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Corso di laurea in ingegneria dei materiali corso di scienza e tecnologia dei materiali ceramici


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FACOLTA’ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA DEI MATERIALI

CORSO DI SCIENZA E TECNOLOGIA DEI MATERIALI CERAMICI


A.A. 2002/2003

Prof. Antonio LICCIULLI

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APPUNTI PRESI A

LEZIONE.

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Redatti da:
Avantaggiato Nicola 9M/1340
Marrazzi Stefania 9M/1211

Negro Piero 9M/1261

1a Lezione 10-3-2003


  • The slip casting process.

La tecnica dello slip casting, per quanto apparentemente semplice, rappresenta un’evoluzione di una tecnica risalente al XVIII secolo.

Una barbottina ceramica era colata all’interno di uno stampo di gesso, poi il materiale asciugava e consolidava. Oggi questa tecnica ha un’importanza strategica soprattutto nella lavorazione dei ceramici tradizionali (sanitari, bomboniere e vari oggetti di forma complessa), anche nel campo dei ceramici avanzati la tecnica dello slip casting ha molti vantaggi.




  • Master in slip casting.

Il colaggio dello slip (lo slip è una sospensione di liquido e polvere ceramica) consiste nel riempire uno stampo poroso, tipicamente in gesso, con uno slurry ceramico.

L’acqua è rimossa dalla sospensione attraverso l’azione capillare esercitata dallo stampo poroso. Per azione di questa rimozione dell’acqua le particelle ceramiche sono compattate sulla superficie dello stampo per formare un oggetto solido. Lo spessore di questa superficie dipende da tanti parametri. Uno dei parametri che si può controllare meglio è il tempo, anche se lo spessore non è una funzione lineare del tempo. Si potrebbe accelerare il processo di drenaggio da parte dello stampo aumentando la temperatura dello stesso. Industrialmente per aumentare la capacità di drenaggio si applica il vuoto dalla parte dello stampo.

Aspettando il tempo opportuno, magari calcolato attraverso una curva di calibrazione, si realizza lo spessore voluto.

Se si vuole realizzare un oggetto pieno è necessario rabboccare lo slip nello stampo, man mano che l’acqua è drenata, fino ad ottenere il completo riempimento dello stesso con un materiale che è tutto solido e pieno.

Il green, cioè l’oggetto ceramico formato ma non ancora trattato termicamente, durante l’essiccazione subisce un piccolo ritiro che lo rende facilmente staccabile dallo stampo.

Sul green essiccato si esegue in genere un primo trattamento termico, detto presinterizzazione, cioè un trattamento termico al di sotto della temperatura di sinterizzazione durante la quale si raggiunge una resistenza meccanica tale da permettere lavorazioni di finitura superficiali e dimensionali.

NOTA: un materiale ceramico si può considerare green anche dopo la presinterizzazione, nella quale si formano dei colletti di giunzione tra i grani della polvere ceramica.

In seguito il green ceramico sarà sinterizzato.

La parte più difficile nel processo di slip casting è, come si può facilmente notare, la realizzazione degli stampi. Sarà importante prendersi cura dello stampo, infatti, dopo l’utilizzo questo deve essere pulito e asciugato per essere riutilizzato.


  • Critical process steps in ………

Questa slide dà un’idea della complessità del processo di slip casting (le parti in grassetto sono le più importanti).

Per realizzare un oggetto ceramico tecnico si devono tenere sotto controllo molti fattori.Un capitolo molto importante riguarda il materiale di partenza (le polveri ceramiche).Queste polveri, una volta amalgamate con un solvente e dopo aver controllato il contenuto solido, la quantità di leganti agenti bagnanti, deflocculanti, additivi di sinterizzazione, serviranno a realizzare lo slip.

Una volta preparato lo slip sarà necessario valutare la viscosità ed eventualmente agire opportunamente per abbassarla.

Un altro parametro molto importante è “pattern end mold preparation” vale a dire la preparazione dello stampo. Durante lo slip casting si deve poi controllare la viscosità, la temperatura ed il grado di riempimento dello stampo (spesso per aumentare la capacità di drenaggio si applica il vuoto dall’altra parte dello stampo).

A livello industriale è comune il così detto random destructive inspection, questa pratica consiste nel distruggere un pezzo prodotto ogni tanto per un controllo interno della qualità.

