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Procura della repubblica


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CAPITOLO III
I rapporti di AIELLO Michele con PROVENZANO Bernardo ed altri esponenti mafiosi - Il reato di cui all'art. 416 bis c.p.
Quanto fin qui accertato deve naturalmente essere tenuto presente ai fini della valutazione dei rapporti dell'AIELLO con numerosi esponenti mafiosi e in primo luogo con PROVENZANO Bernardo.


  1. rapporti di AIELLO Michele con PROVENZANO Bernardo ed altri esponenti mafiosi.


a) La realizzazione delle strade di penetrazione agraria

Le indagini nei confronti di AIELLO Michele in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p. sono scaturite dalle dichiarazioni rese, in più occasioni, da GIUFFRE' Antonino e relative in particolar modo ai rapporti intrattenuti dall’ AIELLO con PROVENZANO Bernardo e con la “famiglia” mafiosa di Bagheria, specialmente nell’ambito della sua attività di imprenditore edile che ha realizzato un elevatissimo numero di stradelle interpoderali di penetrazione agraria nelle provincie di Palermo e Trapani ed in altre località della Sicilia.

L’indicazione generica di collegamenti con ambienti mafiosi, già offerta dal collaboratore BARBAGALLO Salvatore, si è di molto arricchita con le dichiarazioni di GIUFFRE’ che ha descritto l’AIELLO come l’imprenditore che nell’interesse di Cosa Nostra gestisce in regime quasi di monopolio di fatto le attività di costruzione delle strade interpoderali in Sicilia, spiegando che per alcune di tali strade esisteva un interesse diretto dell’organizzazione mafiosa e riferendo in maniera dettagliata di propri personali interventi sull’AIELLO al fine di accelerare la costruzione di talune strade di maggiore interesse per singoli uomini d’onore (facendo l’esempio specifico dei fratelli Liberto di Caccamo) e soprattutto al fine di curare la c.d. messa a posto delle imprese dell’AIELLO in un'ampia parte del territorio siciliano al fine di offrirgli la “sicurezza” necessaria alle imprese che vogliono operare in Sicilia.

Sempre GIUFFRE’ ha riferito dei rapporti dell’AIELLO con esponenti di primo piano della famiglia mafiosa di Bagheria tra i quali Nino GARGANO e Nicolò EUCALIPTUS e successivamente Pietro LO IACONO, (dei quali <>) ed ha riferito di versamenti di consistenti somme di denaro fatte dall’AIELLO a tale famiglia mafiosa, tra cui la somma di 100 milioni di lire in occasione del Natale 1988.

Va sottolineato che il GIUFFRE’ ha riferito le circostanze sopraindicate per diretta e personale conoscenza dato che, dopo l’arresto di EUCALIPTUS Nicolò l’AIELLO si era rivolto direttamente a lui per sapere <<a chi si doveva rivolgere non solo in occasione della messa a posto dei lavori, ma anche per l’aiuto necessario per l’approvazione ed il finanziamento dei progetti>>; il GIUFFRE' ha aggiunto che <>, si era occupato <
>
e che fino a poco prima del suo arresto (16.4.2002) si era <<occupato (su richiesta del PROVENZANO, a sua volta sollecitato dal LO IACONO) della messa a posto dell’AIELLO per lavori sul territorio di Messina>>.

Il GIUFFRE’ ha inoltre specificato che l’AIELLO <> e che il LO IACONO gli aveva detto una volta che <<se avessi avuto bisogno di esami (tac o altro), mi potevo servire di loro a Bagheria perché avevano appunto a disposizione il centro di radiodiagnostica dell’AIELLO>>; ha infine aggiunto che l’AIELLO da circa venti anni intrattiene rapporti con i fratelli RINELLA di Trabia.

Le indicazioni offerte dal GIUFFRE' hanno trovato precisa conferma innanzi tutto in alcuni documenti sequestrati in diversi momenti delle molteplici attività investigative che quest’Ufficio ha promosso o coordinato nel tempo nei confronti dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra.

