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Brodo di pollo con l’orzo trilogia (Radici – Parlo di Gerusalemme)


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SCENA SECONDA



Dicembre 1956. La stanza dei Kahn, una sera tardi. Sara Prince, Hymie e Cissie siedono attorno al tavolo e giocano a carte, a «solo».Harry è accanto al caminetto, con gli occhi fissi al fuoco, dimentico di quel che succede attorno a lui. Le carte so­no appena distribuite per una mano. I giocatori le studiano in silenzio. Dopo qualche secon­do:
Prince - (guardando le sue carte) A che ora aspetti Ronnie, Sara?
Sara - (guardando le sue carte) Dovrebbe arrivare stasera alle nove e mezzo.
Di nuovo silenzio.
Hymie - (a Cissie) Dichiara!
Cissie - Miseria.
Sara - Come puoi dichiarare miseria quando voglio dichia­rarla io?
Cissie - Ti prego Sara, non scoprire il gioco.
Prince - Un momento, non son passati tutti.
Cissie - E va bene. Dichiara.
Sara - Passo.
Prince - Passo.
Hymie - Passo.
Cissie - Grazie. Posso cominciare?
Sara - Tocca a te? Credevo che le carte le avesse date Prince.
Cissie - Che ti succede, Sara? le ha date Hymie.
Prince - Avrei giurato che le avesse date Sara.
Cissie - Hymie, chi ha dato le carte?
Hymie - Ci abbiamo messo tanto a decidere cosa dichiarare, che ora non me lo ricordo più. Le ho date io? Non ricordo.
Discussione generale su chi ha dato le carte.
Cissie - State zitti tutti! Zitti! Tutte le volte che vengo in questa casa per giocare a « solo » c'è questa confusione Perché non state attenti al gioco? Vediamo, cosa c'era in tavola per briscola?
Sara - Il due di picche.
Hymie - No, quello era il giro precedente. Era il sei di qua­dri.
Sara - Ma l'ho visto coi miei occhi, era...
Hymie - Non hai gli occhiali, Sara.
Prince - Era il sei di cuori, ora me lo ricordo.
Cissie - Oh! Dio sia lodato! Siamo d'accordo in due, il sei di cuori l'ho visto anch'io, in tavola. Chi ce l'ha il sei di cuori?
Hymie - Io.
Cissie - E vuol dire che le carte le hai date tu e che tocca a me aprire. Siete contenti ora? Ecco! (Mette giù una carta. Gli altri seguono, la presa è di Hymie che mette giù una carta seguito dagli altri).
Sara - (si accorge di aver fatto uno sbaglio) Un momento! Un momento! Non volevo giocare questa carta.
Cissie - Troppo tardi! Dovevi stare attenta.
Sara - Ach, che scema! Ma lo vedete che questa carta non l'avrei potuta giocare!
Cissie - Sì che lo vedo, ma son contenta che tu l'abbia gio­cata.
Sara - Senti, Hymie, normalmente l'avrei giocata quella carta?
Hymie - Sei senza occhiali, Sara, te l'ho detto, ma ci ripren­deremo - gioca, ora.
Sara - Un momento, un momento! Prendo gli occhiali (Trova la borsa, prende gli occhiali, ci alita sopra per pulirli) Non so che mi succede agli occhi, ultimamente. Sono stata a farli cambiare l'altro giorno, avevano le stanghette troppo grandi e mi cascavano in bocca, e cosi sono andata a cambiarli. Il commesso mi disse che non potevo cambiarli perché erano occhiali del Servizio Sanitario. Cosi sapete come son io, gli ho chiesto che c'en­trava e lui dice: «Signora, - dice, - vuole i soldi indie­tro?» e io dico: «Sicuro che li voglio indietro» e poi sono andata all'ufficio della Sanità Pubblica - state a sen­tir questa - sono andata a quell'ufficio e mi son lamen­tata del piccolo sussidio che mi danno per Harry. E quel tipo dietro il banco - possa svegliarsi morto - dice: «E che vorreste? dieci sterline la settimana? » L'avete mai sentita una cosa simile? e io dissi: «Figliolo, — dissi, — quando facevi ancora pipi per terra io scioperavo per avere un trattamento migliore, e fai meno lo sfacciato». «O guarda! Non mi dovete parlare cosi».