Di notevole importanza è la cura dello stampo, infatti, dopo l’utilizzo, questo deve essere pulito e asciugato per un successivo riutilizzo.

In seguito l’oggetto ceramico rimosso dallo stampo sarà sinterizzato.


  • Slip casting benefits and drawbacks.

Vantaggi: è sufficiente un piccolo investimento di capitale per iniziare la produzione. Una volta che s’impara a manipolare lo slip ceramico è facile ottenere sospensioni di buona qualità , omogenee e adatte per il colaggio.

A differenza dello slip casting, ad esempio in un processo di formatura a secco, è necessario adottare tecniche molto complesse di granulazione e tutta una serie d’accessori costosi.



Svantaggi: c’è un minore controllo nell’accuratezza dimensionale, che in ogni è caso presente poiché la sinterizzazione comporta una riduzione dei vuoti nel materiale che densifica. Densificazione che può variare in conseguenza del fatto che le polveri si possono impacchettare più o meno bene.

Una volta che si è ottenuto un oggetto presinterizzato si deve ulteriormente lavorarlo oppure, se le specifiche dimensionali (richieste dal cliente) sono molto stringenti, ad esempio il centesimo di millimetro, l’unica cosa da fare è un processo di finitura con paste diamantate dopo la sinterizzazione, che però aumenta in maniera esponenziale i costi.

Un altro inconveniente dello slip casting è la velocità di produzione, molto più bassa di un processo di stampaggio. L’utilizzo di uno slip di bassa qualità può causare differenze di ritiro nel pezzo finito perché le polveri, impacchettandosi in maniera non omogenea, hanno un ritiro non uniforme.

Lo stampo, essendo in gesso, è estremamente deperibile (poiché solubile in acqua), sarà quindi necessario riprodurre gli stampi.



NOTA: un pezzo si può considerare green ceramico anche dopo una prima sinterizzazione in seguito alla quale, grazie alla formazione di colletti tra i grani, può essere lavorato meccanicamente.


  • Gesso.

Il gesso è un legante aereoidraulico . Il materiale di partenza è il solfato di calcio biidrato CaSO4­-2H2O che in natura si trova sotto forma di Selenite o Saccaroide.

Per ottenere il gesso utilizzato come legante è necessario disidratarlo attraverso un trattamento termico di poco superiore ai 100 °C (120-140°C). A questa temperatura avviene il processo di rimozione di una mole e mezzo d’acqua per mole di gesso e questo diventa emiidrato.

Un’ulteriore trasformazione si ottiene portando il gesso emiidrato sopra i 160°C.A questa temperatura il gesso perde un’ulteriore mezza mole d’acqua diventando anidro. In questa forma il materiale è molto meno reattivo ed inutilizzabile come legante.

Il gesso che si produce dal primo trattamento termico si suddivide in  e  .

La forma più diretta con cui si ottiene il gesso a Tamb è la  che è formata da microcristalli .Questa forma è anche quella che assorbe di più acqua perché più porosa .

Il gesso  si ottiene solo ad alta pressione e temperatura ed è costituito da granuli più grossi. In questo modo ha migliori caratteristiche di resistenza meccanica ma una minore capacità di drenare l’acqua per via del migliore impacchettamento.

I tipi di gesso  e  hanno essenzialmente la stessa struttura cristallina, si differenziano esclusivamente per le dimensioni dei grani e la porosità che riescono a produrre.

Il grano del gesso  ha una forma aciculare e s’impacchetta molto male, se si vogliono regolare le proprietà di uno stampo (resistenza meccanica e porosità) si devono controllare le percentuali di gesso  e  oltre alla quantità d’acqua per impastarlo.




  • Messa in opera de gesso.

Il gesso impastato con acqua indurisce in pochi minuti.

Il processo d’indurimento è la reazione inversa a quella del passaggio da gesso biidrato ad emiidrato. (La forma di emiidrato ottenuta ad alta temperatura è instabile a bassa temperatura ed alla presenza d’acqua è portata a convertirsi in biidrato). Il gesso emiidrato solubilizza molto velocemente in acqua e siccome la forma biidrato è molto più stabile risolidifica precipitando sotto forma aciculare assumendo una certa resistenza meccanica.

Poiché tra i cristalli del gesso non c’è un forte legame chimico (si tratta di particelle incastrate e con un leggero legame chimico) questo è molto fragile. La fragilità del gesso può essere un vantaggio perché lo rende uno dei pochi materiali inorganici lavorabili con macchine utensili.