Vanno presi in considerazione, in primo luogo, due tra i 68 documenti rinvenuti e sequestrati in data 4 dicembre 2002, sulla base delle specifiche indicazioni del GIUFFRE’, dai Carabinieri del ROS.

Si tratta di un appunto manoscritto ed una lettera dattiloscritta concernenti lavori eseguiti dall’AIELLO e certamente provenienti dal PROVENZANO (come è dimostrato dagli accertamenti del R.A.C.I.S. dei Carabinieri già riconosciuti validi da numerose decisioni dei giudici di merito).

L’appunto manoscritto si riferisce a due distinti lavori:

1°. C/DA SCALA

2°. C/DA MARCATOGLIASTRO

AGRO DI S. MAURO CASTELVERDE (PA)

In proposito, il GIUFFRE' ha spiegato che questo biglietto, contrassegnato con la sigla “F15”, fa riferimento a due lavori che all’incirca nel 1998 l’AIELLO stava effettuando in territorio di San Mauro Castelverde e rispetto ai quali egli era intervenuto, previ contatti diretti con PROVENZANO Bernardo, per consegnare alla famiglia mafiosa territorialmente competente il denaro della c.d. messa a posto fattagli avere dal PROVENZANO.

Successivamente i Carabinieri hanno accertato che l’appunto si riferisce alla strada di penetrazione agraria fatta eseguire dall’Associazione Interpoderale “San Giuseppe” in agro del Comune di San Mauro Castelverde, contrada Case Scala, ed alla strada di penetrazione agraria fatta eseguire dalla medesima Associazione Interpoderale nella Contrada Marcatogliastro dello stesso comune.

In entrambi i casi le strade sono state realizzate dall’impresa dell’AIELLO, un collaboratore del quale, il geom. PULEO, ha avuto affidato l’incarico di progettazione e di direttore dei lavori; in entrambi i casi il progetto è stato aggiornato il 16 giugno 1997, mentre la procura speciale per l’incasso del finanziamento presso l’Assessorato è stata rilasciata allo stesso PULEO l’1 settembre 1998.

Inoltre, ad ulteriore riscontro delle dichiarazioni rese dal GIUFFRE’ il quale ha riferito nell’interrogatorio del 13 novembre 2002 di aver “messo a posto lavori a San Mauro”, la P.G. ha acquisito anche la documentazione relativa all’esecuzione di altre strade interpoderali, anch’esse realizzate in quel Comune dalle imprese dell’AIELLO.

Ancora più chiara è la lettera dattiloscritta, oggetto di sequestro in data 4 dicembre 2002 (reperto A-10), con la quale PROVENZANO Bernardo segnala a GIUFFRE’ Antonino di avergli contestualmente inviato una somma di denaro, indicandola quale “saldo” relativo ad alcuni lavori stradali realizzati in territorio di Caccamo (“…tuo paese…”) da un soggetto indicato come “AIELLO”.

Reperto A-10 25-04-2001.

Carissimo, con gioia ho ricevuto, tue notizie, mi compiaccio tanto, nel sapervi, a tutti, in ottima salute. Lo stesso, grazie a Dio, al momento, posso dire di me.

omissis…



Senti assiemi, al tuo presente, ti mando 21ml saldo x strade AIELLO tuo paese. Dammi conferma che le ricevi.

In attesa di tuoi confermi, e risposti che ti ho chiesto precedentemente smetto, augurandovi x tutti voi un mondo di bene, inviandovi i più cari Aff. saluti per tutti.

Vi Benedica il Signore e vi protegga!.

omissis…

Anche con riferimento alla vicenda in questione, l’attività investigativa svolta dai Carabinieri ha consentito di acquisire significativi elementi di riscontro a quanto comunicato dal PROVENZANO ed alle dichiarazioni rese sul punto dal GIUFFRE’; in particolare è stato accertato che le imprese dell’AIELLO, tra il 2000 e il 2001, hanno realizzato, in territorio di Caccamo numerosissime stradelle di penetrazione agraria, su incarico di varie associazioni interpoderali, tutte finanziate dall’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana.