Prince - Via, Sara, gioca. (Tocca a Prince - gli altri seguo­no: di nuovo la presa è sua. Tocca ancora a lui, e gli altri seguono. Ora tocca a Sara). Perché hai giocato cuori? Non hai visto che seme ti indicavo?
Sara - Prince, lasciami fare il mio gioco. Che non lo so quello che faccio?
Prince - Be', non si direbbe, Sara, proprio non si direbbe. Non è possibile che tu stia attenta al gioco. Non te lo potevi immaginare che stava per scartare cuori?
Cissie - Ma che roba! in mezzo al gioco!
Sara - Sì che lo vedevo, ma che ne sai se non potevo gio­care altro?
Cissie - Giochi o non giochi? Basta colle discussioni.
Hymie - Prince, fa' il tuo gioco. Cissie È sempre la stessa. Ormai non si riesce più nem­meno a giocare a «solo».
Prince gioca e gli altri seguono.
Sara - Ma guardatelo! Ora esce a quadri e vuole insegnare a me! (Apre).
Cissie - (mette giù le sue carte mostrando che non può esser battuta) Ecco! tre soldi a testa, per favore.
Si guardano le carte l'uno con l'altro, per vedere dove ognuno aveva sbagliato.
Sara - Be', non la potevo certo battere con la mano eh avevo!
Prince - E perché sei uscita a cuori, quando sapevi che ci avrebbe scartato sopra?
Sara - Perché volevo indicare l'apertura - non potevo far altro.
Hymie - Ma perché indicare l'apertura a cuori, quando sa­pevi che poteva non averne?
Sara - E come lo sapevo? Era la mia carta più bassa.
Cissie - Tu a «solo» non hai mai saputo giocare.
Sara - Ma fammi il piacere!
Cissie - Picche ! quelle dovevi giocare.
Sara - Picche? Mai!
Ricominciano tutti a parlare, finché non si sente un urlo che li ammutolisce. Viene dal cortile dei giochi, giù in basso ed è seguito da una voce di ragazza che grida.
Voce di ragazza - Philip, Philip, voglio il mio Philip. La­sciatemi stare andate via.
Voce di uomo - Va' a casa, t'ho detto, a casa, stupida! A casa.
Voce di ragazza - Non ci vado se non vedo Philip, lo amo! lo amo!
Cissie - Che stanno facendo? Un film? (Vanno tutti al bal­cone e guardano giù. Sara si muove sul balcone per ve­dere che succede). Non vedo nulla. C'è sempre qualcosa in questi appartamenti l'altra settimana una donna provò a uccidersi col gas. Venite, rientriamo. (Tornano nella stanza).
Harry - Che è successo?
Prince - I tuoi vicini fanno festa,
Sara è andata a vedere chi è morto.
Hymie - Perché, quella donna si voleva ammazzare?
Cissie - (si solleva la sottana per scaldarsi il sedere) E chi lo sa perché una donna di trentadue anni si vuole ammazzare? Questi appartamenti sono ognuno un mondo a parte. Vivi una intera vita qui e non conosci il tuo vi­cino di porta.
Harry - Io non-io non-io non...
Cissie - Lo vuoi scrivere?
Harry - Io non la conosco la donna al piano di sotto, an­cora no. (Tutti sorridono per lui. Fatto il suo discorso, Harry torna a fissare il fuoco).
Sara - (rientra) Ragazzi! Non san che fare dell'anima loro. Pare che avesse passato la serata a guardare la televisio­ne con Philip, un film giallo o qualcosa del genere, e lui continuò a farle paura. A farle paura! Non sanno fare al­tro. Lei è tornata a casa tardi e suo padre gliele ha suo­nate, e lei è scappata chiamando Philip. Il grande aman­te! È venuto fuori in pigiama a consolarla!
Cissie - (andando a prendere il cappotto) Be', Sara, ho avuto una buona cena, un bel gioco e ora me ne vado prima che tu lavi i piatti. Si direbbe che Ronnie non l'ha preso quel treno.
Sara - Non ci capisco niente. Ha scritto che partiva da Pa­rigi stamattina alle otto.
Hymie - Be', ormai son quasi le dieci e mezzo e me ne vado anch'io.
Prince - Anch'io, Sara.
Sara - Non prendete almeno una tazza di tè? È tanto che non giocavamo più! Harry e io non vediamo quasi nes­suno, di questi tempi.
Hymie - È stata una bella serata, Sara. Perché non vieni su da noi qualche volta? Io son sempre in casa.
Sara - Come faccio a lasciare Harry, ormai?
Cissie - Buonanotte, Sara.