Durante la solidificazione il gesso subisce un leggero aumento di volume che lo rende adatto come stucco per muratura.




  • Tipologie di gesso commerciale.

In base alla granulometria (gesso  o ) il gesso si presta a diverse applicazioni.

Il gesso può essere poi impastato con acceleranti o ritardanti la presa (se è impastato con potassio o sodio aumenta il tempo di presa).

Il gesso può comunque essere utilizzato ad alta temperatura se è impastato con materiali inerti che ad alta temperatura non si ritirano come la sabbia silicea.


  • Gypsum mold toughness and porosity.

La resistenza meccanica e la porosità sono qualità concorrenti. Gli stampi per lo slip casting hanno una bassa resistenza meccanica perché devono essere porosi. E’ necessario raggiungere un compromesso.

Nella slide si osserva che in funzione del rapporto acqua gesso aumentano o diminuiscono le caratteristiche meccaniche o di assorbimento. Più aumenta il quantitativo dell’acqua nell’impasto più aumentano i vuoti e diminuiscono le caratteristiche di resistenza meccanica.





  • Cast thickness as a function of coating time.

Lo spessore che raggiunge il materiale nello slip casting non è funzione lineare del tempo ma dipende da molti parametri. Esso è funzione del volume del materiale colato rispetto al volume del liquido rimasto ed è inversamente proporzionale al fattore di impacchettamento delle polveri.

Un altro parametro importante è la resistenza al trasporto del liquido nel gesso e nel materiale ceramico.

Inizialmente ciò che determina la quantità di acqua rimossa è la porosità del gesso ma, non appena si forma il primo strato di materiale, è la sua porosità che determina la quantità di acqua rimossa sugli stati successivi. Nel gesso questo parametro rimane quasi costante,nel materiale ceramico dipende dal fattore di impacchettamento delle polveri. Se le polveri s’impacchettano molto bene la capacità di drenare l’acqua diminuisce notevolmente.(A livello industriale per tener conto di tutti questi fattori si costruisce una curva di calibrazione).


  • Particle size and loading effects.

Nello slip casting in generale si vuole un green ceramico che sinterizza a basse temperature per risparmiare tempo ed energia. Per ottenere questo risultato è necessario scegliere attentamente le dimensioni delle polveri.

Per ottenere il max dell’impacchettamento (circa il 75%) è necessario scegliere una polvere con una distribuzione bimodale in modo che il rapporto tra le particelle piccole e quelle grandi sia di 7 : 3 .

Nella formulazione di uno slip ceramico si devono utilizzare il 70% in peso di particelle grosse ( 2 m) ed il 30% in peso di particelle piccole ( 0.5- 0.7 m ).Inoltre il rapporto tra i diametri delle particelle grosse e piccole deve essere almeno 7 : 1 .

Questi valori portano al max valore dell’impacchettamento dopo il colaggio. L’alto impacchettamento che si ottiene in sistemi bimodali dipende dal fatto che le particelle piccole occupano gli interstizi formati da quelle grosse. Se si vuole ottenere una più alta densità si può utilizzare una distribuzione di polveri trimodale che rispetti quanto appena detto per le distribuzioni bimodali .

Il fattore di impacchettamento massimo “packing factor max PFmax ” è calcola calcolabile come:

Pfparicelle grossre + ( 1- Pfparicelle grossre )  Pf particelle intermedie + ( 1- Pfparicelle grossre )  (1- Pf particelle intermedie )  Pf particelle fini

Il miglior rapporto aqua-polvere, che garantisce da una parte un buon impacchettamento e dall’altra una buona fluidità, è quello che prevede il 40-50% in volume di contenuto solido .Se il contenuto di polvere ceramica è superiore a questi valori si rischia di realizzare un impasto troppo denso e difficile da colare, se il contenuto in solido è più basso si rischia di avere un green body troppo poroso e delicato da maneggiare.


  • Proprietà reologiche.

Quando le dimensioni delle particelle nella soluzione diventano molto piccole (in questo caso si parla di sospensioni colloidali) le interazioni di tipo elettrostatico ,di Van Der Waals, dipolo-dipolo sono tali che le proprietà reologiche (scorrimento) mutano completamente.

Soluzioni di particelle colloidali già per contenuti di solido del 3-4% gelificano (la fase solida e liquida si permeano completamente).