Tra le tante, particolare importanza assume la stradella realizzata dall’AIELLO nell’interesse dei fratelli Liberto, persone “vicine” allo stesso GIUFFRE'.

In proposito il collaboratore, a chiarimento dell’importanza per Cosa nostra di questo settore e della presenza dell’AIELLO come punto di riferimento, ha spiegato che: <<…vi sono delle strade che interessano anche a noi perché ci sono persone a noi vicine, ci sono persone uomini d’onore che hanno di bisogno nelle loro campagne di queste strade, ragion per cui noi interveniamo direttamente.>> e ha indicato in particolare, per il comune di Caccamo, il caso dei <<fratelli LIBERTO che avevano fatto una progettazione di una strada e non venivano mai in porto; successivamente grazie ad un mio interessamento presso l’AIELLO, diciamo che nel giro di pochissimo tempo gli hanno fatto la strada.>>

Il GIUFFRE' ha poi aggiunto che la strada interpoderale ricadeva in contrada Raffo, che i fatti salivano al 1994/95 e che, dopo che la richiesta dei LIBERTO era rimasta inevasa per molto tempo, egli era << intervenuto su AIELLO e nel giro…secondo la priorità assoluta e nel giro di poco tempo diciamo ci hanno fatto la strada.>>

Anche tali dichiarazioni appaiono pienamente confermate dato che i Carabinieri hanno accertato che effettivamente lavori per la costruzione di una strada di penetrazione agraria sono stati affidati dall’omonima Associazione Interpoderale (dall’esame della corografia emerge che la strada ricade nei pressi del vallone “Raffo” di Caccamo); tra i componenti di tale associazione figurano i fratelli LIBERTO Giorgio, LIBERTO Giovanni, LIBERTO Salvatore, e LIBERTO Giuseppe, il cui figlio, a nome Salvatore, vi ha ricoperto la carica di Presidente.

Si è accertato anche che il progetto relativo a tali lavori - ultimati il 14 giugno 1994 - era stato redatto in data 20 dicembre 1986 ed aggiornato il 3 novembre 1993 dallo studio di progettazione SICIL PROJECT di Bagheria, con sede in via Ingegnere Bagnera n.14 (stessa sede della Villa Santa Teresa s.r.l. di AIELLO), titolare del quale è il geometra PULEO Antonino unitamente al geometra CUSIMANO Gaetano; in data 3 novembre 1993 l’assemblea dei soci dell’associazione deliberava di accettare le dimissioni dello studio di progettazione SICIL PROJECT e di affidare la direzione dei lavori, la progettazione e l’assistenza tecnica ed amministrativa al geometra PULEO Antonino, collaboratore dell’AIELLO.

Ma l’interessamento del PROVENZANO a favore dell’AIELLO è molto risalente nel tempo.

Invero, il nominativo di AIELLO era emerso anche nell’ambito delle attività di indagine relative al procedimento n. 4668/96 R.G.N.R. (c.d. Grande Oriente), nel cui ambito sono stati acquisiti alcuni appunti dattiloscritti dal PROVENZANO diretti ad ILARDO Luigi, all’epoca vicino allo stesso PROVENZANO e confidente del ROS dei Carabinieri.

Ad uno di tali appunti, consegnato da CASTELLO Simone a BARBIERI Carmelo nel settembre del 1994, era allegato un biglietto del seguente tenore:

Ditta AIELLO: deve fare lavoro



strada interpoderale a Bubudello

Lago di Pergusa ENNA

Ditta AIELLO deve fare lavoro

strada interpoderale al Bivio

Catena Piazza Armerina”