Hymie bacia Sara e Cissie bacia Harry e tutti se ne vanno.

Sara - (li saluta dal balcone e torna nella stanza. Raccoglie A carte e mette in ordine ) Harry, la vuoi una tazza di tè?


Harry - (si alza lentamente) Vado a letto.
Sara - Non aspetti Ronnie?
Harry - Io - io - io...
Sara - Io che?
Harry - Lo vedrò domattina.
Sara aiuta Harry a trascinarsi a letto, poi si siede in poltrona per leggere. Ma è stanca, lascia cadere il giornale e sonnecchia. Ronnie compare sul ballatoio, con le valige. Apre pian piano ed entra. Va in punta di piedi vicino a Sara e la guarda. Non è più il Ronnie entusiasta di un tempo.
Sara - (apre gli occhi e dopo averlo guardato per un attimo salta su e gli si getta fra le braccia) Mi ero addormen­tata.
Ronnie - Me ne sono accorto.
Sara - Credevo che fosse un sogno.
Ronnie - Forse sono un sogno.
Sara - (allontanandolo per guardarlo) Spero di no, Ron­nie. Oh Dio, spero di no! Non te ne andare un'altra vol­ta. Ero tanto sola senza di te e senza i tuoi amici. Non me ne importa di non aver soldi, si può sempre cavarse­la per il mangiare, lo sai, ma non ce la faccio più a star sola. (Comincia a piangere).
Ronnie - T'ho visto piangere una volta sola.
Sara - A che serve piangere?
Ronnie - A volte vorrei poter piangere. Forse se tu avessi pianto più spesso sarebbe stato più facile.
Sara - È soltanto che non ce la faccio più, ecco. Tre volte alla settimana tuo padre ha quell'incidente, non ce la faccio più. Son vecchia ormai.
Ronnie - E chi te lo dice che io ce la farò?
Sara - Tu? Ma di che parli? Certo che ce la farai. Sei gio­vane, no? Ti sistemerai.
Ronnie - Io... io sto male, Sara.
Sara - Male?
Ronnie - Oh, non fisicamente. Son tornato per questo.
Sara - Ti piaceva il posto dove lavoravi? Scrivevi sempre che eri felice - che esperienza è stata.
Ronnie - Odiavo la cucina.
Sara - Ma...
Ronnie - Io - odiavo - la - cucina! Gente che andava e ve­niva e ci stava troppo poco per cominciare a capirsi. Lo sai che ho scoperto, alla fine? Son tutte balle! Quest'i­dea di guadagnare qualche soldo onesto sono tutte bal­le! Un uomo può lavorare tutta la vita, e quando ha ses­santacinque anni si ritiene ricco se ha messo da parte mille sterline. Ricco! tutta una vita di lavoro in un buon impiego, solido, d'avvenire, piacevole! Per ogni diretto­re di ristorante ci sono venti cuochi terrorizzati dalla vecchiaia. Ecco cosa siamo - gente terrorizzata dalla vec­chiaia, che spera in una vincita al Totocalcio. Son tutte balle, Sara.
Sara - Ti faccio il tè. Hai fame?
Ronnie - No, non voglio nulla, grazie - ho voglia di par­lare con te di qualcosa.
Sara - Ma devi mangiare, hai viaggiato tutta la notte.
Ronnie - (categorico) Non voglio mangiare. Voglio parlare.
Sara - Allora faccio soltanto il tè. L'acqua è pronta, siediti e lasciati andare, e poi vai a dormire. Vedrai che domat­tina starai meglio.
Ronnie - Ancora ottimista, mamma. Cibo e sonno e non c'è nessun motivo perché uno sia infelice.
Sara - (dalla cucina) Sarebbe stato un bell'affare tutti que­sti anni se non fossi stata ottimista!
Ronnie - Come sta Harry?
Sara - (entra con due tazze dì tè) Lo vedrai domani: era troppo stanco per aspettarti. Vuoi dei biscotti? O un pezzo di torta? Guarda, la torta l'ho fatta proprio per te, quella che ti piace di più.
Ronnie - (forte) Mamma, smettila di agitarti. Scusami!