Questo tipo di materiali ,non essendo legati chimicamente ma tramite incastri fisici e deboli forze, se sottoposti ad un adeguato shear rate (scuotendoli energicamente) tornano fluidi , se invece sono lasciati in quiete riassumono la forma di gel .I fluidi con queste caratteristiche sono detti di Bingham.

Consideriamo un fluido contenuto tra due piastre, se una delle due piastre è messa in movimento rispetto all’altra, il fluido avrà una serie di regioni di flusso di velocità, la parte più vicina alla piastra in movimento seguirà la velocità di quest’ultima mente lo strato di fluido vicino all’altra piastra sarà fermo. Si viene quindi a stabilire un gradiente di velocità tra le piastre con un moto del fluido laminare.

Quando il gradiente di velocità è proporzionale allo stress applicato si dice che il fluido è Newtoniano ed è possibile applicare la relazione :

= (-dV/dt) = 

= shear stess

’= shear rate


La costante che lega lo shear rate allo shear stress è la viscosità del materiale. Questa relazione vale solo per fluidi Newtoniani, in tutta una serie di fluidi non Newtoniani c’è un andamento più irregolare ,che può essere una legge esponenziale con una costante qualsiasi.

Per esprimere nuovamente la viscosità in termini lineari rispetto allo shear stress si definisce come viscosità del materiale l’esponente n-1 (anche se effettivamente non è una viscosità in qualche modo si può assimilare alla resistenza totale offerta dal liquido).

Quando n <1 il fluido è detto pseudoplastico,questo comporta che man mano che cresce lo stess la viscosità tende a diminuire. Un fluido di questo tipo è costituito da molecole che non sono inizialmente allineate ma che lo diventano per effetto dello stess diminuendo in questo modo la viscosità.

Quando n >1 il fluido è detto dilatante .In questo caso se il fluido è soggetto a basse sollecitazioni scorre liberamente ma sollecitato con forti stess comincia a generare attriti.




  • Yeld stress e tissotropia.

Come detto precedentemente una sospensione colloidale ,essendo un fluido di Bingham ,per essere messa in movimento necessita di uno stress aggiuntivo oltre a quello necessario allo scorrimento .

Lo stress iniziale da dare ad una soluzione di questo tipo è y (Yield stress) e corrisponde ad una soglia iniziale di sollecitazione per renderla liquida.

Solo la differenza dello stress rispetto allo stress iniziale mette in movimento il fluido :

- y = p

p è la viscosità plastica e si può legare alla viscosità apparente tramite un termine aggiuntivo legato allo Yield stress :

a = p +y /

Un liquido è tissotropico quando la sua viscosità apparente diminuisce col tempo. La tissotropia si verifica in fluidi pseudoplastici e di Bingham dove le sollecitazioni meccaniche sono tali da far diminuire la viscosità. La tissotropia è un fenomeno reversibile.



  • SLIDE 22.

Un fluido Newtoniano , avendo una proporzionalità diretta tra s. rate e s. stress, ha un comportamento lineare.

In un fluido pseudoplastico la curva subisce un abbassamento e la viscosità diminuisce all’aumentare dello shear rate

Un fluido è dilatante quando all’aumentare dello shear rate la viscosità subisce un impennata rispetto al comportamento lineare.

Nella tabella in basso (della slide) sono riportati i valori tipici di shear rate per vari processi tecnologici .

Un’azione molto debole ,che può essere quella di livellamento per gravità,

ha un valore di shear rate pari a 10-1 sec-1 .L’intervallo di shear rate nel processo di colaggio (pouring) è tra 100 e 10 1.

Quando si prepara uno slip ceramico quello che si deve ottenere e che, dopo averlo agitato un po’, questo sia poco viscoso.

L’azione di spennellata e di spray corrispondono a grossi shear rate nel fluido.

In conclusione una sospensione ceramica , o più in generale un fluido non Newtoniano, è caratterizzata da un intervallo di parametri di viscosità che varia con lo shear rate.


  • Viscosità degli slip.

Per stabilire la viscosità di una sospensione è necessario valutare inizialmente la viscosità del liquido che non contiene la polvere.

Il rapporto tra la viscosità della soluzione e la viscosità del liquido è detta viscosità relativa r .Questo parametro è funzione della frazione volumetrica di solido nel liquido:



r = 1+kh f vp

f vp è la frazione volumetrica di particelle nel liquido

Maggiore è il contenuto solido maggiore è la viscosità relativa.