All’epoca non era stato possibile identificare la “ditta AIELLO” cui il biglietto si riferiva; a seguito dei più approfonditi accertamenti disposti nel corso del presente procedimento, i Carabinieri del Reparto Operativo – Nucleo Operativo di Palermo hanno accertato che:

a) la strada indicata nella missiva di PROVENZANO con l’indicazione strada interpoderale a Bubudello Lago di Pergusa ENNA è la strada di penetrazione agraria realizzata dall’Associazione Interpoderale “Bubudello - Barrafranca”, agro del Comune di Enna, contrada Sant’Antonino. Una delle ditte che avevano eseguito i lavori era l’impresa individuale “Impresa Edile e Stradale TESTA Nicolò”, con sede in Bagheria via Vallone del Fonditore n. 18 (stessa sede della EDIL COSTRUZIONI s.r.l., TUTTEDIL S.r.l. e RADIOSYSTEMS PROTECTION S.r.l., tutte imprese di AIELLO Michele) ed il cui titolare, TESTA Nicolò, è stato dipendente dell’AIELLO.

b) la strada indicata nella missiva di PROVENZANO con l’indicazionestrada interpoderale al Bivio Catena Piazza Armerina” è la strada di penetrazione agraria, realizzata dall’Associazione Interpoderale “Albana Est”, agro del Comune di Piazza Armerina, contrada Albana (la P.G. ha riferito che dall’esame della corografia si evince chiaramente che la strada in esame termina al Bivio Catena).

La P.G. ha anche accertato che il Presidente dell’Associazione Interpoderale è BEVILACQUA Giuseppe, nato a Barrafranca (EN) il 26 novembre 1922 (suocero dell’Avv. BEVILACQUA Raffele, tratto in arresto in data 24 luglio 2003, a seguito di ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP presso il Tribunale di Caltanissetta per il delitto di cui all’art. 416 bis, comma II, c.p. per avere promosso, organizzato e diretto l’organizzazione Cosa Nostra in provincia di Enna, assumendo la qualifica di rappresentante provinciale).

A proposito del primo dei due lavori il TESTA, sentito dai Carabinieri in data 7 giugno 2004, ha, tra l’altro, riferito di avere realizzato la strada in c.da “Bubbudello” grazie ai buoni rapporti mantenuti con l’AIELLO, suo ex datore di lavoro, e di avere realizzato la strada in virtù di un’occasione fornitagli dal geometra PULEO e dal geometra AIELLO Michele, cugino dell’imputato (ed entrambi legati all’imputato AIELLO Michele da vincoli relativi alla sua attività imprenditoriale).

Invece l’AIELLO ha negato di avere avuto alcun ruolo nella realizzazione delle due strade in provincia di Enna, asserendo di avere da tempo pessimi rapporti con il TESTA, suo ex dipendente che si era comportato scorrettamente nei suoi confronti.

Peraltro non solo nell’abitazione del PULEO è stata ritrovata la documentazione relativa alle due strade, ma - fatto ancora più importante - i dati relativi alle due stradelle erano riportati nell’elenco di tutte le stradelle di penetrazione agraria (diverse centinaia) eseguite dalle imprese dell’AIELLO che è stato sequestrato nell’interno dell’ufficio dello stesso AIELLO: circostanza questa che inficia definitivamente la validità della tesi difensiva dell’imputato.

In ogni caso, rimane intatta la univoca valenza accusatoria del biglietto del PROVENZANO che testimonia l’interesse dell’esponente di vertice di Cosa nostra per l’attuale imputato.

Peraltro i biglietti sequestrati al GIUFFRE’ e quelli acquisiti nel corso dell’indagine “Grande Oriente” ( tutti sicuramente provenienti dal PROVENZANO) non sono gli unici che da ambienti di primissimo livello dell’organizzazione mafiosa portano all’AIELLO ed alle sue imprese.

Infatti in occasione dell’arresto di RIINA Salvatore, avvenuto, come è noto, il 15 gennaio 1993, indosso al capo di Cosa Nostra venne rinvenuto un altro “pizzino” che faceva riferimento all’ing. AIELLO:



<”.

Anche in questo caso non fu all’epoca possibile individuare esattamente la persona cui il “biglietto” si riferiva.