Sara - Così torni a casa? Appena entri gridi? Ti pare un bel modo di tornare?

Ronnie - (è chiaro che ha qualcosa che lo sconvolge) Sei an­cora nel partito?


Sara - (ironicamente) Sì.
Ronnie - Attiva?

Sara - E così?

Ronnie - (a un tratto) M'immagino che tu non ti sia curata di leggere quel che è successo in Ungheria.


Sara - Ungheria?
Ronnie - Guardami, mamma. Parlami! Prendimi per mano e dimmi chi aveva torto e chi aveva ragione. Mostrame­lo. Fallo per me. Io son qui e mille voci diverse mi spac­cano la testa. Sai, non vedevo l'ora di tornare per accu­sarti.
Sara - Accusarmi?
Ronnie - Tu non me l'hai mai detto che c'erano dei dubbi.

Sara - Che dubbi? Di che parli?


Ronnie - Tutto ti rovina attorno e tu non te ne accorgi.
Sara - (gridando) Ma che, che, che, pazzo? Spiegati.
Ronnie - Che cosa ne è stato di tutti i compagni, Sara? Mi vergogno a chiamarli cosi. Compagni! Perché arrossi­sco? Perché mi vergogno a dire parole come democrazia, libertà, fratellanza? Non voglion più dir niente. Non ho più nulla da scrivere intorno a nulla. Te lo ricordi quan­to scrivevo? E volevo diventare un grande scrittore so­cialista. E ora non riesco a capire una sola parola, una semplice parola. Mi guardi come se parlassi turco. Ma non ti ha fatto male leggere dell'assassinio del Comitato ebraico antifascista nell'Unione Sovietica?
Sara - Anche tu. Monty Blatt è venuto qualche mese fa: diceva le stesse cose, anche lui è uscito dal partito. Ora ha una drogheria a Manchester.
Ronnie - E Dave e Ada nei Cotswold, e Prince che lavora da un rivenditore, e zio Hymie che se ne sta tranquillo in casa, e zia Cissie l'ex attivista entusiasta che gira da un parente all'altro. Che c'è successo? Ci hanno imbro­gliato o ci siamo imbrogliati da noi stessi? Non lo so, Dio del Cielo - non lo so! Non lo capisci che vuol dire ad un tratto non sapere? (Cade in una poltrona) E la cosa tremenda è che non me ne importa più niente.
Siedono in silenzio per qualche secondo.
Sara - Bevi il tè, caro.
Ronnie - (chiude gli occhi e parla) Sai che c'è di male, mam­ma? Non lo indovini?
Sara - Tu sei stanco, Ronnie.
Ronnie - Tu lo sai dov'è il male. Ma non lo vuoi ammet­tere.
Sara - Domattina starai meglio.
Ronnie - Pensaci sul serio. Guardami in faccia. Guarda il mio naso e i miei occhi infossati. Anche la fronte mi sfugge.
Sara - Ma perché non mi ascolti? Vai a letto e...
Ronnie - Le istituzioni politiche, la società - alla gente glie­ne importa poco.
Sara - Ronnie.
Ronnie - Non c'era qualcuno che odiava il lavoro, e non sopportava la disciplina della vita quotidiana, e non ca­piva se stesso e si dette per vinto?
Sara - (spaventata) Sei matto?
Ronnie - Io ho perso la fede e l'ambizione. Ora lo com­prendo benissimo e vorrei non aver tanto alzato la voce con lui.
Sara - Sei pazzo!