Per caratterizzare la viscosità è necessario tener conto di un altro parametro il fattore di forma idrodinamico kh che contraddistingue a parità di frazione volumetrica di solido due sistemi in cui la forma delle particelle cambia.

Esiste comunque una legge generica ricavata empiricamente che fa variare tramite un esponente la viscosità relativa :

r = ( 1- f vp )- k f


  • Viscosità delle sospensioni.

L’andamento tipico della viscosità in una sospensione ceramica con l’aumentare della frazione volumetrica di solido nel liquido fino a 30-40% e per forme sferiche di particelle e quasi uguale a quella del liquido non caricato.

A secondo del fattore idrodinamico interviene una soglia limite per cui, dopo un certo volume di solido, si ha un’impennata del valore di viscosità passando da 4-5 mPa/sec a diversi Pa/sec (l’acqua ha una viscosità di 1mPa/sec il dentifricio 4-5 Pa/sec.

Nella formulazione di uno slip ceramico si deve utilizzare la max frazione volumetrica di solido nel liquido per evitare un’alta porosità nel green e nello stesso tempo non si deve oltrepassare un certo valore limite per non compromettere le proprietà reologiche e la colabilità.

-caricamento delle particelle di argilla


La viscosità delle sospensioni ceramiche è una proprietà che oltre a dipendere dalla forma geometrica delle particelle dipende molto dalle interazioni tra esse .

Le argille come visto nel corso del 4° anno sono dei fillosilicati che naturalmente si caricano elettrostaticamente grazie al fenomeno dello swelling (gli strati di argilla si staccano perdendo gli ioni intrappolati)

In questo modo l’aggregazione delle particelle è impedita.
2a Lezione 12-03-2003


  • Ceramici avanzati (fine ceramics)

I ceramici avanzati sono dei materiali altamente ingegnerizzati ,dalle alte prestazioni ,predominantemente non metallici ed inorganici con attributi funzionzionali speciali (questa def . è molto generale).

Un ceramico tradizionale invece ha degli attributi più specifici perché ,nella definizione ISO, si parla di materiale non organico e non metallico.

Quando si parla di ceramici avanzati bisogna pensare a dei materiali pensati, voluti fortemente e quindi altamente ingegnerizzati . (Ingegnerizzare un materiale significa pensarlo progettarlo e realizzare le opportune tecnologie per crearlo).

Perché un materiale sia avanzato bisogna che serva a qualcosa di speciale e quindi deve avere speciali attributi funzionali. La tecnologia dei ceramici è un “enabling technology “ cioè una tecnologia che permette di realizzare qualcosa e rappresenta una discriminazione tra uno stato ricco ed uno povero.




  • lucido torta riassuntiva”

L’approccio moderno parte dalla funzione, vale a dire da cosa è necessario per realizzare un dato progetto (mercato demand pull in pratica tirato dalla domanda). I materiali in se non hanno valore ma ne acquistano molto se servono qualcosa.

I materiali ceramici servono a molte applicazioni in particolare, sulla parte più esterna della figura, si può notare un elemento ricorrente l’allumina che ha applicazioni interessanti nei più svariati settori grazie anche al suo basso costo. Questo ceramico è utilizzato per la sua alta resistenza meccanica, agli agenti chimici e alla temperatura (se è pura fonde a 2050 °C ). Tipicamente anche se si lavora con allumina pura le condizioni massime di utilizzo difficilmente superano i 1850 °C e ciò deriva dal fatto che a temperature vicine a quelle di fusione avvengono fenomeni di creep e ricristallizzazione che riducono drasticamente le proprietà meccaniche .

Un grosso problema dell’allumina è la bassa resistenza agli shock termici dovuta all’alta espansione termica.

Dal punto di vista ottico l’allumina può essere traslucente e ciò deriva oltre che dal processo produttivo anche dal materiale di partenza.

Per quanto riguarda le proprietà elettriche è il più venduto materiale tra i ceramici grazie al suo elevato potere dielettrico. Non è inoltre da trascurare l’utilizzo in campo medico essendo questo materiale bioinerte ( le cellule umane non lo riconoscono né come affine né come pericoloso).


  • Schema di processo per la produzione di allumina

Il materiale di partenza è la bauxite (minerale molto abbondante nella crosta terrestre ) .

