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Solennità dell’Immacolata Concezione – 8 dicembre 2009 Omelia del vescovo Luciano Monari Brescia, chiesa di S. Francesco Celebrazione “Ceri e Rose”


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Solennità dell’Immacolata Concezione – 8 dicembre 2009

Omelia del vescovo Luciano Monari

Brescia, chiesa di S. Francesco - Celebrazione “Ceri e Rose”
Adamo è l’uomo, ogni uomo. È l’uomo che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza, al quale ha affidato la cura del giardino di Eden. È l’uomo creato maschio e femmina perché l’amarezza dell’isolamento sia sanata dalla gioia della comunione. Ma è anche l’uomo che si ritrova lacerato in frammenti, spezzato, impaurito. La domanda di Dio: “Dove sei?” vuole suscitare nell’uomo la consapevolezza della sua condizione. Non si tratta di indicare le coordinate topografiche del luogo dove Adamo si trova, ma di definire la qualità del suo rapporto con Dio, con gli altri, con se stesso. Sembra che Dio voglia dire: “Adamo. non sei dove dovresti essere; perché? Ti ho donato la mia gloria e ti trovo immerso nell’oscurità; ti ho fatto per il dono e sei ripiegato su te stesso. Perché? Che cosa ti ha ridotto così?” E Adamo risponde: “Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto.” Nudo, quindi indifeso, inerme; nudo, quindi impaurito, a disagio; ‘mi sono nascosto’ lontano da Te, dal tuo sguardo, alla ricerca di un luogo protetto, che mi faccia sentire sicuro.

Viene da chiedersi come mai solo ora l’uomo prenda coscienza della sua condizione di fragilità. Non sembrava impaurito, l’uomo, quando Dio gli affidava il giardino da lavorare e da custodire; sembrava un re quando imparava a riconoscere gli animali e dava a ciascuno il suo nome; ed era sicuro di sé, pieno di gioia quando Dio, per liberarlo dalla solitudine, gli aveva presentato la donna “carne dalla sua carne e ossa dalle sue ossa”. Come mai ora è impaurito? L’uomo ha tentato la scalata all’onnipotenza, all’autoaffermazione e l’ha voluta tentare senza Dio, contro Dio, in concorrenza con Dio; semplice mortale com’è, non è riuscito a conquistare la meta e si ritrova debole; ha sfidato Dio e non riesce più a fidarsi di lui, lasciato a se stesso sente tutta la sua piccolezza di fronte a un mondo che gli appare minaccioso: “Sono nudo, ho paura, mi sono nascosto.”

Si parla molto, in questi tempi, di un uomo frantumato, che non riesce a raccogliere in unità i pensieri, i sentimenti, le decisioni, le azioni; che non riesce a custodire una forma coerente e finisce per essere preda di ogni seduzione. Ebbene, questa frammentazione inizia nel giardino di Eden. “La natura umana fu spezzata in mille pezzi” scrive Massimo il Confessore “e ora ci dilaniamo gli uni gli altri come bestie feroci.” E sant’Agostino parte dall’osservazione che il nome greco Adam è l’acrostico dei quattro punti cardinali (anatolè, oriente; dysis, occidente, àrktos, il settentrione e mesembrìa, il mezzogiorno) e interpreta: Adamo “concentrato una volta in un solo luogo, è caduto, ed essendosi in qualche maniera frantumato, ha riempito dei suoi frantumi il mondo intero.”

Di questa frammentazione si vede benissimo l’origine quando Dio interroga l’uomo sul suo peccato: “Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo detto di non mangiare?” La risposta dell’uomo è istintiva e proprio per questo rivelatrice: “La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato.” Come a dire: è colpa della donna; o addirittura: è colpa tua che mi hai messo accanto la donna. La donna era stata presa dalla costola dell’uomo perchè fosse chiara la comunione che doveva unirli: “Per questo – è scritto – l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno un’unica carne”, per affrontare insieme le sfide della vita, per condividere le gioie e le fatiche. E invece no: l’uomo scarica addosso alla donna la colpa e cerca così di sottrarsi alla sua responsabilità; invece della solidarietà subentra un principio di contrapposizione. L’uomo appare ripiegato egoisticamente su di sé: fin che nutriva fiducia in Dio, sapeva anche aprirsi all’altro; lontano da Dio, senza Dio, incomincia ad avere paura e considera l’altro uno strumento da sfruttare per sottrarsi al peso della vita.

Si parte da qui per comprendere Gesù come ‘nuovo Adamo’; anche lui, Gesù, come il primo Adamo, è tutti gli uomini. Ma, diversamente dal primo Adamo, custodisce una fiducia totale in Dio, consegna a Dio la difesa della sua vita e questo gli permette di custodire un amore senza riserve verso gli altri uomini. In Gesù, scrive Paolo, Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale; in lui ci ha scelti per essere suoi figli adottivi, a lode della sua gloria. La redenzione si compie in Israele, ma raccoglie tutti gli uomini. Gesù è Ebreo, ma la sua opera è la rigenerazione dell’umanità intera. Se il peccato è stato un’opera di disgregazione, la redenzione è un cammino di riconciliazione.