Ronnie - (si alza, apre gli occhi e grida) Lo sai che ho ra­gione! Tu ragione non l'hai mai avuta, su nulla. Tu vo­levi che tutti fossero felici, ma felici a modo tuo. Fra­gole e panna per tutti, che lo volessero o no. E ora guar­da che accade. Hai sempre voluto una famiglia, e si è sgretolata, e il grande ideale che hai sempre amato ti è esploso sotto gli occhi. Ma tu non te ne vuoi accorgere. Tu rifiuti di accorgertene, non so come fai, ma lo fai, lo fai e basta. (Più forte) Sei un caso patologico, mamma - lo sai? Sei ancora comunista. (Vorrebbe rimangiarsi le parole, ma non sa più esprimersi).
Sara - Va bene! Allora sono ancora comunista! Uccidimi allora! Sono comunista. Lo son sempre stata - da quan­do tutto il mondo era comunista. Lo sai? quando eri pic­colo e c'era la disoccupazione e tutti la pensavan così, il mondo era tutto comunista. Ma ora è diverso. Ora la gente se l'è scordato. A volte penso che non vai la pena battersi per loro, perché dimenticano. Dagli qualche se 1 lino in banca e ci comprano un televisore e cosi pensati che tutto è finito, che non c'è altro da avere, e che no° hanno più bisogno di pensare. È questo che vuoi? Un mondo di gente che non pensa più? Questo vuoi che ti basti - un televisore? Ma guardalo! Mio figlio! Vuol morire!
Ronnie - Non mi ridere in faccia Sara.
Sara - Vuoi che pianga ancora? Dobbiamo sederci tutti a piangere?
Ronnie - Le cose non le vedo più nere e bianche come te I miei pensieri continuano a scoppiare come bolle. Lo sai, questa è la mia vita, tante bolle che scoppiano.
Sara - E chiama me un caso patologico! Pop-pop-pop. Cre­di che non mi faccia male - le notizie dall'Ungheria? Pensi che io lo sappia quel ch'è successo o quel che non è successo? Chi lo sa di noi? E di chi mi posso fidare ora? Dio! Chi sono i nostri amici ora? Ma è tutta la vita che lotto! Con tuo padre e col marcio sistema che non poteva aiutarlo. Tutta la vita ho lavorato con un partito che voleva dire gloria, libertà, fratellanza. E vuoi che lo abbandoni ora? Vuoi che vada a stare a Hendon e mi scordi chi sono? Se l'elettricista che viene ad accomoda­re una valvola sbaglia e la fa saltare, devo smettere di usare l'elettricità? Devo smettere di accendere la luce? Il socialismo è la mia luce, lo vuoi capire? un modo di vita. Un uomo può esser bello - odio i brutti - non posso sopportare la meschinità e le liti e la gelosia - devo avere la luce, sono una donna semplice Ronnie, e de­ vo avere luce e amore. (Ronnie la guarda con intenzio­ne). Tu pensi che non ho amato abbastanza tuo padre, vero? Sai che ti dico? Quando Ada ebbe la difterite e io ero incinta, chiesi al babbo di portarla all'ospedale. E lui non volle. Non avevamo soldi perché non voleva lavorare, e io non sapevo che fare. Lui spari. La salvò la signora Bernstein, te la ricordi? No, non te la puoi ricordare. Morì prima che tu nascessi. Fu la minestra della signora Bernstein. Ada sente ancora il sapore - brodo di pollo coll'orzo. Lei dice che è un sapore... amichevole, domandaglielo. Fu quella che la salvò. Nemmeno i miei fratelli avevano soldi, allora, e una crosta secca con una di tè era una manna. Ma il babbo aveva i soldi dell’assistenza. gli dissero che l'avevan visto mangiare tramezzini di carne salata da Bloom. Non gliene importava niente. Forse era la sua malattia, allora, chi lo sa? Non è mai stato un uomo cattivo