il presente saggio prende le mosse dal libro S. Perugini, Testimoni di fede, trionfatori di audience. La fiction religiosa italiana anni Novanta e Duemila: storie di santi, papi e preti esemplari, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2011.

1 M. Buonanno (a cura di), La posta in gioco. La fiction italiana, l’Italia nella fiction. Anno diciannovesimo, Rai Eri (Zone 10), Roma 2008, p. 7.

2 Fondazione Rosselli, Istituto Economia dei Media IEM, Il valore della fiction in Italia. Produzione, investimenti, programmazione, diritti. Lazio, Italia, Europa, studio per il Roma Fiction Fest 2008, http://www.fondazionerosselli.it/User.it/index.php?PAGE=Sito_it/attivita_ricerche1&rice_id=481 (consultato il 30 giugno 2011); Id., L’industria della produzione di fiction. Mercato, regole, prospettive, 2007.

3 Id., Il mercato della fiction italiana nel contesto internazionale, 28 settembre 2009, cfr. http://www.fondazionerosselli.it/User.it/index.php?PAGE=Sito_it/attivita_ricerche1&rice_id=492 (consultato il 30 giugno 2011).

4 Id., V Summit sull'Industria della Comunicazione. I contenuti che creano valore, Roma 12 dicembre 2007, http://www.fondazionerosselli.it/User.it/index.php?PAGE=Sito_it/attivita_seminari1&semn_id=546 (consultato il 30 giugno 2011).

5 S. Fumarola, L’anno della fiction. Eroi e amori anti-crisi, la Rai punta sul Nord, in «la Repubblica», 7 gennaio 2010, p. 38.

6 Cfr. M. Buonanno (a cura di), La bella stagione. La fiction italiana, l’Italia nella fiction. Anno diciottesimo, Rai Eri (Zone 5), Roma 2007.

7 Ibidem, pp. 7-9.

8 Ibidem.

9 Cfr. S. Brancato (a cura di), Post-serialità. Per una sociologia delle tv-series. Dinamiche di trasformazione della fiction televisiva, Liguori Editore, Napoli 2011; E. De Blasio, M. Sorice, Cantastorie mediali. La fiction come storyteller della società italiana, Dino Audino Editore, Roma 2004; A. Grasso, Buona maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e dei libri, Milano 2007; M. P. Pozzato, G. Grignaffini (a cura di), Mondi seriali. Percorsi semiotici nella fiction, Link RTI, Milano 2008; V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva. Storia, linguaggi e temi, Archetipolibri, Bologna 2008.

10 V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit., pp. 30-31.

11 Fondazione Rosselli, Istituto Economia dei Media IEM, Il valore della fiction in Italia. Produzione, investimenti, programmazione, diritti. Lazio, Italia, Europa, Studio per il Roma Fiction Fest 2008, http://www.fondazionerosselli.it/User.it/index.php?PAGE=Sito_it/attivita_ricerche1&rice_id=481 (consultato il 30 giugno 2011); cfr. Id., Il mercato della fiction italiana nel contesto internazionale, 28 settembre 2009, http://www.fondazionerosselli.it/User.it/index.php?PAGE=Sito_it/attivita_ricerche1&rice_id=492 (consultato il 30 giugno 2011).

12 E. Andreatta, F. Nardella, Una fiction di lungo periodo, in «Il Mulino», n. 406, 2003, p. 345.

13 M. Buonanno (a cura di), La bella stagione, cit.

14 F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Marsilio, Venezia 2006, p. 602.

15 Ibidem.

16 F. Montini, La fiction diventa una vera industria, in «la Repubblica – Affari&Finanza», 9 luglio 2007, p. 22.

17 A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos’è la televisione. Il piccolo schermo fra cultura e società: i generi, l’industria, il pubblico, Garzanti, Milano 2003, pp. 162-163.

18 M. Buonanno, La bella stagione, cit., p. 10. Cfr. P. Trupia, Il potere di convocazione. Manuale per una comunicazione efficace, Liguori Editore, Napoli 2002.

19 M. Buonanno, La bella stagione, cit., pp. 10-11.

20 Ibidem, p. 75.

21 Ibidem, p. 76.

22 Ibidem, pp. 95-98.

23 A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos’è la televisione, cit., p. 164.

24 M. Buonanno (a cura di), La bella stagione, cit., p. 85.

25 Ibidem, p. 86.

26 Cfr. M. Buonanno (a cura di), Se vent’anni sembran pochi. La fiction italiana, l’Italia nella fiction. Anni ventesimo e ventunesimo, Rai Eri (Zone 15), Roma 2010.

27 Id. (a cura di), La bella stagione, cit.,, p. 76. Cfr. Id., La crosta e il ripieno. “Miniserie: il formato nazionale” della fiction italiana, in Id. (a cura di), Lontano nel tempo. La fiction italiana. L’Italia nella fiction, Rai Eri (VQPT 198), Roma 2005, pp. 99-111.

28 «Fine anno più che positivo sui giornali Usa per La meglio gioventù. Dopo il Los Angeles Times, in cui Kenneth Ph. Turan ha parlato di La meglio gioventù di Giordana come il film più bello uscito in America nel 2005, sabato sul New York Times è arrivato anche il giudizio di Antony O’ Scott che lo incorona miglior film 2005. La meglio gioventù, uscito con successo nelle sale Usa a marzo, è ricordato anche da Newsweek e Entertainment Weekly lo considera uno dei tre migliori film del 2005» – New York Times incorona Giordana La meglio gioventù miglior film del 2005, in «la Repubblica», 27 dicembre 2005, p. 50. Cfr. Il New York Times elogia Giordana, in «Corriere della Sera», 27 dicembre 2005, p. 45.

29 A. Grasso, Caravaggio, magia della fotografia, in «Corriere della Sera», 19 febbraio 2008, p. 69.

30 M. Buonanno (a cura di), La bella stagione, cit., p. 76.

31 Cfr. M. Buonanno (a cura di), La bella stagione, cit.

32 G. Simonelli, La fiction religiosa tra ricerca d’autore e scrittura popolare, in D. E. Viganò (a cura di), Dizionario della comunicazione, Carocci, Roma 2009, pp. 926-930, cit. p. 926.

33 Cfr. A. Bourlot, Il cinema cristologico, in D. E. Viganò (a cura di), Dizionario della comunicazione, cit., pp. 921-925; R. Eugeni, D. E. Viganò (a cura di), Attraverso lo schermo. Cinema e cultura cattolica in Italia, 3 voll., Ente dello Spettacolo, Roma 2006; D. Iannotta, D. E. Viganò, Essere. Parola. Immagine. Percorsi del cinema biblico, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2000; D. E. Viganò,
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