La bauxite, allo stato naturale, contiene, oltre all’Al(OH)3, dei contaminanti ed in particolare una gran quantità di ferro (Il ferro è sostituibile all’alluminio in termini di raggio cationico, valenza ecc. ecco perché la bauxite allo stato naturale è rossa).

Il materiale una volta prelevato dalle cave è macinato (grinding) ed immesso in un reattore chimico (digester) nel quale applicando temperature e pressioni piuttosto elevate, alla presenza di soda, si permette all’Al(OH)3 di formare un composto anionico Al(OH)4- che va in soluzione.

I contaminanti possono così essere separati dal composto che a temperatura ambiente riprecipita come idrossido.

(Un problema che riguarda il processo Bayer e che il sodio non può essere eliminato completamente).

Dopo il digester c’è il setting tank che permette di separare la soluzione di Al(OH)- dai contaminanti “RED MUD ”. La soluzione così purificata è fatta raffreddare nel cooler e fatta precipitare nel precipitator.

Una volta lavato e classificato l’Al(OH)3 può essere venduto così com’è col nome di Higlite.

Questo materiale è molto importante dal punto di vista industriale perché, essendo inerte (fino ad una certa temperatura) ed avendo un basso costo, può essere utilizzato come riempitivo (filler) di materiali plastici ( si lega molto bene con questi). L’Al(OH)3 in polvere è un ottimo protettivo termico perché, riscaldato ad alta temperatura, ha una fortissima entalpia di reazione per convertirsi in allumina (assorbe molta energia).

Una volta convertito in allumina è un materiale estremamente inerte, resistente e se proviene da una reazione veloce è anche molto poroso, isolante e protettivo termico attivo.

La trasformazione da idrossido d’alluminio in allumina è un processo che comincia a temperature superiori a 100 °C evolvendo acqua e ha termine, con una completa disidratazione dell’idrossido, intorno ai 500 °C (è un processo lungo che richiede molta energia)

Industrialmente se si vuole ottenere allumina si prende l’idrossido, ottenuto per precipitazione, è s’immette in un forno rotativo leggermente inclinato (rotari klin), in questo modo si ottenere un processo continuo.

Le polveri d’idrossido entrano nell’estremità più alta del forno e grazie al gradiente termico (la temperatura è più bassa alle estremità e più alta al centro) subiscono un trattamento termico che le converte in allumina.

Esistono vari tipi d’allumina, quella che ci interessa più da vicino è l’allumina  che si ottiene portando l’idrossido ad una temperatura superiore ai 1100 °C.La forma cristallina di tipo  è anche chiamata Corindone e nella forma perfetta è detta Zaffiro.


  • Mulini per ceramici.

Le polveri ottenute sia da un processo termico (come il Bayer), sia dal materiale fuso e poi raffreddato devono essere trattate, la prima cosa da fare,essendo in presenza d’agglomerati, è quella di ridurre la granulometria attraverso i mulini (mill) per ceramici.

Esistono vari tipi di mulini :rotary crusher (funzionano come un macinino da caffè) ,hammermill (a martello), crushing rollers (con rulli) .

Più le polveri sono fini maggiori sono i costi di produzione sia perché il materiale macinante si consuma sia perché l’energia richiesta è elevata .

Per ottenere granulati delle dimensioni di mm la tecnologia che si usa è quella dei rotary crusher o hammermill. Se le dimensioni che si vogliono ottenere sono molto inferiori la tecnologia usata quella de mulino a palle.

Questo mulino è costituito da un cilindro che contiene al suo interno delle biglie ceramiche molto dure a base d’allumina. Una volta messo in rotazione le biglie all’interno, raggiunta un certa altezza, ricadono schiacciando e frantumando i granuli ceramici che si trovano in mezzo. Con questa tecnica si possono ottenere polveri ceramiche fini delle dimensioni della frazione del m.

Nello scema della slide si può vedere che in funzione delle dimensioni d’alimentazione (feed size) e di quelle che si vogliono ottenere (product size) si devono utilizzare diverse tecnologie di macinazione.

I mulini a palle possono lavorare a secco e in umido. La macinazione più efficace è quella in umido, lo svantaggio e che le polveri devono essere essiccate.


  • Variazione del numero di unità Al2O3 per particella in funzione del diametro della particella.

Le polveri ceramiche possono essere suddivise in base alle dimensioni.