Gli accertamenti eseguiti dai Carabinieri nel corso del presente procedimento hanno invece consentito di verificare che l’indicazione “cava Buttitti” si riferisce alla cava che si trova ad Altofonte in località Valle Rena, sede dell’unità locale dell’impresa “Valle Rena di BUTTITTA Gaetano e C. S.n.c.”, con sede in Bagheria strada vicinale Consona e di identificare la strada interpoderale costruita in quel sito da una società dell’ AIELLO, la STRADEDIL s.r.l.

Su tale vicenda sono state raccolte inoltre le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, LA BARBERA e BRUSCA.

Il LA BARBERA ha dichiarato di avere conosciuto la società Stradedil dell’AIELLO e di avere fornito alcuni automezzi per i lavori della strada strada interpoderale nei pressi della cava BUTTITTA; ha aggiunto di avere parlato di tale lavoro con BRUSCA Giovanni non ricevendone particolare attenzione, ma di avere compreso che l’impresa dell’AIELLO non era sottoposta a “pizzo” come invece abitualmente succedeva a chi svolgeva lavori nello Jatino e di averne dedotto l’esistenza di un particolare favore che Cosa nostra riservava all’AIELLO.

Il BRUSCA da parte sua, nel confermare in linea generale quanto riferito prima di lui dal LA BARBERA, ha aggiunto di avere ricevuto una serie di raccomandazioni direttamente da Bernardo PROVENZANO per lavori che l’ing. AIELLO doveva fare nella zona di Altofonte, specificando l’epoca (tra il 1989 ed il 1994) ed il numero dei lavori tra i quali proprio quello nei pressi della cava Buttitta.

Ha spiegato, altresì, che la raccomandazione del PROVENZANO, che veniva trasmessa con un "pizzino", comportava che all’ AIELLO venisse imposta solo la c.d. messa a posto pari al 3% o al 2.50 % e che il denaro veniva dato a lui, in quanto capo mandamento, direttamente dal PROVENZANO; non gli venivano imposte invece - come di regola avviene con gli imprenditori, specie se di altre zone della Sicilia - né i fornitori né l’uso di mezzi appartenenti agli uomini d’onore della “famiglia” del luogo o a persone ad essa vicine.

Da parte sua l’AIELLO, che ha delineato nei suoi interrogatori una articolata linea difensiva anche ammettendo la propria colpevolezza per alcuni dei reati contestati (v. infra), ha riconosciuto l’esattezza di molte delle circostanze indicate dal GIUFFRE’, ma ha negato la propria responsabilità in ordine al reato di partecipazione all’associazione mafiosa Cosa Nostra della quale ha invece affermato di essere una “vittima”.

In sintesi l’AIELLO a questo proposito ha dichiarato che:

• già negli anni ‘60 il padre, AIELLO Gaetano, era stato costretto di fatto a cedere il 50% della sua impresa edile ad esponenti mafiosi di Bagheria, tanto che ad un certo punto aveva preferito abbandonare l’attività (pur se con grave pregiudizio economico);

• dopo circa un decennio il padre aveva ripreso l’attività nel settore delle stradelle interpoderali nel quale si era inserito anch’egli, appena laureato, curando dapprima l’aspetto tecnico e poi quello imprenditoriale in generale;

• aveva così realizzato centinaia di stradelle di penetrazione agraria del costo medio di 400-500 milioni ciascuna (come aveva esattamente indicato il GIUFFRE', n.d.r.) con un guadagno personale del 10-15% di cui riusciva ad avere la disponibilità in contanti grazie ad una serie di operazioni bancarie dettagliatamente descritte da lui stesso e da uno dei suoi collaboratori (il rag. D’AMICO);

• i rapporti con l’organizzazione mafiosa di Bagheria erano stati tenuti fino alla data della morte (dicembre 1992) dal padre, che aveva cercato di evitare il suo coinvolgimento; egli invece era a conoscenza solo del fatto che veniva pagato il “pizzo” nella misura del 7% del valore di ogni opera:

• dopo la morte del padre, si era presentato a lui, che non sapeva come comportarsi e aveva quindi già subito dei danneggiamenti, CASTRONOVO Carlo che aveva preteso il pagamento come per il passato e che da allora in poi era solito passare in azienda ogni volta che l’AIELLO doveva iniziare un nuovo lavoro:

• egli aveva inoltre pagato una cifra forfettaria annua di alcune decine di milioni di lire per la sua attività nel campo della diagnostica medica;

• egli aveva consegnato i soldi in contanti sempre e soltanto al CASTRONOVO Carlo; dopo l’arresto (nel dicembre 2002) del CASTRONOVO, egli non aveva più pagato il “pizzo” decidendo di “rischiare” dato che non sapeva a chi rivolgersi.

L’AIELLO ha negato invece di avere avuto con EUCALIPTUS Nicolò, Gargano Antonino e LO IACONO Pietro i rapporti indicati dal GIUFFRE' e in particolare ha negato che, dopo l’arresto dei primi due, fosse stato proprio il GIUFFRE' ad accompagnarlo dal LO IACONO che era diventato da quel momento il suo “referente” in Cosa nostra.

L’AIELLO ha negato altresì categoricamente ogni contatto con PROVENZANO Bernardo e quanto alle dichiarazioni di Brusca Giovanni e LA BARBERA Gioacchino a proposito del “biglietto di raccomandazione” trovato indosso a Riina Salvatore ha affermato di non saperne niente e che doveva essersene occupato suo padre: tesi piuttosto labile dato che AIELLO Gaetano era morto di tumore il 5 dicembre 1992 dopo una sia pur non lunga malattia e il “biglietto” era ancora attuale il giorno dell’arresto del Riina (15 gennaio 1993).

L’AIELLO ha infine cercato di ridurre sia il numero che l’importanza dei rapporti avuti, specie negli ultimi tempi, con i due maggiori esponenti mafiosi di Bagheria, EUCALIPTUS Nicolò e GRECO Leonardo, risultanti - come si vedrà meglio in seguito - dalle dichiarazioni del coimputato RIOLO Giorgio e dalle indagini dei Carabinieri ed anche in questo caso si è descritto come una vittima delle pretese estorsive del GRECO e dell’EUCALIPTUS, al quale ultimo ha dovuto consegnare una somma di 20 milioni di lire e su imposizione del quale ha dovuto assumere due persone originarie di Acquedolci (paese dove l’EUCALIPTUS aveva l’obbligo di dimora).

Già sulla base delle risultanze finora esposte la tesi difensiva dell’AIELLO non appare credibile.

Invero, ed in estrema sintesi, dal narrare del GIUFFRE', dalle dichiarazioni del LA BARBERA e del Brusca e dai documenti sequestrati, rilevanti per essere stati redatti dal PROVENZANO e per essere stati (in un caso) ritrovati indosso al Riina, emerge l’inserimento organico dell’AIELLO in Cosa Nostra (ed i suoi particolari rapporti con la famiglia di Bagheria e lo stesso PROVENZANO); questo inserimento è all’inizio connesso alla sua attività nel settore della realizzazione delle strade interpoderali, ma si è poi articolato ulteriormente - come si vedrà - a seguito dei rapporti mantenuti con esponenti di Cosa nostra, ed in particolare con EUCALIPTUS Nicolò e con i fratelli RINELLA di Trabia.

Estremamente significativo in questo senso è l’intervento personale e diretto del PROVENZANO il quale, in più occasioni, si è rivolto ai diversi referenti delle zone interessate dai lavori che l’AIELLO doveva eseguire, per metterli a conoscenza della disponibilità dell'imprenditore a pagare quanto dovuto per la “messa a posto” dei lavori da realizzare in quei territori e per segnalarlo quale imprenditore “amico” non solo per la quantificazione delle somme da versare a titolo di pizzo, ma anche per evitargli inutili “avvertimenti” ed ulteriori imposizioni.