Gesù muore, dice il vangelo di Giovanni “per riunire i figli di Dio che erano dispersi.” Con la sua morte, aggiunge san Paolo, egli ha distrutto il muro che separava il mondo giudaico e il mondo pagano, simbolo di tutte le barriere che separano gli uomini e li rendono nemici gli uni degli altri. La croce di Gesù esprime simbolicamente questo effetto della morte di Cristo: il braccio verticale unisce cielo e terra, Dio e uomo: in Cristo Dio ha donato il suo amore all’uomo e, sempre in Cristo, l’uomo ha offerto la sua fiducia obbediente a Dio. Il braccio orizzontale della croce unisce oriente e occidente con un legame indissolubile di fraternità.

Se siamo qui a celebrare l’eucaristia è perché crediamo in questo dinamismo di comunione, ne siamo stati afferrati e siamo decisi a viverlo. Sappiamo bene che la comunione sulla terra non sarà mai definitiva e completa; e sappiamo che la cifra della comunione non è la baldoria ma la croce; ma sappiamo anche che solo essa, la comunione, corrisponde all’umanità dell’uomo – non la contrapposizione. Per questo interpretiamo i conflitti e le guerre, pur così frequenti e dolorosi, come segni di regressione rispetto alla novità della croce di Cristo, come residui di una logica che è definitivamente superata e destinata a cadere di fronte alla forza della redenzione di Cristo. Questo è il senso profondo del monogenismo biblico che fa derivare l’umanità intera da un’unica coppia, da un unico Adamo. Non è, naturalmente, un’affermazione scientifica, che nasca da osservazione empirica e dallo studio dei patrimoni genetici; è invece, con tutta la sua forza, un’affermazione teologica, e delle più profonde. Un testo famoso del Targum si chiede perché Dio abbia voluto che l’umanità intera discenda dall’unico Adamo; e risponde: “Perché nessuno possa dire a un altro: mio padre valeva più del tuo. E perché tu sappia che chi uccide un uomo è come se avesse ucciso il mondo intero; e chi salva un uomo è come se avesse salvato il mondo intero.”

Si tratta, allora, di formare dentro di noi, uomini concreti e particolari, Adamo, l’uomo universale; si tratta di formare dentro di noi Cristo, nuovo Adamo, in modo da essere in lui nuove creature. Fino a che io sono solo Luciano, correrò facilmente il rischio di essere ‘risentito’ quando mi confronto con Antonio o Luisa (nella carriera, nel successo, ma anche semplicemente nelle piccole soddisfazioni quotidiane); se riuscirò a vedermi e a vivere come ‘Luciano in Cristo’ e se riuscirò a vedere e trattare ogni persona umana come persona che esiste ‘in Cristo’ o che è ‘chiamata a esistere in Cristo’, la prospettiva cambia e di molto. Non si tratta di proporre un ‘embrassons-nous’ sentimentale e stupido, ma di costruire con scelte sagge, graduali e mirate una società che demotivi l’aggressività egoistica e privilegi la crescita delle relazioni umane.

Qui emerge la funzione decisiva e insostituibile di Maria, che oggi veneriamo concepita senza legame alcuno col peccato e con l’egoismo, inserita da sempre nel dinamismo della grazia e della comunione. È lei la creatura concreta attraverso cui Cristo, Verbo eterno del Padre, è entrato nel mondo. È solo imitando lei che noi possiamo accogliere nella nostra vita la presenza rigeneratrice di Cristo. A lei, amata da Dio e colmata di grazia, il messaggero divino annuncia il concepimento di un Figlio che compie le promesse profetiche; a lei viene promesso il dono dello Spirito perché si compia quello che supera immensamente le possibilità della creatura umana. Maria risponde: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola.” In questa risposta di fede obbediente Maria pone tutta la sua esistenza a disposizione della Parola di Dio perché la Parola prenda forma umana in lei – perché la sua vita prenda la forma della Parola di Dio.

L’identità cristiana nasce così. Tertulliano diceva che “cristiani non si nasce ma si diventa”; voleva dire che l’identità cristiana non è mai solo un’eredità di cui si può godere passivamente, come un ricco patrimonio genetico. È invece un’identità che si forma assumendo personalmente, nella fede, il dono della Parola di Dio, del vangelo e operando perché il vangelo imprima nella coscienza i valori che debbono dirigere le nostre scelte. Ci vuole, ricorda Benedetto XVI, “un’etica amica della persona”. E ci vuole il dono dello Spirito. L’impresa cui siamo dedicati è più grande di noi. Che non avvenga anche a noi di illuderci, come il primo Adamo, di essere da soli all’altezza della nostra vocazione. La nostra vocazione non è all’autosufficienza ma, come dice ancora il Papa, “l’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana.” Questo ci faccia desiderare lo Spirito Santo in noi e questo ci dia la forza di realizzare con la perseveranza dell’impegno quotidiano.

Santa Maria, Madre di Dio,

da sempre Dio ti ha guardata con favore e lo sguardo di Dio ti ha reso bella,

senza macchia né ruga, ma santa per la grazia di Dio.

Guarda con benevolenza noi che ti riconosciamo madre

e soccorrici nella nostra debolezza.

Liberaci dall’egoismo che ci soffoca

e ci fa vivere nell’isolamento e nella paura.

Donaci il coraggio di lottare contro il male che si trova dentro di noi

di rischiare i gesti dell’amicizia,

di vincere il male col bene.

. Come un tempo hai concepito nella fede il tuo figlio Gesù

così oggi accendi dentro di noi la vita della grazia

e insegnaci a farla crescere con la perseveranza

fino alla pienezza del dono



fino al compimento dell’amore.


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