La polvere propriamente detta (powder) ha dimensioni che vanno dal m al centinaio di m e si presenta come agglomerati di grani di polvere per questo motivo è detto granulato. Ciò che si trova al di sotto del m è detto colloide perché le dimensioni di queste polveri sono tali che immesse in un solvente non riescono a sedimentare ma restano in sospensione.

Questo dipende dal fatto che la forza necessaria alla sedimentazione che dipende dal proprio peso non riesce prevalere su tutta una serie di altre forze (elettrostatiche , dipolo-dipolo ecc.).

Un sistema per separare un colloide da una soluzione è la centrifugazione.




  • Distribuzioni granulometriche ed impacchettamento.

Una volta ottenute le polveri queste devono essere controllate per stabilire la granulometria e miscelarle in modo opportuno. La miscelazione è un fattore molto importante nella formulazione di uno slip. Se utilizzassimo polveri tutte delle stesse dimensioni l’impacchettamento ottenibile sarebbe molto basso. Questo si verifica se le polveri oltre ad essere tutte delle stesse dimensioni hanno anche forma irregolare (la forma sferica assicura un migliore impacchettamento).

Nel 1° grafico della slide si nota che per avere una riduzione del volume specifico di impacchettamento, in un sistema costituito da polveri fini e grosse, è necessario miscelare il 70% di polveri grosse (coarse) con il 30% di polveri fini.

Il 2° grafico rappresenta delle curve cumulative utili per stabilire le dimensioni delle polveri. Queste curve esprimono la quantità delle polveri suddivise in base alle dimensioni. Sulle ascisse c’è la dimensione delle particelle e sulle ordinate la massa cumulativa (quella che si somma). Per determinare la quantità di massa di particelle che hanno una dimensione inferiore ad una data basta considerare l’intercetta sul grafico della curva cumulativa. La curva designata con D=64% rappresenta una possibile distribuzione monomodale di particelle fini , cioè una distribuzione di tipo gaussiano centrata in un certo punto.

Se si esegue la derivata della curva cumulativa si ottiene la distribuzione in frequenza .

Quando una curva si porta da un valore 0 % ad uno 100% senza gradini la distribuzione è di tipo monomodale , questo vuol dire che le particelle hanno tutte una certa dimensione che oscilla intorno ad una dimensione media. Quando si ha un profilo a gradini (es. D=77% a due gradini) significa che una certa quantità di polvere ha una dimensione che varia intorno ad una media, la restante ha un’altra dimensione che oscilla sempre intorno alla stessa dimensione media. Nel caso della D=77% si ha che il 20% è sotto i 2 m e l’80% ha una dimensione superiore.

Una distribuzione di questo tipo è ideale per un buon impacchettamento.




  • Tecniche granulometriche.

Una volta asciugate le polveri sono setacciate attraverso dei setacci (messi in vibrazione e in cascata) a partire dal setaccio a maglie (mesh) più grosse ,che è posto più in alto, fino a quello a maglie più piccole ,posto alla fine. Le polveri a secondo delle dimensioni rimangono intrappolate nei vari setacci e si ottiene una separazione per classi granulometriche.

Questo tipo di separazione non può essere utilizzato per separare polveri più piccole di qualche decina di m perché non si possono utilizzare maglie più sottili di queste dimensioni.

La tecnologia che si utilizza per polveri di dimensioni inferiori è quella a base elettrica e a base ottica.

Un esempio di misura elettrica è il granulometro a capillare che sfrutta la variazione di corrente che circola tra due elettrodi in una soluzione durante il passaggio di un granulo di polvere attraverso un capillare.

Un esempio di misura ottica è quella della diffrazione del raggio laser che sfrutta la legge di Mye. Quando un raggio laser colpisce una particella o è rimandato indietro o è deviato (scatterato) di un certo angolo che è tanto maggiore quanto minore è la dimensione della particella. Queste tecniche consentono di misurare particelle di frazioni di m fino ad 1m.

C’è in ogni caso un problema di lettura di questi dati perché una misura che da una distribuzione bimodale potrebbe essere causata da una forte asimmetria delle polveri, in questo caso è necessaria qualche informazione preliminare (la struttura delle particelle dipende oltre che dal tipo di macinazione anche dalla struttura cristallina, una struttura lamellare tende a formare granuli piatti).