E’ dunque, corretto il giudizio in qualche modo “riassuntivo” che il GIUFFRE’ fornisce della posizione dell’AIELLO: costui non è una vittima, bensì un imprenditore pienamente inserito nel sistema di Cosa Nostra al quale contribuisce e dal quale ricava concreti vantaggi:

P.M.: Ma in questa descrizione l’AIELLO è una vittima come le tante imprese che poi pagano il pizzo?

GIUFFRE’: Non direi, non direi, proprio AIELLO non direi che è una vittima, perché diciamo che tutto questo fa parte del gioco imprenditoriale, appositamente, che quando si aggiudicano un lavoro e prima di andare a mettere mani in un determinato posto, ci si deve mettere in contatto con Cosa Nostra…

La conclusione così sinteticamente formulata dal GIUFFRE' corrisponde in realtà al più recente orientamento giurisprudenziale in tema di configurazione del reato di partecipazione all’associazione mafiosa Cosa nostra da parte di un soggetto imprenditore.

Invero, secondo questo orientamento del Supremo Collegio, l’imprenditore che nell’attivarsi per l’acquisizione di un appalto di un opera pubblica di rilevante valore abbia contemporaneamente instaurato rapporti con il ceto politico-amministrativo e con organizzazioni di stampo mafioso (coi primi per assicurarsi l’aggiudicazione del contratto e con le seconde per rimuovere preventivamente gli ostacoli di carattere estorsivo all’esecuzione dei lavori, accettando in quest’ultimo caso un costo programmato, concordato sulla base di un accordo di “non conflittualità”), può considerarsi vittima dell’estorsione mafiosa soltanto nel caso in cui dimostri una condizione di “ineluttabile coartazione”; diversamente la condotta sarà riconducibile all’art 416 bis c.p., nella forma della partecipazione, o del concorso esterno, a seconda della posizione assunta dall’imprenditore rispetto all’associazione stessa (cfr. Cass. 5 gennaio 1999, Cabib).

Diversa è, invece, la situazione per la categoria dei c.d. imprenditori collusi.

Per costoro l’interazione con il mondo mafioso è frutto di un calcolo razionale, talvolta di una spontanea iniziativa dello stesso imprenditore.

In questi casi, rimangono ampie sia la possibilità di negoziare i termini del c.d. “contratto di protezione” sia l’autonomia nella gestione dei contatti esterni.

Indice rivelatore della “non coartazione” può essere la sinallagmaticità del rapporto instauratosi, secondo cui l’imprenditore viene a beneficiare della "protezione" offerta dalla famiglia mafiosa (ad es.: salvaguardia dei cantieri, inserimento nei comitati d’affari per il controllo occulto degli appalti pubblici, scoraggiamento della concorrenza, maggiore fluidità della manodopera occupata nelle attività, notevole disponibilità di denaro) in cambio di prestazioni di varia natura quali, ad esempio, fornire informazioni apprese in ragione della propria posizione nella società civile; agevolare l’accesso a circuiti politici e finanziari; entrare in società con mafiosi; assumere operai affiliati per garantirgli una copertura; mediare tra interessi contrapposti per salvaguardare esigenze del sodalizio criminale.

Queste condotte, connotate da uno scopo imprenditoriale (espansione del giro di affari) sovrapposto a quello associativo e idonee a rafforzare il sodalizio (factum concludens), se accettate in modo continuativo, denotano il riconoscimento all’imprenditore di un ruolo stabile, all’interno della struttura mafiosa. Pertanto, costui, pur non ritualmente affiliato, potrà qualificarsi come partecipe interno all’associazione (cfr. in tal senso Cass. 25/8/1994, Amato, in Cass.pen. 1994 p. 2678 e ss).

Già sulla base di queste considerazioni di ordine tecnico-giuridico resta confermata la tesi accusatoria sulla partecipazione dell’AIELLO Michele all’organizzazione mafiosa Cosa nostra.

Ma le risultanze delle indagini offrono ulteriori conferme proprio alla stregua di quegli indici rivelatori della “non coartazione” che si sono sopra ricordati e della reiterazione ed importanza dei contributi offerti all’organizzazione (al di là del pagamento di ingenti somme di denaro).

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