in fondo. Non ci ha mai picchiato, o bevuto, 0 giocato - non era né volgare né rozzo, e aveva sempre degli amici. E allora cos'è che non andava? Io non l'ho mai compreso. Riuscivo soltan­to a litigare perché non gliene importava. Guardalo, ora! Non gli importa di vivere. Non gli è mai importato di spogliarsi completamente la sera e mettersi il pigiama. Non gliene importava di farsi la barba o di lavarsi; o di esser puntuale o di tornare a casa! e ora va per casa coi pantaloni sbottonati, e le scarpe sciolte, perché non gli importa di combattere la sua malattia, e il sudiciume gli si accumula attorno. Non gliene importa. E così ci litigavo perché non gliene importava. Litigavo con tutti quelli che non gliene importava. Tutte le autorità, i ne­gozianti, anche oggi quei funzionari puzzolenti, li potrei conquistare con niente, anche ora li combatto. E tu vuoi diventare come loro? come tuo padre? e allora combat­terò anche con te.
Ronnie - E perderai un'altra volta.
Sara - Ma tuo padre era un uomo debole. Potresti fare una sola delle cose che fece lui?
Ronnie - Non me ne meraviglierei.
Sara - Ronnie, tuo padre non avrebbe mai abbandonato sua madre per andarsene all'estero come hai fatto tu. Non te lo dico per mortificarti, ma al contrario perché tu lo sappia, perché te ne importi. Impara da noi, per amor di Dio, impara da noi! Che importa che tuo padre sia un debole, o che il tuo padrone sia un imbecille? Sono es­seri umani.
Ronnie - Ma questo non vuol dire nulla.
Sara - Ci saranno sempre esseri umani, e finché ci saranno esisterà anche il concetto di fratellanza.
Ronnie - Non vuol dir nulla.
Sara - Malgrado gli esseri umani.
Ronnie - Nulla!
Sara - Malgrado loro.
Ronnie - Non vuol dire...
Sara - (esasperata) E va bene! Nulla, dunque! Tutto finisce in nulla! La gente va e viene, le guerre distruggono le disgrazie uccidono e le pestilenze affamano - e noti vuol dir nulla! La filosofia? Vuoi la filosofia? Nulla si-gnifica nulla! Ecco! La filosofia! lo so. E così? Nulla. Disperazione - e allora crepiamo pure! Questo otterremo? Morire? (Dolcemente) Ma tu non vuoi, Ronnie. E allo­ra che importa se nulla ha significato? Quando sai que­sto, puoi ricominciare. Ronnie, ti prego, non lasciarmi finire la vita pensando che ho vissuto per nulla! Ce la siamo cavata, no? Con tante ferite, ma ce la siamo ca­vata. Mi senti, Ronnie? (Lo stringe a sé e si lamenta) Bisogna che te ne importi, bisogna che te ne importi, o se no morirai.
Ronnie - (si stacca da lei e si allontana. Prova a dire qualco­sa - a spiegarsi. Alza le braccia e qualche suono indistin­to gli esce dalle labbra) Io - io non posso. È troppo per me - ancora no. È troppo grande perché me ne im­porti. Io... io... (Raccoglie la sua borsa e va verso la sua stanza, tremando - mormorando) È troppo grande, Sa­ra, troppo grande!
Sara - (gli grida dietro) Morirai - morirai - se non te ne importa, morirai! (Ronnie si ferma sulla porta). Ronnie, se non te ne importa, morirai!
Egli si volta lentamente e la guarda in faccia.


Sipario.

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