Se si vogliono effettuare misure su particelle colloidali si utilizza la fotocorrelazione ottica che permette di individuare particelle submicroniche. Questo sistema si può spiegare partendo dai principi del moto Browniano . I sol colloidali vibrano nella soluzione hanno un moto termico. Questo moto diventa collettivo e dipende dalle dimensioni, misurando lo scattering ottico dovuto al moto collettivo e sfruttando la fotocorrelazione ottica si possono misurare le dimensioni delle particelle colloidali.

Ovviamente dal punto di vista visivo già può essere fatta una prima stima di quello che c’è in una soluzione. Il principio fondamentale e che interferiscono con la luce le particelle che hanno dimensioni almeno dell’ordine di grandezza della luce ( 400-700 nm) per cui iniziano ad interferire con la luce particelle che hanno dimensioni superiori ai 50 nm .

Ciò che ha dimensioni molto inferiori ( 3-10 nm) non scattera la luce e quindi una sospensione colloidale con particelle così piccole appare trasparente (se una soluzione appare torbida significa che le particelle sono dell’ordine di 20-40 nm, se appare lattiginosa le dimensioni degli aggregati sono 100-400 nm).


  • Apllication of alluminas (catalogo commerciale).

La tabella nella slide mostra l’applicazione più o meno adatta in funzione del tipo di allumina (cioè in funzione delle dimensioni e della purezza) .


  • Position of alluminas.

La slide mostra un grafico in cui in ordinata è riportato il grado di purezza dell’allumina ( più ci si allontana dallo zero maggiore è il contenuto di soda Na2O), in ascissa è riportata la dimensione del grano cristallino.

Quello che conta dal punto di vista della reattività e della sinterizzabilità è la dimensione del grano cristallino che compone il grano di polvere .

In alcuni casi il grano cristallino coincide col grano di polvere in altri casi il grano di polvere è un aggregato di grani cristallini .

La ripartizione in ultimate crystal size va da un grano molto fine che è ottenuto trattando le polveri di idrossido ( Boemite ) solo alla temperatura che gli consente di trasformarsi in allumina  o quasi ma che non gli consente di crescere ( più aumenta la temperatura più aumentano i fenomeni di aggregazione e crescita delle particelle ).

Le particelle vengono classificate dal punto di vista granulometrico- composizionale standard e coarse quando ci sono particelle dell’ordine del m. quando le dimensioni cristalline sono tali da dare un’allumina tabulare o sferica (dimensioni grosse) queste polveri hanno una reattività bassa.

Diminuendo il contenuto di soda e tenendo basse le dimensioni cristalline si ricade nell’ambito delle termaly reactive ( sono delle polveri molto reattive che cominciano a sinterizzare a 1500 ° C ).

Quando le particelle sono grosse per la sinterizzazione occorrono temperature alte (1700 °C) e non è detto che sinterizzino bene ( se all’interno includono un poro difficilmente riescono ad espellerlo)

Grafico sintering properties.

L’allumina ha una densità teorica di 3,96-3,98 g / cm3 questo nel caso di cristallo ideale.

A secondo dell’ultimate crystal size si nota che utilizzando grani grossi (spherical) la densità del sinterizzato scende drasticamente.

La migliore densificazione si ottiene con allumine fini e più pure (UA).


  • Typical properties (catalogo commerciale)

Nella slide sono riportati i principali tipi di impurezze : ossido di ferro , ossido di silicio , ossido di sodio , ossido di magnesio.

L’impurezza che caratterizza maggiormente le polveri di allumina è l’ossido di sodio perché ,essendo un materiale alcalino ,è quello più perturbante dal punto di vista delle temperature .

La gravità specifica è quella che riguarda la densità del singolo grano ( come si può notare è 3,96 g / cm3 .

Un altro parametro molto importante è il mean particle size ,cioè la dimensione media delle particelle, questo valore è messo a confronto con l’ultimate crystal size ,cioè con le dimensioni del grano cristallino.

La bulk density è suddivisa in loosed ,taped , pressed ( polveri sciolte compattate pressate ). Questa suddivisione nasce dal fatto che più le polveri sono fino più in aria tendono a stare separate (la densità arriva a 2,6 g / cm3) con un conseguente problema nel trasporto ( sacchi molto ingombranti ma con poca polvere).

I due parametri più importanti per i ceramisti sono il ritiro lineare linear strench e la fire density cioè la densità raggiungibile in determinate condizioni.

Il ritiro lineare è specificato sotto certe condizioni particolari fornite dal costruttore (con o senza agente flussante MgO).

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